Livello: sottoserie
Estremi cronologici: 1412 - 1676Consistenza: 26 unità
La regolamentazione in particolar modo delle istituzioni
comunitative, delle loro funzioni e delle modalità di accesso trovarono stabile
collocazione in area fiorentina nelle cosiddette Riforme, che a partire dalla fine del XIV secolo assunsero
la funzione di veri e propri statuti amministrativi delle comunità. Nate
contestualmente alla definitiva sottomissione a Firenze, le Reforme officiorum colligiane prodotte fino
agli anni Ottanta del Trecento ci appaiono come scarni verbali delle periodiche
operazioni che accompagnavano gli squittini e i rinnovi delle borse nelle quali venivano immessi, raggruppati in cedole,
i nomi di coloro che si fossero ritenuti idonei a ricoprire gli uffici
comunitativi, per esserne poi estratti alle scadenze prefissate
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. Oltre all'indicazione dei
singoli uffici, della loro composizione, della durata, delle scadenze fissate
per le estrazioni, venivano prescritte anche le modalità da seguire per la
nomina delle nuove commissioni di reformatores
che alla fine della durata della Riforma vigente avrebbero dovuto approntarne un'altra. A
Colle, come negli altri centri di maggior rilievo
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, fino a tutto il XIV secolo
la gestione delle Riforme fu
affidata ad elementi fiorentini appositamente inviati dietro formale richiesta
avanzata dal Consiglio generale colligiano alla Signoria, la cui delibera
copiata nel testo della Riforma
conferiva agli ambaxiatores piena
balìa e mandato
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. Le correzioni apportate nel 1387 agli statuti
colligiani formalizzarono de iure
una prassi altrimenti in uso fin dal 1349
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, fissando tempi e modalità delle
procedure locali di riforma. Nell'imminenza della nuova Reforma officiorum, il Consiglio generale
colligiano, ricevuta da parte dei priori fiorentini la lettera di nomina dei
reformatores seu commissarii,
doveva provvedere a nominare una balìa che ne ratifi casse formalmente la piena
autorità in reformandam Terram Collis. I reformatores, giunti a Colle con un notaio, avevano sei
giorni di tempo per portare a compimento la nuova Riforma, coadiuvati da sei informatores autoctoni, eletti precedentemente dai priori
colligiani. Dopo aver sostenuto un colloquio con quei "terraççanos, castellanos
collenses quos sciverint et cognoverint bonos, fideles, ydoneos et utiles ad
officia adque fuerint deputandos ferventes, sollicitos et actentos ad honorem,
pacem, bonum statum et salutem et utilitatem Comunis et Populi Terre Collis",
gli informatori dovevano presentare ai commissari entro due giorni dal loro
insediamento una lista scritta degli imborsabili, dopodiché si poteva procedere
alla compilazione e all'imborsazione fisica delle cedole. È facile pensare
quindi che l'opera degli inviati fiorentini si risolvesse nella supervisione
delle operazioni di scelta ed imborsazione degli eleggibili, piuttosto che in
una fattiva e concreta opera di compilazione delle liste; se del resto si
stabiliva che questi non dovevano "credere vel se qui aliam suggestionem vel
informationem alicuius alius nisi ipsorum sex prudentium", di fatto i
colligiani, fornendo loro un unico interlocutore fidato, avevano ampie garanzie
di vedere rispettati i propri margini di autonomia nella scelta degli
ufficiali
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. A partire dal 1387 le
Riforme, di durata variabile
dai 30 ai 36 mesi, cominciarono a farsi più articolate nella struttura e alle
norme relative alle imborsazioni si aggiunsero norme sempre più precise e
puntuali sul funzionamento dei singoli officia
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. La fortunata
continuità dal XV fino al XVIII secolo con cui si sono conservate nell'archivio
colligiano i registri di Riforme,
è integrabile con le copie conservate nel fondo Statuti delle comunità autonome e soggette dell'Archivio di
Stato di Firenze
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; ciò rende possibile seguire nelle sue linee di
sviluppo la puntuale evoluzione di questa fonte documentaria, importantissima
per lo studio della storia istituzionale della comunità valdelsana e dei suoi
rapporti con la Dominante. Sul finire del XIV secolo la redazione delle
Riforme cominciò ad essere
affidata ad elementi locali coordinati dal podestà, dapprima saltuariamente fra
il 1399 e il 1412, poi definitivamente a partire dal 1416, rispondendo alla
necessità soprattutto di ridurre le spese che gravavano sulle comunità
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.
L'avvento del principato mediceo non
modificò le prassi di redazione delle Riforme ma finì per utilizzarle ai fini della politica
cosimiana di controllo della vita comunitativa, al pari di altri istituti di
origine tre-quattrocentesca. Il nuovo organo ducale del la Pratica segreta
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, istituio nel 1545, ebbe tra le sue funzioni a partire dal
1557 quella di approvare gli statuti e le riforme delle comunità del dominio. La
sua creazione rientrava coerentemente nel progetto di omogeneizzazione
politico-istituzionale del ducato sostenuto da Cosimo I e rappresentava
un'azione chiaramente complementare all'abitudine sempre più frequente di
ordinare agli statutarii e ai
reformatores locali la
statuizione su determinate materie, in precedenza non comprese nelle
legislazione comunitativa, con la conseguente formazione di un sostrato di norme
giuridiche che solo formalmente erano di origine comunale
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.
Anche a Colle il progressivo e sempre più pressante controllo centrale sulle
consuete attività legislative pare intensificarsi nel corso del Cinquecento,
quando ciascuna periodica Riforma
doveva essere preliminarmente autorizzata e infine approvata dalla Pratica
segreta, che poteva a suo insindacabile giudizio apporre modifiche
inappellabii
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. In questo periodo le Riforme sono di venute dei veri e propri testi guida del
funzionamento degli organi amministrativi comunitativi, lontani parenti degli
scarni elenchi di uffici della seconda metà del XIV secolo, con una mole
oscillante intorno alle 160 carte
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. Fino circa alla
metà del Seicento la promulgazione delle riforme seguì un iter costante, stabilizzatosi su cadenza sessennale, al
termine delle quali si provvedeva ad una riedizione completa dell'intero testo.
Successivamente alla redazione del 1651 e fino alla vigilia delle riforme
leopoldine che ne sanciranno la fine, si procedette invece alla redazione,
sempre su base sessennale, di "appendici alla Riforma", in forme estremamente più sintetiche e
limitantisi ad emendare o correggere parti specifiche della "Riforma vegliante" del 1651
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.
L'inventario compilato nel 1565 in forma assai sintetica ci
indicava la presenza nell'archivio della Cancelleria di Colle di "Libri ventitré
di Riforme", un "libro vecchio di
statuti del Danno dato", "libraccio uno di statuti vecchi in tavole rotte",
"Libro uno di statuti incatenato", descrizione nella quale non si fatica a
riconoscere le unità attualmente conservate nell'archivio comunale
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. L'ordinamento del 1713 distinse il materiale
statutario più antico dai registri di Riforme, inserendo il primo nella serie "Libri
diversi"
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, i secondi in
quella contrassegnata dalla lettera "B. Riforme" comprendente 29 unità
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. Nel 1806 le unità afferenti alle due serie confluirono in
ordine confuso nella serie "Riforme e Statuti" con l'aggiunta dei tre libri dei
capitoli con Firenze, attualmente conservati fra i Libri di memorie
17
. Nel 1821 la
serie "Statuti, riforme e legislazione" si allargò fino a comprendere materiale
non propriamente archivistico quale le raccolte legislative a stampa
18
. Nel corso dei lavori di
ordinamento condotti nel 1841 si procedette ad una revisione delle serie che
portò alla creazione della sezione "VII. Miscellanee", destinata a conservare il
materiale più antico dell'archivio della Cancelleria ripartendolo in distinte
sottosezioni, fra le quali quella "Statuti e Riforme", ordinata finalmente in
sequenza cronologica
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. In quella stessa
occasione si provvide inoltre a rilegare più registri in grandi unità di
conservazione, per ovviare evidentemente a carenze di spazio e a necessità di
organizzazione del materiale di non più frequente utilizzo
20
. Nel 1852 il Becattini si limitò a riordinare le
unità della serie in questione senza modificare la struttura venutasi a creare
undici anni prima
21
. Gli interventi di
schedatura compiuti nel 1896 interessarono soprattutto le serie più antiche
dell'archivio colligiano, finalmente distinte ed ordinate in base ad un criterio
cronologico. Dini compì in primo luogo un'attenta ricognizione dei registri
distinguendo gli Strumentari dagli
Statuti e riforme; in seconda
battuta tentò di ricreare un ordine coerente degli atti smembrando quelle unità
archivistiche ritenute il frutto di improprie rilegature. Quest'ultima fase del
lavoro è ancora oggi ben visibile nella composizione di molti registri di
Riforme, e come vedremo di
deliberazioni, condizionati in cartone, spesso ricavato dalle coperte delle
filze smembrate
22
. Il
successivo riordinamento condotto dal Liberati nel 1926 dopo il deposito
dell'archivio comunale presso l'Archivio di Stato di Siena, si avvantaggiò del
minuzioso lavoro di cernita del Dini e si limitò alla numerazione dei pezzi,
disposti ora in ordinata successione cronologica all'interno della serie
denominata "Statuti della comunità di Colle"
23
. La serie
mantenne la stessa fisionomia, salvo poche e non significative variazioni, anche
a seguito delle ultime operazioni di ordinamento condotte in Archivio di Stato a
Siena negli anni Cinquanta del secolo scorso.