Livello: serie
Estremi cronologici: 1199-1550Consistenza: 4 unità
Tra le serie più antiche degli archivi comunali un posto di rilievo
assoluto è occupato senza dubbio dai Libri
iurium, spesso tramandati con continuità unica rispetto ad altre
tipologie documentarie a partire dall'XI-XII secolo, da quando cioè le primigenie
strutture comunali avvertirono la necessità di raccogliere e razionalizzare la
crescente mole di pergamene, attestanti diritti ed obblighi di varia natura. Questa
opera di conservazione e valorizzazione della memoria si esplicò sia attraverso la
copiatura degli atti originali sia tramite la loro stesura direttamente sui codici,
destinati col tempo a diventare imponenti e suntuosi tanto da assumere spesso
denominazioni particolari da città a città
1
.
Nel
caso colligiano i libri iurium del
Comune venivano indicati nel XIV secolo come Registri
Comunis e poi come Strumentari al meno dal XVIII secolo: il più antico (l'attuale
unità segnata Comune di Colle 59)
contiene 43 atti fra originali e copie, stipulati fra il 1199 e il 1240, costituenti
il nucleo originario del codice, e 11 atti redatti fra il 1301 e il 1317 interpolati
successivamente; il secondo Strumentario, l'attuale Comune di
Colle 60, è di gran lunga il più corposo della serie con le sue
314 carte, segnate con una doppia numerazione, una coeva, spesso lacunosa e l'altra
progressiva e continua, risalente al XIX secolo. Il nucleo originario del codice,
costituito dalle prime 299 carte, contiene atti in originale e in copia redatti fra
il 1240 e il 1349 e si chiude, non casualmente, con la ratifica della sottomissione
a Firenze da parte del Consiglio generale colligiano
2
. A questo nucleo fu poi
aggiunto, presumibilmente durante una posteriore opera di legatura un fascicolo
composto da sette bifogli (le attuali cc. 300-314), contenenti le copie
quattro-cinquecentesche di alcuni atti redatti fra 1349 e 1550, conservati in
originale presso l'archivio delle Riformagioni di Firenze. Il terzo codice,
Comune di Colle 61, anch'esso di
una significativa dimensione soprattutto se rapportato all'esiguo spazio temporale
coperto, 130 carte dal 1347 al 1369, contiene soprattutto contratti stipulati fra il
Comune e privati per l'acquisto, la cessione o l'affitto di mulini e gualchiere o
l'incanto di gabelle, così come il quarto, Comune di
Colle 62, contenente atti stipulati dal 1369 al 1405: il codice,
originariamente più esteso delle attuali 61 carte, è molto probabilmente il frutto
dell'unione operata già sul finire del XIV secolo di due distinti nuclei, il secondo
dei quali è con certezza individuabile nel registro che veniva descritto
nell'inventario del 1806 come "del 1368 di c. 32 in cartapecora tutto lacero e
sciolto"
3
, contenente in gran parte i contratti
di affitto di corsi d'acqua per cartiere, mulini, gualchiere e di terreni e
case
4
.
Le attenzioni rivolte alla conservazione di questi codici si
collocano ai due estremi nell'arco della lunga esistenza dell'archivio colligiano,
tradendo rispettivamente motivazioni diverse pur nella sostanziale uniformità delle
soluzioni adottate. Fra XIV e XV secolo l'evidente intenzione delle autorità
colligiane era quella di preservarli per garantire continuità e certezza
all'attestazione dei propri diritti politici e patrimoniali
5
, necessità poi
progressivamente affievolitasi fra XVI e buona parte del XIX secolo quando
l'obsolescenza amministrativa di simili strumenti accompagnata da una puntuale e
capillare diversificazione della documentazione comunale, li condannò ad un
inesorabile oblìo
6
.
La matura
consapevolezza, raggiunta nella seconda metà del XIX secolo, dell'ingresso delle
antiche carte di archivio nel "dominio della storia" e la crescente attenzione
rivolta alle "storie patrie" destò nei confronti dei Libri iurium un rinnovato interesse da parte di studiosi ed
eruditi che ne fecero un campo privilegiato di indagini, edizioni e regesti
7
. Così fu anche per gli Strumentari colligiani, che nel 1881 furono notati durante una
missione a Colle da Luciano Banchi che ne chiese e ne ottenne dal Municipio il
momentaneo deposito insieme ad altro materiale pergamenaceo presso l'Archivio di
Stato di Siena di cui era in quel periodo direttore
8
. Le
stesse parole scritte dal Banchi in una relazione sul suo operato inviata al
competente ministero sono significative dei suoi progetti sul primo di tali codici e
nel contempo del loro precario stato di conservazione:
Avendo potuto ottenere dalla rappresentanza municipale di Colle di Val d'Elsa il temporaneo invio di un istrumentario pregevolissimo di quel Comune mi diedi ad ordinar lo essendo tutto sciolto e malamente tenuto in una filza. Il codice, è vero, non appartiene all'archivio senese, ma alla storia di Siena e di Toscana si riferiscono questi documenti affatto sconosciuti, e taluni di assai pregio e utilità. Io alcuni anni fa, trovai abbandonati ai sorci che vi avevano fatto dei guasti sul pavimento di una stanza oscura e malsana dove allora si custodivano e forse vi si custodiranno tuttora le carte più antiche di quell'archivio comunale. Credo di rendere un buon servizio agli studi, riordinando questi documenti che formavano più volumi in folio grande, e facendo un indice e non uno spoglio per pubblica utilità9.
Nonostante i sei anni trascorsi, nel 1887 quando la morte lo colse, il Banchi non aveva ancora realizzato i suoi propositi, ripresi e parzialmente realizzati fra 1888 e 1900 dal suo successore alla direzione dell'Archivio di Stato, Alessandro Lisini 10 . Questi provvide prima di tutto a disporre "tutte quelle carte nel loro ordine primitivo" ripartendole in "cinque distinti registri, dei quali quattro contengono gli atti del Comune, un solo registro riguarda l'amministrazione dello Spedale" 11 . Procedette poi a compilare "uno spoglio sommario" degli atti contenuti nel più antico limitandosi a "pubblicare per esteso quei soli atti" ritenuti di "un'importanza più generale", insieme ad un indice parziale delle prime 66 carte del secondo 12 . L'opera si concluse con la ricomposizione e con la legatura dei codici, dotati in quell'occasione delle coperte lignee che tuttora possiedono. Nel 1891 infine i codici venivano restituiti al Comune di Colle dopo essere stati consultati ed utilizzati durante la loro permanenza a Siena da un illustre studioso come Robert Davidsohn per la sua storia di Firenze 13 .