Livello: serie
Estremi cronologici: 1527-1775Consistenza: 469 unità
I pegni erano i beni sequestrati ai debitori insolventi su ordine del
podestà, dietro richiesta dei creditori pubblici o privati. Ogni creditore,
presentato il libellum alla curia
podestarile, aveva diritto di chiedere il possesso dei beni del convenuto qualora
questi non fosse comparso dopo la seconda citazione. L'attore, non procedendo alla
richiesta di tenuta dei beni del reo,
poteva richiederne il pignoramento per il valore corrispondente al debito e alle
spese. Il pignoramento, effettuato dai messi podestarili, non poteva essere esteso
agli abiti, alla biancheria personale e alle cose strettamente necessarie per il
sostentamento. Fatti salvi i diritti di riscatto del reo, i beni pignorati dovevano
essere depositati presso il camerlengo dei pegni entro tre giorni da quello del
pignoramento
1
. Nel frattempo il creditore poteva far valere i propri diritti e
fornire le relative prove delle sue pretese. Se forniva prove sufficienti, il
podestà gli attribuiva in pagamento i beni pignorati, facendoli stimare dagli
extimatores del Comune
2
. Nel caso in cui
l'attore non avesse richiesto i beni pignorati in pagamento, il camerlengo dei pegni
doveva bandire un'asta e attribuire i beni al miglior offerente. Con il ricavato
dell'asta, decurtato delle "spese della corte, alli stimatori, al camarlengo, al
donzello" venivano soddisfatti i creditori
3
. La
stessa procedura era seguita nel caso che si fosse proceduti al pignoramento ad
istanza del gabelliere del Comune per un debito pubblico
4
. I beni sequestrati venivano descritti in registri di piccolo
formato dal notaio di Gabella, in carica per un bimestre, con l'indicazione per ogni
posta del nome del gravato, dell'attore, dell'esecutore nonché la somma per la quale
era fatto il sequestro, l'eventuale ricavo dell'asta e la ricevuta rilasciata dal
creditore una volta riscosso (sottoserie
Libretti dei
pegni
)
5
. All'inizio del suo
mandato il successore provvedeva a "riscontrare" i pegni rimasti invenduti e a
sottoscrivere la ricevuta di consegna che il camerlengo uscente doveva poi
presentare al cancelliere per essere sottoposto a sindacato. Allo stesso modo il
pignorato, se procedeva al riscatto dei suoi beni, doveva sottoscrivere la posta e
rilasciare al camerlengo una ricevuta che in genere veniva "infilzata" in fondo al
registro insieme a quelle dei creditori
6
. Al
pari degli altri ufficiali del Comune, a partire dal 1558 i camerlenghi dei pegni
erano tenuti a registrare le "ragioni" della loro amministrazione nei Libri dell'entrata e uscita degli ufficiali del
Comune
7
, salvo poi
trascriverle a partire dal 1587, secondo un uso comune a quello di altri ufficiali
comunitativi, nei cosiddetti
Libri dei pegni
, che
purtroppo però si sono attualmente conservati solo per il periodo 1701-1775
8
. In quello stesso periodo una
lettera circolare dei Nove Conservatori aveva prescritto ai cancellieri la
compilazione di questi registri
9
.