Livello: serie
Estremi cronologici: 1867 - 1936Consistenza: 13 unità
Si trovano riuniti in questa serie due tipi di registri: quelli relativi
agli elenchi dei poveri e quelli dei rimborsi delle spedalità.
L'art. 116 della
legge comunale del 1865 poneva fra le spese obbligatorie quelle «pel servizio
sanitario di medici, chirurghi e levatrici pei poveri, in quanto non sia a quello
provvisto da istituzioni particolari». L'obbligo era circoscritto agli abitanti
caduti malati nel territorio comunale.
Allo scopo di tenere aggiornato l'elenco
degli aventi diritto alle prestazioni assistenziali gratuite previste dalla legge,
dovevano essere compilati i «Registri o elenchi degli indigenti o dei poveri». Essi
dovevano essere approvati annualmente dalla Giunta comunale (art. 17 del regolamento
sanitario del 19 luglio 1906) e conservati in archivio (obbligo, quest'ultimo,
sancito dall'allegato 4 al regolamento comunale e provinciale del 1899). Le norme
determinanti a quali classi di persone dovesse, in rapporto alle condizioni del
luogo, essere riconosciuta la qualità di povero agli effetti assistenziali, erano
fissate dai regolamenti comunali da approvarsi dal prefetto.
Nel comune di
Prato disposizioni regolamentari circa la distribuzione gratuita di medicinali ai
miserabili si ebbero con le delibere consiliari del 24 gennaio 1901 e del 6 aprile
1925, mentre un regolamento per la ospedalizzazione dei malati fu varato il 21
giugno 1926.
L'art. 55 del testo unico 27 luglio 1934 n. 1265 sulle leggi
sanitarie ribadì l'obbligo dell'assistenza medico-chirurgica ed ostetrica, nonché
quello della somministrazione gratuita dei medicinali a favore dei «poveri» iscritti
nell'apposito elenco.
L'«Elenco dei poveri» doveva essere pubblicato all'albo
pretorio per trenta giorni consecutivi. Contro di esso potevano ricorrere tutti
coloro che, pur ritenendosi in diritto, non vi si trovavano inclusi. Dopo la
pubblicazione, una copia dell'Elenco veniva consegnata al medico e all'ostetrica
condotta.
L'assistenza e beneficenza esercitata dai comuni indirettamente,
ossia al di fuori dell'azione dei propri impiegati, ma corrispondendo i mezzi
necessari ad altri enti o istituti che vi provvedevano praticamente, si concretava
specialmente nel rimborso delle spese di spedalità degli ammalati poveri che avevano
nel comune il cosiddetto domicilio di soccorso.
Quest'obbligo sussisteva da
parte del comune solo quando gli ammalati da ricoverare venivano accolti in ospedali
in cui, per le relative norme sanitarie, i «poveri» non avevano titolo al
mantenimento gratuito. L'art. 78 a) della legge fondamentale del 17 luglio 1890 n.
6972, sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, indicava le categorie di ammalati
che l'ospedale non poteva rifiutarsi di ricoverare e curare, sebbene non
gratuitamente.
Nei confronti di tali ammalati sussisteva, perciò, da parte del
comune, l'obbligo di gravarsi della relativa spesa. Fatta eccezione per il caso
d'urgenza, il ricovero non poteva aver luogo senza un'ordinanza del sindaco.
Poiché molte volte gli ammalati poveri non appartenevano al comune che si
occupava del loro ricovero, si verificavano frequenti operazioni di rimborso tra
ospedale e ospedale, tra comune e ospedali e tra comuni di diverse province.
Nel 1923 l'assistenza ospedaliera venne regolata con norme rivolte ad unificare
le legislazioni in tutto il regno e a stabilire, in modo preciso, le condizioni per
il ricovero e gli oneri degli ospedali e dei comuni (R.D. 30 dicembre 1923 n. 2841).
Con legge 3 dicembre 1931 n. 1580 vennero fissate nuove norme per la rivalsa delle
spese di spedalità e manicomiali.