Livello: serie
Estremi cronologici: secc. XVI - XXConsistenza: 18 unità
Agnolo di Francesco Bizzochi da Prato con testamento de' 26 aprile 1591
rogato ser Raffaello Godenzi, fra l'altro, così dispose dei suoi beni: «Item, lasso
al rev.do Capitolo della collegiata chiesa di S. Stefano di Prato scudi
dumilacinquecento di lire sette, da consegniarseli per li suoi esecutori o in beni o
in denari o in censi, con carico e patto espresso et non altrimenti di dare e pagare
ogn'anno in perpetuo due doti di scudi venticinque l'una a due fanciulle povere
della famiglia e casata de' Bizzochi di Prato, d'età d'anni dodici almeno, per
subsidio di monacharsi o di maritarsi, con quest'ordine e modo: che quando vi
saranno più fanciulle che dua in detta famiglia, si devino per li signori canonici
inborsare tutte e trarne due per sorte, e quelle tratte devin consequire detta
dote;
e non ve n'essendo più di due, quelle senz'altro le devino consequire; et
a questa estrattione devino intervenire duoi de' più vecchi, potendo haverli, se non
dua altri prima dottori se vi fussero lavci, della famiglia de' Bizzochi di Prato;
et caso che nella famiglia de' Bizzochi non fussero fanciulle da consequir dette
doti, allora in quel caso e non altrimenti devin consequire dette doti due fanciulle
della famiglia de' Fabruzzi nel modo predetto.
E se de l'una e de l'altra
famiglia non si ritrovassero, in quel caso li reverendi signori canonici, con li
duoi detti de' Bizzochi, devino inborsare tutte quelle fanciulle povere e nobili di
Prato, quale giudicheranno e approverranno per habili; et nobile s'intendino quelle
che in casa loro hanno hauto l'offizio del gonfalonieri, e queste si devino
inborsare et non altre; et le due estratte conseguischino le dote predette, le quali
sieno obligate pregar Iddio per l'anima di detto testatore. Et con charico anchora a
detto Capitolo iniunto di dare e pagare ogn'anno in perpetuo a dua giovani dottorati
della famiglia de' Bizzochi scudi ventiquatro per ciascuno, cioè scudi dua il mese,
se vorranno andare a Roma et quivi habitar per far pratica e prova della lor
fortuna, per vedere se per questa via si potessi una volta rilevare non solo detta
famiglia, ma tutta la teiera di Prato; et detti emolumenti devin consequire per dua
anni soli, et finiti li duoi anni se ne mandino dua altri et si vadia così seguendo
in perpetuo.
Et se in un medesimo anno concorressino più giovani, quelli di più
età devino ottenere detta provisione; et se per sorte nella famiglia et casata de
Bizzochi non vi fussero simili suggetti o non volessino andare a Roma, come s e
detto, allora et in quel caso et non altrimenti devino consequire detta provisione
duoi giovani dottori della famiglia de Fabruzzi, nel modo e forma predetti; et non
ne essendo de l'una e de l'altra famiglia de Bizzochi et de' Fabruzzi, allora in
quel caso et non altrimenti tale stipendio et mercede conseguischino duoi giovani
della terra di Prato dottorati in studio publico, poveri et nobili; et nobili
s'intendino quelli che, come s'è detto, in casa loro haveranno hauto l'offizio del
gonfalonieri seduto; da eleggiersi per li signori canonici e duoi della famiglia de'
Bizzochi dottori sendovene, et non ve ne essendo dottori, dua de' più vecchi di
detta famiglia; quali tutti giovani che goderanno detta provisione devino spendere
scudi uno per ciascuno in far celebrare messe da morti per l'anima del testatore. Et
in evento che non si trovassino giovani né della famiglia de' Bizzochi né de'
Fabruzzi né della terra di Prato habili, come sopra s'è detto, in quel caso et per
quel tempo che non si troverranno suggetti habili e che voglino andare a stare in
Roma e pratichare e far prova come sopra, di detta provisione si faccino due dote
con la medesima regola et nel medesimo modo che si è ordinato di sopra nelle due
dote di scudi venticinque l'una, et con obligo e carico inoltre a detto Capitolo di
celebrare ogn anno un offizio de' morti im perpetuo in detta chiesa in honore
d'iddio e per l'anima del testatore et de' suoi, con ispesa di scudi dodici di lire
sette per anno per ispenderli come al detto Capitolo parrà.
Al quale offizio si
devino chiamar e et intervenire, e essere invitati un giorno avanti almeno, quatto
huomini layci della famiglia de' Bizzochi, prima de' più degni et poi de' più
vecchi, a' quali da detto Capitolo sia dato in recognitione, quella mattina, una
falcola di cera d'una libra per ciascuno di loro...» (Archivio del Capitolo, n. 71,
cc. 87-87v).
Bartolomeo di Giuliano Leonetti, con atto del 1° marzo 1633 per
notar Giulio di Francesco Ceccarelli, fondò nella chiesa collegiata di Prato «una
dignità sotto il titolo di tesauriere» e la dotò con «luoghi venti del Monte non
vacabile della Pietà della città di Firenze di scudi cento di lire sette per ogni
luogo insieme coi frutti da decorrere da oggi a ragione del cinque per cento e per
qualsivoglia anno»; con obbligo inoltre per la chiesa collegiata e suo Capitolo di
«distribuire per l'amor di Dio ogni anno in perpetuo scudi cento di lire sette per
scudo in tante doti da distribuirsi e darsi a fanciulle in sussidio di loro dote,
nel modo e forma che segue, cioè: con patto che detto rev.mo Capitolo deva fare ogni
anno, dal dì della consegnazione di detti scudi duemila di lire sette, come sopra,
fatta in detta petizione, due doti di scudi cinquanta l'una in questo modo: cioè che
detto signore Bartolommeo Leonetti, vivente lui, possa dare dette doti a chi più gli
pare e piace ed in quella quantità d'annate che a lui parrà, a tal che l'effetto sia
che ogni anno detto signore Bartolommeo possa assegnare dette doti a chi li parrà, a
una o più fanciulle; e morto detto signore Bartolommeo si devino dare dette doti nel
modo e forma infrascritta:
e prima, nel primo luogo dette doti si devino dare
alle fanciulle legittime e naturali di legittimo matrimonio di messer Iacopo di
Giuliano Leonetti suo fratello carnale, dottore di medicina, e dei suoi discendenti
per linea masculina, legittimi e naturali e nati di legittimo matrimonio, in questo
modo cioè: ogni volta e quando messer Iacopo e suoi discendenti per linea masculina,
come sopra, avranno una o più loro figlie legittime e naturali nate di legittimo
matrimonio, come sopra, che sia in età di anni cinque, allora e in tal caso detto
rev.mo Capitolo deva assegnarli ad ogni minima domanda dei suoi una dote di scudi
cinquecento di lire sette, quando si monacherà o mariterà, e in tal caso detto
Capitolo non sia tenuto fare per cinque anni successivi altre doti;
nel secondo
luogo, nel medesimo modo e forma come sopra, si deva dare detta dote di scudi
cinquecento alle figlie legittime e naturali e nate di legittimo matrimonio di
Filippo di messer Francesco Cicognini di Prato e dei suoi descendenti per linea
masculina, legittimi e naturali e nati di legittimo matrimonio; in terzo luogo si
deva dare la detta dote di scudi cinquecento, nel medesimo modo e forma che sopra,
alle figlie legittime e naturali e nate di legittimo matrimonio di Michele figlio di
detto signore Bartolommeo Leonetti e alle figlie legittime e naturali e nate di
legittimo matrimonio dei descendenti per linea masculina legittima e naturale, come
sopra, di detto Michele Leonetti;
nel quarto luogo e nel medesimo modo e forma
si deva dare detta dote di scudi cinquecento alle figlie di Giovan Batista di
Michele di Giorgio Landi di Prato, legittime e naturali e nate di legittimo
matrimonio ed alle figlie legittime e naturali come sopra di detto Giovan Batista
Landi; e non essendo, nelle sopraddette famiglie nominate, fanciulle che possino
conseguhe detta dote di scudi cinquecento, allora e in tal caso detto rev.mo
Capitolo sia tenuto ed obbligato a fare e dare ogni anno due doti di scudi cinquanta
Puna e darle con loro legittimo partito a fanciulle pratesi nate di legittimo
matrimonio, che tocchino l'età di anni dieci e di famiglie che abbino l'offizio del
gonfaloniere in casa e questo con l'intervento di un uomo, il più vecchio, per casa
e famiglia delle soprannominate quattro, quali devmo esser chiamati ed intimati
l'uno giorno per l'altro per intervenire a rendere il loro voto insieme con i
rappresentanti detto ill.mo e rev.mo Capitolo;
et in caso d'estinzione di una
delle sopraddette 4 linee, l'ultimo che morrà di detta linea possa chiamare e
surrogare il suo vóto luogo a chi più gli parrà e piacerà; quale così surrogato deva
e possa intervenire all'elezione delle fanciulle che devino avere e conseguire tal
doti di scudi cinquanta, e rendere il suo voto insieme con i rappresentanti detto
Capitolo, con questo però che non possa pretendere detto sostituito d'avere la dote
di scudi cinquecento; e successivamente mancando detti sostituti e loro linca
masculina possino sostituire e surrogare sempre un altro, tal che l'effetto sia che
quando detto Capitolo deve fare et assegnare dette due doti vi deva sempre
intervenire quattro uomini di dette linee o altri da loro sostituiti in
infinito;
e caso che le fanciulle alle quali saranno assegnate dette doti, se
morissero avanti si manacassero e maritassero e così non conseguissero attualmente
dette doti, in tal caso detto Capitolo deva dare et assegnare di nuovo alle
fanciulle de' sopradetti chiamati, nell'ordine e modo come sopra; e non ci essendo
fanciulle in dette famiglie e linee sopra nominate detto Capitolo sia tenuto a darle
a fanciulle legittime e naturali di famiglie che abbino l'uffizio del gonfaloniere
in casa come sopra, quali tocchino l'età di anni dieci almeno, come sopra, con
l'intervento che sopra, al fine che per ciaschedun anno detto rev.mo Capitolo abbia
d'uscita scudi cento di lire sette per scudo, in fare e dare attualmente dette doti:
con questa dichiarazione però che quando si daranno doti a fanciulle fuori di dette
famiglie, le devino conseguire quelle che otterranno maggior numero di voti
favorevoli per legittimo partito di detti signori congregati, da darsi nel modo che
sopra per detto Capitolo;
e dette fanciulle che otterranno quando si
monacheranno o mariteranno, da incominciare a far tali doti infra un anno da oggi, e
seguitare ogn'anno in perpetuo, ottenuto il consenso e il beneplacito che sopra e
spedito le bolle dalla sopraddetta dignità; e caso che le fanciulle, descendenti
delle sopradette quattro linee di legittimo matrimonio nel modo che sopra, si
monacassero o maritassero avanti avessero fornito gli cinque anni per conseguire
detta dote, in tal caso tirino l'annate decorse, seguitino sino a detti cinque anni
a tirare anno per anno sino a detto numero di scudi cinquecento, et anco non avendo
cominciato dette cinque anni, pur che si siano fatte scrivere per avere a suo tempo,
possino assegnare detti scudi cinquecento per sussidio di loro dote per quando
l'averanno avere et in tal caso anno per anno, volendo detto signore Bartolommeo che
l'effetto sia che le figlie femmine di dette quattro linee descendenti come sopra
conseguischino detta dote di scudi cinquecento in quel miglior modo che sia
possibile...» (Archivio del Capitolo, n. 1450, fase. 1).
Francesco di Giovainni
quondam Francesco Benamati (+ 1° luglio 1638), con testamento fatto in Roma ai
rogiti di ser Agostino Teoli, istituì suo erede universale Iacopo di Girolamo
quondam Iacopo Benamati, ma con la clausola che «morendo il sopradetto signor Iacopo
mio primo erede senza figlioli maschi legittimi e naturali, in detta mia eredità e
successioni sostituisco e voglio che succedino li rev.mi Capitolo e canonici della
insigne collegiata di S. Stefano di Prato, mia patria, con li pesi sopradetti; e con
condizione però che dei frutti e rendite di detta mia eredità e beni ogni anno ne
possino e devino detti canonici e Capitolo partecipare e ritenersi scudi trenta di
moneta, ad effetto però di quelli spendere ed erogare nel bisogno e servizio di
detta loro chiesa e secondo gli parerà e piacerà;
et il resto de' frutti e
rendite di detta mia eredità e beni, defalcatone le spese che vi anderanno in
risquoterli et altre spese che occorressero, voglio et ordino che detto Capitolo e
canonici prò tempore di detta chiesa siano tenuti et obbligati ogn'anno in perpetuo
costituire tre doti e quelle darle ogni anno a tre povere zittelle di detta mia
patria, di buona condizione e fama, da eleggersi e nominarsi da esso Capitolo e
canonici prò tempore, senza altra sicurtà né investimento da farsi; e questo voglio
si debba inviolabilmente osservare e continuare in perpetuo e hi ciò gravare la
coscenza di essi signori canonici che saranno prò tempore in detta chiesa ...»
(Archivio del Capitolo, n. 1450, fase. 3).