Livello: serie
Estremi cronologici: 1866 mag. 26 - 1943 lug.Consistenza: 152 unità
1. La Giunta municipale è un organo collegiale eletto in seno al Consiglio
comunale
1
. In
base alla legge comunale del 1865 si può dire che essa costituiva il potere
esecutivo del Consiglio, lo rappresentava nell'intervallo delle riunioni, ed
esplicava questa sua rappresentanza in diversi modi, e cioè intervenendo nelle
funzioni solenni, prendendo deliberazioni che sarebbero spettate al Consiglio e
vigilando sul regolare andamento dei servizi municipali (art. 92).
Fino al 1926
la composizione della Giunta non subì variazioni sostanziali rispetto alla legge del
20 marzo 1865, che prevedeva nei comuni con una popolazione superiore ai
sessantamila, ai trentamila e ai tremila abitanti rispettivamente otto, sei, quattro
assessori e due negli altri casi. Erano ammessi solo due supplenti in sostituzione
degli assessori ordinari.
Nel comune di Prato la Giunta municipale risultò
formata dal 1865 al 1922 di sei assessori ordinari e dal 1922 al 1927 di otto.
L'organo della Giunta si rinnovava ogni anno per metà, anche se era sempre
prevista la rieleggibilità degli assessori. Per assicurare stabilità e continuità
alla sua attività, la normazione successiva protrasse la rinnovazione per intero
della Giunta prima ogni tre anni (R.D. 4 maggio 1898 n. 164, art. 130, già sancito
dall'art. 9 della legge 11 luglio 1894 n. 287) e poi ogni quattro anni (R.D. 21
maggio 1908, n. 269, art. 130).
A presiedere la Giunta e il Consiglio comunale
era chiamato il sindaco
2
. La
prima legge comunale lo qualificava nella duplice veste di «capo
dell'amministrazione comunale ed uffiziale del Governo» (art. 97). Nominato dal re,
che lo sceglieva fra i consiglieri comunali, egli durava in carica tre anni e poteva
essere confermato se manteneva la qualità di consigliere (art. 98).
Col testo
unico della legge comunale del 1889 (art. 123), venne introdotto il sistema
dell'elezione del sindaco da parte del Consiglio comunale, nel proprio seno e a
scrutinio segreto, nei comuni capoluogo di provincia e di circondario o aventi una
popolazione superiore ai diecimila abitanti, come nel caso di Prato. Nel 1898 il
sindaco elettivo venne prescritto anche nei piccoli comuni, fermo restando le
modalità di elezione, di revoca e di sospensione sancite nel 1889. Nel 1908, infine,
la durata del suo ufficio venne protratta da tre a quattro anni.
Quale capo
dell'amministrazione comunale, il sindaco godeva di attribuzioni che in parte si
collegavano a quelle degli organi del Consiglio e della Giunta e ne costituivano il
naturale compimento, per essere demandata al sindaco la parte esecutiva, ed in parte
lo investivano di speciali diritti (artt. 102 e 104 della legge comunale del 1865).
Nella sua ulteriore qualità di ufficiale del Governo, egli era sottoposto
esclusivamente alla dipendenza diretta ed immediata delle superiori autorità
centrali (art. 103).
Al di fuori degli organi ordinari del comune, già la legge
20 marzo 1865 prevedeva, di fronte a gravi motivi d'ordine pubblico e di opposizione
all'esecuzione dei decreti governativi, lo scioglimento dei consiglio comunali e, in
modo sottinteso, l'invio di un delegato straordinario per curare il disbrigo degli
affari del comune.
I testi unici delle leggi comunali del 1889 e del 1898, più
volte ricordati, regolarono meglio la materia: il primo affidando l'amministrazione
del comune ad un Commissario straordinario (che avrebbe esercitato le funzioni
conferite dalla legge al sindaco e alla Giunta), prorogando il termine entro il
quale si doveva provvedere ad una nuova elezione da tre a sei mesi, e stabilendo che
tanto lo scioglimento del Consiglio comunale quanto la proroga del termine di cui
sopra dovevano essere ordinati e motivati per regio decreto (art. 268 e 269); il
secondo prescrivendo che le deliberazioni del Commissario straordinario non potevano
vincolare il bilancio comunale oltre l'anno e dovevano essere riferite al nuovo
Consiglio perché ne prendesse atto.
Delegati straordinari e Commissari
straordinari furono nominati nel comune di Prato negli anni 1870, 1898, 1905, 1911,
1920 e 1922
3
.
Col testo unico della
legge comunale del 1898 (art. 143), venne anche prevista la figura del Commissario
prefettizio, delegato per l'adempimento delle funzioni di ufficiale del Governo per
la durata non superiore ai tre mesi nel caso in cui il sindaco non adempisse
regolarmente a tali obblighi.
Nel comune di Prato ciò avvenne nel 1909, 1911,
1919 (in due occasioni), 1922 (in due occasioni), 1927, 1941, 1943 (in due
occasioni), 1944.
Il regime fascista abolì il sistema elettivo, sostituendo
organi di nomina governativa agli organi elettivi dei comuni. Con R.D.L. 3 settembre
1926 n. 1910, l'ufficio podestarile - che esplicava le funzioni di competenza del
Consiglio comunale, della Giunta e del sindaco - venne esteso a tutti i comuni.
Nominato con decreto reale, il podestà durava in carica cinque anni, poteva
essere riconfermato, trasferito da un comune all'altro della provincia con
disposizione del prefetto e revocato con decreto reale su proposta dello stesso.
Dopo la caduta del fascismo, l'amministrazione dei comuni fu transitoriamente
affidata, in attesa del ripristino del sistema elettivo, ad un sindaco e ad una
Giunta nominata dal prefetto (R.D.L. 4 aprile 1944 n. 111).
2. Presso il comune
di Prato furono creati diversi tipi di protocollo delle deliberazioni della Giunta:
uno generale, che raccoglieva in ordine cronologico tutte le deliberazioni, un altro
per gli stanziamenti di spesa; un terzo per le deliberazioni soggette al visto
prefettizio e, infine, un quarto per quelle esenti dalla tassa di bollo.
Più
che da una divisione di contenuto, questa molteplicità di protocolli sembra essere
stata dettata da motivi economici. Nella proposta avanzata dal segretario comunale
al sindaco il 23 ottobre 1882 di «tenere separato il Protocollo degli stanziamenti
da quello delle altre deliberazioni della Giunta municipale» si dichiarava, infatti,
che il provvedimento sarebbe stato opportuno «per risparmio di copie e anche di
bolli»
4
.
Allo stesso modo, in virtù
di una circolare del Ministero delle finanze del 25 marzo 1875, fu permesso alle
amministrazioni comunali di derogare all'art. 20 della legge sul bollo del 13
settembre 1874 n. 2077 (la quale prescriveva l'apposizione della marca su ciascun
foglio dei registri delle deliberazioni) con la tenuta di un separato registro
esente dal bollo per le deliberazioni non soggette alla superiore approvazione.
Circa quest'ultima distinzione va ricordato che, a mente dell'art. 130 della
legge comunale del 1865, tutti i processi verbali dei Consigli e delle Giunte
municipali, fatta eccezione delle deliberazioni relative alla mera esecuzione di
atti prima deliberati, dovevano essere trasmessi al prefetto per l'approvazione
entro otto giorni dalla loro data.
Data la eterogeneità formale dei protocolli
non è stato possibile rispettare rigorosamente la sequenza cronologica della serie
né attribuire ad essa un assetto univoco e conseguente. I protocolli degli
stanziamenti delle spese e quelli delle deliberazioni soggette al visto (in copia)
potevano, infatti, essere disposti all'inizio o in coda della serie.
Si è
preferita quest'ultima soluzione nel rispetto della priorità formale e sostanziale
della serie dei protocolli generali. L'andamento complessivo della serie risulta
determinato da un primo lungo troncone (nn. 1-75) che nel 1905 si divide in due
sottoserie chiuse (deliberazioni in bollo, nn. 76-80; deliberazioni non bollate, nn.
81-85) e che nel 1909 riacquista la sua completezza fino al momento della
soppressione della Giunta. I «Protocolli degli atti del podestà» costituiscono
l'ultima sottoserie chiusa (nn. 125-152) per lasciare di nuovo aperta la serie dei
protocolli generali contenenti i processi verbali della Giunta municipale
ricostituita alla fine del 1944.