Livello: serie
Estremi cronologici: 1850 - 1854Consistenza: 2 unità
In data 20 novembre 1849, considerando il bisogno «di provvedere ad una più
attiva e prudente Amministrazione dei Comuni» venne emanato il «Regolamento
Comunale» diffuso su tutto il territorio granducale. Tra le prime norme si stabilì
che ogni Comune doveva avere e essere rappresentato da un Consiglio Comunale e da un
Gonfaloniere, assistito dal Collegio dei Priori (art. 1); si prevedeva quali fossero
in generale le attribuzioni del Consiglio, ovvero «ordinare negli affali del
Comune», che poi venivano eseguite dal Gonfaloniere anche con l'assistenza dei
Priori (art. 4). L'amministrazione Comunale aveva il controllo gestionale e la
vigilanza sopra tutte le istituzioni e le fondazioni, esistenti nel territorio di
competenza, che avessero un interesse pubblico e che non fossero sottoposte
direttamente al Governo; tale correlazione si riferiva inoltre a quelle create per
volontà dei privati, con il rispetto della norma per la quale non si doveva
effettuare una amministrazione promiscua tra quella Comunale e quella delle diverse
istituzioni, fondazioni, luoghi pii o aziende di qualsivoglia tipologia (art. 3). Il
Gonfaloniere, i Priori ed il Consiglio (nella sua totalità) rappresentavano il
Comune ed erano tenuti a intervenire nelle manifestazioni pubbliche, comprese anche
le feste sacre e popolari, mantenendo un atteggiamento di decenza e indossando abiti
da cerimonia. L'obbligo di intervento era imposto tassativamente al Gonfaloniere ed
ai Priori (art. 5). Tutte le cariche e gli Uffici del Gonfaloniere, dei Priori e del
Consiglio erano svolti a titolo gratuito (art. 6). Il Consiglio Comunale veniva
formato dai consiglieri eletti dai cittadini che risultavano in regola con il
pagamento delle imposte Comunali e che erano elettori (art. 7). La nuova
organizzazione apportò anche sostanziali modifiche relative alla composizione dei
Consigli e dei Consiglieri che variarono in base alla popolazione: in numero di otto
per quei Comuni con popolazione inferiore ai 2000 abitanti; in numero di dodici per
i Comuni con popolazione compresa tra i 2000 ed i 4000 abitanti; in numero di sedici
per i Comuni con popolazione compresa tra i 4000 ed i 8000 abitanti; in numero di
venti per i Comuni con popolazione compresa tra gli 8000 ed i 12000 abitanti; in
numero di ventiquattro per i Comuni con popolazione compresa tra i 12000 ed i 16000
abitanti; in numero di ventotto per i Comuni con popolazione compresa tra i 16000 ed
i 20000 abitanti; in numero di trentadue per i Comuni con popolazione superiore ai
20000 abitanti con eccezione di Livorno e Firenze il cui numero venne fissato in
quaranta (art. 8). Per ogni Comune inoltre venne inoltre stabilito che vi fossero
dei Consiglieri Supplenti, nel numero non inferiore di quattro (art. 9), che
venivano eletti come quelli in carica attraverso «schede segrete a scrutinio di
lista» (art. 10).
Furono dichiarati aventi diritto al voto tutti i toscani con
eccezione delle donne, degli interdetti, delle pubbliche amministrazioni, delle
corporazioni (art. 14) e dei condannati ad una pena afflittiva per il periodo della
stessa (art. 13). Si ricorda inoltre che tutti gli elettori erano anche eleggibili
(art. 16) ad eccezione dei condannati, dei minori di venticinque anni, degli
stipendiati dei Comuni, dei Prefetti, dei Consiglieri, dei Segretari e Ragionieri di
Prefettura, sempre nel solito Compartimento, dei Sotto-Prefetti, dei Delegati di
Governo, dei Pretori e dei Cancellieri Ministri del Censo nel loro Circondario (art.
17). Rimaneva inoltre fissato il concetto che non potessero esservi consiglieri o
supplenti aventi vincolo di parentela tra di loro (art. 18) e che almeno la metà di
questi venisse scelta tra coloro che avevano beni stabili ed in particolare che
fossero in possesso delle quote di dazio fondiario (art. 19). Coloro che venivano
eletti come consiglieri e rifiutavano la carica senza avere una motivazione
legittima potevano essere multati nella misura di cento lire. Dalla mora ne erano
esclusi gli Arcivescovi, i Vescovi, i Vicari generali, i Parroci, i sacerdoti, gli
impiegati regi, i malati cronici, i sordi, i ciechi ed i rappresentanti degli uffici
Comunali (art. 26). Il termine temporale entro il quale i consiglieri eletti si
insediavano era fissato nel mese di gennaio dell'anno immediatamente seguente alla
loro elezione e rimanevano in carica per quattro anni (art. 27). Le sedute annuali
obbligatorie erano quantificate in numero di tre: la prima si svolgeva nel mese di
gennaio e provvedeva a verificare e convalidare sia le elezioni, sia le nomine dei
Priori, sia l'approvazione delle tasse e la nomina della Commissione dei Sindacatori
(art. 49); la seconda si teneva nel mese di aprile o di maggio, esaminava i reclami
in materia di tasse ed approvava i rendiconti relativi all'annata precedente (art.
50); la terza si teneva nel mese di settembre o di ottobre e nominava sia la
Deputazione per il reclutamento militare che la Deputazione per rarruolamento della
Guardia Civica ed il suo Consiglio di Amministrazione, sia la Commissione dei
Ripartitori delle Tasse, che curava il bilancio preventivo e le tasse per l'anno in
corso (art. 51). 11 Consiglio nelle tre adunanze aveva competenza per deliberare su
materie diverse come i reclami alle liste elettoriali compilate dal Gonfaloniere,
per nominare gli squittinatoi per le elezioni Comunali, per decidere in merito agli
uffici e agli stipendi degli impiegati del Comune, per nominare, confermare o
licenziare gli impiegati, per concedere sussidi o doti, per deliberare sopra gli
interessi patrimoniali del Comune, sulle liti e cause del Comune, sulle occupazioni
di suolo pubblico, sulle domande di edificare mulini, ponti, callaie e pescaie, su
opere inerenti a canali, fiumi e torrenti, sulle bozze dei regolamenti di polizia
Municipale, sulle offerte e sui doni da fare, sulle onoreficienze, sulla istituzione
di Speciali Commissioni, sull'istituzione di fiere e mercati, e sulla creazione di
qualsiasi istituzione a favore del Comune stesso, di decidere i mutamenti della
circoscrizione del Territorio Comunale, di approvare il rinnovo dei Campioni
d'estimo e di provvedere infine a tutti i bisogni dell'Amministrazione Comunale
(art. 52). La legalità delle adunanze si otteneva con la presenza di almeno due
terzi del Consiglio; in caso contrario i Consiglieri potevano decidere se rimandare
la seduta a nuovo giorno o se fare intervenire i Supplenti nel numero necessario al
raggiungimene del numero legale (art. 54). Nel Regolamento veniva inoltre chiarito
che coloro i quali non avessero un impedimento grave per giustificare la loro
assenza dovevano pagare una multa pari a cinque lire, cifra che era raddoppiata se
la mancanza era stata tale da causare il rinvio o la chiamata dei Supplenti; i
pagamenti dovevano essere effettuati al Camarlingo ed andavano a favore del Comune
(art. 55). All'interno del gruppo dei Consiglieri veniva scelto il Gonfaloniere
(art. 43) che rimaneva in attività per un quadriennio, anche se essendo nominato
come «capo» dei diversi Uffici dal Granduca (art. 40) solo quest'ultimo lo poteva
rimuovere dalla sua carica (art. 45). Il Gonfaloniere poteva avere un segretario
pagato dal Comune (art. 73) e ricevere un'indennità economica che veniva decisa dal
Consiglio Comunale a titolo di rimborso di spese d'Ufficio (art. 74)
1
. A seguito del Regolamento sopra citato, in pari
data, il Consigliere Segretario di Stato Leonida Landucci, Ministro per il
Dipartimento dell'Interno, emise il «Regolamento per la formazione dei Consiglj
Comunali».
Da tale testo si evincono alcune norme amministrative tra le quali
il compito del Gonfaloniere e del Cancelliere Ministro del Censo di redigere la
lista degli elettori (art. 1) e degli eleggibili (art. 2) per poi renderle pubbliche
attraverso l'affissione alla Porta dell'Ufficio Comunale (art. 4).
Dal momento
della pubblicazione, coloro i quali volevano ricorrere alle liste dovevano
presentarsi al Consiglio Comunale entro il termine di quindici giorni (art. 5); una
volta valutati i reclami, era compito del Gonfaloniere di notificare gli esiti agli
interessati che avevano tempo tre giorni per rivolgersi al Consiglio di Prefettura
(art. 6).
Una volta ottenuto anche il responso dal predetto organo il
Gonfaloniere faceva pubblicare nuovamente le liste (art. 7). La decisione della
scelta luogo delle votazioni e del giorno, era compito del Gonfaloniere che ne
doveva dare avviso pubblico almeno otto giorni prima (art. 9). Nel caso in cui il
Collegio non fosse diviso in Sezioni l'adunanza era presieduta dal Gonfaloniere, che
in caso contrario presiedeva una Sezione e il Collegio dei Priori nominava chi
doveva fare le sue veci (art. 10).
Alla votazione dovevano essere presenti
almeno due assessori e un incaricato, nominati dal Collegio dei Priori (art. 11) e
le votazioni sia aprivano alle otto di mattina e si chiudevano alle ore otto di sera
(art. 12), momento in cui il Presidente dichiarava il termine delle operazioni,
faceva la lettura del Processo Verbale, firmato anche dagli Assessori e
dall'Attuatario e, una volta chiusa e sigillate sia l'urna che il processo,
dichiarava sciolta la seduta (art. 17).
Alle ore otto antimeridiane il
Gonfaloniere, il Collegio dei Priori e l'incaricato aprivano i lavori dello
squittinio (art. 19) che dovevano verificare l'integrità delle urne e dei processi
verbali (art. 21). Avvenuto lo spoglio, era compito del Presidente renderne pubblico
il risultato proclamandolo a voce alta; in seguito il presidente doveva bruciare le
schede e leggere il Processo Verbale quando fosse stato firmato dal Gonfaloniere,
dagli Squittinatori e dall'Attuario; infine dichiarava lo scioglimento dei lavori
(art. 24)
2
. La legge del 28 settembre 1853 precisò tanto quali fossero le
modalità per eleggere sia il Consiglio Generale che il Magistrato (artt. 7-29),
quanto quali fossero le competenze specifiche che si attribuivano al Consiglio, al
Magistrato dei Priori ed al Gonfaloniere
3
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