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Dazio sull'estimo e proventi della podesteria

Livello: serie

Estremi cronologici: 1715 ago. 1 - 1776 ott. 31

Consistenza: 69 unità

Nel mese di maggio di ogni anno il magistrato dei Nove conservatori mandava alle singole podesterie "le lettere del chiesto"1 nelle quali era indicata la somma che ciascuna doveva pagare alla cassa di quel magistrato, ripartendola tra le varie comunità che la componevano. Il magistrato dei Nove, dopo aver approvato i conti del debito complessivo, passava alla sua ripartizione secondo modalità specifiche per ciascuna voce e secondo le capacità contributive di ciascuna comunità. Al "chiesto" dei Nove i sindaci di podesteria aggiungevano le spese per la podesteria stessa e per il vicariato, ripartendo poi il tutto fra le comunità che erano in definitiva le uniche e vere responsabili dei pagamenti. Infatti, spettava poi ai rappresentanti delle comunità, dopo aver aggiunto anche le spese comunitative, dividere la somma2 tra tutti i contribuenti, secondo il loro estimo. Fatto il reparto, il cancelliere formava il "dazzaiolo", cioè "un ruolo generale in cui, accanto al nome del contribuente, veniva iscritto l'ammontare del suo debito d'imposta per l'anno in corso. Consegnato al camerlengo di ogni comunità, questo elenco costituiva il titolo esecutivo mediante il quale si procedeva all'esazione"3.

I dazzaioli della podesteria di Poppi erano divisi al proprio interno tra le sei comunità che la formavano: Poppi dentro, Poppi fuori, Ragginopoli, Fronzola, Quota e infine Riosecco e Lucciano, le entrate di ognuna erano generalmente divise tra le tasse pagate dai contribuenti e i proventi derivanti alle comunità dai beni comunitativi4. I contribuenti risultano diversificati nelle aliquote tra ecclesiastici, descritti nelle bande granducali e non descritti, quest'ultimi erano quelli con l'aliquota più alta, seguiti dagli ecclesiastici e poi dai descritti. Le uscite erano invece distinte tra "pagamenti da farsi dal camerlengo" al vicariato, alla podesteria e alle singole comunità: le prime erano divise in "spese universali", "tasse dei cavalli", "conto a parte", "spese de' tre bargelli"5, "lavori di strade", "allo spedale d'Arezzo per i trovatelli"; le seconde in "provisione di ambasciatori", "lavori di strade", "per tanti pagati al fisco" e "tassa delle bestie dal piè tondo". Per le singole comunità troviamo indicati genericamente "lavori di strade". Oltre le tasse a carattere "universale", nei dazzaioli si trovano elencate tra i pagamenti del vicariato due voci a carattere prettamente locale e cioè le spese per i lavori di strade e il contributo da dare all'ospedale di Santa Maria del Ponte d'Arezzo per il mantenimento dei "gettatelli".

L'assistenza ai malati e bisognosi non rientrava nei compiti propri dello stato d'antico regime, perché essa era svolta da istituzioni pie religiose o laiche, dotate di propri beni amministrati autonomamente da enti religiosi o no, spesso dipendenti dalle comunità stesse, come nel caso degli ospedali di Poppi e su cui il potere centrale esercitava attraverso i cancellieri esclusivamente una funzione di controllo. Anche per i bambini abbandonati esistevano dei Luoghi pii che avevano il compito di accoglierli, come l'ospedale degli Innocenti di Firenze o come nel nostro caso l'ospedale di Santa Maria al Ponte ad Arezzo. Nel 1719 intervenne un rescritto granducale che addossava l'onere del mantenimento dei trovatelli della zona alle comunità di Poppi e Bibbiena, non potendo più l'ospedale "supplire con le sole sue entrate ad un oggetto così pio e necessario"6. Successivamente, sicuramente dal 1745, la spesa per i "gettatelli" non fu più solo a carico delle due comunità, ma di tutto il vicariato, come si vede dalle spese dei dazzaioli e da due filze della cancelleria che dal 1745 al 1771 riportano gli elenchi dei bambini abbandonati anno per anno e le spese per il loro mantenimento che il vicariato pagava tramite la cancelleria 7.

Per la podesteria i pagamenti fissi che il camerlingo doveva fare ai Nove erano, come si è già detto, tre: le "provvisioni per gli ambasciatori", "al fisco" e "la tassa delle bestie dal piè tondo". Per quanto riguarda la prima voce, noi la troviamo assegnata all'universale nei dazzaioli del Settecento, perché dalla fine del Seicento gli ambasciatori delle comunità, che negli statuti e riforme era deliberato fossero eletti di volta in volta dai rappresentanti comunitativi, diventarono, alla fine del XVII secolo, degli stipendiati fissi di nomina sovrana e quindi i loro stipendi passarono tra le spese a carico dell'universale8. Il pagamento al Fisco riguardava, invece le spese che le podesterie e le loro comunità dovevano sostenere per il mantenimento dei "malfattori"9. La tassa "delle bestie dal piè tondo", istituita fin dal 1538, come gabella sui contratti di compravendita delle bestie da soma10, alla fine nel 174611 fu trasformata in una tassa fissa a carico delle comunità12.

Nell'elenco dei pagamenti presente nei dazzaioli una voce si trova ripetuta al vicariato, alla podesteria e alle singole comunità ed è quella dei "lavori di strade", una voce significativa delle uscite comunitative, perché era sulle comunità che ricadeva tutto l'onere della viabilità più o meno direttamente. Fin dall'epoca repubblicana il sistema viario era organizzato in maniera tale per cui ogni comunità era responsabile a livello economico dei tratti di strade comprese nel proprio territorio, nel periodo mediceo si era però sviluppata la tendenza a ripartire le spese che si facevano sempre più pesanti in comprensori più ampi come le podesterie e i vicariati 13, tanto che nel Settecento, come vediamo anche dai nostri dazzaioli, erano riconosciute tre tipologie di strade: vicariali, podestarili e comunitative. Solo con la riforma leopoldina del 1774 si arrivò a un sistema viario, che, dividendo le strade in regie e comunitative, assegnava allo stato una responsabilità economica diretta. Se le spese per la viabilità erano totalmente a carico delle comunità, non erano però loro la responsabilità e la direzione dei lavori, che spettavano al potere centrale tramite i Capitani di parte, antica magistratura comunale, a cui questo compito fu conferito ufficialmente negli anni 1578-158114. Erano, infatti, i tecnici di questo magistrato che, nelle loro visite annuali di controllo di tutto il territorio toscano, decidevano quali lavori dovessero essere fatti, ordinandoli direttamente alle comunità oppure, come sembra prevalere nel Settecento, l'importo delle spese veniva anticipato ai Capitani di parte, che così gestivano direttamente i lavori, dalla cassa dei Nove, che poi anno per anno in occasione del "chiesto" se lo faceva restituire dalle comunità. In ogni modo non era possibile a livello locale prendere alcuna iniziativa, per necessità e urgenze gli amministratori non potevano fare altro che sollecitare l'intervento dei Capitani, solo all'interno delle mura cittadine le strade ricadevano interamente sotto il controllo della comunità.

I dazzaioli sono divisi al loro interno tra le comunità che compongono la podesteria, secondo il seguente ordine: Poppi dentro, Poppi fuori I, Poppi fuori II, Ragginopoli I, Ragginopoli II, Fronzola, Quota, Riosecco.