Sono atti del governo pastorale e giurisdizionale del proposto di
Prato. Molte furono le prerogative del proposto di Prato sul territorio della
sua pieve. La sua autorità non era soltanto direttiva e morale: almeno fino dal
XIII secolo, egli era anche legislatore e giudice. Il suo tribunale aveva una
propria cancelleria, nonché giudici, notai e messi; poteva citare al suo
cospetto chierici e laici; irrogare pene e ammende: la sua competenza si
estendeva anche alle cause riservate al vescovo, quali le cause matrimoniali e
quelle relative ai testamenti, le usure, i crimini. Egli aveva un proprio
vicario, promulgava costituzioni e bandi, costruiva nuove cappelle con proprio
territorio e parrocchiani. Nominava e investiva i rettori delle chiese della sua
circoscrizione e ne riceveva il giuramento di fedeltà, mentre poteva deporre e
privare del beneficio i fedifraghi: erano insomma i suoi poteri di tale ampiezza
che solo l'autorità del vescovo, quando ne aveva la capacità, poteva
limitarli1.