Livello: serie
Estremi cronologici: 1600 - 1808Consistenza: 2 unità
Il tema dei danni dati è ricorrente in quasi tutte le statuizioni rurali, infatti
il risarcimento dei danni causati ai beni dei privati e della Comunità
costituiva una delle voci variabili nella imposizione della Colta. Le normative
statutarie si soffermavano ampiamente su questa materia, specificando in maniera
dettagliata le situazioni punibili e stabilendo per ognuna di esse la pena
corrispettiva. Ciascun abitante delle Comunità, maggiore di sedici anni, aveva
il diritto-dovere di poter rilevare e denunciare i danni effettuati ai suoi beni
o a quelli di qualunque altro comunitativo; doveva "giurare in mano de' dodici
Governatori di aver fatta quell'accusa realmente vera e giuri di aver visto fare
il danno".1
La persona che
aveva subito il danneggiamento doveva chiedere al dannatore il risarcimento per
ciò che aveva subito. Nel caso in cui il dannatore non fosse stato d'accordo
sulla cifra da rimborsare si ricorreva all'operato degli Stimatori del Comune ".
. . fatta detta stima, se il Dannatore non pagherà tra quindici giorni, caschi
in pena del doppio della stima fatta". Le somme ricavate dalle pene venivano
divise in due parti destinate, rispettivamente, al Comune e a colui che riceveva
il danno.2 Diverso era il
caso, sempre più frequentemente previsto e ricordato nei decreti comunitativi,
del danno arrecato sui beni di proprietà comunale. In tali circostanze la penale
veniva devoluta per un terzo all'accusatore e per due terzi al Comune.3
Ogni anno nel mese di gennaio
i Governatori avevano l'obbligo di eleggere tre Stimatori, i quali dovevano
procedere all'esame dei danni sia in beni privati, sia in beni comunali ed era
loro compito determinarne l'entità; venivano convocati dal danneggiato il quale
li pagava a seconda del tempo impiegato per effettuare la stima, cioè a seconda
della lontananza del luogo dove si erano recati per esprimere il loro giudizio.
Colui che aveva richiesto l'opera di questi tecnici doveva poi pagarli "dandone
il Cancelliere debito in colta al medesimo e credito a suddetti Stimatori alle
loro Partite".4
Il danno
poteva essere provocato sia dagli animali che dalle persone. Pene e divieti
erano sanciti per i comunitativi ed i forestieri che raccogliessero castagne e
legname nelle selve altrui; segassero erba nei boschi, facessero ciocchi o
radici di castagno; era inoltre proibita la raccolta abusiva di uva, mele, noci,
nocelle, ghiande, etc.; rigide regole disciplinavano la pesca nei fiumi e nei
torrenti; pene severe venivano applicate nei confronti di coloro i quali
andassero a Comune armati o a creare disturbo.
Così "Sia accusato Salvatore
Mechino e Giovanni Antonio Bernardini per passare e far danno nello scassato di
Giuliano Biochi, luogo detto a Lame, data la sopra detta accusa da Giuliano
Biochi con suo giuramento, alla presenza del Governo. La contrassegnata accusa
paga di pena lire 4";5 così
"Sia accusato Mariano del Capitano Pellegrino Vitaggi per venire alla Casa del
Comune col bastone. La contrassegnata accusa paga di pena lire 12";6 così "Sia accusato il branco delle
capre di Mariano Zerbini a pascolare e far danno per le selvi del Col. di
Stabbio, fuori del suo. La contrassegnata accusa paga lire 7, soldi 10".7
La Comunità permetteva agli
accusati di difendersi portando testimoni a loro favore, così stabiliva un
decreto comunitativo: "La suddetta Comunità ordina e statuisce che qualsivoglia
Persona che venisse accusata, in qualsivoglia luogo o danno deva produrre due
Testimoni che quelle Bestie non abbino fatto quel danno o non siano state in
quel luogo e giurino che quelle Bestie non abbiano fatto quel danno e un
testimonio solo non vale per buttar giù quella polizza; però il detto Comune
vuole che siano due Testimoni degni di fede, non parenti al Dannatore,
altrimenti l'accusa non sia cancellata".8