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Serie I. Protocolli delle deliberazioni del Consiglio comunale

Livello: serie

Estremi cronologici: 1865 ago. 3 - 1938 mar. 1

Consistenza: 61 unità

1. La struttura politico-amministrativa dell'ordinamento locale dello stato italiano venne fissata dalla legge 20 marzo 1865 n. 2248 1 . Essa stabiliva che ogni comune avesse un Consiglio comunale composto da sessanta, quaranta, trenta o venti membri a seconda che la popolazione del comune fosse superiore rispettivamente ai sessantamila, ai trentamila, ai diecimila, ai tremila abitanti, e da quindici membri negli altri comuni 2 . Nel comune di Prato il numero dei consiglieri fu di 40 dall'anno 1865 al 1922 e di 60 dall'anno 1922 al 1927.
I consiglieri duravano in carica cinque anni, ma dovevano essere rinnovati ogni anno di un quinto pur restando sempre eleggibili. Col testo unico sulla legge comunale del 1908, la durata in carica dei consiglieri fu prorogata a sei anni, con rinnovo di un terzo ogni biennio. Nei primi due bienni dopo le elezioni generali, la scadenza era determinata per sorteggio e, successivamente, per anzianità. Col testo unico del 1915, la durata dei consiglieri comunali venne ridotta a quattro anni, senza rinnovazioni parziali per sorteggio.
Le attribuzioni assegnate al Consiglio furono indicate per la prima volta nella legge comunale del 1865 agli articoli 77-90. Le adunanze dovevano tenersi in due sessioni ordinarie di durata non superiore ai trenta giorni ciascuna, una nei mesi di aprile e maggio, l'altra nei mesi di ottobre e novembre. Nella sessione autunnale il Consiglio doveva procedere all'elezione dei membri della Giunta municipale, all'approvazione dei bilanci attivi e passivi del comune e delle istituzioni dipendenti per l'anno successivo; alla nomina dei revisori dei conti dell'anno corrente, scegliendoli tra i membri estranei alla Giunta municipale. Nella sessione primaverile il Consiglio era tenuto a rivedere le liste elettorali ed esaminare il conto dell'anno precedente.
Altre specifiche attribuzioni del Consiglio erano contenute nell'articolo 87 della ricordata legge; tuttavia la enumerazione fatta in quest'articolo non era tassativa poiché il Consiglio deliberava su tutti gli oggetti propri dell'amministrazione municipale che non fossero attribuiti alla Giunta o al sindaco.
Col testo unico della legge comunale del 1889 (R.D. 10 febbraio, n. 5921, art. 103-114), fu tra l'altro concesso di protrarre la durata delle sessioni ordinarie del Consiglio oltre i trenta giorni, mentre la sessione autunnale venne ampliata al mese di settembre; venne prescritto che la convocazione dei consiglieri dovesse essere fatta dal sindaco con avviso scritto contenente l'elenco degli oggetti almeno cinque giorni prima per le sedute ordinarie, tre giorni prima per quelle straordinarie o ventiquattrore prima quando l'urgenza lo richiedesse.
Nei successivi testi unici del 1898 (R.D. 4 maggio, n. 164, art. 119-129), in quello del 1908 (R.D. 21 maggio, n. 269, art. 119-129) e in quello del 1915 (R.D. 4 febbraio, n. 148, art. 124-133), le varianti introdotte furono irrilevanti, fatta eccezione per la delega ad una Commissione apposita della revisione delle liste elettorali (1898).
Quello del 1915 fu l'ultimo testo coordinato della legge comunale prima dell'avvento del regime fascista, e ad esso si ritornò trent'anni dopo quando furono ricostituite su basi elettive le amministrazioni locali 3 .
2. Perché il Consiglio potesse validamente deliberare occorreva procedere attraverso determinate fasi qualificanti: la convocazione, la seduta, le proposte, la discussione e la votazione. La deliberazione consiliare rappresenta, sotto questo profilo, la figura più importante dei negozi giuridici comunali. Essa consta di alcuni elementi e parti fisse: l'indicazione della data, la quale ha rilevanza per stabilire il momento in cui l'atto comincia a produrre i suoi effetti e per accertare che il provvedimento sia stato adottato nei termini temporali prescritti; la sottoscrizione che dà autenticità all'atto; l'intestazione, con la quale si indicano i consiglieri che hanno preso parte all'adunanza; il preambolo, che contiene il richiamo alle proposte e agli atti preparatori; la motivazione, ossia l'enunciazione dei motivi dell'atto; il dispositivo, che costituisce la parte precettiva dell'atto e ne indica la natura e gli effetti.
Secondo l'art. 224 della legge comunale del 1865, i processi verbali delle deliberazioni del Consiglio e della Giunta dovevano essere redatti dal segretario comunale, indicare i punti principali delle discussioni e il numero dei voti dati a favore o contro ogni proposta. Letti all'assemblea deliberante e da questa approvati, i verbali dovevano essere firmati dal presidente, dal membro anziano fra i presenti e dal segretario.
L'art. 21 del regolamento applicativo della ricordata legge (R.D. 8 giugno 1865 n. 2131) prescriveva la conservazione e la rilegatura dei registri contenenti gli originali delle deliberazioni.
Presso il comune di Prato si trovano due tipi di protocolli o registri delle deliberazioni del Consiglio: quelli in seduta pubblica e quelli in seduta segreta. Secondo l'art. 88 della legge comunale del 1865 spettava alla maggioranza del Consiglio decidere circa il carattere delle adunanze; in ogni caso, esse non potevano tenersi in forma pubblica quando si fosse trattato di questioni di persone. Inoltre, a norma dell'art. 43 del regolamento del 1865, le deliberazioni concernenti persone dovevano venire distese sempre in un verbale separato, dal quale apparisse che si era proceduto alla votazione con suffragi segreti e in seduta non pubblica.
La legge comunale 30 dicembre 1888 tolse il carattere facoltativo della pubblicità delle sedute del consiglio e introdusse due eccezioni: quando con deliberazione motivata esso stabiliva di tenere seduta segreta e quando si trattava di questioni riguardanti persone.
In fine alle due sottoserie delle deliberazioni consiliari in seduta pubblica e segreta, è stato posto il «Protocollo delle deliberazioni della Consulta municipale». Nell'ordinamento amministrativo fascista 4 il podestà si avvaleva di questo organo per avere un parere non vincolante su talune materie. Con R.D. 27 ottobre 1927 n. 2059, furono emanate le norme per provvedere alla costituzione della Consulta municipale nei comuni con popolazione superiore ai ventimila abitanti. Presso il comune di Prato essa fu nominata con decreto prefettizio la prima volta il 28 dicembre 1928 e, in seguito alla rinuncia dei suoi membri, il 17 ottobre 1930, la seconda volta il 20 aprile 1932.