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13.2 Tribunale ecclesiastico

Livello: serie

Estremi cronologici: 1513 set. 15 - 1886 mar. 6

Consistenza: 133 unità

La funzione giudiziaria spettante alla chiesa viene ordinariamente esercitata in primo grado dal tribunale diocesano. Prima della costituzione della diocesi, tale funzione era esplicata dal tribunale del proposto di Prato, iuxta specialem concessionem Leonis X summi pontificis Provinciae Florentinae factam 1 . Quanto ai successivi gradi della gerarchia giudiziaria, essendo fissata dal Concilio di Trento la regola che le cause di prima istanza erano sempre di pertinenza del tribunale del vescovo (sess. 24, de ref., cap. 20), i gravami contro le sentenze di questo si proponevano davanti al metropolita, e cioè l'arcivescovo di Firenze, e quindi alla Sede Apostolica. La costituzione del tribunale ecclesiastico ordinario, che era identica per la prima e la seconda istanza, come identiche erano le regole per la trattazione delle cause dinanzi ad essi, era a giudice unico. Il vicario generale, che aveva la cognizione di tutte le cause ad forum ecclesiasticum quovis modo pertinentes, iuxta Sacrorum Canonum et Sacri Concilii Tridentini decreta, ordinariamente doveva procedere con un processo sommario o abbreviato. Il processo ordinario o solenne era ammesso solo per le cause maggiori, dette anche ordinarie. Il processo giudiziale canonico era prevalentemente scritto (in minimis l'atto introduttivo del giudizio poteva essere proposto oretenus) e normalmente segreto nei confronti dei terzi; era realizzato il principio inquisitorio e prevaleva il principio della comunicazione indiretta: il giudizio non si iniziava con la citazione notificata da parte a parte, ma con il libello introduttivo, cioè con l'istanza o domanda rivolta dall'attore al giudice, che il giudice doveva ammettere: onde, una volta ammessa, la citazione era disposta dal giudice medesimo. Oltre al giudice, facevano parte dell'organico del tribunale ecclesiastico altri funzionari, la cui presenza era necessaria per tutti gli atti del tribunale (ad es. il notaio o cancelliere o attuario) o era richiesta soltanto per determinati giudizi e in date circostanze (ad es. il perito, il camarlingo per il deposito di somme e di pegni). Altri organi ausiliari erano i cursori, per le notificazioni, e gli apparitori, per le esecuzioni. Le parti in causa potevano essere rappresentate in giudizio da un procuratore e difese da un avvocato; le funzioni potevano essere esercitate dalla stessa persona, purché iscritta all'albo (in Rotulo) della Curia. Ai poveri era concesso il gratuito patrocinio con la designazione, da parte del giudice, di un difensore d'ufficio.
Le cause fra consanguinei e affini entro il terzo grado, a richiesta di parte, potevano essere compromesse per arbitri, sempre che fossero de iure compromissibili, poiché inter personas sanguine coniunctas convenit litium strepitus quiescere 2 . Il lodo arbitrale, che doveva essere ricevuto da uno dei cancellieri della Curia, acquistava efficacia di sentenza giudiziale allorché era dichiarato esecutivo con decreto del vicario generale 3 .