Entrata e uscita della sagrestia

Livello: serie

All'albero della fondamentale costituzione istituzionale capitolare si verniero aggiungendo col tempo altri rami secondari, quali le cappellanie ecclesiastiche e laicali, le eredità, e anche la sagrestia maggiore delle dignità e dei canonici, che fu dotata di patrimonio proprio, formato da diritti verso terzi, e provveduto di una tal quale individualità di natura, si potrebbe dire, contabile o amministrativa.
Nel 1619, al tempo «dell'ill.mo e rev.mo signore cardinale don Carlo de' Medici, dignissimo proposto della collegiata insigne di Prato di nessuna diocesi», i proventi della sagrestia maggiore erano costituiti da «denari contanti, cera bianca, cera gialla in falcole, moccoli gialli, torcie gialle, incenso, censi». I censi erano pagati annualmente dalle chiese di S. Vincenzo e di S. Pier Forelli, dai monasteri femminili di S. Margherita, di S. Giorgio e di S. Michele, e da nove oratori, sei compagnie e tre cappellanie, tutti operanti in Prato (n. 1194 c. 37).
Altre entrate provenivano alla sagrestia dalle elemosine dei fedeli, dall'incasso «per il solito lacero dovuto per gli anniversari solenni» (n. 1204 c. lv), dalla «cera arsiccia avanzata ai mortori» (ibid., c. 16), e dalle quote dovute «per la parte di spoglie» che si riscotevano sui defunti, ad eccezione dei poveri: «e per ia sua povertà non furono pagate le spoglie» (n. 1207 c. 9).
Le costituzioni approvate nel 1532 disponevano che ogni canonico e dignità, appena preso possesso deirufficio, dovesse pagare alla
sagrestia, per tassa d'entrata, pena la perdita del relativo beneficio, «realiter et cum effectu in pecunia numerata ad minus libras XII moneta currentis, in emendo pluviale vel planetam de sirico vel ut vulgo de drappo dicitur», e ogni cappellan «libras novem monete similis, prò emendo sindonem» (n. 1 c. 7v-8).
La sagrestia doveva provvedere al pagamento dello stipendio al servo e al campanaio, al versamento delle mance ai chierici per il servizio prestato nelle sacre funzioni, alle spese per l'organista e 1'alzatore dei mantici, ai suffragi per i capitolari defunti, nonché a tutte le spese per la manutenzione degli arredi sacri e per «consumazione di cera, imbiancatura dei panni, pane distribuito e spese d'apparature, palmizzi e minute diverse per chiesa e sagrestia».
L'«inventario afferente alla sagrestia de' rev.mi signori dignità e canonici», composto nel gennaio 1728 dall'archivista del Capitolo can. Ignazio Leopoldo Guizzelmi, riferisce che «nell'anno 1699 fu edificata in questa cattedrale, accanto alla sagrestia comune, un'altra sagrestia ben grande per uso de' suddetti signori, la quale è coperta con volta di buona struttura ed ha tre porte assai alte: la prima delle quali dalla parte orientale è situata alquante braccia sopra un cimitero, la seconda a mezzogiorno confina colla predetta sagrestia comune e la terza a ponente introduce in una stanzetta o ricetto che serve di spogliatoio a molti dei nominati signori» (n. 2279 c. 10).
Per altri inventari della sagrestia, vedi n. 2276 e sgg.