Livello: sottoserie
Estremi cronologici: 1864 - 1948Consistenza: 451 unità
Il sistema tributario del regno d'Italia presentava una struttura
ereditata dal regno di Sardegna: «tassazione indiretta - articolata nelle tre
imposte sul reddito dei terreni, dei fabbricati, della ricchezza mobile -
coordinata con quella indiretta, costituita dalle imposte sui trasferimenti a
titolo gratuito e a titolo oneroso e dalle imposte sui consumi»
1
. Soltanto con la legge
comunale del 1865 le finanze comunali ricevettero un primo organico assetto,
ispirato al principio della «comunione di cespiti» tra lo Stato e gli Enti
Locali. Tutte le forme di ricchezza privata dovevano contribuire alle spese
pubbliche o mediante la sovrimposizione ai tributi diretti sui redditi fondiari
(terreni e fabbricati) e mobiliari (ricchezza mobile) o mediante l'imposizione
indiretta (dazi di consumo). Le rimanenti imposte speciali servivano
semplicemente di completamento al sistema della sovrimposta
2
. Anziché tracciare un profilo storico della complessa evoluzione
della finanza comunale
3
, si è ritenuto più utile, per chi intende servirsi del materiale
documentario inventariato in questa serie, offrire qualche cenno esplicativo
sulle diverse imposte e tasse i cui ruoli sono conservati nell'archivio comunale
pratese.
Imposta di ricchezza
mobile - Stabilita dalla legge 14 luglio 1864 n. 1830,
questa imposta governativa subì negli anni seguenti diverse modificazioni che
ridussero progressivamente l'area di tassazione locale della ricchezza mobile e
resero necessario un testo unico e coordinato (R.D. 24 agosto 1877 n. 4021). Con
esso venne determinata un'aliquota uniforme del 12% sui redditi di ricchezza
mobile di ogni individuo o ente morale. Tra questi redditi erano compresi: le
ipoteche pubbliche, gli stipendi, le pensioni, le annualità, gl'interessi e
dividendi; i redditi di benefici ecclesiastici pagati da un ente pubblico; i
proventi anche occasionali derivanti da offerte in corrispettivo di qualsiasi
ufficio o ministero e, in generale, ogni reddito non fondiario prodotto nello
Stato. L'imposta era applicata ai contribuenti a norma dei redditi certi o
presunti, variabili o eventuali, percepiti ogni anno da persone domiciliate o
residenti nello Stato. Veniva riscossa mediante ritenuta diretta operata dallo
Stato o mediante ruoli nominativi. Nella prima forma all'atto del pagamento
delle rate degli stipendi, pensioni, ecc.; nell'altra forma per tutti gli altri
redditi. La formazione della lista nominativa spettava alla Giunta municipale,
che doveva anche curarne l'aggiornamento. Sulla base di questa lista, l'agente
delle imposte dirette trasmetteva al contribuente una scheda per la
dichiarazione dei propri redditi al lordo, con le esenzioni e deduzioni cui
poteva aver diritto. Successivamente, l'agente appurava le suddette
dichiarazioni per mezzo d'indagini, ricerche e ispezioni, procedeva alla
rettifica d'ufficio dell'accertamento dell'anno o del biennio precedente e ne
dava avviso al contribuente. Poiché l'accertamento era fatto per classe di
contribuenti, l'agente delle imposte doveva formare, per ogni comune, una
«Tabella» dove essi venivano ripartiti secondo i diversi tipi d'industria,
commercio e professione, e dove per ciascuno erano indicati il reddito netto
denunziato e quello rettificato. Trascorsi venti giorni dalla notifica
individuale dell'importo della tassa, il contribuente poteva presentare reclamo
ad una Commissione comunale di prima istanza. I ruoli registrano i seguenti
dati: cognome e nome, paternità, professione e residenza del contribuente,
redditi soggetti a tassa proporzionale, imposta erariale, sovrimposte,
annotazione dei pagamenti.
Imposta sui
terreni - Mediante la legge 14 luglio 1864 n. 1831, furono
aboliti i diversi titoli d'imposta fondiaria fino allora vigenti negli ex Stati
preunitari e venne istituita un'unica imposta fondiaria o sui terreni per le
diverse province del Regno. A carico delle proprietà rustiche, urbane ed altre,
fu fissato un aggravio fiscale di 110 milioni. Per la Toscana i contingenti
indicati dalla legge vennero applicati secondo i reparti d'imposta
precedentemente in vigore. Il problema della perequazione dell'imposta sui
terreni, che richiedeva criteri uniformi di tassazione, venne affrontato con la
legge 1° marzo 1886 che ordinava la formazione, per tutto il Regno, di un nuovo
catasto geometrico parcellare. Le enormi difficoltà connesse con l'attuazione
del catasto resero necessari provvisori aggiornamenti degli estimi, fino a che
si ebbe, nel 1939, la revisione generale di essi. L'imposta fondiaria colpiva la
rendita e gli interessi dei capitali durevolmente investiti nel suolo (reddito
fondiario o dominicale), mentre il reddito agrario (di natura mobiliare) era
assoggettato all'imposta in via separata. I ruoli contengono i seguenti dati:
cognome e nome, paternità, professione e residenza del contribuente, rendita o
estimo imponibile, imposta e sovrimposte, annotazione dei pagamenti.
Imposta sui fabbricati -
Fu introdotta dalla legge fondamentale del 26 gennaio 1865 n. 2136, con la
caratteristica di imposta governativa «diretta, reale, proporzionale» sul
reddito netto dei fabbricati e di ogni altra stabile costruzione. Il regolamento
della legge fu approvato con R.D. 24 agosto 1877 n. 4024, in parte modificato
dal R.D. 29 dicembre 1889 n. 6569. L'aliquota d'imposta principale dal 1°
gennaio 1866 fu stabilita nella misura del 12,5% dei redditi imponibili. Il
reddito effettivo da denunciare per le costruzioni soggette all'imposta era
quello risultante dagli affitti in corso; quello presunto era ricavato
comparativamente ad altri fabbricati simili. A norma della legge del 1865 ogni
quinquennio si sarebbe dovuto procedere ad una generale revisione dei redditi
imponibili per adeguarli alle mutate condizioni economiche, ma per varie ragioni
una simile revisione fu eseguita molto raramente (l'ultima volta nel 1890). Nel
1923 venne stabilita una «rivalutazione» provvisoria automatica del reddito
imponibile dei fabbricati per adeguare tale reddito al valore della moneta (R.D.
30 dicembre 1923 n. 3069, con effetto dal 1925).
Imposta sul reddito agrario - Disciplinata
con R. D. 4 gennaio 1923 n. 16, quest'imposta governativa ricevette le norme
applicative con i RR.DD. 12 marzo 1923 n. 505 e 15 luglio 1923 n. 1554. Questi
criteri vennero trasformati col D.L. 4 aprile 1939 n. 489, convertito in legge
29 giugno 1939 n. 976. I ruoli riportano i seguenti dati: cognome e nome,
paternità, professione e residenza del contribuente, anni a cui si riferisce la
tassazione suppletiva, reddito imponibile per ciascun anno, imposta netta, aggio
esattoriale, annotazione dei pagamenti.
Imposta complementare sul reddito - Introdotta a partire
dal 1° gennaio 1925 col R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3062, l'imposta governativa
complementare progressiva sul reddito globale doveva sostituire le più antiche
imposte di famiglia e sul valore locativo. Erano soggetti ad essa «le persone
fisiche, cittadini italiani e stranieri, per la somma dei redditi propri, nonché
dei redditi altrui di cui abbiano la libera disponibilità o l'amministrazione
senza l'obbligo della resa dei conti». Il reddito complessivo del contribuente
risultava dalla valutazione dei redditi dominicali dei terreni, dei redditi
agrari, dei fabbricati e di ricchezza mobile. Nel 1932 venne aggiunto fra i
criteri di accertamento quello del tenore di vita del contribuente, e due anni
dopo venne fissata la valutazione del reddito dominicale dei terreni ai fini
dell'applicazione dell'imposta per il 1935. I ruoli offrono i seguenti dati:
cognome e nome, professione del contribuente (o della società), estimo o rendita
imponibile, sovrimposta, annotazioni dei pagamenti.
Sovrimposte comunali - Nel caso
d'insufficienza delle loro altre rendite, i comuni potevano ricorrere, solo in
via secondaria e per far fronte alle spese obbligatorie, alla sovrimposta sulle
contribuzioni dirette (art. 119 della legge comunale del 1865). La misura e il
limite entro cui dovevano essere contenute dette sovrimposte, nonché le
condizioni stabilite perché fosse acconsentito ai comuni di eccedere tale
limite, furono stabilite da diverse leggi, che fecero venir meno la limitazione
decretata dalla legge del 1865. L'incremento della spesa pubblica provocato
dalla prima guerra mondiale giustificò l'incremento delle aliquote (D.L. 7
aprile 1921 n. 324), diversificate a seconda che il cespite fosse il terreno o
il fabbricato (D.L. 12 febbraio 1919 n. 156). Nel 1923, tuttavia, fu fatto
divieto ai comuni di elevare il livello delle sovrimposte oltre quello del 1921
(legge 18 febbraio 1923 n. 419). Il testo unico della legge sulla finanza locale
del 1931 concedeva ai comuni la facoltà di applicare sovrimposte sull'imponibile
dovuto allo Stato e ne subordinava l'esercizio al verificarsi di precise
condizioni. Ai fini archivistici è opportuno ricordare che, in base alla legge
23 giugno 1873, si doveva procedere alla formazione di un solo ruolo per le
sovrimposte comunali.
Tassa sui
cani - Prevista dalla legge comunale del 1865 (art. 118)
«sui cani che non sono esclusivamente destinati alla custodia degli edifizi
rurali e delle greggie», aveva lo scopo di colpire il lusso a vantaggio
dell'erario comunale e di tutelare la pubblica igiene. I ruoli contengono i dati
relativi al cognome e nome, domicilio del possessore, numero dei cani, tassa,
annotazione dei pagamenti.
Tassa sul valore
locativo - In ordine alla legge 28 giugno 1866 n. 3023,
quest'imposta era dovuta da chiunque tenesse a sua disposizione una casa o un
appartamento con mobili propri o altrui, anche nel caso che non fosse occupato.
Il valore locativo delle abitazioni era dedotto dal loro fitto reale o presunto,
e la tassa proporzionale non poteva essere maggiore del 2%. Formalmente abolita
con decorrenza 1° gennaio 1925 (R.D. 30 dicembre 1923), fu ripristinata con
alcune modifiche nel 1931 (Testo unico per la finanza locale, 14 settembre 1931
n. 1175, art. 101-110).
Tassa sul
bestiame - Istituita con legge 26 luglio 1868, essa colpiva
i proprietari di cavalli, muli, asini, animali bovini, bufalini, caprini,
pecorini e suini. Essa riguardava il bestiame che si trovava nella giurisdizione
territoriale del comune, limitatamente al tempo della sua dimora. Con R.D. 12
ottobre 1922 n. 1388, i comuni vennero autorizzati ad applicare l'imposta in
base ad un'aliquota percentuale del valore medio di ciascuna specie di bestiame,
anziché procedere, come nel passato, alla tassazione per capi. I ruoli
registrano i seguenti dati: cognome e nome, paternità del proprietario o
detentore, dimora del contribuente, località nella quale è posta la stalla, se i
diversi capi sono tenuti per l'intera annata o per tempo minore, specie e numero
dei capi e ammontare della singola tassa, ammontare complessivo, rettificazioni
della Giunta municipale e della Giunta provinciale.
Tassa di famiglia - Denominata anche
«focatico», si basava sulla ricchezza della famiglia e non, come anticamente,
sul numero dei suoi componenti. Istituita in base all'art. 8 della legge 26
luglio 1868 n. 4513, divenne una delle imposte comunali più importanti sia per
la larga applicazione, sia per l'ammontare del gettito. Partecipando dei due
elementi della famiglia e del patrimonio, questa tassa gravava, oltre che sui
capi di famiglia e sui membri di essa aventi patrimonio separato, sugli enti
morali e le persone giuridiche che formavano una convivenza, nonché sugli
stranieri dimoranti nel comune. Tendeva a colpire proporzionalmente l'agiatezza
della famiglia desunta da tutte le rendite della medesima depurate da qualsiasi
passività e spesa. Poiché la gradazione di questa tassa non si basava sulla
esclusiva valutazione delle rendite immobiliari e mobiliari, ma riguardava tutte
le circostanze che contribuivano ai maggiori o minori agi, la sua applicazione
richiedeva indagini minute e congiunture difficili. Da ciò le gravi proteste e
gli innumerevoli ricorsi per sgravio contro le Giunte municipali che ripartivano
l'assegnazione della tassa con criteri discrezionali. Con R.D. 30 dicembre 1923
n. 3063, la tassa di famiglia venne sostituita con l'addizionale all'imposta
complementare di Stato. Nel 1925, tuttavia, essa venne transitoriamente
mantenuta in vigore a carico dei contribuenti non colpiti dalla complementare
(con reddito inferiore a L. 6.000). Col riordinamento delle leggi sulla finanza
locale del 1931, l'imposta di famiglia fu limitata ai comuni con una popolazione
inferiore a trentamila abitanti. I dati contenuti nei ruoli della tassa si
famiglia sono: cognome e nome, qualità, professione e dimora del contribuente,
quota di contributo, data e ammontare dei pagamenti.
Tassa sulle vetture e sui domestici - Prima
con decreto legislativo 8 luglio 1866 n. 3022, poi con legge 11 agosto 1870 n.
5784 allegato 0, venne concessa ai comuni anche l'imposizione di una tassa
«dovuta dai possessori o concessionari di vetture sia pubbliche che private,
tanto per uso proprio che per oggetto di speculazione o per servizio altrui» e
di un'altra da corrispondersi «da chiunque tenga a sua disposizione domestici
per servizio suo e della sua famiglia, senza distinzione se i detti domestici
ricevano o no l'alloggio o il vitto dalle persone da cui dipendono». Soggetto
dell'imposta sulle vetture era colui che abitualmente ne adoperava; soggetto di
quella sui domestici il capofamiglia o, nel caso di associazioni, enti
collettivi, istituti (fatta eccezione per quelli di educazione, istruzione,
beneficenza e, poi, di culto e di religione), le persone che le presiedevano o
le rappresentavano. Oggetto delle imposte sulle vetture private e sui domestici
era l'agiatezza, oggetto di quella sulle vetture pubbliche il reddito e
l'esercizio, o meglio, il commercio e il lavoro. L'applicazione di ambedue le
tasse fu regolamentata con R.D. 24 dicembre 1870 n. 6137, e rimase
sostanzialmente invariata fino alla riforma della finanza locale attuata nel
1931. I ruoli di questa tassa offrono i seguenti dati: cognome e nome,
paternità, professione e residenza delle persone o società contribuenti, tassa
erariale, sovrimposta comunale, spese di riscossione, totale delle soprattasse o
multe, totale generale, annotazione dei pagamenti.
Tassa di licenza - Questa tassa, prima
governativa e contemplata dalla legge 26 luglio 1868, fu dalla legge 11 agosto
1870 attribuita ai comuni. Erano soggette a tassa: 1) le licenze di aprire
alberghi, trattorie, osterie, locande, caffè o altri negozi in cui si vendevano
vino, birra, liquori, bevande e rinfreschi, e le licenze di tenere sale
pubbliche di biliardo, stabilimenti sanitari e bagni pubblici; 2) la vidimazione
annuale delle licenze suddette; 3) il permesso temporaneo di detti servizi
pubblici concesso dall'autorità di pubblica sicurezza. All'origine la tassa di
licenza fu stabilita in ragione del 5% del prezzo d'affitto annuale dei locali
destinati all'esercizio, mentre la tassa di vidimazione annuale fu fissata pari
a un decimo di quella per la licenza di esercizio. Modifiche a questa imposta
vennero apportate dai RR.DD. 22 ottobre 1922 n. 1388 e 18 novembre 1923 n. 2538.
I registri relativi alla tassa di licenza hanno i seguenti dati: cognome e nome
dell'esercente, luogo dove ha aperto l'esercizio, natura dell'esercizio, data
della deliberazione, tassa pagata per la concessione e per la vidimazione
annuale, motivo della cessazione e data.
Tassa di esercizio e rivendita - Coll'art. 1 della legge 11
agosto 1870, allegato 0, venne concesso ai comuni di imporre tasse speciali «di
esercizio di una professione, arte, commercio od industria qualsivoglia» e «di
rivendita di qualunque merce». Le norme procedurali per l'applicazione di questa
tassa furono determinate dagli artt. 1-14 del regolamento 24 dicembre 1870. La
tassa era fissa, con facoltà di dividere gli esercizi o rivendite in categorie,
a seconda della loro «importanza complessiva» desunta da diversi parametri. I
comuni furono suddivisi in sei classi in base alla loro popolazione e venne
fissato il maximum della tassa per
ciascuno di essi. Era prevista l'istituzione di una Commissione comunale di
almeno tre membri per esaminare le dichiarazioni dei contribuenti e completare
le liste. Ad essa spettava anche, mediante apposite deliberazioni, di ripartire
i contribuenti nelle categorie e assegnare loro la rispettiva tassa. Contro
l'operato della Commissione poteva essere promosso appello alla deputazione
provinciale. La tassa fu abolita dal 1° gennaio 1925.
Tassa sulle insegne - Istituita con legge 14
giugno 1874 n. 1661, e regolamentata con R.D. 22 ottobre 1874 n. 2185, la tassa
sulle insegne colpiva «tutti indistintamente gli avvisi, segni, fregi, stemmi o
emblemi esposti esternamente al pubblico e relativi all'esercizio di un
commercio, di una industria, di un'arte e di una professione». Essa si
configurava, quindi, come imposta sul reddito e poteva definirsi un'aggiunta
alla tassa di esercizio e di rivendita. La tassa era annuale e fissa per
ciascuna categoria, da determinare da parte dei comuni tenendo conto dei criteri
per la tassa di esercizio o dell'importanza delle strade in cui le insegne erano
collocate. Come per altre imposte minori, le modificazioni intervenute
successivamente hanno riguardato le tariffe lasciando intatta la struttura del
tributo (cfr. testo unico per la finanza locale 14 settembre 1931, art.
201-208).
Tassa per l'occupazione di aree
pubbliche - Già prevista dalla legge comunale del 1865 (art.
118 n. 3), la sua applicazione venne disciplinata dalla circolare 30 maggio 1886
del Ministero d'agricoltura, industria e commercio. Riguardava le occupazioni
fatte da privati non solo di spazi ed aree comunali ma anche di quelle soggette
a servitù pubblica, come le piazze, vie e i portici di pubblico passaggio.
Oggetto principale della tassa era l'occupazione permanente di suolo pubblico
fatta per l'esercizio d'industrie di commercio e in particolare del piccolo
commercio al minuto di derrate alimentari o di altre merci. Per quanto
riguardava le tariffe, si vietava una tassazione unica col prescrivere una
tariffa graduata in ragione del numero dei metri quadrati occupati e
dell'importanza della posizione. Per le occupazioni temporanee, specie per
mercato, si permetteva la concessione di abbonamenti da rinnovare
periodicamente. Con la legge sulla finanza locale del 1931 la tassa venne
aggiornata ed estesa.
Imposta sui pianoforti
e biliardi - Venne istituita con R.D. 5 agosto 1917 n. 1229,
e, nonostante lo scarso gettito, fu conservata nel riordinamento della finanza
locale del 1931 (art. 155-160 del R.D. 14 settembre 1931). Limitate
modificazioni si ebbero con il decreto legge 25 febbraio 1939. I registri
dell'imposta contengono i seguenti dati: cognome e nome, residenza del
proprietario, numero dei pianoforti, tassa, annotazione dei pagamenti.
Imposta sulle industrie, commerci, arti e
professioni - In seguito all'abolizione dell'imposta sugli
esercizi e rivendite e della sovrimposta sui redditi di ricchezza mobile, con
R.D. 18 novembre 1923 n. 2538 venne istituita questa nuova imposta comunale, con
effetto dal 1° gennaio 1925. Colpiva chiunque esercitasse un'industria, un
commercio, un'arte o una professione da cui ritraeva un reddito soggetto
all'imposta di ricchezza mobile. Il ruolo comunale veniva formato sulla base di
quello dei contribuenti di ricchezza mobile. I ruoli di questa imposta
contengono dati relativi a: cognome e nome, paternità, professione del
contribuente o della società, reddito di categoria B e imposta relativa, reddito
di categoria C e imposta relativa, totale dell'imposta, annotazione dei
pagamenti.
Imposta di patente
- Colpiva chiunque esercitasse, anche in modo non continuativo, un'industria, un
commercio, un'arte od una professione da cui traeva un reddito non soggetto
all'imposta di ricchezza mobile o, comunque, non ancora accertato agli effetti
di tale imposta. La liquidazione annuale del tributo era applicata per categorie
di contribuenti secondo tabelle più volte aggiornate.
Imposta di licenza sulle macchine da caffè
espresso - Questo tributo venne introdotto con R.D.L. 30
giugno 1926 n. 1096, con decorrenza dal mese successivo, ma la data di entrata
in vigore venne prorogata al 1° marzo 1927. Con il R.D.L. 21 aprile 1927 n. 675,
furono emanate norme per l'applicazione del tributo. Dovevano corrisponderlo in
forma fissa per ogni macchina a seconda del numero dei becchi i titolari di
caffè, bar ed altri stabilimenti in cui si vendeva o consumava caffè di tipo
espresso. I ruoli contengono l'indicazione della ditta contribuente e la natura
dell'esercizio, l'ubicazione dello stesso, il numero, qualità e tassa per ogni
macchina, il totale delle tasse, le osservazioni.
Tassa per il ritiro delle immondizie a
domicilio - Il comune esercitò diritto di privativa sul
ritiro della nettezza urbana si sensi del testo unico 15 ottobre 1925
sull'assunzione diretta dei pubblici servizi. Gli articoli 268-272 del testo
unico sulla finanza locale del 1931 stabilivano che il comune potesse istituire
apposita tassa annuale a tariffa per questo servizio e precisavano le norme
relative ai contribuenti, alla tariffa (commisurata alla superficie dei locali
serviti e all'uso a cui venivano destinati) e, infine, alla riscossione di essa
mediante ruoli nominativi. Successivamente la materia fu organicamente
disciplinata dalla legge 20 marzo 1941 n. 366. Presso il comune di Prato questa
tassa venne introdotta dall'anno 1939. I registri di questa tassa offrono i
seguenti dati: cognome e nome, paternità e residenza del contribuente,
corrispettivo della nettezza urbana, addizionale, totale della tassa, aggio
esattoriale, annotazioni dei pagamenti.