Livello: fondo
Estremi cronologici: 1846 - 1986Consistenza: 1473 unità
Alla costituzione del Regno d'Italia anche la Toscana fu riorganizzata secondo
la struttura amministrativa piemontese. La legge 2248 del 20 marzo 1865 sancì il nuovo
ordinamento politico e amministrativo in base al quale le Comunità vennero abolite e
sostituite dai Comuni; furono quindi aboliti il Consiglio generale e il Magistrato
comunitativo, sostituiti dal Consiglio comunale elettivo e dalla Giunta, presieduta dal
Sindaco che veniva nominato dal Re fra i Consiglieri in carica.
Lamporecchio
costituì così un'entità territoriale autonoma, comprendente i popoli di San Baronto,
Castel Martini, Cecina, Larciano, Orbignano e Porciano.
Con il R.D. n. 499 del 1°
giugno 1897, in vigore dal 1° luglio dello stesso anno, Larciano costituì un Comune
autonomo con Castel Martini e Cecina e comprese il territorio che dal lato sud-ovest del
Montalbano arriva fino al padule di Fucecchio.
Il contenzioso tra le due comunità
era di antica data: negli anni 1850-1870 il territorio larcianese subì un forte sviluppo
demografico, la popolazione aumentò del 50%, superando quella delle frazioni di
Lamporecchio ed ottenne dall'amministrazione comunale nuovi servizi per la zona, come il
medico, la levatrice e tre scuole, per soddisfare più celermente ed efficacemente le
proprie necessità.
Il 3 novembre 1873 fu poi convocato in sessione straordinaria il
Consiglio comunale per esaminare la richiesta di istituire una sezione dell'Ufficio di
Stato civile
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nella frazione di San Rocco,
richiesta che la Giunta comunale presentò al Regio Ministro, come disposto nella seduta
del 7 marzo 1874
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.
Tali esigenze autonomistiche trovarono
compiuta risposta nel R.D del 1897, che definì la nuova realtà territoriale e
istituzionale ma al contempo aprì una lunga fase di contese giurisdizionali e
patrimoniali fra i due Comuni.
In questo archivio è conservato il Lodo patrimoniale definitivo
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che fu depositato a Pistoia il 23 giugno 1904, davanti al
Pretore Albanesi, che riporta modalità e termini dell'accordo relativo alla divisione
dei beni mobili e immobili dei due Comuni di Lamporecchio e Larciano.
Arbitri del
contenzioso, nominati con l'atto di compromesso dell'8 agosto 1903, furono il professor
Vittorio Scialoia (di anni 48, Senatore del Regno, domiciliato a Roma), l'avvocato
Federigo Cammeo (di anni 31, domiciliato a Firenze) e il ragioniere Verano Zotti (di
anni 49, domiciliato a Lucca).
Rappresentanti degli interessi dei Comuni erano i
rispettivi sindaci, Franco Minghetti, per Lamporecchio, e Amerigo Fedi, per Larciano.
Materia di discussione furono i confini, la documentazione conservata nell'archivio
comunale, i beni mobili e immobili, oltre al debito residuo derivante dalla costruzione
delle due strade comunali obbligatorie, Maremmana di Lamporecchio e Cecina di Larciano.
Nel Lodo vennero definiti i criteri
che dovevano presiedere alla spartizione; fondamentale fu considerato quello relativo al
numero degli abitanti, nella proporzione seguente: 53,60% per Lamporecchio, 46,40% per
Larciano.
Per i beni immobili si cercò di rispettare il criterio della
territorialità, integrato da una valutazione dell'immobile secondo il valore d'uso e non
secondo il valore commerciale; si stabilì inoltre che, qualora l'assegnazione avesse
soddisfatto le rispettive necessità, non ci sarebbero stati né compensi né conguagli; in
caso contrario il Comune avvantaggiato avrebbe sovvenzionato l'altro con una
contribuzione proporzionale alla popolazione e alla Sovraimposta.
Relativamente
all'estinzione del debito contratto per la realizzazione delle due strade obbligatorie,
la ripartizione fu del 49,43% per Lamporecchio e del 50,57% per Larciano, poiché
maggiore era il debito per la seconda delle due strade.
Per quanto riguardava
debiti e crediti, la trattativa incontrò qualche difficoltà: fu infine stabilita la
ripartizione proporzionale di canoni e livelli (a Lamporecchio spettò la rendita annua
di £. 649,50, a Larciano di £. 562,13), fatto salvo il Canone Rospigliosi che fu
equamente suddiviso fra le due Comunità.
Le spese sarebbero state ripartite secondo
i criteri già stabiliti, tranne quelle per il Veterinario, l'Ufficiale Sanitario e
l'Ingegnere comunale a cui i due Comuni avrebbero provveduto in parti uguali.
Fu
ribadita poi la validità di quanto stabilito dall'art. 2 del R.D. 1° giugno 1897 e cioè
che il confine fra i due Comuni avrebbe seguito il nuovo corso del rio Doglio, come
delineato dalla planimetria del 1° novembre 1895.
Venne quindi considerata la
questione del materiale d'archivio: di regola rimase proprietà indivisa dei due Comuni,
presso la Casa Comunale di Lamporecchio. Furono invece divisi e consegnati al Comune di
Larciano tutti gli atti ed i titoli relativi ai beni assegnati, come gli edifici
scolastici, i canoni, le strade e tutti gli atti di esclusivo interesse del nuovo
Comune, ritenuti tali di comune accordo e materialmente divisibili; e inoltre i registri
dello Stato civile della cessata sezione di Larciano, previa autorizzazione della
competente autorità. Per le carte non divisibili, restò fissato il diritto per il Comune
di Larciano di averne copia con valore legale. Il Sindaco di Larciano o un suo delegato
avevano poi libero accesso ai locali dell'archivio di Lamporecchio per avere copia di
qualsiasi documento anteriore al 1° luglio 1897. Larciano doveva però concorrere alle
spese straordinarie di riordinamento dell'archivio.
Quanto poi al padule di
Fucecchio si stabilì che l'onere gravante sul Comune di Lamporecchio aveva carattere
patrimoniale. Infatti la documentazione conservata presso l'Archivio di Stato di
Firenze
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risulta come il
suolo palustre rilasciato a uso pubblico e appartenente allo Scrittoio delle Reali
Possessioni fosse ridotto in proprietà particolare ed elargito alle comunità della Val
di Nievole con l'ordine di "allivellare e rendere per proprio conto i rispettivi
appezzamenti" e con l'onere di un contributo per il padule che non eccedesse la metà del
profitto annuo ricavato.
Tale contributo andava quindi diviso come tutti gli altri
oneri patrimoniali.
Conclusa la ripartizione patrimoniale, si stabilì che il Comune
di Lamporecchio era debitore nei confronti di quello di Larciano di £. 7669,53, somma da
pagarsi in rate semestrali con interessi a scalare.
"Fra il 1902 e il 1907,
alienazioni di terre per complessivi 15 ettari, compiute dal Principe don Girolamo
Rospigliosi in favore di vari acquirenti, permettono il formarsi stesso del paese di
Lamporecchio, nella zona immediatamente a sud della Piazza del Comune ... la proprietà
del Principe condiziona di fatto la morfologia stessa dell'abitato che si estende lungo
la strada, chiuso da Est e da Ovest dalle terre della tenuta e da quelle del parco di
Spicchio"
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In quello stesso inizio di secolo la concomitanza anche di altri fattori contribuì
alla crescita del centro di Lamporecchio, che fino all'Ottocento si può dire fosse
praticamente inesistente: il progressivo incremento della popolazione coincise con la
realizzazione della nuova via di comunicazione Pistoia - Empoli e con la conclusione dei
lavori di bonifica dell'area palustre. Le attività, sia agricole che industriali,
trovarono quindi nuove aree di sviluppo verso la piana, e così pure gli insediamenti
abitativi con la formazione delle nuove frazioni di Mastromarco e Cerbaia.
Nel 1927
il Comune di Lamporecchio, come quello di Larciano, entrarono a far parte dell'allora
costituita Provincia di Pistoia.
Soggetti produttori:
Comune di Lamporecchio, Lamporecchio (Pistoia),
1808 -