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AST | Recupero e diffusione degli inventari degli archivi toscani
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Serie XXVII. Licenze di murare e permessi di abitabilità

Livello: serie

Estremi cronologici: 1860 - 1945

Consistenza: 177 unità

Questa serie trova il suo cominciamento in età preunitaria con i «Permessi di murare» rilasciati dal Magistrato della comunità dal 1853 al 1860, ora conservati nella Sezione di Archivio di Stato di Prato (Nuti, Inventario, cit., p. 138). Prima ancora dell'unificazione amministrativa del Regno, la comunità di Prato aveva provveduto a disciplinare la concessione dei permessi di costruzione con un regolamento di polizia urbana approvato da Vittorio Emanuele II il 26 giugno 1864 (art. LII) 1 .
L'art. 87 della legge comunale del 1865 stabiliva che il Consiglio comunale deliberasse, tra l'altro, sui «regolamenti d'igiene, edilità e polizia locale attribuiti dalla legge ai comuni» 2 .
Nel 1908 il Consiglio comunale di Prato deliberò un progetto di regolamento edilizio che, per quanto approvato dagli organi provinciali, non venne omologato per ben venticinque motivi dal Ministero dei lavori pubblici.
Nella seduta del 23 dicembre 1910, il Consiglio comunale accolse interamente i criteri proposti dal Ministero e approvò il regolamento edilizio 3 . Con esso si rinunciava «ad imporre al privato che vuol costruire nel proprio fondo l'obbligo di chiedere perciò sempre un permesso all'Autorità Comunale». La semplice denuncia dei lavori progettati fu ritenuta sufficiente perché il comune potesse esercitare la sua azione di controllo in questo settore.
Il regolamento del 1910 faceva invece obbligo della richiesta del permesso di costruzione ogni qualvolta il privato avesse dovuto «occupare, temporaneamente o permanentemente, il suolo o l'area pubblica, o modificare gli accessi al suolo pubblico» per eseguire il lavoro progettato.
La domanda di licenza doveva contenere «notizie precise e complete sull'opera progettata» e, ove l'importanza o la natura del progetto lo richiedessero, doveva essere corredata dei «disegni quotati e firmati». La Giunta municipale, presa visione della domanda e sentita la Commissione edilizia, decideva se e a quali condizioni la licenza poteva essere accordata.
Leggere modifiche al regolamento edilizio del 191[0] furono introdotte nel 1938, nel 1939 e nel 1947.
Strettamente coordinato a quello edilizio è il regolamento d'igiene approvato dal Consiglio comunale di Prato nelle sedute del 13 febbraio e 4 aprile 1911 4 . Se, infatti, il primo disciplinava la concessione delle licenze di costruzione, il secondo regolava in maniera dettagliata il permesso di abitabilità, con le «Norme per la costruzione di nuove abitazioni» e con quelle «per le abitazioni già esistenti».
Presentando il regolamento d'igiene del 1911 si precisava che «per le condizioni speciali del nostro Comune, che è formato quasi esclusivamente di operai» le maggiori cure erano state rivolte «a migliorare le condizioni igieniche delle abitazioni e a rendere meno sensibili i danni che, su scala più o meno vasta, le industrie esercitano sulla salute dei lavoratori». Le prime, infatti, non corrispondevano «alle più elementari esigenze igieniche». Oltre a dettare norme che garantissero la salubrità delle nuove costruzioni, il regolamento accoglieva le disposizioni emanate dal governo con la legge sanitaria del 1907 per le case coloniche, definite, nella maggior parte, «in pessime condizioni di abitabilità».
L'art. 12 del regolamento d'igiene stabiliva che «nessuna casa di nuova costruzione può essere abitata, né dal proprietario né da altri, se non dopo autorizzazione del Sindaco». La domanda doveva essere presentata prima dell'inizio dei lavori, redatta in carta bollata e corredata, se occorreva, dei disegni in scala non inferiore a 1/200 del vero. Trascorsi trenta giorni dalla presentazione della domanda senza che il richiedente avesse ricevuto alcuna comunicazione dal sindaco, egli poteva metter mano ai lavori. Terminati questi ultimi, il proprietario doveva avvisare il sindaco per iscritto e chiederne la visita. Se entro i sessanta giorni successivi questi non avesse rilasciato il permesso di abitabilità o espresso il suo rifiuto motivato, il proprietario poteva abitare o far abitare i nuovi locali.
Sotto il profilo archivistico occorre notare che le pratiche relative alla concessione dei permessi di costruzione furono variamente raccolte in filze o buste semestrali, quadrimestrali o trimestrali. Sempre registrate nel «Protocollo annuale della corrispondenza», esse furono archiviate secondo la data della seduta della Giunta comunale in cui venne accolta la domanda degli interessati.
Dal punto di vista dell'organizzazione interna, la serie si presenta divisa in tre tronconi o parti. Il primo comprende le licenze di murare ordinate secondo l'ordine cronologico; il secondo comprende, oltre le licenze di murare, anche quelle di abitabilità, sempre divise cronologicamente all'interno delle filze; il terzo, infine, contiene mescolate fra loro licenze di murare e licenze di abitabilità.
Le licenze posteriori all'anno 1924 furono disposte all'interno delle filze o buste non cronologicamente ma seguendo il numero di protocollo attribuito alla richiesta del permesso di costruzione dal protocollo generale della corrispondenza. Tutte le unità comprese negli anni 1865-1930 dispongono di un repertorio o indice dei nomi. La serie è costituita da filze fino all'anno 1934 e da buste negli anni seguenti.
Merita finalmente ricordare che fra i documenti allegati ai permessi di costruzione già nella seconda metà del XIX secolo non è raro incontrare anche i progetti tecnici. Tale prassi diviene costante a partire dagli anni trenta del nostro secolo.