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Sezione preunitaria, introduzione e inventario. 1. Istituto Storico Lucchese. Strumenti per la ricerca
Tipologia: inventario analitico
a cura di Antonio Romiti
patrocinio: -
Pubblicazione: Lucca, Istituto Storico Lucchese
Descrizione fisica: pp. LXXXVI, 128, cm. 32,4 x 22,5
Contenuti:
La comunità di Gallicano è molto antica e ricca di patrimonio storico-sociale. Non poteva l'Amministrazione Comunale non farsi carico di proteggere i documenti che testimoniano di questa ricchezza, affinché le generazioni presenti e future potessero conoscere le nostre e le loro origini. In questa luce, la riorganizzazione dell'archivio storico comunale costituisce una tappa importante per il nostro Comune e questo inventario ne corona degnamente l'opera. Mi è doveroso ringraziare il prof. Antonio Romiti che, con amore e perizia, ha riordinato le vecchie carte presentandole in questo testo che rappresenta la chiave di lettura dell'archivio comunale.
Gallicano, Giugno 1989
Il Sindaco Pietro Moriconi
Un particolare atto di compiacimento deve essere rivolto sia all'Amministrazione Comunale di Gallicano, per la sensibilità e la disponibilità dimostrata ai fini della realizzazione del presente lavoro, sia alla Sovrintendenza Archivistica per la Toscana di Firenze ed alla Direzione dell'Archivio di Stato in Lucca per la più ampia adesione manifestata durante le fasi operative.
L'Autore
L'Archivio Storico del Comune di Gallicano, riferito particolarmente al periodo preunitario, è formato da n. 154 pezzi, tutti registri: non esistono filze o buste di carte sciolte che, purtroppo, sono andate disperse nel corso dei tempi. La documentazione pervenutaci, nella quasi totalità in buone condizioni di conservazione e custodita accuratamente in epoca recente dall'Amministrazione Comunale, è assegnabile massimamente al periodo della Repubblica, ove si consideri che solamente 12 pezzi archivistici riguardano il periodo successivo, compreso tra i capovolgimenti politici determinanti dagli eventi napoleonici (1799) e l'anticipata reversione del Ducato di Lucca al Granducato di Toscana (1847). Una notevole lacuna, in tal senso, è individuata nella totale assenza del materiale riguardante il «carteggio ottocentesco» che, presente in forma più o meno integra presso altri Archivi Comunali del territorio lucchese, avrebbe rappresentato un utilissimo punto di riferimento per l'approfondimento dello studio del periodo risorgimentale in Gallicano. Il nucleo qualificante si trova quindi tra le «carte repubblicane», ove alcune Serie archivistiche appaiono estremamente ricche e di notevole rilievo. Il riferimento diviene immediatamente concreto ove si pensi alla grossa consistenza della Serie dei Parlamenti formata da 42 registri, che iniziano con il 1482 e si concludono con il 1810, con non infrequenti sconfinamenti nella periodizzazione e che presentano unicamente tre lacune, rispettivamente per gli anni 1505-1513, 1651-1655, 1743-1753. Di notevole interesse e sufficientemente consistente risulta la Serie degli Estimi, una documentazione questa che, assieme a quella delle Colte ed a quella dei Debitori e Creditori, fornisce una precisa configurazione della situazione economica e finanziaria del territorio della Vicaria di Gallicano. La Serie delle Colte, formata da 38 registri, contiene la registrazione dell'esazione delle Tassazioni mentre i registri dei Debitori e Creditori dimostrano, nella loro ricchezza di annotazioni, come l'Ente pubblico trovasse non poche difficoltà nella conduzione finanziaria, in una realtà economica a carattere prevalentemente rurale e priva di ulteriori sbocchi alternativi. Il Catasto, impiantato nel 1802 e successivamente abbandonato per essere ripreso durante il Ducato borbonico, costituisce il nucleo archivistico più esauriente tra la documentazione successiva al periodo della Repubblica ed è atto a rappresentare un consistente aspetto della realtà urbanistica del territorio di Gallicano. Ogni Serie archivistica è stata preceduta da un «cappello» introduttivo, avente la finalità di presentare sia la documentazione con le peculiarità in essa insite, sia l'ufficio che tale nucleo archivistico ha prodotto. Abbiamo provveduto a introdurre notizie estremamente sintetiche, rinviando per maggiori e più particolari informazioni, particolarmente per quanto concerne la materia istituzionale, alle presentazioni delle Serie che compaiono nella nostra pubblicazione analoga, dedicata all'archivio preunitario di Borgo a Mozzano (A. ROMITI, L'Archivio Storico di Borgo a Mozzano. Introduzione Inventario, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, 1975, pubblicato per iniziativa dell'Amministrazione Comunale di Borgo a Mozzano). Al momento di procedere alle operazioni di ordinamento della documentazione archivistica pervenuta si sono presentati alcuni problemi che sono intimamente collegati con le oggettive situazioni relative alle organizzazioni comunitative minori del territorio lucchese in epoca pre-unitaria.
In primo luogo si poneva la domanda se fosse opportuna o meno la introduzione di una periodizzazione, in forma tale da distinguere almeno la consistenza prodotta in epoca «repubblicana» da quella realizzata in epoca napoleonica e della restaurazione. La risposta non poteva essere che positiva, rilevandosi che con la caduta della repubblica lucchese ed il passaggio, con gli albori dell'Ottocento, ai governi francesi e più particolarmente napoleonici ed alle successive fasi evolutive, i mutamenti erano avvenuti seguendo decise e nette cesure politiche, istituzionali, amministrative e burocratiche. Quale controprova può affermarsi che in caso di non adozione del principio della periodizzazione non poche difficoltà sarebbero sorte nella fase di riorganizzazione del materiale poiché non sempre sarebbe stato possibile compiere accostamenti di entità archivistiche tra di loro assolutamente non uniformi. Lo stesso registro di «Deliberazioni» (n. 143) appartenente all'epoca napoleonica, non poteva essere avvicinato ai registri delle deliberazioni («Parlamenti e Consigli») prodotti in età repubblicana in quanto le sue caratteristiche risultano sostanzialmente e formalmente decisamente diversificate, essendo fondamentalmente diversa la struttura istituzionale dell'entità di produzione.
In secondo luogo doveva effettuarsi una scelta che consentisse di addivenire ad un riordinamento che corrispondesse ai principi del «metodo storico», senza sconvolgere eccessivamente alcune realtà nel contempo consolidate, senza introdurre elementi capaci di arrecare turbative alla complessità archivistica. Per quanto attiene alle realtà comunitative periferiche del territorio lucchese in epoca repubblicana possono definirsi due metodologie di ordinamento: a) il principio storico-istituzionale secondo il quale la documentazione trova collocazione seguendo una successione che prevede al primo posto l'elemento storico (con conseguente periodizzazione), al secondo posto la materia (in riferimento alla derivazione «istituzionale»), al terzo posto la caratteristica territoriale ed al quarto posto la distinzione cronologica: b) il principio storico-territoriale con una successione che, privilegiando ancora l'elemento storico ed assegnandolo alla posizione di preminenza, sempre in ossequio alle caratteristiche della periodizzazione, vede in seconda posizione le entità territoriali, con conseguenze sostanzialmente diversificate in riferimento alla precedente fattispecie; al terzo posto viene a trovarsi la distinzione per materia e, in chiusura, come nel principio storico-istituzionale, si ritrova l'ordine cronologico. L'applicazione in forma rigida del metodo storico non lascerebbe, in verità, a nostro avviso, molte possibilità di scelta poiché il principio storico-territoriale dovrebbe avere la netta precedenza sul principio storico-istituzionale. Per addivenire a tale convinzione è sufficiente esaminare, sia pur sinteticamente, le caratteristiche istituzionali e la struttura territoriale, amministrativa e burocratica dello stato lucchese, almeno sino alla caduta della Repubblica (1799). La città, capitale, protetta da solide mura, aveva tutto intorno per un raggio sia pur irregolare di Seimiglia una zona prevalentemente pianeggiante sulla quale insistevano molteplici Comunità rurali. Oltre le Seimiglia si trovava il Contado, suddiviso in Vicarie, a loro volta composte da molteplici Comunità. Le unità territoriali del Contado godevano di una particolare e abbastanza ampia autonomia che investiva in misura ridotta la materia giudiziaria ed in modo molto ampio non solo la gestione amministrativa e burocratica, ma anche quella legislativa. In questo sintetico quadro si colloca la Vicaria di Gallicano, con tutte quelle caratteristiche che sono poste in evidenza in altre sezioni di questo Inventario. E' opportuno tuttavia precisare, per una migliore comprensione del problema, alcuni aspetti concernenti la struttura organizzativa generale di queste entità territoriali. La Vicaria era retta da un Vicario ed aveva una propria struttura istituzionale autonomamente funzionante, collegata direttamente con la città dominante (Lucca) ed a sua volta in stretta collaborazione con le singole Comunità dislocate nel pertinente territorio. Se la Vicaria aveva proprie strutture legislative (Parlamento), esecutive (Governatori) e burocratiche (Officiali), simili configurazioni si ritrovano, sia pure con composizioni e funzioni differenziate, presso le singole Comunità. Ogni Comunità nell'ambito dell'autonomia istituzionale ad essa attribuita, svolgeva le funzioni di competenza realizzando una gestione complessa ed articolata alla quale corrispondeva una conseguenziale produzione archivistica. Il materiale così prodotto veniva conservato presso le singole Comunità, affidato solitamente allo Scrivano, e rappresentava la concreta memoria del passato non quale fatto eminentemente storico, bensì quale fondamento sul quale basare il presente ed il futuro. In epoca napoleonica si ebbe un deciso capovolgimento di tale situazione ed il principio di massimo «decentramento» vigente durante la Repubblica venne sostituito dal contrario principio dell' «accentramento» delle funzioni: le piccole Comunità furono declassate in parrocchie e, come altrove si è rilevato, anche le Vicarie furono abolite e sostituite da altre unità territoriali periferiche introdotte in ossequio alla legislazione generale. Anche il materiale archivistico fu concentrato presso la Comunità «maggiore» di ogni singola ex-Vicaria ed ivi rimase senza subire ulteriori spostamenti, neppure quando successivamente il principio della «provenienza» era divenuto, specialmente in Toscana, per precipuo merito di Francesco Bonaini e dei suoi «allievi», attuale ed operativo. Trovandoci nella necessità di operare in fase di riordinamento del materiale nel rispetto della struttura storico-istituzionale, il principio storico-territoriale risulta certamente quello che trova una più vicina corrispondenza con la realtà. La scelta, che poteva apparire ovvia e archivisticamente indiscutibile, ha mostrato tuttavia ostacoli applicativi poiché ci siamo trovati di fronte ad una precedente pubblicazione a stampa (che citiamo nella nota bibliografica finale) che riportava il materiale riordinato e collocato secondo il contrapposto principio storico-istituzionale. Questo sintetico Inventario si rifaceva evidentemente a precedenti ordinamenti e, in certo modo, ha rappresentato un «riferimento» concreto ed imprescindibile anche per il nostro lavoro. Da una parte si prospettava di sconvolgere completamente l'ordine vigente e canonizzato in un sia pur sintetico Inventario a stampa, dall'altra parte si presentava l'opportunità di mantenere almeno in linea generale l'impostazione ormai nota dell'ordinamento della documentazione, pur nella consapevolezza di non portare rispetto a quel generale principio archivistico che viene denominato della «provenienza» e che si esplica con l'applicazione del «metodo storico». E' stata scelta la seconda delle due strade: una soluzione forse discutibile da un punto di vista strettamente archivistico, ma certamente più accettabile ove la si consideri per il suo valore e la sua validità culturale. Prima del presente riordinamento l'Archivio del Comune di Gallicano è stato più volte consultato da studiosi che lo hanno utilizzato per le loro pubblicazioni, effettuando citazioni che si riferivano ad una «determinata struttura»: un intervento che avesse privilegiato la prima delle due strade avrebbe certamente creato uno stato di estrema confusione negli studi già realizzati ed editi ed avrebbe potuto costituire un motivo di disturbo anche per le operazioni future.
In terzo luogo si è affrontato il problema attinente alle serie dei Parlamenti e dei Consigli in considerazione della atipicità della struttura della Vicaria di Gallicano. A questi due termini corrispondono due diversificate ed autonome configurazioni istituzionali per le quali in generalizzate situazioni deve operarsi mantenendo ben individuati gli ambiti corrispondenti. Il Parlamento era l'organismo deliberativo della Vicaria, ovvero della circoscrizione territoriale più ampia esistente nel Contado lucchese: all'interno della Vicaria vi erano molteplici Comunità le quali svolgevano la propria attività legislativa attraverso particolari Consigli. In considerazione di tale oggettiva situazione, la documentazione archivistica prodotta dalle due tipologie istituzionali trova solitamente e naturalmente collocazione in due diverse «serie». L'origine particolare della Vicaria di Gallicano, della quale successivamente sarà ampiamente trattato, ha fatto sì che sino dai primi momenti si usasse adottare un unico «libro» per registrare le deliberazioni dell'uno e dell'altro consesso, per quanto atteneva al Parlamento di Vicaria ed ai Consigli (ve ne era uno «maggiore» ed uno «minore») della Comunità di Gallicano, ovvero di quella tra le Comunità che poteva essere definita quale «capoluogo». Così, se presso altre Vicarie del territorio lucchese al momento della effettuazione del riordinamento del materiale archivistico è stata effettuata una netta distinzione tra la documentazione relativa alla Vicaria e la documentazione relativa alle Comunità, anche in relazione alla Comunità centrale, presso la Vicaria di Gallicano la struttura stessa delle unità archivistiche non ha permesso una simile distinzione. Vicaria e Comunità maggiore conseguentemente vivono archivisticamente in una simbiosi della quale è necessario tenerne debita considerazione.
Nella parte conclusiva abbiamo posto un primo nucleo dell'Archivio Fotografico, formato dalla riproduzione di documenti ufficiali esistenti presso l'Archivio di Stato in Lucca: si tratta di un fondo che in seguito potrà essere ulteriormente arricchito, nel proposito di colmare quella lacuna creata dall'articolata situazione politica della zona, che suddivise l'attuale territorio di Gallicano.
È mio desiderio esprimere i più vivi sensi di ringraziamento a Luigi Benedetti, Emilio Simonini e Laura Giambastiani, per la loro collaborazione offerta sia in fase di ordinamento, sia in fase di inventazione.
L'inventario di un archivio è sempre una entità complessa ed articolata che corrisponde in modo direttamente proporzionale alla complessità ed alle articolazioni che ha il soggetto produttore nella sua configurazione strutturale e nella sua funzionalità operativa. Compilare un inventario di archivio non significa elencare più o meno analiticamente le singole unità documentarie, poiché così facendosi sarebbe raggiunta solamente una minima parte delle finalità che stanno alla base del lavoro. Le operazioni tecnico-descrittive sono, è vero, elemento indispensabile, ma esse acquistano il loro significato solamente se dapprima l'archivista e successivamente il fruitore si accostano ad esse muniti di quelle conoscenze storiche e, ancor di più istituzionali, che permettono di penetrare in ogni singolo anfratto e di saper riconoscere e individuare tutte quelle piccole cellule che nella loro complessità danno vita a quel «corpus» che è ogni archivio. In considerazione di quanto detto, si è ritenuto opportuno premettere alla sezione «descrittiva» dell'Inventario, posto nella seconda parte, alcune note di carattere storico e storico istituzionale, affinché la consultazione possa risultare più agile anche per chi per la prima volta si accosta ad un archivio comunitativo del territorio lucchese. Le pagine che seguono offrono una sia pur succinta informazione circa la struttura della Vicaria di Gallicano e sono state scritte utilizzando quale fonte, in grande prevalenza, le disposizioni statutarie delle singole Comunità, al fine di non distogliere eccessivamente l'attenzione dalle problematiche giuridico-istituzionali. Inizialmente vengono presentate le disposizioni riguardanti la Comunità maggiore, quella di Gallicano: successivamente, in ordine alfabetico, sono esaminate le situazioni attinenti alle altre Comunità della Vicaria.
GALLICANO
La struttura amministrativa e burocratica della Vicaria di Gallicano, come in seguito sarà puntualizzato, differiva dalle altre entità territoriali del Contado lucchese in conseguenza delle vicende storiche che stavano alla base della sua costituzione. Della organizzazione di questa Vicaria e, più particolarmente, della Comunità «maggiore» di Gallicano che con la Vicaria aveva una intima correlazione ed una stretta colleganza, sono giunti a noi due statuizioni che portano rispettivamente la data del 1461 e del 1653. Il primo dei due Statuti si trova conservato presso l'Archivio Comunale di Gallicano e trattasi di una copia, così come si evince dalla annotazione apposta al termine dei Capitoli e così come chiaramente appare dalle caratteristiche estrinseche ed intrinseche del registro. Accanto alla scrittura, che palesemente non risulta una «umanistica» del quindicesimo secolo, sono da rilevarsi molteplici modificazioni, lessicali e grammaticali, introdotte in fase di trascrizione fortunatamente a suo tempo effettuata da un registro che «si crede sia l'originale de' medesimi nella Comunità di quel tempo», che era «in carta pergamena» e che si trovava «in casa di un particolare»1. Questa unità archivistica, completata dalla presenza, sempre in copia, di molte deliberazioni aggiuntive, rappresenta un prezioso elemento poiché dell'originale non si ha né traccia, né ulteriore e recente notizia. Potrebbe trovarsi ancora presso gli eredi di quel «particolare» là ove giaceva il primo febbraio 1755, ma potrebbe essere andato distrutto dal «tempo» e dalla «incuria», due elementi che molto spesso stanno alla base delle perdite archivistiche. Miglior fortuna è stata riservata al secondo Statuto: di esso si trova un esemplare, in originale, presso l'Archivio Comunale di Gallicano2 ed un esemplare, in copia autentica, presso l'Archivio di Stato in Lucca3. Tra l'uno e l'altro Statuto intercorrono quasi duecento anni e non poche sono le trasformazioni nel contempo intervenute. Si è ritenuto opportuno esaminare separatamente le due normazioni, riprendendo di volta in volta temi anche in precedenza affrontati, così che dalla lettura fosse possibile ricavare una nozione sufficientemente documentata della situazione quattrocentesca, alle «origini» della Vicaria, e della situazione seicentesca, in un momento nel quale le entità periferiche lucchesi non avevano più grossi problemi attinenti alla loro forma costitutiva, bensì tentavano di mantenersi in vita, combattendo contro le difficoltà promananti dalla quotidiana sussistenza. Lo Statuto quattrocentesco risulta complessivamente ben articolato e sufficientemente completo nei suoi singoli settori: in esso si trovano disposizioni concernenti gli organismi deliberativi, gli organismi governativi e gli organismi esecutivi e burocratici; non mancano notizie relative al comportamento in ambito civile e religioso, così come non mancano i temi riguardanti la gestione del territorio, la tutela delle coltivazioni, la gestione del bestiame: argomenti che, sia pure in misura e in figura diversa, ritroviamo nella statuizioni seicentesca e pure nelle capitolazioni di altre entità comunitative.
Parlamento e Consiglio
Non si hanno normazioni precise circa la struttura e le competenze del Parlamento Generale: si ha notizia che tale consesso fosse direttamente legato alla persona del Vicario, il quale aveva la facoltà di autorizzare le convocazioni. È certo che spettava al Parlamento Generale la nomina dei membri del Consiglio Generale, seguendo una procedura assai articolata. Durante i mesi di giugno e di dicembre di ogni anno il Parlamento sceglieva sei uomini i quali, assieme ai due Capitani ed al Vicario, provvedevano alla elezione di «dieci buon'huomini» e questi, assieme ai Capitani «habbino per vigore del presente Statuto ugni et tal balia, auctorità et potestà et iurisdittione durante il loro officio, la quale et come ha tutto il Comune di Gallicano». Le limitazioni erano rappresentate dal divieto di fare di loro iniziativa nuovi Statuti, dal divieto di alienare o impegnare beni o ragioni del Comune, a meno che non vi fossero espresse autorizzazioni scritte emesse dal Parlamento Generale. Il Consiglio Generale aveva, di contro, capacità di procedere autonomamente all'assegnazione dei «proventi» del Comune, in collaborazione con i Sindici. La convocazione del Consiglio Generale avveniva per «comandamento» del Vicario e dei Capitani, a seguito del suono della campana e su richiesta del Messo e le adunanze avevano validità purché fosse stata registrata la presenza di almeno tre quarti degli aventi diritto. Le votazioni avevano luogo a scrutinio segreto usando le fave o le pallotte ed i consiglieri, tra i quali non dovevano esistere particolari rapporti di parentela, al termine del loro mandato dovevano vacare per almeno un anno4. Il Parlamento Generale era regolamentato con le medesime norme del Consiglio Generale: per l'uno e per l'altro sussisteva l'onere per i Capitani di presentare le «proposte», con la collaborazione del notaro. Le fasi successive consistevano nell'intervento di uno o più consiglieri e nel «partito», ovvero nella votazione «a bussoli et fave»: nel Parlamento Generale era sufficiente una maggioranza dei suffragi di due terzi, mentre la maggioranza di tre quarti era richiesta per il Consiglio Generale. Nel corso delle sedute nessun consigliere poteva intervenire trattando argomenti che non fossero stati presentati ufficialmente e per gli inosservanti vi era il rischio di una penale5. La composizione del Parlamento Generale si ricava indirettamente da una norma relativa all'uno ed all'altro consesso per la quale si comminava una pena di tre soldi a coloro che, pur avendo ricevuto la convocazione e pur non presentando impedimenti, non partecipavano alle riunioni: suonata la campana, alle sedute del Parlamento Generale dovevano intervenire tutti gli uomini di Gallicano di età compresa tra i quattordici e i settanta anni6.
Guardie
L'età di quattordici anni faceva scattare anche l'obbligo per tutti gli abitanti maschi di Gallicano e del suo territorio di «fare le guardie»: erano esentati solamente coloro che si trovavano momentaneamente assenti in quanto impegnati altrove «a imparare qualch'arte» ovvero a imparare a leggere7. Coloro che non sostenevano il carico di far le guardie, preferendo magari pagare multe che non erano irrilevanti e non si accollavano altri oneri comuni, non potevano essere ammessi «ad alcuno officio o vero Consiglio, o vero ad alcun'honore dello dicto Comune», a meno che non godessero di esplicita licenza o che non potessero presentare validi motivi di salute «o vero per iusto impedimento fusse facto exente dallo dicto carico della guardia»8.
Capitani
Le funzioni governative erano nelle mani dei Capitani i quali, in numero di due, rimanevano in carica per tre mesi e si occupavano della gestione complessiva del Comune, sia eseguendo le deliberazioni consiliari, sia svolgendo quelle mansioni che erano loro assegnate direttamente dalle disposizioni statutarie: convocavano tutti i Consigli del Comune, sia pure su consenso del Vicario, presentavano le proposte da discutersi nei Consiglio, imponevano le condanne a coloro che non rispettavano le capitolazioni della Comunità, si occupavano direttamente della riscossione delle imposte e di tutte le tassazioni da esigersi da parte del Comune9. I Capitani venivano eletti dal Consiglio dei Dieci: durante il mese di dicembre di ogni anno si provvedeva alla scelta di otto nominativi al fine di coprire la necessità di due Capitani per ogni trimestre «et scrivinsi li nomi lor in nelli brevi, cioè du nomi per cischedun breve et li ditti brevi si mettino in uno sachetto o vero borsa apresso messer lo Vicario». L'estrazione a sorte dei «brevi» era effettuata dal Cancelliere durante una apposita riunione del Consiglio dei Dieci: i prescelti dovevano accettare e il rifiuto senza una giusta causa comportava l'imposizione di una penale di un fiorino. Qualora alcuno tra i prescelti fosse deceduto o impossibilitato, spettava ai Capitani ed al Consiglio di scegliere il «surrogato», adottando anche il sistema dei «brevi». Si doveva inoltre porre attenzione affinché nello stesso «capitanato» non vi fossero persone tra di loro parenti10. I Capitani avevano il potere di imporre a tutti gli uomini del Comune quei comportamenti che erano dettati dalle norme statutarie e dalle necessità oggettive e «li comandamenti che si faranno per li Capitani si debbino osservare» essendo prevista per coloro che non accettavano l'ordine una pena variante tra tre e dieci soldi. Nel caso che, a seguito di un ordine non accolto di buon grado, alcuni avessero sollevato dei problemi, i Capitani potevano «dividere o partire quelli che facesseno questione o vero rumore», stabilendo aumenti delle sanzioni sino ad un massimo di tre lire11.
Sindici
Una funzione piuttosto delicata e di notevole rilievo era assegnata ai Sindici i quali, eletti ogni anno due in giugno e due in dicembre, rimanevano in carica per sei mesi ed avevano tra i compiti basilari quello di «comparire avanti li magnifici Signori Antiani et Gonfalonieri di Justisia dello populo et Comune di Lucca, et dinanti a messer lo Vicario di Gallicano, et dinanti a messer lo Potestà di Lucca et al'altri officiali del Comune di Lucca» ogni volta che fossero stati chiamati «et a risponder a ciascun processi, denunsie o vero inquisisioni et a giurare di dire la verità et a pigliare tutti et singuli altri giuramenti», con il diritto a ricevere un compenso per le spese di missione. I Sindici, in considerazione della delicatezza del loro lavoro, concluso il semestre di attività non potevano essere rieletti a tale funzione se non dopo un periodo di tre anni di vacazione, calcolati dal giorno della cessazione della carica12.
Imbasciatori
All'interno della Comunità di Gallicano altre persone avevano una posizione di un certo prestigio: tra questi vi erano gli Imbasciatori, ai quali venivano forniti temporanei poteri di rappresentanza presso altre realtà; non si trattava, a differenza degli incarichi sino ad ora esaminati e di altri che in seguito illustreremo, di nomine che si esplicavano in un arco di tempo più o meno ampio e pur sempre determinato. Gli Imbasciatori erano nominati dai Capitani e dal Consiglio dei Dieci per singole, specifiche e particolari situazioni. Ogni Imbasciatore, portato a termine il suo mandato, che molto spesso si esauriva in uno o, al massimo, in due o tre giorni, ritornava ad essere un semplice cittadino, come tutti gli altri. Anche per gli Imbasciatori era previsto un rimborso di spese che variava in conseguenza dei tempi e delle situazioni13.
Tra il personale che contribuiva all'amministrazione della Comunità, le norme statutarie fanno menzione del Cancelliere, ricordandolo solo in via indiretta, dei Guardiani, dei Sindacatori, degli Officiali sopra le vie, fonti e ponti, degli Officiali sopra le tassazioni, del Notaro e del Messo. Non si esclude, tuttavia, la presenza di altri funzionari che sono talvolta solo indicati: le loro figure non venivano particolarmente descritte essendo forse un dato acquisito il complesso delle loro funzioni. Si pensi, ad esempio, al Camarlingo, o simili, il quale, pur solo eccezionalmente citato, deve ritenersi sempre presente dal momento che la Comunità aveva necessità di una persona responsabile di tutta la gestione contabile.
Guardiani
Trattando dei Guardiani deve dirsi che tale termine è usato con significato assai estensivo: troviamo così i Guardiani veri e propri, ovvero quelli che erano tenuti ad «andare alla guardia dello territorio dello Comune di Gallicano» quando fosse loro ordinato «et lo ditto territorio guardare et tutti così bestie come huomini li quali o le quali trovasse dar damno denunsiare allo notaio et alli Capitani». Quando un Guardiano presentava un'accusa doveva essere creduto, purché avesse prestato il debito giuramento, fino ad un danno calcolato in dieci soldi; altrimenti era necessaria la testimonianza di un'altra persona in appoggio. I Guardiani che non andavano a vigilare, ovvero che omettevano di sporgere le denunce, incorrevano in penalità previste dalle norme. I Guardiani, eletti in numero di sei in gennaio e luglio dai Capitani e dal Consiglio dei Dieci, rimanevano in carica per sei mesi ed al termine del loro incarico dovevano vacare per almeno un anno14.
Guardiano forestieri
La fiducia nei Guardiani risultava piuttosto delimitata se si sentì la necessità di introdurre un'altra figura, quella del Guardiano forestieri che, per non avere rapporti di parentela o di amicizia con gli abitanti, poteva garantire una maggiore severità nella imposizione delle multe e nella rilevazione dei danni. Il Guardiano forestieri veniva nominato dai Capitani e dal Consiglio dei Dieci quando si riteneva che ve ne fosse bisogno ed il suo compito era simile a quello dei Guardiani locali dovendo «ire per lo territorio dello dicto Comune a trovare e investigare li damnificatori». Anche per questi vi era necessità di giuramento e di sostegno di un testimone che fosse persona affidabile; il suo salario era di sei lire per ogni mese ed in più, così come per gli altri Guardiani, vi era una compartecipazione agli introiti che, solitamente, venivano suddivisi in tre o quattro parti15.
Guardiano dei libri
Tra i Guardiani si trova anche il Guardiano delli libri et delle ragioni del Comune che veniva eletto dai Capitani e dal Consiglio dei Dieci scegliendo tra persone di buona fama e di buona condizione, con l'incarico di conservare «tutti li libri, scripture et tutte le ragioni et privilegii et lo sugello del dicto Comune». Questo Guardiano-Scrivano, giurava in presenza del Vicario nelle mani del Notaro del Comune di ben conservare tutto il materiale a lui affidato e di consegnarlo solo a chi avesse avuto espressa licenza dei Capitani. La consegna dell'archivio aveva luogo con la contemporanea stesura di un verbale accompagnato da un preciso inventario delle unità documentarie: successivamente il materiale era conservato in una apposita cassa, chiusa con due chiavi, l'una tenuta dal Vicario e l'altra dal Guardiano ricevente16.
Sindacatori
«Perché è cosa conveniente che ciascuno delle cose per lui facte et administrate si rendi ragione», al termine di ogni trimestre, ovvero quando fosse stato ritenuto necessario un controllo sulle operazioni svolte particolarmente nell'ambito delle riscossioni delle tassazioni, i Capitani ed il Consiglio dei Dieci eleggevano tre uomini, con il nome di Sindacatori, con l'incarico di sindacare l'operato del Camarlingo o Massaio del Comune. Il risultato della loro attività era poi consegnato nelle mani del Notaro del Comune. Per questo lavoro i Sindacatori percepivano un compenso di due bolognini17
Officiali sopra le vie, ponti et fonti
Nel corso delle riunioni semestrali per la nomina dei diversi incaricati, i Capitani ed il Consiglio dei Dieci erano tenuti a eleggere due uomini del Comune con l'incarico di Officiali sopra le vie, ponti et fonti, con piena balìa di provvedere a seconda delle necessità. Lo Statuto afferma che «conciar li ponti, le fonte et le vie» era «opera di pietà»: in ogni caso il lavoro di questi Officiali consisteva nel potare o nel far potare le siepi per rendere più agile il passaggio delle bestie caricate e non caricate, ovvero con traini e nel «raconciare et mondare le fonti» almeno due volte l'anno, nel mese di maggio e nel mese di ottobre. Tutte queste attività non potevano essere effettuate da due sole persone: le norme concedevano loro di poter «comandare» ad altri di prestare l'opera richiesta per risolvere necessità che incombevano sul territorio della Comunità. Gli inosservanti incorrevano nel pagamento di una penale18.
Notaro
Si è già più volte ricordata la figura del Notaro, un funzionario di massimo rilievo che assisteva sostanzialmente a quasi tutte le attività della Comunità, da quelle legislative a quelle di governo, da quelle amministrative a quelle più strettamente burocratiche. Le disposizioni lo ricordano in un apposito Capitolo al fine di determinare la spartizione degli introiti delle condanne imposte dallo Statuto in esame e non spettanti direttamente al Vicario: egli doveva spartire tali somme con il Vicario, assegnandogli un terzo delle medesime e trattenendo per sé i due terzi19. Il Notaro ricopriva fondamentalmente quella carica che in epoca successiva sarà affidata al Cancelliere, con competenze che non esitiamo a qualificare di «segreteria». I suoi molteplici compiti andavano dall'obbligo di registrare in scritto tutte le attività poste in essere dalla Comunità, comprendendovi la stesura di tutti i sindacati, di procedere alle registrazioni delle elezioni dei Capitani, dei Consiglieri e di tutti gli Officiali, di accogliere i giuramenti dei pubblici funzionari accettanti le cariche, di segnare tutte le attività ordinarie e straordinarie, all'obbligo di collaborare direttamente con il Camarlingo per quanto riguardava la compilazione del registro di entrata e di uscita e di annotare le ambasciate e le missioni effettuate a servizio del Comune. «Sia tenuto etiamdio lo dicto notaro et debbi lassare et consignar allo dicto Comune di Gallicano tutti li libri et scripture le quali havesse fatto in nello dicto Comune in nello tempo dello suo officio publichi et in publica forma, et tutti li libri, carte et scripture publiche et non publiche et private et le altre pertinenti et spectanti allo dicto Comune sensa alcuno premio». Il Notaro, infatti, pur non ricevendo uno specifico stipendio, aveva una diretta partecipazione agli utili della Comunità e di quelle entrate poteva ben dirsi soddisfatto. Qualora il Notaro si fosse comportato fraudolentemente o indegnamente, al termine del suo mandato, sottoposto al sindacato Maggior Sindaco del Comune di Lucca, sarebbe incorso in una penale di dieci fiorini d'oro. In ogni caso non poteva continuare a tenere presso di sé libri o scritture del Comune di alcuna sorta. A lui il Comune assegnava una mercede di tre lire e mezzo per il periodo di tre mesi: si trattava di una piccola somma destinata a coprire le spese di cancelleria e, particolarmente, per la carta e per la cera20.
Messo
Il Messo del Comune aveva il compito di effettuare tutti gli annunci degli ordini che provenivano dall'Amministrazione, di «levare» le prede e di bandire ad alta voce tutte le disposizioni a lui affidate per tale scopo dai Capitani o dal Notaro, sostando nei luoghi congrui e consueti. Il Messo veniva eletto ogni sei mesi dai Capitani e dal Consiglio dei Dieci ed aveva un salario che era stabilito di volta in volta21.
Incarichi amministrativi
Gli incarichi amministrativi all'interno della Comunità, come si è già avuto modo di notare, non sempre erano accolti con favore, anzi molto spesso si tentava di evitarli per non abbandonare quelli che erano i servizi di ben più elevato rilievo e che erano rappresentati dalle attività giornaliere nella campagna. Era necessario, quindi, imporre con la maniera forte, ovvero comminando multe agli inadempimenti, l'obbligo della accettazione. Vi erano situazioni per le quali la persona comandata non aveva la possibilità oggettiva di accettare e, conseguentemente, aveva la facoltà di presentare delle idonee motivazioni: le giustificazioni dovevano essere valutate dai Capitani, assieme al Vicario ed al Consiglio dei Dieci. Chi accettava doveva prestare il debito giuramento secondo una formula molto estesa che lo Statuto riporta integralmente22. D'altra parte gli amministratori comunitativi, oltre a subire un danno dal mancato impegno attivo nei propri affari, poco ricavavano dal servizio offerto alla Comunità e in aggiunta erano tenuti a rifondere al Comune le somme corrispondenti ad eventuali danni arrecati non solamente per dolo o colpa personale, ma anche per negligenza e «difetto». Tale disposizione era valida per tutti, dai Capitani ai Sindici, a tutti gli Officiali: il Comune non doveva subire danno per fatti dipendenti dall'operato dei suoi amministratori e funzionari e gli inadempienti erano costretti alla refusione decisa direttamente dal «messer lo Vicario» della Vicaria di Gallicano, «sotto quelle pene che a lui parrà de facto doversi exigere et impuonere». La somma complessiva giungeva a seguito di una valutazione piuttosto articolata che non si limitava alla definizione del semplice danno23.
Aspetti sociali e religiosi
Non mancava l'attenzione nei riguardi degli aspetti di carattere sociale, morale e religioso, piuttosto sentiti in una società rurale delimitata nelle articolazioni e negli interessi basilari. Si tratta di elementi che compaiono nella generalità delle statuizioni comunitative e che costituivano momenti fondamentali per ogni società in fase di riorganizzazione amministrativa. Nessuna persona poteva svolgere attività lavorative durante i giorni festivi, ovvero nelle domeniche, «nelli di delli Apostoli», nei giorni stabiliti dalla Chiesa e «in tutti li di delle festività della Vergine»: la pena prevista per i trasgressori era di tre soldi, intendendosi per lavoro anche il «bastare» le bestie o scaricare materiali»24. Non bisognava perdere il rispetto per i luoghi sacri e le chiese rappresentavano molto spesso, per la loro struttura, una ottima soluzione per l'effettuazione di determinati lavori che, particolarmente per le bizzarrie metereologiche, con più difficoltà potevano essere effettuati all'aperto. Si vietava, quindi, di «batter grano, miglio, orzo, panico, fave o vero altre biade» nelle chiese, alla pena di quaranta soldi per ogni volta. I Capitani che fossero venuti a conoscenza di una simile occupazione avrebbero dovuto ordinare immediatamente di «disgomberare»25. Così come in tutto il territorio della Repubblica, anche a Gallicano vigeva l'obbligo di partecipare alle luminarie che si tenevano rispettivamente in luglio per la festa di San Jacopo ed in agosto per la festa di «nostra Donna». La partecipazione doveva essere la più ampia possibile e tutti gli abitanti erano tenuti ad andare ma, nella consapevolezza della impossibilità di tale soluzione, si imponeva almeno una presenza per ogni casa26. Ogni persona, o quantomeno un rappresentante per ogni nucleo familiare, era tenuta ad andare ad accompagnare i morti alla chiesa ed ivi rimanere «infine a tanto ritorneranno a casa dello defunto et similmente raccompagnare li ditti parenti per in fin alla casa», prevedendosi per gli inosservanti una penalità di cinque soldi, da assegnarsi per metà al Comune e per l'altra metà ai Capitani e al notaro.27
Tassazioni
Tutto il sistema amministrativo si incentrava sui meccanismi di imposizione e di riscossione delle tasse che andavano dalle «colte» trimestrali alle altre imposizioni alle quali talora si è fatto cenno. Appare evidente come fosse necessario garantire dei meccanismi di riscossione che offrissero alla Comunità una certa sicurezza dell'incameramento di quelle somme che servivano sia per la vita della Comunità, sia per rispondere agli impegni assunti con le autorità centrali di Lucca.
Estimo
Una delle tasse di rilievo era rappresentata dall'estimo, da porsi sopra i beni immobili della Comunità di Gallicano: non era rilevante chi fosse il proprietario e neppure aveva rilievo il trasferimento di beni ad altri soggetti a seguito di donazioni, lasciti, legati e alienazioni in genere. I beni di coloro che pagavano le «colte» per l'estimo dovevano quindi rimanere sempre soggetti alla normazione di Gallicano, non ostante «qualunque altra legge, statuti et decreto disponente contra le ditte cose et redundanti in preiudicio dello dicto stimo»28. Qualora il proprietario non conduttore di un fondo non avesse adempiuto al pagamento delle imposizioni, l'obbligo degli adempimenti relativi sarebbe ricaduto su colui che aveva il bene in gestione, con la clausola che quanto versato per le tasse sarebbe stato poi detratto dal canone annuale di locazione o simile. «Nientedimeno lo dicto condutore o vero lavoratore non sia tenuto oltre al somma per quantità della merce et del'affitti debiti allo signore, o vero allo suo locatore» 29. Non sempre il Comune riusciva a riscuotere quanto gli era dovuto: erano i Capitani che dovevano salvaguardare questi diritti e costringere gli inadempienti a soddisfare le richieste. In caso di risultati ancora negativi, i Capitani potevano far eseguire il sequestro dei beni mobili, immobili e semoventi e farli vendere al pubblico incanto al miglior offerente. La vendita non aveva tuttavia effetti immediati: esisteva un termine breve di otto giorni nel quale i proprietari inadempienti potevano recuperare i beni versando le somme opportune, ma vi era anche un termine più ampio, previsto in un anno, entro il quale esistevano possibilità di riscatto. Trascorso questo tempo, l'assegnazione dei beni effettuata a seguito dell'asta pubblica acquisiva una definitiva validità giuridica30 La Comunità mirava a raggiungere la più ampia ottemperanza al versamento delle imposizioni: qualora alcuni soggetti non fossero stati «capaci», la norma prevedeva che altri in loro luogo dovessero intervenire; tale disposizione aveva valore particolarmente per quanto atteneva alle somme da versarsi a seguito di infrazioni o di danni procurati. Il padre e la madre erano tenuti a pagare per i figli coabitanti, il marito era obbligato a pagare per la moglie, il fratello per il fratello «et lo signore per lo famiglio», ovvero per il servitore. Era regola generale che questi interventi di sostegno potessero aver luogo solo fra persone che vivevano nella stessa casa31. Il Messo del Comune, che aveva l'onere di effettuare determinate riscossioni, doveva essere protetto nell'esercizio delle sue funzioni e in particolare quando «andasse a predare per auctorità delli Notari et Capitani o vero di altro Officiale»: nel caso che qualcuno avesse ostacolato il suo lavoro sarebbe incorso, ogni volta, nella penale di dieci soldi, da assegnarsi per la metà al Comune e per l'altra metà ai Capitani e al Notaro32.
Accuse e danni
Si è visto come coloro che compivano atti contrari alla legge dovevano essere denunciati e come fosse sufficiente il giuramento di un Guardiano e di un testimone per rincriminazione. Vi era anche per i dannatori la possibilità di difendersi e se volevano farlo avevano a disposizione il termine di otto giorni per comparire davanti al Notaro del Comune «fare ogni loro difesa da quelle cose che nel'acuse o vero denunsie si contiene». Trascorsi inutilmente tali giorni, la denuncia aveva seguito e spettava ai Capitani notificarla per la riscossione delle somme dovute nelle mani del Camarlingo33. Chi veniva condannato per qualche infrazione commessa in danno del Comune o di privati poteva avanzare una esplicita richiesta al Parlamento Generale del Comune al fine di ottenere la «grazia». Perché la petizione fosse accolta l'appellante era tenuto al versamento di una tassa ammontante ad un soldo per ogni lira di condanna34.
Aspetti urbanistici e territoriali
Molta attenzione era prestata alla tutela del territorio, sia in merito ai problemi urbanistici, sia in riferimento a quelle più generali questioni che implicavano il buon andamento e l'incremento delle coltivazioni e la conservazione e lo sfruttamento delle selve e del patrimonio boschivo. Era vietato occupare abusivamente terre del Comune: qualora qualcuno fosse stato scoperto in situazione irregolare avrebbe dovuto immediatamente lasciar libero ogni spazio, seguendo gli ordini impartiti dai Capitani e dal Notaro. Spettava ai Capitani il controllo continuo sulle terre comunali al fine di accertarne la libera disponibilità35. Un assiduo controllo era rivolto anche alle vie pubbliche, onde evitare che fossero restrinte a vantaggio dei terreni privati. Era stabilito che le vie dovessero essere di almeno tre braccia di larghezza e che le semitole raggiungessero almeno un braccio36. Una penale di quaranta soldi incombeva su coloro che osavano mettere calcina in «alcuno fiume o rivo o in nella Turrita dello Comune di Gallicano», «salvo et reservato se colui lo quale ditta calcina havesse misso non havesse havuto licensia dal Comune di Gallicano»37. Venti soldi di pena erano previsti per colui che ardiva «rompere lo ducaio o vero l'acqueducto di alcuno mulino, salvo se non fusse mugnaio dello dicto mulino». Erano sempre i Capitani ed il Notaro che si incaricavano della imposizione e della riscossione della multa38. Per la sicurezza della Comunità si vietava di tenere nella propria abitazione, nella quale si usava far fuoco, oltre cento libbre di paglia, fieno o altro «strame». Spettava ai Capitani, almeno una volta durante il loro incarico, «andare per tutta la terra di Gallicano et per tutte le case, investigare per cercare le predette cose», imponendo ai trasgressori una sanzione di quaranta soldi e l'impegno a liberare la casa39. Ogni persona del Comune di Gallicano era obbligata a tenere chiusi «li suoi necessari», in modo che chi passava per la via non vedesse «alcuna bruttura», così come doveva tenere chiusi i «chiassi» di proprietà. Le denunce provenivano da coloro che avevano potuto vedere le «brutture»40. Un controllo particolare era riservato alla fontana alla quale si attingeva l'acqua: nel tratto di almeno dodici braccia non si poteva lavare panni o altre cose, a pena di dieci soldi41; otto soldi di ammenda erano imposti a coloro i quali gettavano «acqua brutta o vero alcuna putredine in le vie publiche per le finestre». Parimenti non potevano occuparsi le vie pubbliche con letame ovvero con altri materiali anti igienici42.
Attività agricole e boschive
Moltissimi erano i «divieti» presenti per regolamentare la vita della campagna in riferimento alle attività agricole; ci limiteremo ad una elencazione dei problemi maggiori, lasciando a chi vorrà approfondire la ricerca la lettura dei testi originali. La vendemmia poteva aver luogo solamente dopo che erano state concesse le debite autorizzazioni di apertura43; erano puniti coloro che andavano a portare via uva dalle vigne altrui, ma anche dalle proprie44, così come erano previste multe per coloro che fossero stati trovati a camminare nelle vigne altrui, pur senza asportare uva45. Anche la produzione del mosto era regolamentata dalle norme statutarie ed era controllata, al pari tutte le attività comunitative, dai Capitani e dal Notaro46. Ogni famiglia era tenuta a predisporre un proprio orto ed a piantarvi alberi da frutto47; si trattava di una norma protezionistica che rappresentava un sostegno ai fini di un minimo di sussistenza in periodi di carestia. Era severamente punito chi andava a portar via dagli orti altrui cavoli, porri o altre verdure48. Non si poteva andare a prendere frutti dagli alberi di altre persone49, né fare «herba in nelle prati et terre altrui»50; né tagliare «lo panicale in nelle terre d'altri, o vero suoi, innanti calende ogosto»51; le attenzioni ed i riguardi verso le coltivazioni si concretizzavano anche con ordini specifici quale quello che prevedeva l'obbligo di tenere i cani legati dalla metà di agosto «infine a tanto che la vendemmia sarà fatta». Il proprietario del cane trovato in quel periodo «disleggato o vero sensa uncino al collo» incorreva in una multa di cinque soldi, ma se il cane fosse stato visto addirittura girare per una vigna la multa sarebbe stata del doppio, ovvero di dieci soldi52. Le castagne rappresentavano un elemento fondamentale per l'alimentazione ed è evidente che vi fossero norme che si rivolgevano al rispetto delle selve: era proibito tagliare castagni nelle selve di altri53, così come era proibito andare a ruspare nelle selve altrui, raccogliendo e facendo furto di castagne54. Erano previsti i tempi per le «ruspe» nelle selve da parte dei proprietari: solamente alla conclusione di determinate operazioni si poteva entrare nelle selve non proprie raccogliere quelle castagne che erano rimaste55. E da precisarsi che l'accesso nelle selve alle bestie, sia grosse, sia minute, era comunque vietato, a meno che non vi fosse una esplicita licenza dell'avente diritto56.
Pascoli e bestiame
Un altro aspetto della vita rurale era rappresentato dalla necessità di trovare spazio per i pascoli: uno degli impegni ricorrenti che gravavano su tutti gli uomini di Gallicano era costituito dall'obbligo di fornire due volte l'anno, nei mesi di gennaio e di giugno, ai Capitani e al Notaro l'elenco scritto di tutte le loro bestie, sia grosse che minute e, conseguentemente, di pagare la tassa annua di «erbatico» assommante a sei denari, ovvero un novino, per ogni bestia minuta e tre quattrini per ogni bestia grossa, nel corso della «colta» di giugno. Le bestie dei forestieri pagavano il doppio. Situazioni particolari si verificavano per coloro che nel corso dell'anno vendevano o davano in soccida gli animali precedentemente denunciati57. Non era possibile portare a pascolare nel territorio di Gallicano bestie forestiere, fossero esse minute, grosse o porci. Una normazione piuttosto analitica, alla quale si rinvia, precisava tutti i casi previsti di danni che potevano essere arrecati al territorio e le relative multe. Le condanne colpivano sia il conduttore forestiero, sia quello originario poiché i divieto riguardava direttamente il bestiame58. La regolamentazione generale del bestiame prevedeva che nessuna persona poteva «fare vicende per sé» excepto se lui non harà bestie minute da XXV in su et di bestie grosse VIII; et in caso che alcuno volesse fare vicende da per se in minore numero, se sarà trovato in alcun danno sia munito in fiorin uno per ciascuna volta fusse trovato»59. Nessuno poteva tenere legata qualche bestia, bovina, cavallina, mulina, asinina o porcina nelle terre di altri, senza aver preventivamente ottenuto la licenza da parte del legittimo proprietario60, e parimenti non si potevano tenere animali legati sulla via pubblica «se non apresso lo suo da una parte», con l'obbligo del proprietario della bestia di pagare il danno a chi lo avesse subito61.
Tramutanti e forestieri
Chi non era del Comune di Gallicano, come già si è rilevato, doveva subire un trattamento estremamente sfavorevole. Non può dirsi che la politica fosse completamente indirizzata alla repulsione dei forestieri: è vero che coloro che provenivano da zone situate oltre un miglio dal Gallicano e volevano venire a lavorare la terra in questo territorio erano obbligati a «rendere allo dicto Comune la decima parte di tutto quello che in nelle dicte terre o vero possessioni si ricogliesse»62, ma è vero anche che rispettando determinate procedure i forestieri potevano raggiungere posizioni sociali di buon livello all'interno della Comunità. Il forestiere che veniva ad abitare nel territorio di Gallicano entro sei mesi dal suo arrivo doveva far registrare il proprio nominativo presso il Notaro del Comune, alla presenza dei Capitani, con la clausola che avrebbe goduto dell'esenzione delle guardie per un periodo di sei mesi e dell'esenzione da ogni tipo di tassazione, sia reale che personale, per i primi due anni. Successivamente spettava ai Capitani ed al Consiglio dei Dieci formulare una definizione di stima del forestiere, valutandolo in due lire ovvero in quattro lire, inserendo in questa cifra anche le stime, di beni eventualmente nel contempo acquistati. I tramutanti, ovvero coloro che provenivano da altre zone del territorio della Repubblica di Lucca, godevano solamente dell'esenzione semestrale dalle guardie, ma non erano liberati da altre gravezze reali o personali63.
Proventi
Il Comune, così come era consuetudine in tutto il territorio lucchese, usava assegnare i propri proventi al pubblico incanto: ogni anno era cura dei Capitani e del Consiglio dei Dieci, con l'ausilio del Notaro, di bandire i proventi che venivano venduti a seguito di pubblica asta. Il vincitore entro tre giorni doveva offrire una adeguata «pagaria». I proventi che per disposizione statutaria venivano offerti erano i seguenti: il provento del mulino; il provento «di potere vendere vino et pane et altri cibi et abbergare nella terra dello dicto Comune»; il provento «di potere vendere pane, vino et altri cibi et abergare fuori della terra soprascritta»; il provento del forno del Comune; il provento del macello; il provento del «herbatico et delle bestie grosse et de porci et bestie minute»; il provento «delle pasture» del Comune ed il provento delle selve64. La Comunità proteggeva gli assegnatari con una serie di limitazioni nei riguardi di tutti gli altri abitanti circa le materie oggetto dei proventi; in particolare si controllava che nessuno impiantasse abusivamente mulini o forni dal momento che erano proprio queste due attività che offrivano le principali entrate per il Comune. La pena per coloro che risultavano abusivi era molto elevata, assommando a ben venticinque ducati e prevedendo una serie di interventi sulle opere poste in essere65.
Moneta
In chiusura di questa disamina nella quale si è più volte accennato a questioni concernenti le penalità pecuniarie, non si ritiene fuori di luogo riferire quanto specificano le norme in relazione alle monete in uso nel Comune: tutte le pene «sopra poste et gabelle dichiarate si debbino pagare a ragione di soldi du per ciascun bolognino et di bolognini dieci per ciascuna lira», offrendo così un parametro di valutazione delle monete correnti al momento della stesura delle disposizioni statutarie66. Il 19 febbraio 1658 il Collegio degli Anziani di Lucca appose il proprio visto di convalida ad un complesso di capitoli presentati per tale scopo dalla Comunità di Gallicano. La normazione relativa alla organizzazione amministrativa di quella Comunità, composta da sessantotto articoli, non fu ritenuta valida nella sua totalità: furono aboliti rispettivamente i capitoli 45 e 66. Nella registrazione dello Statuto il primo dei due fu omesso mentre il secondo, forse per disattenzione, fu riportato. Gli Anziani, nella breve e consueta premessa all'atto di conferma, ricordarono che i «capitoli et ordini» erano stati «fatti in diversi tempi», che di volta in volta erano stati vistati dall'organo governativo lucchese, che «essendo assai antichi e descritti in un libro molto consumato et i fogli volanti gl'havevano fatti descrivere in altro Libro» e che era stato dato in carico all'Anziano Santini di rivedere e considerare «i medesimi Capitoli descritti nel nuovo Libro e di farli scontrare con i vecchi»67. Si trattava, sostanzialmente, di una situazione assai diffusa poiché le deliberazioni che introducevano modificazioni statutarie venivano assunte con una ricorrente frequenza, ma non era possibile procedere con altrettanta ritmicità alle ristrutturazioni dei complessi statutari; ne conseguiva, quindi, che dopo un certo numero di anni, talora di più decenni, il «vecchio libro» si venisse a trovare non solamente consunto, ma più che altro aggravato dalle successive aggiunte che rendevano l'insieme normativo difficilmente leggibile e difficilmente consultabile. È da dirsi che la presente compilazione risulta, specialmente in comparazione con altre coeve, poco felicemente strutturata, rilevandosi una certa carenza di organicità e la atipicità di alcuni capitoli, quale quello portante il n. 67 che appare, a sua volta, suddiviso in capitoli68.
Il massimo organismo deliberativo e di governo della Comunità di Gallicano era rappresentano dal Parlamento, detto anche Consiglio dei Cinquanta, in ossequio alla sua composizione numerica. Era predisposta una tavoletta del Comune, nella quale si scrivevano in due colonne i nomi dei cento «huomini horiginarii del detto Comune» incaricati di far parte del Consiglio nel successivo biennio; per quanto atteneva alla cittadinanza si richiedeva che gli aventi diritto fossero originari ovvero che fossero «in quarta generatione nati et allevati et continuamente habitati nel nostro Comune»69. Nel Consiglio, che assumeva le funzioni con il primo di aprile e che durava in carica per un anno, non potevano essere inclusi uomini che fossero legati da vincoli di stretta parentela, vietandosi la presenza di padre e figlio ovvero di due fratelli, così come non erano ammesse più di quattro persone per «casato»70. Un'altra limitazione, che non consentiva l'accesso a qualsiasi incarico pubblico, era prevista per quelle persone le quali non sostenevano «il carico delle guardie et altri carichi reali et personali del Comune di Gallicano» a meno che non sussistessero gravi, giustificati e riconosciuti motivi71. L'aspetto riguardante l'espletamento di determinate attività e l'assolvimento dei previsti impegni finanziari, con particolare riguardo alle tassazioni, erano da considerarsi condizioni necessarie per l'acquisizione della cittadinanza, elemento imprescindibile, come si è notato, per il successivo accesso alle cariche deliberative e governative della comunità72. In caso di morte o di assenza prolungata di uno dei consiglieri subentrava il figlio, se maggiore di diciotto anni e se ritenuto persona idonea «et atta al Governo»; in mancanza, si sceglieva tra i fratelli dell'avente diritto ovvero, mancando anche questi, tra una persona del casato; per queste due ultime situazioni la surrogazione non avveniva automaticamente ma si richiedeva una votazione consiliare, con approvazione di almeno due terzi dei presenti73. Il quorum dei due terzi era assunto quale norma generale: era richiesto per le presenze in Consiglio o Parlamento affinché la seduta fosse valida, stabilendosi il numero necessario in trentaquattro su cinquanta, così come era richiesto in occasione delle votazioni dei presenti ai fini della validità delle deliberazioni assunte74. Una eccezione a tale principio era rappresentata dalla norma con la quale si prevedeva che «quando si habbia da fare qualche obligatione per il Comune, o grafia, o donativi» le relative decisioni erano assunte in Parlamento con una maggioranza qualificata di almeno tre quarti dei suffragi dei presenti75. La disciplina relativa alla procedura di votazione prevedeva la possibilità di ottenerla per «partiti scoperti», ovvero esprimendo i singoli le proprie decisioni a mezzo di voti palesi; tale situazione aveva generato più volte nella Comunità «disordini grandi». Si decise, quindi, che per l'avvenire le votazioni in tutti i Consigli pubblici dovessero realizzarsi a mezzo di «partiti coperti»76. La convocazione del Parlamento era effettuata dal Commissario della Vicaria o dagli Officiali del Comune a mezzo del suono della campana; per informare preventivamente i consiglieri, i Messi erano tenuti, sempre per mandato dei suddetti, a suonare la campana «grossa» nel corso del giorno precedente a quello della riunione, ripetendo l'operazione, per almeno mezza ora, al mattino successivo, aggiungendovi altri ventiquattro tocchi. Poco prima dell'ora fissata per la seduta, il Messo suonava la «campanella della porta», avvisando così che i consiglieri erano tenuti ad entrare nel luogo stabilito77. Una diversa procedura era usata per le riunioni «estraordinarie»: non essendoci la possibilità di suonare la campana durante il giorno precedente, il Messo bandiva la convocazione sotto la Loggia del Palazzo e «per la terra», quindi suonava la «campana grossa» con ventiquattro tocchi e, al momento dell'incontro, suonava la «campanella». Era norma generale che, una volta iniziatosi il Parlamento, i consiglieri non potevano più accedere ed erano considerati assenti in posizione differenziata se giustificati o meno, prevedendosi per questi ultimi sanzioni pecuniarie78. Tutti i consiglieri, all'inizio del loro mandato, erano tenuti a prestare giuramento nelle mani del Notaro «et ogni volta che entrerà il nuovo Consiglio, o vero si farà qualche sorrogato, devi giurare in mano del Notaro»79. Era buona regola, stabilita con carattere generale, che non si potesse partecipare a Parlamenti, Consigli o riunioni pubbliche di qualsiasi genere portando armi addosso. A Gallicano coloro che infrangevano questa norma incorrevano in penalità più pesanti che in altre Comunità: oltre alla consueta multa, qui determinata in dieci bolognini, veniva cominata la «privatione di offitii di honore di detta Comunità per 2 anni all'hora prossimi»80.
Offitiali
L'attività governativa era assegnata a due Offitiali, eletti dal Consiglio ogni tre mesi e scelti rispettivamente tra le persone che componevano il consesso deliberativo nel biennio; il loro incarico durava tre mesi e la loro nomina doveva effettuarsi almeno quindici giorni prima del rinnovo della carica. Vigevano le limitazioni legate alle parentele come stabilito per i Consigli così come erano previste le surrogazioni in caso di giusti motivi. È da dirsi che i due Offitiali erano tenuti a conservare «indenne il Comune et satisfare di loro proprio tanto di condanne tanto di altre spese che accadesse», poiché non pareva opportuno che il Comune dovesse subire i danni causati dagli eventuali errori o dai possibili scorretti comportamenti degli incaricati della gestione governativa81. Coloro che venivano scelti per incarichi governativi o per altri oneri amministrativi della Comunità erano obbligati ad accettare e per gli inadempienti, non giustificati, era stabilita una penale piuttosto elevata, assommante a mezzo scudo d'oro. Chi accettava, di contro, doveva prestare il giuramento nelle mani del Notaro, così come era previsto per i consiglieri82.
Proprio il Notaro era uno dei funzionari di maggior rilievo all'interno dell'amministrazione comunale, con una serie di incarichi che andavano dal «fare et scrivere tutte le carte de sindicati del detto Comune», alla registrazione degli eletti ai singoli offizi, alla vendita di tutti i proventi, alle ambasciate e gite per conto della Comunità e in genere a quanto riguardava l'attività amministrativa, senza alcuna retribuzione diretta, salvo l'assegnazione trimestrale di lire 3.10 per acquisto di materiale occorrente per il suo incarico. Al termine del suo mandato era tenuto a consegnare i libri e tutto quanto di sua pertinenza in ordine, rischiando una multa assommante a 10 fiorini d'oro in caso di comportamento inosservante83.
Camarlingo
La figura del Camarlingo, impegnato nelle funzioni relative alla contabilità, erano messe in evidenza particolarmente in rapporto alle attività di incanto, precisandosi che «qualsivoglia Camarlingo che per l'avvenire incanterà camarlingati di riscossione, o' grani, o' altre robbe» era tenuto a trascrivere tutte le operazioni nella «bacchetta» relativa al suo mandato, essendo tenuto a pagare in proprio quelle somme che non era riuscito ad incamerare; non poteva neppure pagare il salario ai diversi Camarlinghi se in precedenza non avesse riscontrato che al termine del loro mandato avevano lasciato tutto in regola ed una corrispondente situazione di cassa84.
Massaiolo
Un altro incarico di particolare rilievo era espletato dal Massaiolo al quale era assegnato l'onere della conservazione dei «beni, ragioni e scritture» ivi compresi i Libri del Comune, ovvero l'Archivio. Il Massaiolo veniva eletto dal Consiglio del Comune durante il mese di marzo e doveva avere molta cura delle «scritture», per le quali risulta che «devi havere diligente cura di tutti i libri, scritture», «et in quanto alle scritture le devi salvare sotto le chiave nel Banco per ciò fatto», chiuso appunto con chiavi che erano tenute rispettivamente dal Commissario e dal Massaiolo stesso. La consultazione dei documenti era possibile solamente a seguito di espressa autorizzazione del Commissario, mentre i consiglieri non avevano limitazioni qualora «si havessero a servire di detti libri et scritture per detto Consiglio». Era compito del Massaiolo la conservazione dei mobili e masserizie che si trovavano nelle case del Commissario, del Notaro e dei Famigli: ogni elemento veniva bollato con un apposito sigillo e doveva essere descritto in un elenco che era consegnato al Massaiolo subentrante, alla presenza degli Offitiali del Comune e dopo aver prestato giuramento circa la corrispondenza con la reale situazione. Spettava al Massaiolo la registrazione degli Incanti nell'apposito Libro, così come era suo onere partecipare a tutti i Consigli del Comune ed agli Offizi della Colta «dandoli lume delli Decreti che al detto Consiglio et offitio di Colta potesse fare di bisogno». Piuttosto particolare e curiosa era la norma che stabiliva che il Massaiolo, intervenendo nei suddetti organismi aveva diritto di voto quando non vi fosse stato il numero sufficiente di consiglieri «et essendoci il numero non devi rendere il voto non essendo di Consiglio. Il suo salario era di lire 3.10, così come quello previsto per il Notaro85.
Guardiano
La materia concernente i «danni dati» era di pertinenza del Guardiano eletto da un Offizio di Sei uomini, nominati dal Consiglio di Comune, presieduti da un Proposto a tempo. Il Guardiano doveva vigilare tutto il territorio di Gallicano, accompagnato, giorno per giorno, da un uomo diverso, scelto facendo «bullettini di tutti li capi di famiglia da 18 anni in su e da 60 in giù et ogni sera il Proposto del suddetto offitio se ne cavi uno di detti bullettini» e la persona prescelta doveva andare per tutto il giorno apprezzo al Guardiano «a denuntiare tutti insieme i dannatori». Il Guardiano non riceveva un salario vero e proprio, bensì la percentuale di un terzo su tutte le multe imposte per infrazioni perpetrate in beni comunali e un quarto per quelle commesse «su beni particolari».
Guardiano secreto
Gli Offitiali avevano il potere di nominare anche un Guardiano secreto, autorizzato a denunziare gli eventuali dannatori senza essere riconosciuto preventivamente da coloro che stavano commettendo l'infrazione86.
Offitio della Colta
Ogni sei mesi, a metà dicembre ed a metà di giugno, il Consiglio del Comune provvedeva alla nomina di «sei buoni huomini» i quali, assieme ai due Offitiali e a due consiglieri scelti dal precedente consesso, davano vita al cosiddetto Consiglio dei Dieci, con l'incarico di «governare l'entrate», assumendo anche la denominazione di Offitio della Colta. All'interno di questo organismo veniva eletto un componente con l'incarico di Proposto «et a lui si aspetti fare sonare et fare mettere insieme il detto Offitio» e lo svolgimento di altre attività collegate. Prima della «chiusura» della colta questo Offizio aveva l'obbligo di «radunare il Consiglio per fare leggere i punti e bandi et altre diferenze».
Il Consiglio della Comunità a sua volta eleggeva nel suo ambito due rappresentanti con la funzione di Sindacatori, con il compito di rivedere semestralmente tutti i conteggi e la gestione amministrativa del Consiglio dei Dieci87.
Sindico
Era semestrale anche la carica di Sindico: il Consiglio di Gallicano, ogni anno durante i mesi di dicembre e di giugno, eleggeva ogni volta due uomini, rispettivamente per il primo e per il secondo semestre, con la funzione di sindici e procuratori, «et habbino autorità e cura di comparire avanti a ogni magistrato tante volta quanto farà di bisogno al detto Comune, et defendere, agere et causare et fare ogni atto, tanto in giudizio quanto fuori come fare potrebbe tutto il detto Comune». In considerazione della necessità di spostarsi frequentemente sia nel territorio di Gallicano che oltre, erano previste dalla normazione statutaria delle particolari condizioni per addivenire ai rimborsi delle eventuali spese, assegnando una somma a carattere forfettario. Così troviamo fissata la cifra di lire due giornaliere in caso di pernottamento fuori sede e di una lira e 10 soldi qualora si rientrasse nella serata88.
Il Messo veniva eletto annualmente, operando eventualmente una riconferma della persona già in carica, e aveva il compito fondamentale «a Parlamento invitare li huomini, tutti li Offitiali citare per le colte, fare i bandi et altre cose che per il signor Commissario et Notaro et Officiali li sarà commesso»; per tutte queste mansioni riceveva un corrispettivo in base alla prestazione effettivamente offerta, assommante a 2 bolognini per ogni intervento; il Consiglio aveva il potere di stabilire un salario mensile89.
Essecutori
L'ordine pubblico era mantenuto dagli Essecutori, i quali operavano assieme ai Capitani o Cavalieri ed ai Famigli: per tutti questi la norma statutaria, adottata a seguito di una deliberazione del Consiglio Generale del 15 dicembre 1580, stabilì che il tempo di permanenza nel territorio di pertinenza non poteva essere superiore ad un anno, al fine di evitare che si realizzasse una eccessiva familiarità con la popolazione. Coloro che fossero rimasti per un anno avrebbero dovuto vacare per due anni, mentre coloro che si fossero trattenuti per sei mesi la vacazione sarebbe stata di almeno un anno: la pena per i contravvenienti era determinata nella «privatione di essercitare qualsivoglia di detti offitii per 10 anni»90.
Maestro
Una piccola parte dello Statuto è riservata anche alla vita culturale, con un'attenzione che, sia pur nella limitatezza del problema, denota un certo interesse: i giovani, in particolare, dovevano essere istruiti e serviva un Maestro che fosse valido e ben accetto alla popolazione. Per garantire tale situazione era stabilito che il Maestro ogni anno dovesse essere raffermato a seguito di delibera del Consiglio Generale con un voto di maggioranza qualificata di due terzi dei presenti: nello stesso frangente «si devino eleggere tre huomini quali devino fare relatione in scritto ogni mese» sul comportamento e sulla validità dell'opera dell'educatore91.
Un impegno civile di ordine generale era rappresentato dall'obbligo incombente sopra ogni abitante di Gallicano, di sesso maschile e maggiore di 14 anni, di fare le guardie in caso di necessità, essendovi per gli inadempienti una pena di 20 bolognini92.
La materia relativa all'ordine morale e religioso era presente in Gallicano, così come rappresentava un momento di rilievo presso tutte le altre Comunità: ogni famiglia del Comune era tenuta a partecipare alle luminarie, alle «tanie, alle processioni e morti», sia pure con un solo rappresentante purché presente a tutto il periodo della «funzione». La norma era piuttosto severa, poiché prevedeva che il Notaro fosse tenuto ad intervenire ed a fare la «richiesta» dei presenti, ponendo poi gli assenti ingiustificati «in su la colta», ovvero facendo loro pagare la multa nel corso della riscossione delle tassazioni trimestrali93. Il rispetto verso le chiese era richiamato da una breve norma che vietava di occupare le chiese per interesse privato, con particolare riferimento alle necessità di reperimento di spazi per la battitura del grano o di altre biade e si prevedeva per gli inadempienti una sanzione di 20 bolognini94. Il 15 maggio di ogni anno si festeggiava in forma religiosa ed in forma civile una festività che aveva un carattere sostanzialmente politico: si trattava di commemorare il successo militare ottenuto contro le milizie del Duca di Modena. Le manifestazioni prevedevano una messa cantata in aggiunta a tutte le messe ordinarie, unitamente ad una processione con relativa luminaria per quanto atteneva all'aspetto religioso di carattere cerimoniale; con più appariscenza, inoltre, sul brolio si doveva erigere una «maestà»95.
I problemi urbanistici rappresentavano uno dei momenti di maggior interesse, in particolare quando investivano situazioni attinenti all'ambito dell'igiene per una migliore condizione generale della vita. Si tratta molto spesso di norme elementari che talora possono apparire paradossali, ma che hanno una precisa ragione di sussistenza nelle difficili situazioni di allora. Basti pensare al divieto di tenere «nella casa di sua habitatione dove si fa fuoco alcuna quantità di paglia, fieno o' altro strame» per una quantità maggiore di cento libbre96, basti pensare al divieto di tenere «letame o altra bruttura nelle strade pubbliche, né in quelle dalle finestre o altrove gettare acqua brutta o altra putredine», prevedendosi una pena di cinque bolognini per ogni volta che si fosse registrato il caso97. Le strade pubbliche avevano delle dimensioni minimali che non potevano essere trascurate: per queste, come per quelle vicinali, si richiedeva una larghezza di almeno tre braccia, mentre un braccio era necessario per la classificazione delle «semitole»: vi erano pene assai elevate per chi effettuasse indebite occupazioni o per chi restringesse tali misure a proprio vantaggio98. E' piuttosto singolare la norma che imponeva ai singoli privati l'obbligo di tenere chiusi i chiassi e i «necessari» delle proprie abitazioni «di modo che non si vedi bruttura alcuna», quando forse sarebbe stato più decente imporre una maggiore pulizia; l'osservanza di questa disposizione era fatta rispettare con l'intervento del Commissario e degli Offitiali99. Una speciale attenzione, presso tutte le Comunità, era offerta alla fontana, un luogo di grosso interesse che rappresentava un punto focale della vita comunitativa: nessuno poteva lavare alla fontana panni lini, né i piedi, né arrotare ferri a pena di uno scudo per ogni infrazione; tutti potevano effettuare la denuncia e il nome dell'accusatore sarebbe comunque rimasto segreto, purché il denunciante avesse prestato il necessario giuramento100.
I due temi di maggiore rilevanza erano individuati nella gestione del patrimonio boschivo e della campagna, da una parte, e nella regolamentazione dei pascoli, dall'altra. Si tratta, ovviamente, dei due più importanti aspetti nella conduzione della vita contadina. Non desta meraviglia, quindi, che le disposizioni statutarie, le quali rispecchiano fedelmente le società rurali dell'epoca, abbiano dedicato ampi spazi a tali temi, poiché è proprio attorno ad essi che si muovono giorno dopo giorno le popolazioni del contado. Un primo non eccessivamente impegnativo obbligo, ma tuttavia generalizzato, era rappresentato dalla necessità che ogni famiglia durante il mese di marzo di ogni anno fosse tenuta a fare «un'horto di braccia almeno dieci di lunghezza et otto per la larghezza»; parallelamente ogni anno doveva piantare «un pie' di frutto». Si tratta di piccole operazioni le quali servivano a garantire un minimo di sussistenza101. Una maggiora rigidezza si nota nella normazione relativa alla vendemmia: nessuno poteva iniziare la raccolta dell'uva prima del giorno stabilito dal Consiglio Generale del Comune e le punizioni scattavano sia che la persona fosse stata trovata con dei canestri, cosa che presumeva una vendemmia in qualche modo sistematica, sia che fosse stata trovata in possesso di una modica quantità. Erano puniti inoltre coloro che venivano scoperti a vendere uva fuori del paese o fuori del territorio di Gallicano102. Le «isole» che si trovavano nella zona compresa tra il «Canale di Zanepori» ed il «Confine di Cascio» erano territori protetti dalla Comunità ed in essi si facevano piantagioni di pioppi. Nessuno poteva quindi recarvisi per zappare ed iniziare una qualsivoglia cultura, così come era punito chi faceva danni ai pioppi introducendovi bestie grosse o minute, e chi tagliava o faceva tagliare i piccoli alberi da poco piantati. Le pene per gli inosservanti erano piuttosto consistenti; per i forestieri, com'era norma generalizzata in tutto il territorio della Repubblica lucchese, l'importo della multa era raddoppiato103.
Seta
La produzione della seta rappresentava per Gallicano un impegno operativo tradizionale ed il gelso era una pianta «protetta». Si vietava categoricamente la vendita delle fronde di gelso per farne un guadagno, magari cedendole ai forestieri. Chi lo avesse fatto clandestinamente e non fosse stato colto in flagrante poteva essere facilmente scoperto successivamente poiché sarebbe calata la sua produzione di seta. La norma stabiliva infatti che in caso di scarsa produzione la persona interessata doveva presentare agli Officiali la dichiarazione di «almeno dui persone degne di fede» attestanti che «detti firugelli siano iti a male»104. Il valore ed il significato della elevata coscienza protezionistica nei riguardi di questo genere produttivo è confermata dalle penalità imposte ai contravventori: si pensi che chi fosse stato scoperto a vendere fronde di gelso a forestieri sarebbe incappato in una pena di 4 scudi d'oro105.
Bestiame
Il Comune si faceva garante della conservazione dei territori a pascolo ma nel contempo esigeva dai proprietari del bestiame una tassa particolare che veniva imposta su ogni singolo animale: per quanto riguardava la consistenza di ogni gregge o mandria il Notaro si atteneva alla dichiarazione dei proprietari, offrendo fiducia quindi all'autodenuncia. Il bestiame appartenente a forestieri pagava il doppio e tutte le tasse erano iscritte nella colta trimestrale. Per coloro che transitavano nel territorio di Gallicano con i propri animali l'obbligo del pagamento scattava solamente se si fossero trattenuti per un periodo superiore agli otto giorni106.
Fiume
Il fiume, in particolari momenti di piena, portava legnami che in parte si bloccavano sull'Isola. Si trattava delle cosiddette «legna menaticce» la raccolta delle quali veniva assegnata a seguito di un'operazione di «incanto» che comprendeva l'assegnazione più generale delle «piagge» dell'Isola. Era necessario proteggere i titolari del diritto di raccolta, distinguendosi le pene a seconda che i ladruncoli avessero compiuto il furto di giorno o di notte, con in raddoppio della pena nella seconda ipotesi107.
Legnami
Una multa di tre scudi d'oro era imposta a coloro che si avventuravano a tagliare cerri, querce, castagni «e vetrice» in selve o boschi altrui, anche asportando semplici rami108, mentre quattro scudi erano imposti a quelle persone che fossero state scoperte a portare fuori del Castello di Gallicano «calochie, cerchi, vetrice et ogni altra sorte di legniame»109 a meno che, trattandosi di legname di castagno, non ci si fosse assolta la opportuna gabella110.
Chi svolgeva attività in ambito agricolo era tenuto in ogni caso al pagamento della Colta: tale impegno gravava sul proprietario ovvero sul possessore del fondo ma, qualora questi non adempisse nei tempi richiesti ai debiti versamenti, la Comunità poteva esigere le somme d'estimo direttamente dal «lavoratore o salano», lasciando poi alle parti interessate la prospettiva della risoluzione interna della questione, tenendo presente che il salano era tenuto ad «anticipare» la somma corrispondente a quella «parte delle rendite le quali deve al padrone», «e non più oltre»111. Il pagamento delle tasse era un elemento fondamentale per poter vivere adeguatamente all'interno della Comunità: i beni immobili, ovvero «tutte le possessioni» avevano una collocazione nei registri d'estimo ed i proprietari erano tenuti al versamento della specifica imposta112 e, nel contempo, coloro che erano debitori della Comunità per qualsiasi tipo di tassazione insoddisfatta, sia personale, sia reale, incorrevano nel rischio di vedere i propri beni venduti al pubblico incanto «in su la piazza di Gallicano a chi più ne darà sino all'intiero pagamento di quello che si dovesse al Comune»113. I morosi per inadempienze nel sistema di tassazione avevano altri svantaggi tra i quali è da menzionare quello per il quale «nessuno possi havere grada per alcuno maleficio o condannagione se prima non paga la tassa», riferendosi la norma specifica ad una particolare tassazione di un soldo da versarsi per ogni lira prevista della condanna determinata dal reato commesso114.
Per quanto attiene ai pascoli è da ricordarsi che non si poteva «montare a pasturare nelle grada di Palodina» in particolari momenti dell'anno, ovvero dal primo di aprile al 31 di luglio, distinguendosi l'entità dell'infrazione in rapporto con la qualità delle bestie condottevi e con la loro quantità115, così non si potevano portare le bestie maremmane o forestiere nell'Isola116, così non si poteva pasturare «per la strada di Careggine, quella di Renaio, quella della Capannaccia e quella di Soccella» e per altre esplicitamente indicate117. Era assolutamente vietato tenere capre nel Comune di Gallicano ed i trasgressori erano soggetti al pagamento della pena di uno scudo per ogni capra ed alla perdita della bestia118. Diverso era il trattamento dei porci, per i quali esisteva un'apposita «vicenda» fuori del paese tenuta da un Guardiano che «habbi cura de porci del Comune di Gallicano», pur essendo concesso ai privati, opportunamente autorizzati, di dar vita ad una propria «vicenda», nel rispetto di precise regole imposte dalla Comunità119. Il problema delle cosiddette «bestie maremmane», ovvero di quelle che andavano e venivano dalla Maremma, era piuttosto rilevante poiché il loro passaggio arrecava danni notevoli al territorio: si trattava prevalentemente di bestiame forestiero e si ritenne opportuno autorizzarne il transito solamente su alcune zone di confine «sul monte Basso della via del Fielceto in giù, et della punta del Bascho dal Colle della Fredda in giù, et della Stradella che va per dritto infino nella Cascarotta della Fredda in giù et del Canale di Rio di Gragnio in là, dichiarando però che le capre per loro pascalare gli si assegna su per il Canale tra noi e Bologniana e fino alla Stradella del Fielceto»120.
I forestieri ed i tramutanti, come già si è notato, subivano un trattamento sempre più gravoso in rapporto ai locali: i forestieri erano tenuti al versamento annuale in colta di uno scudo per ogni capo di famiglia e di 15 bolognini per ogni figlio maschio maggiore di 15 anni, mentre ai tramutanti si imponeva una tassa annuale a tutti i capi di famiglia di mezzo scudo. Questa situazione si protraeva sino alla 4a generazione, poiché successivamente le famiglie come sopra classificate potevano richiedere ed ottenere la cittadinanza ed essere equiparate in tutto e per tutto a quelle dei nativi121. I forestieri avevano un particolare trattamento anche in fase di infrazioni per «danni dati» sia con bestie, sia con persone: in ogni caso, come nella procedura ordinaria, spettava al Guardiano il compito di presentare le denunce122. Un comunitativo che avesse osato concedere ai forestieri il pascolo sui suoi beni sarebbe incorso in gravi sanzioni, quali la perdita dei diritti sulle entrate a qualsivoglia titolo del Comune, quali la perdita del diritto di far pascere i propri animali nei pascoli pubblici comunali, oltre al pagamento di una multa di tre scudi d'oro. Come per altre infrazioni, nella fattispecie suddetta «siano tenuti il padre per il figlio, il marito per la moglie, il fratello per la sorella et il padrone per li famigli»123.
Danni dati
Il problema dei danni dati non era certamente legato esclusivamente ai tramutanti ed ai forestieri, ma riguardava tutta la popolazione; la normazione statutaria si sofferma ampiamente su questa materia specificando, in un apposito capitolo, moltissime delle configurazioni punibili, stabilendo per ognuna di esse la pena corrispettiva. A titolo esemplificativo riportiamo alcuni casi: «Che tutti quelli che saranno trovati a far danni con bestie minute, per ciascheduna bestia cadino in pena di bolognini tre per ciascheduno e ciascheduna volta, e per ciascheduna bestia grossa bolognini 15»; e più oltre: «che quelli che saranno trovati a coglier fronde di gelso tanto della prima quanto della seconda, cadino in pena per ciascheduno e ciascheduna volta di lire 4 et di notte di lire 6»124.
I beni comunali venivano assegnati annualmente a privati per la gestione a mezzo di pubblici «incanti». Alcune aste avvenivano di aprile, altre di giugno e nel mese di luglio, altre ancora a dicembre ed a gennaio: si incantavano «le mulina», l'«hosteria», «le datie», «il macello», «le strade da pattumi», «li proventi delle prata dell'Isola», «di Padolina», «li forni a Turite», «de Ponti della canapa». Ogni oggetto incantato aveva particolari caratteristiche ed era soggetto ad una specifica regolamentazione125. Una particolarissima attenzione era rivolta all'incanto «delle mulina» in riferimento al quale lo Statuto contiene una articolata regolamentazione, molto ampia ed analitica, tale da garantire questo servizio che era ritenuto effettivamente uno dei più rilevanti nella gestione comunitativa126. Una piccola norma in materia di mulini stabiliva che «a nessuna persona sia lecito eccetto i mugniai rompere il condotto del mulino, alla pena di soldi 20 per ciascheduno et ciascheduna volta» ove il termine «rompere» non ha certamente un significato tendente a creare danno, ma più verosimilmente si riferisce a quelle opere di manutenzione che dovevano spettare solamente ai mugnai, titolari dell'incanto127. Un certo criterio protezionistico su questa materia e su altre similari può essere rilevato dalla disposizione per la quale era assolutamente vietato costruire nel territorio di Gallicano nuovi molini, forni o altri edifici «che dessero danno al'entrate del Comune». Qualora qualcuno intendesse contravvenire operando simili costruzioni, il Comune poteva intervenire ed effettuare la confisca di tali edifici128.
Sale
Altre particolari materie sono contenute in queste rinnovate capitolazioni comunitative: si ricordi il problema della levata del sale e della gestione della relativa Dogana. I Doganieri, titolari della privativa, erano «tenuti vendere a tutti quelli del Comune di Gallicano et mai li possa mancare ne negare il sale di darne ad ogni uno che ne volesse». Nessuna altra persona poteva vendere sale nel territorio di Gallicano, essendo previste dure pene per i contravventori129.
Hostarie
Le hostarie come si è visto venivano «incantate» e coloro che ne ottenevano l'esercizio dovevano essere garantiti; per questo si legge che nessuno poteva «in alcun modo dar da maggiare (sic), bere, alloggiare, vendere pane, vino e cibi cotti per maggiare o bere» «fuori delle hosterie publiche». Molto rigida era la normazione nei riguardi degli abitanti del Comune e Castello di Gallicano ai quali era assolutamente vietato di «andare a bere o maggiare all'hosterie pubbliche, tanto fuori quanto dentro del Castello di Gallicano alla pena di scudi 4 d'oro», «e ne meno maggiare o bere fuori di dette hosterie alcune robbe pigliate a dette hosterie a presso a braccia cento, ne meno in dette hosterie o appresso ad esse predette cento braccia giocare a gioco alcuno tanto prohibito quanto permesso, sotto la medesima pena»130. Coloro che ottenevano l'incanto dell'hosteria di Gallicano erano obbligati a versare al Commissario, entro il termine di sei mesi dalla presa di possesso, la somma di £ 10.16 «che la Comunità paga all'Opera di S. Croce»131.
Pesca
Era vietato andare a pescare nell'acqua della Turite «o in altri rivi del detto Comune o vero pigliare pesci con qualsivoglia sorte di rete o amoni o esche o nascie, a montatori o in qualsivoglia modo» durante i mesi di novembre e di dicembre di ogni anno132; un'altra disposizione prevedeva il divieto di pesca in alcune parti della «Turite» con qualsiasi mezzo, nei mesi di gennaio e febbraio: tra i vari sistemi si ricorda la pesca «con canne», «con rete», «con archibugio». In altri tempi l'autorizzazione alla pesca era riservata a coloro che avevano ottenuto il diritto specifico a seguito dell'assegnazione in incanto133.
Giuochi
Un ultimo accenno merita una materia che investe più l'ambito sportivo che quello strettamente sociale: nel Castello di Gallicano e nel suo territorio era vietato «tirar cascio, girelle o palle per le strade o altrove senza licenza del Signor Commissario alla pena di scudi 2 d'oro per uno et ogni volta» volendosi in tal modo regolamentare un'usanza che in particolari zone della Garfagnana si è protratta sino ai nostri giorni134.
BOLOGNANA
Nel secolo decimosettimo, Bolognana si trovava a far parte della Vicaria di Gallicano, ma non costituiva una «comunità» a sé stante: la sua vicinanza con Cardoso aveva fatto sì che i due paesi avessero formato un unico centro amministrativo. Tale situazione, tuttavia, non era destinata a prolungarsi troppo nei tempi: le annose rivalità tra l'una e l'altra località condussero ad una inevitabile separazione. Negli ultimi giorni del febbraio del 1643 «con licentia et gratia concedutali dell'Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Antiani et Gonfaloniere di Giustizia, come per sentenza rogata per mano di ser Sigismondo Colli» fu deliberata ufficialmente la scissione135. Il desiderio di autonomia doveva essere molto accentuato se appena venti giorni dopo, il 19 marzo 1643, gli uomini di Bolognana si riunirono in casa di Giovanni di Martino Poli per decidere circa la nuova organizzazione da dare alla Comunità per «potersi bene guidare, et vivere con regola determinata»136. Per stendere lo «statuto» fu dato incarico ad una commissione formata dal caporale Polo di Lorenzo Poli, da Gregorio di Antonio Valentini, da Carlo di Polito Valentini e da Angelo di Francesco Cecconi, mentre quale «esperto» svolse funzioni Antonio Alessi di Francesco, da Vitiana, il quale poteva apportare nella nuova articolazione le sue conoscenze sulla materia, avendo alle spalle una specifica esperienza per quanto concerneva l'organizzazione delle comunità del contado lucchese137. Il risultato fu soddisfacente e Bolognana potè così contare su una stesura che garantiva un buon funzionamento delle istituzioni del piccolo centro. Si tratta, in effetti, di uno Statuto forse eccessivamente elaborato ma, nel contempo, la prolissità di alcuni capitoli permette di penetrare ancor più acutamente nello spirito che mosse e sostenne coloro che stesero il documento138. Gli ordinamenti di Bolognana possono suddividersi in tre grandi sezioni: nella prima si trovano le disposizioni di carattere più strettamente istituzionale che illustravano la composizione e il funzionamento degli organi comunitativi; nella seconda appaiono tutte quelle norme che attenevano ai comportamenti sociali, morali e religiosi; nella terza sono presenti quegli aspetti che si fondevano con i problemi economici e finanziari, legati alla vita di tutti i giorni e direttamente dipendenti dalla situazione ambientale.
Consiglio
Il Consiglio Comunale era formato da tutti i capi di famiglia, con esclusione dei forestieri; le sedute erano valide con la presenza di almeno due terzi degli aventi diritto, mentre le deliberazioni ottenevano l'approvazione qualora si fossero ottenuti almeno due terzi di voti favorevoli dei presenti alla seduta consiliare. Gli assenti ingiustificati dovevano pagare una contravvenzione di dieci soldi; i consiglieri che abbandonavano ingiustificatamente la riunione erano penalizzati e tenuti al pagamento di una lira139. Le regole di comportamento nel Consiglio del Comune di Bolognana erano simili a quelle vigenti presso altre comunità del territorio lucchese: ogni consigliere, appena arrivato,doveva chinarsi e recitare un Pater Noster ed un'Ave Maria «che illumini ciascuno di ben fare, con deporre ogni interesse di odio, amore, timore, amicitia et parentela, perché dove non si fa questo tanto e non ci è il sacro timore di Iddio, non si puole incominciare bene»140. Non si potevano dire parole disoneste e ingiuriose, né si potevano introdurre armi o bastoni, se non si voleva cadere nella pena di una lira e mezza, «et tante volte quanto l'"Offitiale" dirà a quel tale che posi detta arme o bastone et quello non facci l"obbedienza, cada sempre nella stessa pena ogni volta che li sarà detto»141.
Governatori
Il governo della Comunità era assegnato ai Sei Governatori, ai quali spettavano molte competenze attinenti, prevalentemente, alle materie finanziarie ed estese genericamente a tutte le funzioni governative. I Governatori rimanevano in carica per sei mesi e venivano eletti attraverso un meccanismo che prevedeva la predisposizione di un certo numero di biglietti contenenti differenti nominativi e l'estrazione a sorte, facendo in modo che nello stesso governatorato non si registrasse la presenza di consanguinei. La procedura di effettuazione era assegnata a due Assortitori, ai quali spettava anche il compito di effettuare le sostituzioni di membri in caso di decesso o di «malattia longa» di alcuni dei componenti del governo142. Tra le competenze dei Governatori vi era l'obbligo di far sì che le entrate del Comune fossero bene amministrate, che i beni comunali fossero conservati, che le spese pubbliche avessero un limite e che non si eccedesse, che la riscossione delle «colte» e delle tassazioni in genere fosse sollecita e che si procedesse senza indugio alla imposizione ed alla esazione delle multe per inosservanza di disposizioni statutarie. Le decisioni dei Governatori erano valide se ottenevano almeno 4 voti sui 6 componenti143.
Ogni tre mesi, utilizzando appositi «bullettini» contenenti i nominativi di tutte le «teste», ovvero di tutti gli uomini del Comune maggiori di venticinque anni, si nominavano due persone nella carica di Offitiali, destinatari di vari compiti di carattere esecutivo, quali la riscossione delle tassazioni, secondo gli ordini dei Governatori, le assegnazioni del sale alle bocche, la effettuazione delle «richieste» per determinare gli assenti in occasione di manifestazioni civili o religiose, come si noterà. Gli «Offitiali» invitavano a Comune i consiglieri e effettuavano il suono della campana per tale occasione, si occupavano della manutenzione delle strade, convocavano i Governatori e, saltuariamente, potevano effettuare, sempre a seguito di incarico specifico, missioni a Gallicano. Il lavoro degli «Offitiali», «per riconoscimento delle fatiche loro», era remunerato con la somma di uno scudo per ciascuno. La stessa somma doveva essere restituita nel caso di rinuncia alla carica144.
La funzione dei Sindici era parzialmente difforme e meno impegnativa in rapporto a quella espletata presso altre Vicarie del contado lucchese: eletti dai Governatori in numero di due, rimanevano in carica per tre mesi ed erano tenuti ad andare a Gallicano a «dare le denuncie del sangue et fare tutto quello che s'aspetta a detto loro offitio». Alla scadenza del loro mandato, prima di essere rieletti in questo incarico, dovevano osservare una vacanza di almeno sei mesi145.
Scrivano
Anche lo Scrivano era eletto dai Governatori, scegliendo tra persone idonee e con la possibilità di «rafferma» ad opera degli stessi Governatori «se parrà di benefitio pubblico». La normazione statutaria prevedeva che lo Scrivano avesse il compito di «tenere cura de libri del nostro Comune», e proponeva una precisa elencazione: 1) un libro era utilizzato per la registrazione dei «decreti e partiti»; 2) un libro serviva per le imposte effettuate dai Governatori; 3) un libro conteneva «l'accuse et punti ed altre entrate minute», ovvero le piccole contravvenzioni e le spese di persone che effettuavano servizi per il Comune; 4) un libro era tenuto per la segnatura delle «colte», ovvero delle tassazioni che si imputavano per due terzi all'estimo e per un terzo alle «teste»; 5) un libro aveva ad oggetto le riscossioni dei pagamenti del sale, che veniva fornito obbligatoriamente dalla Repubblica a tutte le «bocche», secondo quantità prefissate146.
Stimatori e Terminatori delle differenze
Tra le altre cariche comunali è da porre in evidenza quella degli Stimatori e Terminatori delle differenze, eletti annualmente in numero di due, con l'incarico di dirimere le vertenze che potevano sorgere per la definizione dei confini delle singole proprietà, particolarmente all'interno del Comune di Bolognana. Per questioni con altri Comuni o con territori di altri Stati limitrofi, la competenza era di spettanza della Vicaria o, per le situazioni più ampie, dell'apposito Offizio funzionante in Lucca147.
Il rispetto verso la religione è puntualizzato in una serie di norme molto particolareggiate: S. Alessandra, patrona della comunità insieme a S. Ginese, «avvocato nostro», appare in primo piano e per la sua festa non si doveva lavorare, così come per altre festività comandate, essendo prevista per i contravventori una pena di due lire e mezza. Vi erano delle eccezioni, ma solamente per situazioni straordinarie nelle quali poteva prevedersi un qualche danno ai raccolti nei campi148. Alla sera della vigilia della festa di S. Alessandra si svolgeva in Bolognana una «luminaria», alla quale erano tenuti a partecipare tutti i capi di famiglia149. I giorni festivi erano descritti con molta precisione: si doveva rispettare la festa il giorno dopo l'Ascensione, per S. Antonio di gennaio e quello di giugno, per S. Bastiano, per S. Doroteo, per Santa Margherita, per S. Pellegrino, per S. Maria della Neve, per S. Rocco e per S. Marco. Si faceva festa il primo giugno «poiché per quanto s'è inteso dalli nostri antecessori venne in tal giorno anticamente una tempesta grandissima di granaiola, che non si raccolse frutti alcuni, o pochi»150. Per S. Marco, al mattino, aveva luogo una processione che partiva dalla chiesa parrocchiale, andava al confine con Gallicano, ove l'Offiziale faceva l'appello dei presenti, multando gli assenti ingiustificati, per poi tornare alla chiesa151. Per le «rogazioni» si andava processionalmente per tre giorni consecutivi: il primo giorno, partendo dalla chiesa, ci si dirigeva verso Cardoso, fino al «Crociale de Filettori», ove si faceva la «richiesta» dei presenti, quindi si rientrava per arrivare a Val del Prodo ed alla chiesa; il secondo giorno, sempre partendo dalla chiesa, si andava al «Canale di Diafico» e, fatta la «richiesta», si rientrava passando dalla capanna di prete Benedetto da Verni, per la via del «Campo alla selva», dal «Col delle Vigne», dall'immagine di S. Rocco, per giungere alla chiesa; il terzo giorno, si passava per Bolognana per il «Molinetto», sino a raggiungere la «Rossola» e qui, fatta la «richiesta» da parte dell'«Offitiale», si ritornava a Bolognana152. Tra le festività civili aveva un ruolo preminente la festa della «Libertà», che aveva luogo nella prima domenica dopo Pasqua e che si realizzava con una messa cantata, celebrata a spese del Comune e, come vedremo, con manifestazioni pirotecniche153.
I problemi che si evidenziavano in una piccola comunità rurale, quale il centro di Bolognana, erano prevalentemente legati alla situazione dell'ambiente: gli uomini della Comunità, pertanto, si preoccupavano di ben custodire i boschi, di proteggere le coltivazioni, di garantire e rendere sempre funzionali ed agibili i pascoli, di assicurare alcune elementari norme di carattere igienico, attuando in tal modo una politica di equilibrio ecologico sostanzialmente positiva. II bosco del Castellaccio Antico veniva vigilato attentamente dal Comune e nessuno poteva andarvi a tagliar legna se non voleva incorrere nella multa di quindici lire: si tratta di una imposizione piuttosto alta. Le stesse pene erano imposte a coloro i quali erano sorpresi a far legname, «eccetto pruni per far sciepe o parete», nelle Cerrette delle Calde e nelle Calde di Ficinea, poste al confine con Gallicano e Vallico154. Era vietato tagliare legname «in quel d'altrui», pur notandosi che «il legname secco si possi pigliare liberamente, eccetto ciocche di castagno»155, così come non si poteva «tagliar vetrici eccetto che per far canestro et legar vite» nella piaggia comunale, sotto pena di mezzo scudo156, così come non si poteva andare a raccogliere le fronde che servivano per fare i castagnacci prima del giorno di S. Rocco157, così come non era possibile «fare frasche di castagno, di pioppo, ne di frasso per fare vercigli in quel d'altrui, ne pampini di vite per fino a fatto la vendemmia», essendo prevista un'ammenda di due lire158. Chi era colto a far danno a «frutti di qualsivoglia sorte», come le mele, le pere, le ciliege, l'uva, i fichi e altre frutta, veniva condannato a pagare quindici bolognini, se si trattava di persona del Comune; qualora fosse uno straniero la somma saliva a due lire, da raddoppiarsi in caso di infrazione compiuta in tempo notturno159. Non si potevano raccogliere le fronde di gelso nella proprietà di altri, a meno che non si volesse incorrere nella pena di quattro lire e chi fosse accusato, perché sorpreso «a cogliere di altri fronde nelli mesi d'agosto et settembre et ottobre, cada in pena di bolognini quindici»160.
Aspetti urbanistici
Il problema del rispetto di alcune norme igieniche viene affrontato nel Capitolo riguardante la «fontana», precisandosi che «non si possa fare sporcizie a torno vicini a braccia 6, ne lavare cose sporche, ne anche pigliar acqua con paiuoli ne altri vasi schifi», sotto pena di quattro lire per ogni infrazione161.
Un argomento di notevole interesse era rappresentato dai pascoli, ai quali si dedicano non poche disposizioni statutarie, definendo assai particolarmente le singole situazioni oggettive. Non si poteva portare a «pastorare» le proprie bestie «vaccine, muline, asinine, cavalline o pecorine» nelle proprietà di altri, senza esplicita licenza del proprietario162. Durante gli spostamenti non si potevano tenere gli agnelli dietro alle bestie, poiché risultava più facile procurare dei danni e bisognava curare che i piccoli fossero inglobati nel branco163. Vi erano inoltre alcuni divieti legati alla raccolta: non si potevano portare le bestie a pascolare nelle selve prima che si fosse esaurita la raccolta delle castagne; spettava all'«Offitiale» disporre i tempi per l'apertura delle selve, secondo un preciso ordine che prevedeva dapprima il Monte di Sotto, ovvero dai «poggioni in giù in confine del fiume», quindi gli altri poggi fino al Col delle Calde, infine le altre zone164. L'uso dei pascoli non era gratuito e gli abitanti del Comune che possedevano bestie erano tenuti a pagare ogni anno, nella colta di marzo, sei quattrini per ogni bestia vaccina e due quattrini per ogni bestia pecorina165. Pene maggiori erano imposte alle bestie forestiere che fossero trovate nel territorio di Bolognana a «pasturare»: quattro lire per le bestie vaccine ed una lira per quelle pecorine e caprine. Eccezioni erano fatte per quel bestiame che si trovava in transumanza, di passaggio per andare o tornare dalla Maremma166. Una particolare disciplina regolava inoltre la «vicenda» dei porci e la presenza di questi animali nelle selve167.
CARDOSO
Una Statuizione assai ampia e completa è giunta a noi relativamente alla Comunità di Cardoso, un centro che in epoca repubblicana risultava popoloso e molto vivace: un primo Statuto pervenutosi porta la data del 1617 e consta di ben 67 capitoli, mentre di appena 6 capitoli è costituita l'aggiunta del 1708168.
L'aspetto amministrativo in senso ampio relativo alla Comunità, comprendente gli organismi deliberativi e di Governo è risolto con l'introduzione di un unico grande organismo al quale sono demandate funzioni deliberative e governative. Non si rileva, infatti, come di contro si ritrova presso altre Comunità della Repubblica, la presenza di un numero ristretto di Governatori, così che l'entità presentata con il nome di Parlamento, assume talora alternativamente la denominazione di Consiglio, talora quella di Governo. Presso altre Comunità a questi tre termini corrispondevano tre diverse realtà, mentre a Cardoso tutti e tre stanno a significare la medesima istituzione169. Il Parlamento, da ora utilizziamo solo questo termine che essendo nell'accezione più ampia appare onnicomprensivo, si componeva di venticinque o trenta uomini e rimaneva in carica per sei mesi. La scelta dei consiglieri avveniva tuttavia per un periodo annuale: si sceglievano cinquanta o sessanta uomini aventi i requisiti idonei e si componevano due liste, la prima avrebbe svolto il compito per i primi sei mesi, la seconda per i secondi sei mesi. I consiglieri erano scelti tra gli uomini «originali e nativi», preferibilmente capi di famiglia e possibilmente con il padre già consigliere. Vi erano delle incompatibilità e doveva evitarsi che nella stessa lista si trovassero padre e figlio, due fratelli o più di tre persone della stessa casata. In caso di morte di uno dei consiglieri, per surrogazione subentrava il figlio maggiore di 18 anni, se c'era, ovvero un fratello, ovvero una persona scelta dal Comune. Tutti i consiglieri dopo sei mesi di attività dovevano vacare dalla carica per almeno un anno. La convocazione del Parlamento di Cardoso avveniva per opera degli Offiziali i quali provvedevano a far suonare la campana per «un ottavo di ora» con una aggiunta di sei o di otto tocchi bene distinti. Gli uomini, così avvisati, dovevano recarsi alla Casa del Comune ove l'Offiziale faceva l'appello dei presenti avvertendo tutti di lasciare qualsiasi tipo di arma fuori della porta170. Nella seduta di insediamento del Parlamento tutti i consiglieri erano tenuti a prestare giuramento, toccando corporalmente le scritture, «che per Dio vero e per li suoi Santi Evangelii, con tutto lor potere e buona fede governeranno, consiglieranno a utilità publica e bene universale, senza havere rispetto ad amicizia, inimicizia, parentado, amore, timore né a qualsivoglia altro rispetto e affetto»: tale cerimonia si ripeteva, quindi, ogni sei mesi171. Nelle sedute ordinarie, dopo che l'Offiziale aveva effettuato la «richiesta» con l'ausilio dello Scrivano che «puntava» gli assenti, si chiudeva la porta e gli assenti ingiustificati erano tenuti a pagare una penale di quattro bolognini per ciascuno e ciascuna volta172. Le eventuali surrogazioni per infermità o morte dovevano avvenire, secondo le procedure sopra esposte, per opera degli Offiziali173. Nel Parlamento si poteva parlare solamente degli argomenti previsti all'ordine del giorno e che erano presentati di volta in volta dagli Offiziali; fatta in tal modo la «proposta», i consiglieri che lo avessero ritenuto opportuno potevano salire «in aringhiera» ed esprimere il proprio parere. Successivamente si passava ai voti utilizzando le «pallotte» ed i «bussoli» ed il «partito» si considerava vinto quando avevano votato a favore almeno due terzi dei consiglieri presenti174. Non sempre tuttavia la discussione si svolgeva seguendo i temi presentati con la proposta, poiché alcuni confondevano i «negozi» e consigliavano fuori delle giuste linee; in questi casi ogni inosservante era multato di sei bolognini per ogni volta175. Talora durante le riunioni parlamentari poteva accadere di dover affrontare argomenti relativi agli stessi consiglieri ovvero a loro parenti o congiunti: la normazione prevedeva che i consiglieri che si fossero trovati in tali condizioni, dopo aver espresso il loro parere, avrebbero dovuto abbandonare il luogo di riunione e rimanere «all'osservanza fino alla conclusione della pratica»176.
Si è detto come presso la Comunità di Cardoso non fosse prevista la carica di Governatore e come alcuni incarichi ricadessero sul Parlamento; altre funzioni, tuttavia, furono assegnate agli Offiziali i quali si trovavano in tal modo a svolgere una funzione più ampia di quella tradizionalmente attribuita a questa figura. Gli Offiziali erano in numero di due, rimanevano in carica per il periodo di tre mesi e tra i loro compiti vi era quello di «riscuotere le colte et il sale e far le richieste a morti, alle processioni, luminare e fare appuntare tutti quelli che mancassero nel Comune e per lo Scrivano»; dovevano svolgere il loro lavoro con molta attenzione e ricevevano per loro salario complessivo la somma di due scudi per ciascuno177.
Un'altra carica di rilievo all'interno della Comunità era rappresentata dai Sindici i quali, in numero di due, rimanevano in attività per sei mesi ed avevano autorità e cura di «comparire avanti ogni Magistrato tante volte quanto sarà di bisogno il detto Comune difendere, agere e causare e fare ogni atto tanto in giudizio quanto fuore come potrebbe tutto il Comune, et ancora habbiano carico di denunziare tutti i malefizii ove fosse sangue e se accadesse che andasseno a Gallicano per esercitare il loro Offizio habbiano per loro salario ogni giorno soldi sei»178. Si tratta di una funzione che si esplicava particolarmente verso l'esterno della Comunità, con responsabilità assai elevate nei confronti di tutta la popolazione.
Ambasciatori
Accanto ai Sindici, che avevano come si è notato competenze ben definite, operavano gli Ambasciatori: ogni anno nel mese di dicembre il Parlamento provvedeva all'elezione di dieci uomini «da bene e di qualche reputazione e da dire bene il concetto loro e spiegar bene l'ambasciata» ed ogni volta che si fosse presentata la necessità di far ascoltare esternamente la voce della Comunità si provvedeva all'estrazione a sorte di uno di essi. Gli Ambasciatori non potevano rinunciare all'incarico, a meno che non vi fosse una giusta causa e ricevevano per i loro spostamenti un adeguato rimborso di spese dovendosi spostare sia a piedi, sia a cavallo179.
Una composita commissione formata dall'Offizio dei Sei Imponitori della Colta, dagli Offiziali, dai Sindici, entro otto giorni del loro insediamento, aveva il compito di nominare un Guardiano, ovvero più Guardiani, a seconda delle necessità; il loro compito consisteva nell'andare ogni giorno per il territorio di Cardoso e denunciare coloro che procuravano danni. I Guardiani per la delicatezza delle loro funzioni erano tenuti a prestare giuramento di bene e onestamente svolgere il loro lavoro, al momento della loro elezione, davanti ai Sei Imponitori ed agli Offiziali180.
Stimatori e Terminatori
Spettava agli Offiziali provvedere ogni tre mesi all'elezione di tre Stimatori e Terminatori aventi l'incarico di effettuare le stime e di stabilire l'esattezza dei termini di confine delle singole proprietà terriere e di dirimere le possibili e non infrequenti dispute per discrepanze di opinioni in proposito181.
«Perché è cosa ragionevole che le scritture del Comune siano conservate e custodite diligentemente però ordinate» il Parlamento di Cardoso era tenuto ad eleggere annualmente «un huomo da bene» al quale era assegnato il compito di effettuare le registrazioni delle Colte, di emettere i mandati, di fare gli appelli nei consigli e di segnare gli assenti, di registrare le proposte presentate in Parlamento e le deliberazioni ottenute. Lo Scrivano era tenuto a conservare presso di sé «tutti i libbri e scritture pubbliche del Comune»: l'estrazione di documenti poteva avvenire solamente con espressa licenza degli offiziali e dei Sei Imponitori. Al termine del suo mandato effettuava la consegna della documentazione archivistica nelle mani del suo successore in presenza degli Offiziali e solamente dopo tale atto aveva diritto alla riscossione del suo salario ammontante a due scudi a Colta, per un totale di otto scudi annuali182.
Maestro di Scuola
Ben più elevato era il salario del Maestro di Scuola, un incarico di notevole rilievo «atteso che le virtù sono il fondamento e la guida di tutte le cose, acciò che per l'avvenire vi sia causa che li nostri figliuoli imparino qualche virtù e buon costume»; la nomina, era annuale ma si prevedeva una tacita conferma nel caso che la persona fosse stata «idonea e buona» e indicava una assegnazione annuale di ben 24 scudi da parte del Comune, mentre le famiglie interessate avrebbero dovuto intervenire per eventuali ulteriori somme necessarie183.
Predicatore
Una maggiore considerazione godeva il Predicatore che, eletto per le feste quaresimali, riceveva dal Comune, a titolo di sua elemosina, la somma non certamente minimale di dodici scudi, presi dalla Colta precedente «acciò non se ne faccia patire il predicatore a suo tempo quando si ha da partire»184.
Offizi particolari
Tra gli Offizi particolari, aventi specifiche funzioni all'interno della Comunità, deve essere ricordato l'Offizio sopra l'acque, composto di tre uomini con autorità e facoltà «di poter mandare e far mandare tutte l'acque che corressero per le strade»185 e l'Offizio della Colta, istituito «acciò che più diligentemente si governino l'entrate e l'uscite del Comune» e composto da Sei uomini scelti tra persone di almeno 24 anni di età, con «facoltà et autorità di fare cose utili» e necessarie per il detto Comune186. Una norma generale riguardante gli Offizi era quella che determinava l'obbligo di tutti gli eletti di accettare e di esercitare personalmente i compiti affidati, salvo che si potessero produrre giustificati motivi che consentivano di addivenire ad una rinuncia: in caso contrario, chi non rispettava la norma era tenuto a pagare una penale di uno scudo d'oro187.
Non molto ampio risulta lo spazio dedicato agli obblighi sociali e religiosi, limitandosi lo Statuto a sanzionare l'impegno di tutti a rispettare i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa e dalle tradizioni locali e non lavorare «né far esercizio alcuno lavorativo con la persona o con bestie», essendo prevista una pena per gli inosservanti di due lire. Questa norma aveva valore anche nei riguardi dei forestieri abitanti nel Comune di Cardoso e che vi avessero beni lavorativi188. Un secondo aspetto consisteva nella imposizione per la quale «essendo opera cristiana honorare il culto divino, uno uomo per ogni casa era tenuto ad andare alle luminarie, alle processioni ordinarie, alle litanie e ad accompagnare i morti alla chiesa» alla pena, per i mancanti, di cinque bolognini. Ogni volta l'Offiziale effettuava la «richiesta» ed appuntava gli assenti189.
Il territorio era oggetto di molte attenzioni le quali, come in seguito vedremo, si riferivano più particolarmente alle zone esterne che al centro abitato: non mancano, tuttavia, disposizioni di interesse urbanistico, tendenti a regolamentare aspetti di vita nella prospettiva di un migliore livello per una società che, sia pur prevalentemente e quasi esclusivamente rurale, aveva nel «paese» il centro direzionale operativo. Così come in altre Comunità, non era lecito tenere nelle case di abitazione, nelle quali solitamente si accendevano i fuochi per le quotidiane esigenze, «paglia, fieno et altro strame» oltre una quantità minima, al fine di evitare il pericolo sempre imminente di incendi190; era vietato altresì mettere o gettare sassi di qualsiasi genere per le strade e vie pubbliche, sia nella parte sterrata sia nelle zone delimitanti, così come vi era l'obbligo per tutti coloro che avevano beni confinanti con le vie pubbliche di «rimondare le scepi che pendono dritto al suo sopra le strade, in modo che non diano danno né impaccio»191. A proposito delle vie, la normazione seicentesca si sofferma a stabilire la loro ampiezza in almeno tre braccia «acciò per quelle comodamente si possa andare», consentendo di ridurre quelle aventi dimensioni maggiori, sempre che non si scendesse sotto le suddette dimensioni, con pena di tre scudi per il trasgressore. È evidente come da parte dei proprietari confinanti con la via pubblica vi fosse interesse a ridurre le dimensioni del tracciato per poter ampliare, sia pur di poco, le proprietà private192. Spettava agli Offiziali di effettuare periodicamente i controlli circa le condizioni nelle quali si trovavano le strade pubbliche: in caso di necessità di interventi, tutti gli uomini maggiori di sedici anni erano tenuti a prestare la lor opera e ad «andare a comodare e conciare quella strada che da detti Offiziali verrà ordinato», essendo prevista una penale di dieci bolognini per coloro che non vi andavano193. Il rispetto per i beni pubblici era un principio insito nella cultura di queste popolazioni ed era tassativamente vietata l'occupazione o la manomissione a pena di due scudi per ogni inosservante194; tale norma si riferiva evidentemente sia ai beni urbani sia quelli extra urbani per i quali, in seguito, daremo in proposito più analitiche e particolareggiate informazioni. Un tema di concreto interesse era costituito dalla gestione delle fontane delle quali Cardoso risultava assai ricco: vi era quella di Piazza S. Rocco, quella della Porta Calda, quella della Foce, quella di Bolognana, quella detta 'a Pozzi da Colli e quella della Grabbia. Non vi si poteva lavare «pannitella, herbe o altra bruttura» e neppure si potevano usare per abbeverare le bestie; questa ultima operazione, in verità, era ammessa per quella di Bolognana e per quelle indicate come «fuori della Porta Calda» e «alla Foce». Le infrazioni comportavano una multa di dieci bolognini, nel complesso una cifra non molto rilevante in rapporto ad altre omissioni195.
L'attenzione maggiore, come sopra è stato accennato, era rivolta al territorio non urbanizzato in riferimento al duplice aspetto della gestione dell'agricoltura e dell'allevamento e cura del bestiame. La vendemmia poteva aver luogo solamente dopo che il Parlamento di Cardoso si fosse espresso con propria delibera, dichiarando «rotta» la limitazione ad operare: la dichiarazione doveva aver luogo prima del quindici settembre; la pena per i trasgressori era di uno scudo196. Naturalmente, la Comunità proteggeva con precise leggi le vigne, affinché i prodotti non subissero danni; così dal primo marzo sino a che la vendemmia non si fosse conclusa nessuna persona poteva entrare nelle vigne altrui, così come fuori dei tempi non poteva portar via uva neppure dalle proprie vigne197; i cani dovevano essere tenuti legati dal primo settembre fino alla conclusione della vendemmia ed il padrone inosservante avrebbe dovuto pagare mezzo scudo se l'animale fosse stato trovato libero di giorno ed uno scudo se il fatto era avvenuto di notte198. La vite era protetta principalmente come pianta e chi arrecava danni «in tagliare e guastare capi di viti fresche o pippi» incorreva in una multa di dieci bolognini199. Se il danno a vigne, ulivi e lupini veniva arrecato da animali l'infrazione comportava la refusione di dieci bolognini per ogni bestia grossa e di tre bolognini per ogni bestia minuta; ma se «il danno sarà fatto con e dalle persone tanto del Comune quanto in esso habitanti, a segare herbe, a pigliare uve o in qualsivoglia altro modo» la pena era di dieci bolognini per ciascuna volta200. «Per mantenere l'abbondanza» del Comune di Cardoso ogni persona di qualsiasi condizione era tenuta a seminare sul proprio terreno almeno una quarra di fave a pena di una lira per ogni anno201. Gli orti rappresentavano una fonte estremamente utile per il sostentamento quotidiano della popolazione e la normazione stabiliva una sanzione di quindici bolognini da imporsi a coloro che erano stati scoperti a procurare danneggiamenti durante il giorno e di trenta bolognini per chi era stato visto far danni di notte202. Era tassativamente vietato scuotere le olive prima del 15 febbraio e si prevedeva per gli inosservati la pena di uno scudo; la pena di venticinque bolognini era imposta a coloro che procuravano danni agli oliveti durante il giorno e di uno scudo durante la notte203. Il legname costituiva una materia prima di fondamentale importanza e doveva essere protetto con la massima cura: la normazione seicentesca di Cardoso riporta molte disposizioni atte a regolamentare la gestione delle selve e dei boschi, al fine di non creare squilibri e di conservare il patrimonio per le esigenze delle popolazioni. Ci limiteremo ad indicare «divieti» di maggior rilievo. In certi momenti dell'anno e in particolare tre giorni dopo la festa di S. Lorenzo era vietato andare a fare fronde di castagno per fare i «castagnacci» raccogliendole in selve altrui204, era vietato «sboscare boschi alcuni per far debbi o fornaci» nei luoghi comunali senza espressa licenza del Comune205; era vietato tagliare cerri, querce o rami di queste piante esistenti sopra beni comunali, mentre vi era la possibilità di effettuare tagli solamente per fare cerchi da botte o tino206; era vietato portar via calocchie, forcati dalle proprietà altrui, così come nessuno poteva tagliare nei predetti luoghi alberi o rami in genere207; era vietato tagliare piante selvatiche sui terreni comunali per farne ceppaie e neppure per portare il legname fuori dal territorio di Cardoso208; era vietato fare la «ruspa» delle castagne nelle selve altrui prima che il padrone vi avesse rastrellato, mentre ai forestieri la «ruspa» era vietata in qualsiasi tempo e momento dell'anno209. Vi erano delle zone nelle quali era espressamente proibito tagliare legname di qualsiasi tipo: nella costa chiamata «del Bertolo», nella costa della Polla dentro i confini delle selve di Fiaccene e nella via e nella selva della Calda210, mentre era concessa licenza agli abitanti di Cardoso di far legna e ceppaie per loro uso in varie località quali «Al Monte», «in Fiaccene» di sopra, cominciando dal Colle Fornile e dai Piaggioni, da mezzo in su fino al confine di «Valico» e Gallicano e dalla Torrite in là, verso S. Romano e Motroni211. I proprietari dei terreni posti in zone di confine del Comune di Cardoso con i Comuni di Vallico di Sopra, Vallico di Sotto e Gallicano erano obbligati a lavorare con cura tali terreni, mantenendoli disboscati e bene individuabili; in caso contrario il Comune acquisiva il diritto di prenderne possesso togliendoli ai legittimi proprietari i quali venivano ad essere del tutto estromessi212.
Vicenda dei porci
L'allevamento del bestiame, come si è accennato, era un altro aspetto di estremo rilievo della vita contadina ed anche i Capitoli di Cardoso non mancano di porre in evidenza alcuni aspetti tendenti a regolamentare tale materia. Così come presso altre Comunità, uno dei problemi più impegnativi era rappresentato dalla cosiddetta vicenda dei porci, gestita dalla Comunità e retta da un Guardiano. Ogni proprietario di porci doveva pagare per tale servizio nella colta di ottobre, novembre e dicembre sei quattrini per ogni capo; se invece non intendeva mandarli in vicenda era obbligato a tenerli sotto rigido controllo, evitando di farli uscire per le strade, a pena di dieci bolognini per ogni porco e per ciascuna volta213.
Dalla metà del mese di settembre alla metà di novembre nessun abitante di Cardoso poteva condurre al pascolo nelle selve del territorio comunale animali sia grossi che minuti. Terminato il tempo della raccolta delle castagne tale vincolo decadeva e veniva concessa autorizzazione in deroga a tale principio214. Era stabilito inoltre che non si poteva mandare bestiame, sia grosso, sia minuto, nelle «tagliate» alla pena di uno scudo per le vacche degli abitanti di Cardoso e di due scudi per quelle di forestieri; le pecore del paese pagavano dieci bolognini di multa e quelle forestiere venti. Una pena di tre scudi era imposta a coloro che vi arrecavano danno di persona, raddoppiata per i forestieri. La «tagliata», superato un certo periodo non inferiore ai cinque anni, veniva regolata attraverso una diversa e meno rigida normazione215. Il pascolo era vietato inoltre nella zona detta «dell'Olivetto» o «dell'Oliveto» compresa tra «le Grotte attorno, attorno di Loppiaia, addrizzando alla Vigna di Nicolao di Ambrogio, et alle Grotte di Lungapenna, insino al Colletto del Colle, addrizzando alle Capanne da Colle, insino alle Grotte di Loppiaia». Le penalità venivano imposte con gradazioni, valutandosi il territorio e l'esistenza o meno di coltivazioni216. Un'altra zona protetta era individuata «nelle Prada del Monte»: qui era assolutamente vietato far andare al pascolo qualsiasi tipo di bestia dal primo aprile fino a metà agosto di ogni anno. Le pene, tuttavia, erano assai inferiori in rapporto con quelle stabilite per altri ambiti territoriali217.
Un capitolo apposito puntualizzava ancora di più il divieto di pascolo di bestiame forestiero, sia grosso sia minuto, nel territorio di Cardoso, con esclusione di quelle che vi si trovassero per «transito»; le pene imposte erano di dieci bolognini per bestia grossa e di cinque bolognini per bestia minuta. Se fossero stati arrecati danni il proprietario degli animali era tenuto anche alla refusione dell'importo corrispettivo218. Si è osservato più volte come le pene per i forestieri fossero solitamente il doppio di quelle degli abitanti. Lo Statuto si occupava ripetutamente di tale categoria di persone stabilendo precise penalità per coloro che avessero arrecato danni particolarmente alle coltivazioni, alle selve ed ai boschi219; pene diverse erano imposte ai forestieri che avessero dato danno con bestie220. È da precisarsi che i tramutanti o i forestieri che volevano venire ad abitare nel Comune di Cardoso dovevano essere accettati dal Parlamento a seguito di esplicita deliberazione, erano tenuti a versare dieci scudi d'argento di 75 bolognini a scudo e si impegnavano a pagare le tasse221. Il pagamento delle tasse era indubbiamente un fatto di notevole rilievo per coloro che desideravano appartenere alla Comunità di Cardoso la quale aveva inserito nella propria normazione la regolamentazione per l'acquisizione della nuova condizione, ovvero per ottenere la delibera di accettazione da parte del Parlamento: il primo passo dello straniero che richiedeva la nuova «cittadinanza» era rappresentato dal pagamento di una tassa di quindici ducati nelle mani dell'Offiziale e, quindi, della presentazione di una supplica diretta al Parlamento della Comunità. Era compito degli Offiziali darne lettura nel Generale Parlamento: se almeno due terzi dei consiglieri avessero votato positivamente, la delibera avrebbe avuto corso e i quindici scudi sarebbero stati incamerati. Qualora non fosse stato raggiunto il quorum, il supplicante aveva diritto ad una prova d'appello, con una nuova votazione da richiedersi in un altro giorno. In caso di ulteriore esito negativo, la supplica veniva respinta e la somma suddetta era restituita a chi l'aveva prodotta222.
Per coloro che non effettuavano il pagamento delle tasse, sia di quelle dipendenti dalle teste, sia di quelle d'estimo, sia per coloro che a qualsiasi titolo erano debitori nei riguardi della Comunità, incombeva il pericolo del sequestro dei beni mobili e immobili e della loro vendita sulla Piazza di S. Rocco di Cardoso sempre con possibilità di riscatto da parte dei proprietari per un periodo sino a dieci giorni per i beni mobili e sino a un anno per quelli immobili; trascorsi tali termini le vendite dovevano essere considerate ratificate223.
Tra le tasse che venivano imposte su tutto il territorio aveva una notevole importanza per la sua capillarità quella sul sale, che era imposta a tutte le persone di qualsiasi grado, sesso e condizione; l'e$tà non aveva rilevanza poiché questa tassa gravava su tutte le bocche degli «originarii». Si trattava dell'unica imposizione di questo tipo poiché per le altre tasse ne erano gravati tutti gli uomini dai sedici anni compiuti: era questa, infatti, l'età per l'acquisizione dei diritti civili e per il rispetto degli oneri sociali224.
L'attività dei comunitativi tendeva anche a ricoprire determinati servizi utili per lo svolgimento della vita: l'assegnazione di alcuni di questi compiti era effettuata con il sistema del pubblico incanto. Chi vinceva l'asta era tenuto a prestare un idoneo garante; qualora questi non fosse accettato, doveva procedersi ad una nuova assegnazione. L'incanto aveva effetto solamente dopo che il Comune aveva ratificato la persona del «pagatore». Di contro, in caso di rinuncia della persona che aveva vinto l'incanto, era prevista una penale di venti bolognini «e di più sia tenuto a pagare il danno che ne potesse venire al detto Comune per il suddetto incanto che andasse in meno pregio del primo»225.
Macello
Uno degli «incanti» di maggior rilievo era rappresentato dal macello: chi avesse vinto e prestato idoneo pagatore era tenuto a riscuotere da tutti coloro che volessero macellare bestie grosse, quali manzi, vacche, bovi e vitelli, dieci bolognini a capo, mentre per le bestie minute, rappresentate da pecore, capre, capretti, agnelli e simili avrebbe ricevuto tre bolognini a capo. I forestieri non potevano macellare senza espressa licenza del macellaro che avesse incantato il macello né potevano portare carne già macellata. Il controllo sarà effettuato dal vincitore dell'incanto226.
Mulini e frantoi
Anche i mulini e i frantoi rientravano tra gli incanti di estremo interesse per la vita comunitativa e per questi si trova una minuta ed ampissima normazione che regola anche nei più piccoli particolari la gestione di queste attività. Le operazioni dovevano essere effettuate esclusivamente nel territorio di Cardoso e chi si recava oltre i confini per macinare incorreva in una multa di venti bolognini227. Tutte le entrate dei mulini e del frantoio di Cardoso erano ripartite tra le teste, ovvero tra i maggiori di sedici anni, con esclusione dei forestieri e dei tramutanti228.
Anche la pesca era incantata e il vincitore dell'asta era protetto da una norma che stabiliva una pena di dieci bolognini a colui che fosse stato sorpreso a pescare; la cifra saliva a uno scudo se la persona colta in flagrante fosse stato uno straniero. Le infrazioni compiute di notte comportavano il raddoppio della pena che, come molte delle altre, vedeva il ricavato suddiviso in tre parti e distribuito per un terzo all'accusatore, un terzo all'esecutore e un terzo al Comune229.
Piaggia e Barcho
In conclusione di questo esame della situazione relativa a Cardoso, giova osservare come tra le zone protette vi fosse l'Isola o Piaggia, per la quale l'incanto aveva una durata decennale, con l'impegno di lavorare e coltivare i gelsi e altri alberi. Gli interventi erano limitati a zone ben definite oltre i quali non era possibile zappare o compiere altri interventi. Nel caso che il fiume modificasse l'Isola togliendo alcune parti, diminuivano in rapporto anche gli impegni per coloro che avevano incantato questi terreni. Nel centro dell'Isola si trovava una strada che doveva essere di cinque braccia di larghezza e nessuno poteva diminuire tali dimensioni se non voleva incorrere nella pena di uno scudo230. Il problema della Piaggia e del Barcho si ritrova in una breve capitolazione modificativa ratificata dagli Anziani il 30 aprile 1708231 che riprende anche alcuni temi quali quello «del numero degli huomini sufficiente per validità de Partiti»232, quello delle modalità per l'imposizione della tassa per testa233, quello della «mercede» del'Offizio della Colta234, quello relativo al giuramento da darsi per ogni Colta235 e, infine, quello riguardante gli eredi di coloro che avevano debiti con il Comune236 ai quali si rinvia per eventuali ulteriori approfondimenti.
FIATTONE
Le nuove capitolazioni della Comunità di Fiattone furono approvate il giorno 19 agosto 1694 dal Consiglio di Comune con venticinque voti favorevoli e tre contrari. Gli articoli dello Statuto contenevano disposizioni che regolamentavano la vita comunitativa e, nel contempo, imponevano sanzioni di carattere pecuniario a coloro che non osservavano quanto disposto. Tali pene erano inappellabili «in niuna forma e in qualunque Tribunale ma deva e sia tenuto pagare l'infrascritte pene in mano di chi s'aspetta». Tali decreti furono approvati alla presenza di Federico Bernardini, Deputato237.
L'organo deliberativo di Fiattone era rappresentato da un consiglio che non viene terminologicamente individuato ma, genericamente, si parla di Adunanza ovvero di far Comune. Vi erano liste nominative che davano luogo ad una alternanza di persone ed era l'Offitiale ed i Governatori che regolavano le procedure di effettuazione delle sedute. Tra gli impegni vi era quello di controllare che gli aventi diritto non portassero armi nella stanza di riunione, di fare la «richiesta», appuntando e multando gli assenti ingiustificati con cinque bolognini per volta, di vietare l'accesso a coloro che non avevano il diritto di entrare238. Gli esclusi in assoluto erano i forestieri i quali non potevano partecipare alle riunioni, né potevano ricoprire incarichi quali quello di Governatore, di Offitiale o di Scrivano, a meno che non risultassero ivi residenti per almeno quattro generazioni e che non avessero provveduto al pagamento al Comune della somma di trenta scudi, accedendo così al godimento dei medesimi privilegi che spettavano ai paesani239. Il funzionamento delle riunioni prevedeva che le proposte in Consiglio dovessero essere fatte dai Governatori e che «quando saranno date fuori le palle per mandare il voto non sia lecito parlare l'uno con l'altro, alla pena di bolognini cinque per ciascheduna volta» e l'invalidazione della delibera, essendosi verificato «disordine e malizia»240. Il timore di un non regolare svolgimento delle sedute consiliari appare riemergere in una delibera del 1752 nella quale gli uomini di Fiattone, riuniti «per ovviare alli disordini delle adunanze del detto Comune per i quali più tosto un tumulto che un'adunanza può dirsi», stabilirono che dovesse essere preparata una Tabella contenente i nomi ed i cognomi degli aventi diritto ad intervenire. Poiché del Consiglio faceva parte un uomo per famiglia, doveva darsi la preferenza al capo di famiglia, ovvero al figlio «più capace e abile per il servizio pubblico», che doveva essere approvato. Fatta la richiesta dei presenti, il Cancelliere portava i «voti», ovvero le palle per la votazione e passava a raccoglierli al momento della espressione del voto, senza che nessuno si muovesse dal suo posto. Gli intervenuti dovevano occupare il posto nei banchi e discorrere non «tumultuariamente»; qualora un consigliere avesse avuto intenzione di parlare avrebbe dovuto andare allo «sgabello» e ivi stare per un tempo idoneo e i «delinquenti» che diversamente avessero parlato sarebbero incorsi in una multa di due lire e dieci soldi alla prima infrazione, di sette lire e dieci soldi alla seconda e alla terza e nella privazione di partecipare alle riunioni in caso di ulteriore recidività, a giudizio dei Governatori e dei Sindici. «Quelli che interromperanno o parleranno fuori del posto assegnato facendo strepito», incorrevano in una penale di una lira e dieci soldi, mentre gli assenti senza giusto motivo pagavano una multa di soli dieci soldi241.
Le funzioni governative erano assegnate ai Governatori i quali erano scelti tra persone idonee che avessero riconosciute capacità e «non siano persone diffamate come ladro o altro disonore pubblico in mano della giustizia palese»242. La scelta non era tuttavia sempre così semplice e ben riuscita, se nella citata deliberazione del 1752 si legge che «avendo osservato l'abuso nell'elezione de i Governatori, quali non più a scelta, a tenore del capitolo 7°, ma a sorte si eleggono, di dove ne nasce l'inconveniente che per il più restando il Governo a carico di persone che non sanno ne leggere, ne scrivere, siano poco capaci d'eseguire gl'ordini che danno i Magistrati Illustrissimi e gl'Illustrissimi Signori Commissari», rilevandosi un danno per la Comunità, fu deciso che ai Quattro Governatori, eletti annualmente, dovevano aggiungersi sei persone, scelte fra le più abili e capaci della Comunità, con il nome di Sindici, i quali, tutti assieme, dovevano curare gli interessi del Comune e far rispettare le norme statutarie e le decisioni che comparivano nei singoli decreti. Fu stabilito inoltre che tutte le materie da proporre al Consiglio della Comunità sarebbero state inammissibili se prima non fossero state sottoposte all'esame ed all'approvazione di questa Cura dei Governatori e dei Sindici243. I Governatori, in numero di quattro, rimanevano in carica per un trimestre ed erano tenuti a prestare giuramento al momento del rinvenimento di dannatori; erano scelti tra persone di età compresa tra i 18 ed i 75 anni. I Governatori si occupavano, tra l'altro, di far eseguire la manutenzione delle strade e di gestire tutto quanto concerneva le attività governative della Comunità244.
Abbiamo visto, poco sopra, come i Sindici avessero compiti strettamente legati con quelli dei Governatori, particolarmente dalla metà del diciottesimo secolo. Le loro funzioni in parte avevano una propria autonomia, in parte si attuavano sempre in stretto collegamento con i Governatori, dopo l'adozione della citata risoluzione. I Sindici dovevano «invigilare all'interesse economico della Comunità, assistere all'imposizione della Colta, garantire la certezza del diritto facendo valere le norme statutarie, far prestare il giuramento alle persone soggette. Assieme ai Governatori, ogni tre mesi dovevano procedere alla revisione della situazione delle strade ed al loro riassetto «levando dalle medesime le acque e ponendo le sue zanne»; essendo richiesti, erano tenuti ad interporsi per pace e quiete della Comunità per «aggiustare differenze di confini».
Scrivano all'Accuse
I Governatori e i Sindici dovevano inoltre nominare uno Scrivano dell'Accuse, scegliendo una persona «timorata di coscienza, sincera e segreta, con l'incarico di ricevere tutte le denunce per danno, segnando tutti gli elementi necessari, compreso il nome del dannatore245.
Camarlinghi
I Camarlinghi della Comunità avevano l'obbligo di procedere alle varie riscossioni e per garantire la propria solvibilità dovevano offrire un idoneo pagatore prima di ricevere in consegna la Bacchetta, ovvero il libro delle registrazioni, rispondendo personalmente di irregolarità o ammanchi. La normazione, indicando le somme che avrebbe dovuto percepire durante il suo ufficio dagli «inosservanti», trattando del Camarlingo fornisce una serie assai ampia di notizie attinenti alle differenti materie relative alla vita comunitativa: una lira era imposta a coloro che facevano sporcizie alla fontana, un bolognino ai pollami che facevano danno, uno scudo a chi vendemmiava prima del tempo stabilito, una lira e dieci soldi per i forestieri e i tramutanti per ogni Colta, ridotta a venticinque bolognini se si facevano segnare tra i soldati, sei bolognini a chi lasciasse uscire i porci nelle selve o nei prati di altri, due lire a chi faceva andare l'acqua nelle strade, tre lire a chi macellava clandestinamente, sette lire e dieci soldi da parte di coloro che volessero suppliche o mandati particolari, tre lire e dieci soldi a chi vendeva carne senza licenza, tre lire e quindici a coloro che occupavano abusivamente le strade, quindici bolognini, infine, dovevano essere versati da coloro che ricevevano in casa loro forestieri banditi o contumaci246.
Cancelliero e Sottoscrivano
Erano previste inoltre le cariche del Cancelliere e del Sottoscrivano: l'uno e l'altro erano scelti tra persone di coscienza e di buoni costumi, capaci di scrivere e di far di conto; dopo la loro nomina effettuata dalla Comunità, era necessaria la loro ratifica ad opera del Deputato ovvero di altra autorità equipollente e «il detto Offitio non possa durare più che tre anni senza nuova confermatione»247.
Il sistema di tassazione si realizzava attraverso l'imposizione delle Colte trimestrali, la gestione delle quali spettava ai Governatori per quanto atteneva alle fasi istruttorie e all'offitiale, per quanto riguardava la fase esecutiva, nel rispetto della sentenza emessa in data 19 aprile 1694 dall'Offitio dei Disordini248. Tra le modificazioni in materia di Colte è da ricordarsi quella assunta con la delibera del 26 aprile 1742, secondo la quale ai capi di famiglia era imposta trimestralmente la tassa di uno scudo, mentre per i maggiori di diciotto anni l'importo era di una lira e dieci soldi249.
È già stata rilevata la presenza, così come avveniva presso altre Comunità, di impegni relativi alla gestione del territorio: nella non troppo ampia normazione riguardante Fiattone si rilevano disposizioni riguardanti la fontana: nessuno vi poteva lavare panni o fare qualsiasi altra attività immonda. Per lavare i panni vi era una apposita «pila», mentre non si potevano fare sporcizie neppure nella «pila» riservata all'abbeveraggio degli animali250. Per quanto attiene alla manutenzione delle strade, alla quale poco sopra si è accennato, deve dirsi che vi era l'obbligo di intervenire per un uomo per famiglia, purché abile al lavoro, abitante nel Comune, mentre agli assenti era comminata una penale ammontante ad una lira. Coloro che «serreranno li scoli o leveranno le zanne per le strade» venivano puniti con una multa di una lira e dieci soldi, oltre all'obbligo di riaprire gli scoli. Di questi ultimi presso il Comune si teneva un apposito libro, affinché in qualsiasi momento si potessero controllare gli eventuali interventi abusivi251.
Anche a Fiattone vigeva il principio dell'assegnazione di beni o servizi al pubblico incanto. Colui che avesse vinto la gara doveva «dare pagaria buona et idonea, e possa fare incantare tanto il forestiero come il paesano purché il pagatore sia di detto Comune e sicuro et habbia effetti e beni in detto Comune e non in altro modo»252.
La gestione del territorio e la volontà di conservazione di determinati equilibri erano guidati da motivi fondamentali di sussistenza: vi erano dei controlli molto rigidi, nel tentativo di individuare coloro che arrecavano danni alle proprietà altrui sia con bestiame, sia personalmente. Non si poteva tagliare legna di castagno senza autorizzazione del padrone, non si potevano far fronde per fare i necci senza la debita licenza, non si potevano portare bestie grosse o minute a pascolare, con pene sempre maggiorate per i forestieri; era vietato cogliere foglie nelle selve altrui, così come era vietato tagliare erba in prati di altri o del Comune e come non si poteva tagliare «pruni o sciepe a qualsivoglia sorte di serratura pur che non impedisca la strada»; parimenti era vietato levare «palanche, traverse o colonne di alberi o di serratura di beni»253.
Il divieto di portare via legna nelle selve di castagno fu nuovamente riproposto con una deliberazione del 1750 nella quale si legge che si deve accusare «qualunque persona che vedessero far legna o forche intorno a castagni di detta Comunità»254; in materia di danni, procurati anche da bestiame vi era molta attenzione e in particolare si punivano con pene più elevate le infrazioni commesse da bestie forestiere255. La protezione per la campagna e per le coltivazioni in genere era ancora più decisa: si pensi alla regolamentazione della vendemmia, con tempi ben definiti e dai quali non era possibile derogare senza incappare in sostanziose penalità256, si pensi all'obbligo per ogni abitante di Fiattone avente terreni di fare un suo orto nei mesi di ottobre, maggio e giugno, piantando cavoli ed altre verdure, secondo l'uso del paese257. Sensibili pene pecuniarie erano imposte a chi danneggiava gli orti altrui258, a chi faceva erba, frasche di alberi e pampine nei campi, nelle vigne e nei prati di altri259, a chi prendeva qualsiasi tipo di albero, «sia salce o olivo»260, a chi fosse stato sorpreso a raccogliere foglie di gelso nei terreni di altri261, a chi danneggiava le frutta nei possedimenti di altre persone, sciupando o asportando «mela, susine, noci, nocelle, cerase, pesche, uva, fichi, castagne, ghiande, olivi, grani, panichi, migli, formentoni, fagioli, ceci, fave e qualunque frutto o legume» oppure «legna secche o verdi esistenti in qualsivoglia luogo particolare» oppure «sali, calocchie, traverse, colonne o altri legnami»262.
Divieti
I controlli ed i divieti si riferivano a varie materie riguardanti le coltivazioni e i beni esistenti in proprietà private e comunali: le disposizioni non mancavano mai di prevedere l'applicazione di una penale che, in base alla gravità del danno prodotto o dell'infrazione commessa, assumeva diversificate dimensioni263.
PERPOLI
A Perpoli il Consiglio della Comunità era composto da tutti gli uomini del paese maggiori di diciotto anni e si riuniva nella piazza; la convocazione era effettuata dall'Offitiale a seguito della sollecitazione dei Governatori. Il meccanismo della chiamata a Consiglio era rappresentato dal suono della campana «a distesa» per il tempo di un ottavo di ora «incirca», poi da quindici «chiocchi» e, infine, da una ripresa del suono della campana per un altro ottavo di ora. A conclusione di questa procedura, tutti gli uomini aventi diritto erano tenuti a recarsi al luogo convenuto ed ivi rimanere sino al termine delle attività. Gli Offitiali facevano la «richiesta» ed ogni assente ingiustificato cadeva nella pena di dieci bolognini; gli Offitiali, a loro volta, venivano puniti con una penale di due lire e mezza nel caso che avessero dimenticato di far suonare la campana264. All'inizio della riunione, ogni consigliere era tenuto a recitare, «palesemente o almeno mentalmente» una preghiera per «invocare l'aiuto divino et lo Spirito Santo, acciò con il suo santo aiuto ciascheduno venga illuminato di fare et dire tutto quello sia a benefitio universale di detto Comune, con spogliarsi da ogni affetto et interesse proprio». La prima proposta doveva essere avanzata da colui che aveva richiesto la convocazione del Consiglio: gli interventi dei consiglieri sulle singole proposte dovevano aver luogo «con humiltà et carità» e chi fosse intervenuto uscendo dal tema della proposta, ovvero si fosse espresso con parole ingiuriose o disoneste sarebbe incorso in una congrua penale. L'Offitiale aveva il compito di intervenire nel caso che le «parole ingiuriose si moltiplicassero con pericolo di nascere qualche disordine»265.
A completamento della funzione legislativa della Comunità si trovavano i Quattro Governatori sui quali incombevano le più importanti funzioni esecutive e amministrative: la loro elezione era effettuata ogni anno dal Consiglio della Comunità, composto in questa occasione da un uomo per ogni casa, esclusivamente il capofamiglia, a seguito di scrutinio a maggioranza di due terzi dei voti dei presenti. Nella prima riunione i Quattro Governatori erano tenuti a giurare nelle mani dell'offitiale di essere fedeli sudditi della Repubblica di Lucca e di «reggere et governare il Comune et huomini di Perpoli» rispettando gli impegni fondamentali del loro ufficio, quali l'imposizione delle Colte trimestrali, risolvendo le eventuali differenze di confine e placando le discordie all'interno del Comune, «per mettere pace et unione dove non fosse». Ogni Governatore, concluso l'incarico, doveva rispettare un periodo di vacazione di almeno tre anni. In caso di malattia, morte o «lontananza» di uno o più Governatori, spettava al Consiglio del Comune l'effettuazione della nomina degli eventuali surrogati: la non accettazione di un simile incarico comportava la multa di uno scudo. Nel numero dei quattro non potevano essere nominati contemporaneamente due o più fratelli, anche se non abitanti nella stessa casa266.
La nomina degli Offitiali avveniva attuando la scelta tra persone idonee e atte a questi incarichi, sempre che fossero di età tra i diciotto e i sessanta anni e che non fossero impediti da lecite cause. Molte erano le attività assegnate agli Offitiali; ricordiamo quella di fare le richieste alle litanie, alle processioni e ai funerali, quella della riscossione delle Colte trimestrali e della tassa sul sale, quella di recarsi a Gallicano in occasione dei Parlamenti svolgendo le funzioni che presso altre Comunità erano assegnate ai Sindici, senza alcun pagamento particolare o rimborso di spese. Il loro salario, per il tempo di permanenza previsto di sei mesi, era di cinque lire, ovvero di due lire e mezzo per ogni trimestre267.
I Quattro Governatori avevano la possibilità di scegliere degli uomini per andare a Lucca o in altro luogo per compiere servizi a vantaggio del Comune. A questi era assegnato un rimborso delle spese che assommava a due lire per giornata spesa per viaggi a Lucca o in zone equipollenti, mentre per andare a Gallicano la cifra era fissata in sei bolognini per ogni giorno. Una pena di mezzo scudo era imposta a chi avesse rinunciato all'incarico senza un giustificato motivo e a chi, pur effettuando la missione, si fosse comportato in maniera scorretta arrecando, per sua negligenza, qualche danno al Comune268.
Uno degli incarichi di maggior impegno era da individuarsi nello Scrivano che veniva eletto annualmente, nello stesso giorno della nomina dei Governatori, scegliendosi tra le persone più idonee del Comune. La nomina veniva fatta dal Consiglio su proposta degli Offitiali, con possibilità di riconferma anche per più anni e con un salario che veniva fissato dai Governatori. Lo Scrivano aveva l'obbligo di «tenere i conti in chiaro per il Comune e per i particolari» et servire fedelmente questo comporta la buona conoscenza, et imporre le colte et fare i libretti degli Offitiali et tutto quello occorre di fare et appuntare i mancanti alle richieste et notare accuse et ogni altra cosa necessaria» a pena di uno scudo in caso di inosservanza o trascuratezza269.
Di un certo rilievo, in considerazione anche della loro posizione all'interno dello Statuto, erano le norme che riguardavano gli impegni e gli obblighi morali e religiosi di ogni abitante di Perpoli. In primo luogo, per onorare «Dio et la Gloriosa Vergine Maria et tutti li Santi suoi» era assolutamente vietato lavorare nei giorni di festa sia personalmente, sia con animali270. Era vietato bestemmiare il nome di Dio e della Vergine Maria, così come i Santi, essendo prevista per ogni infrazione la pena di due lire271. Ogni capo di famiglia era obbligato ad andare e far andare tutti coloro che erano sotto la sua custodia, purché maggiori di diciotto anni, ad accompagnare i corpi morti fino alla sepoltura, attendendo la conclusione delle esequie. Un uomo per casa era tenuto ad essere presente alle litanie di S. Marco, alle rogazioni ed a partecipare alle processioni. In questo ultimo caso, l'Offitiale aveva l'obbligo di effettuare la richiesta dapprima sul sagrato, poi a metà del tragitto fissato per la processione. Tra i giorni festivi che erano riferibili solo alla Comunità di Perpoli, la normazione ricorda quello di S. Rocco e quello dei santi Fabiano e Sebastiano; in tali occasioni era assolutamente vietato lavorare. Nel giorno della prima domenica dopo Pasqua si festeggiava in tutto il territorio della Repubblica lucchese la festa della Libertà ottenuta dall'Imperatore Carlo IV di Boemia, togliendo Lucca dalla dominazione pisana: in Perpoli aveva luogo una grande processione alla quale dovevano intervenire tutti i maggiori di diciotto anni e le varie compagnie incappate; veniva inoltre celebrata una messa cantata, nella mattina, e ognuno doveva pregare Dio affinché conservasse la libertà. Gli assenti venivano multati272.
Anche a Perpoli non mancavano attenzioni assai vive nei riguardi della salvaguardia del territorio: le strade del Comune dovevano essere di almeno due braccia e mezzo di larghezza e dove erano più ampie vi era la possibilità di ridurle. Gli Officiali avevano l'incarico di controllare la condizione delle strade e di farle risistemare durante i mesi compresi tra aprile e settembre. Nel contempo era opportuno vigilare e controllare che nessuno vi procurasse danni: erano sempre gli Officiali che avevano questo compito. Non si dovevano gettare sassi sulle strade a meno che non si volesse incorrere nella penale di mezzo scudo, una cifra che doveva essere pagata anche da chi durante i lavori non sistemava bene la parte lastricata e da chi lasciava crescere, senza curarle adeguatamente, le siepi poste in confine con le strade. La stessa pena gravava su coloro che la mattina del Corpus Domini non facevano trovare ben nette e pulite le strade prospicienti alle loro proprietà, sulle quali avrebbe dovuto passare la processione con il SS. Sacramento273. Le fontane rappresentavano dei luoghi di estrema importanza per le loro funzioni igieniche e per una zona di quattro braccia tutto attorno ad esse non si poteva «lavorare cosa nessuna né panni o altra cosa habile a imbruttare o appuzzare l'acqua». Era possibile abbeverare le bestie solamente alle fontane appositamente deputate a tale funzione274. I beni comunali, in genere, venivano accuratamente protetti: nessuno poteva abusivamente appropriarsi di beni del Comune di Perpoli, nessuno poteva edificarvi case, capanne o altra entità, nessuno poteva piantare vigne, tagliare castagni o altri alberi di qualsiasi specie. Il controllo sui beni comunali spettava ai Governatori i quali, nel caso che avessero scoperto delle irregolarità, ovvero che qualcuno aveva occupato in qualche modo parte dei beni, dovevano farli ritornare al Comune, incamerando i miglioramenti. Assai elevata era la penale imposta agli «abusivi», assommando a venti scudi d'oro nel caso che si trattasse di «nativi» e di quaranta scudi d'oro qualora fossero dei forestieri275.
Escludendo i beni comunali, tutti gli altri beni immobili erano obbligati a pagare l'Estimo e tutte le altre gravezze che si ponevano sui beni «et li forestieri che non habitano in detto Comune et ivi hanno beni siano tenuti li loro salani pagare de frutti di quei beni a conto di quello che hanno a dare alli padroni»276.
Forestieri
Un problema di rilievo sociale era rappresentato da quei forestieri che erano andati ad abitare nel Comune di Perpoli, conducendo a pigione case o capanne, senza avere beni di entità tale da garantire loro una vita nei limiti previsti per gli altri abitanti; questi stranieri erano obbligati, per vivere, a creare disturbi e danni tanto al Comune quanto ai singoli particolari. Si vietò quindi l'arrivo di nuovi stranieri, a meno che non potessero dimostrare di essere in possesso e di condurre beni in misura tale che garantissero di «poterci viver sopra»277. I forestieri, come si è notato, erano soggetti ad una autonoma legislazione, differenziata da quella dei «nativi»: quanto sopra si è esposto non voleva significare la non ammissione dei forestieri nel territorio di Perpoli; era previsto il contrario, sia a seguito delle garanzie sopra indicate, sia purché, venendo a condurre possessioni, fossero pronti a pagare le tasse e a sopportare tutte le gravezze personali, quali l'obbligo di riaggiustare le strade obbedendo alle chiamate degli Offitiali. La regolamentazione stabilì tassazioni differenziate in base alle caratteristiche dei beni assunti per la loro conduzione278. Un capitolo apposito era dedicato alle accuse che venivano presentate dai forestieri in caso di danni subiti su beni di loro proprietà o da loro condotti, specificandosi le procedure e le operazioni burocratiche necessarie per il perfezionamento delle singole pratiche279.
La protezione della campagna e dei relativi prodotti era uno dei momenti di maggiore interesse e attenzione; non mancavano penalità assai decise per coloro che vi procuravano danni. Era punito chi veniva trovato a tagliare rami verdi di castagni nelle selve altrui, come era punito chi danneggiava ciocche di castagno o chi intagliava, svelgeva o sradicava alberi di castagno facendoli seccare. Le pene si raddoppiavano sempre se i danneggiatori erano forestieri, così come si raddoppiavano se le infrazioni erano commesse di notte; «item che nessuno possa fuori delli suoi proprii beni svelgere né sbucchiare piante di castagno, tanto salvatichi quanto domestici»280. Le selve erano un capitale troppo importante da difendere e da proteggere specialmente nel momento della raccolta delle castagne: da quando iniziavano a cadere fino al termine della raccolta nessun animale poteva entrare nelle selve comunali o di particolari a pena di sei quattrini per ogni bestia minuta, di dieci bolognini per ogni bestia grossa e cinque bolognini per porco; se gli animali arrecavano danni, oltre alla multa vi era anche l'obbligo della refusione del danno al proprietario del fondo281.
Pascoli
Era proibito il pascolo in genere alle bestie dei forestieri su terre comunali o di privati, sia che si trattasse di buoi, di vacche, di cavalle, di cavalli o di porci alla pena di tre bolognini per ogni bestia minuta, di dieci bolognini per ogni bestia grossa e di due scudi d'oro per il forestiere282.
Porci e capre
I porci erano tenuti in un'apposita vicenda gestita da un porcaio nominato dal Comune con uno stipendio determinato dal Comune. Chi non avesse mandato i suoi porci alla vicenda sarebbe incorso in una multa di cinque bolognini a porco. Qualora il porcaio avesse commesso qualche disattenzione o qualche irregolarità, sarebbe stato tenuto al pagamento di tutti quei porci che fossero mancati, con esclusione però di quelli che «fossero guasti da qualche fiera, di che deva presentare il segnale». Nel caso che un anno non fosse stato possibile istituire la vicenda, rimaneva valida la regola per la quale i padroni non potevano far uscire i porci dalla stalla alla pena di cinque bolognini per ogni porco e per ogni volta, pena da raddoppiarsi in tempo di raccolta delle castagne283. Era assolutamente vietato, sia agli «originari», sia ai forestieri di tenere «troie per figliare, né capre nel detto Comune alla pena quanto alle troie di mezzo scudo d'oro per ciascuna troia e per ogni volta et quanto alle capre di scudi quattro d'oro per ciascuno branco, dichiarandosi che il numero di venti capre almeno siano branco»284.
Hosteria
Un ultimo accenno merita l'Hosteria di Perpoli: il Comune provvedeva all'incanto di questo «provento» ed era tenuto a garantire una rendita concedendo al vincitore dell'asta la garanzia di una sicura privativa, così che era proibito «a tutti quelli del Comune di Perpoli et in quello habitante», con esclusione, ovviamente, di chi avrà acquisito l'entrata dell'Hosteria, di «alloggiare, dar mangiare, bere o vendere pane et vino o cibi cotti ad alcuno tanto del detto Comune quanto forestieri» alla pena di mezzo scudo d'oro per ogni persona e per ogni volta285.
VERNI
Il 7 marzo 1743 la Comunità di Verni decise di rinnovare i propri Capitoli affidando la responsabilità di tale operazione al caporale Rocco Benedetti, a Giovanni Grilli, a Giovanni Santini e a Giovanni di Pellegrino Benedetti, uomini della Comunità, con una delibera che ottenne ventidue voti positivi e otto negativi. I Capitoli furono ratificati dal Collegio degli Anziani il 30 giugno dello stesso anno286. La nuova normazione aggiuntiva ebbe caratteristiche di impostazione piuttosto sintetiche e fu disposta in 5 articoli, l'ultimo dei quali fu suddiviso in più parti individuate con lettere, dalla A alla P.
In riferimento al governo della Comunità fu disposto che tutti «capi di casa» dovevano radunarsi nella solita sede del Comune ogni volta che fosse stata suonata la campana di convocazione. Affinché le deliberazioni consiliari fossero valide, era necessaria la presenza di almeno ventotto uomini: dodici soldi di multa erano imposti a chi abbandonava la riunione senza licenza dell'Offitiale e sei soldi a chi non voleva andare «all'osservanza», a chi non volesse accettare qualche Offizio e a chi, pur accettandolo, non effettuasse le relative attività ad esso inerenti287.
Offiziale
La funzione dell'Offiziale è posta in evidenza in relazione alla sua attività in materia di «danni dati» e si specifica che egli non poteva assolutamente scoprire il nome dell'accusatore a pena di uno scudo. Spettava inoltre agli Offiziali l'onere di far leggere i Capitoli dinanzi a tutta la Comunità, così che nessuno potesse pretendere di essere scusato per ignoranza dei medesimi288.
Cancelliere
Parimenti, in riferimento alle accuse, è rilevata l'attività del Cancelliere il quale, a pena di uno scudo, era tenuto a giurare nelle mani degli Imponitori della Colta di aver prestato a suo tempo il debito giuramento e di aver registrato tutte le accuse così come furono presentate dagli Offiziali289.
Il problema del mantenimento in buone condizioni delle strade pubbliche era sentito anche presso la Comunità di Verni: l'Offiziale aveva il compito di stabilire, a seguito di periodiche visite, quali strade avessero necessità di intervento e di pulizia: in conseguenza era tenuto a convocare gli uomini validi del paese, a pena di dieci soldi per gli assenti, facendo effettuare tutte quelle opere che riteneva utili per il miglioramento della situazione290. Era vietato inoltre portare sassi per le strade pubbliche o per le semitole, lavare immondizie e panni in genere al pozzo della Comunità ed alle fontane, ovvero a quella «di fondo l'astraco» ed alla fontana pubblica, a pena di dodici soldi: tale multa era imposta anche a coloro che avessero condotto animali ad abbeverarsi al pozzo del Comune291. L'Offiziale poteva, inoltre, convocare gli uomini della Comunità e comandare loro di compiere eventuali lavori pubblici nell'interesse ed a vantaggio della Comunità stessa. In queste occasioni nessuno poteva rispondere negativamente e neppure poteva evitare di presentarsi, a meno che non volesse incorrere nella pena, per ogni volta, di una lira292.
Tra gli incanti che la Comunità di Verni solitamente effettuava, assegnando i rispettivi proventi al miglior offerente, vi era quello del molino, nella convenzione del quale era inserito l'obbligo dei mugnai di andare a macinare ogni volta che fossero stati richiesti, a pena di due lire per ogni mancanza293 e, inoltre, il provento della vendita del tabacco ed il provento del macello, con la riserva esplicita che solamente i singoli proventuali potevano compiere la vendita di tali generi294.
Denunce di danni
Gli Offiziali erano tenuti a giurare di fronte al Cancelliere della Comunità di aver fatto prestare giuramento a tutti i capi di famiglia, di essere pronti ed onesti nel denunciare le giuste accuse qualora avessero veduto «alcuna persona dell'uno et dell'altro sesso, tanto del paese quanto forestiera» a fare danni su beni altrui295. Tutte le denunce e le accuse per danni arrecati a proprietà private potevano essere presentate dai proprietari stessi, purché fosse rilasciato il debito giuramento: il dannatore, salvo situazioni particolari, era punito con una multa di due lire per ogni volta che veniva sorpreso a compiere misfatti. Se poi qualche privato avesse subito danni sopra i suoi terreni seminativi o prativi, ovvero nelle selve durante il periodo della raccolta delle castagne o nelle Prada di Monte, fino a che non fosse stato raccolto il fieno, poteva avanzare denuncia, accompagnata dal giuramento, e il dannatore cadeva in pena di due lire per ogni bestia grossa e di sei soldi per ogni bestia minuta. La ripartizione del ricavato avveniva con una suddivisione in quattro parti tra l'accusatore, il Comune, il garante ed il Commissario di Gallicano296. Le somme ricavate dalle pene pagate per danni venivano solitamente ripartite in tre parti che andavano rispettivamente al Comune, all'accusatore e al Commissario di Gallicano per quanto concerneva i beni comunali297, mentre per quanto riguardava i beni di particolari una parte andava a chi riceveva il danno, una parte al Comune e la terza al Commissario di Gallicano298.
Attività agricole ed altre boschive
Le azioni di disturbo e di danno ai beni posti sul territorio erano molto frequenti ed è per tale motivo che la legislazione di Verni dedica un certo spazio alla repressione di simili interventi criminosi.
Legnami e coltivazioni
Uno scudo era la penale imposta a coloro che erano stati scoperti a tagliare e portare via legname di quercia o cerro nel Bosco della Cerreta o nel Bosco della Fontana; dodici soldi doveva pagare chi era stato sorpreso a tagliar faggi verdi nel Bosco della Faggeta299. Una multa di tre lire era imposta a chi era stato visto tagliare e portar via legname dai Boschi della Fontana sotto strada e nel Bosco della Cerreta ovvero fusti di cerri dal canale in là verso la Fontana, includendovi anche chi faceva frasche per tre anni nei boschi appena tagliati300. La penale di mezzo scudo era imposta a chi era stato colto in flagrante a tagliare e portar via legname di castagno verde, escluso qualche «torchio» ovvero far foglie per seccare, senza ulteriori danni particolari, ovvero portar via legname grosso, tagliato, caduto o accatastato301. Tre lire era l'ammontare della multa che dovevano pagare coloro che avevano portato via calocchie o svelto castagni, danneggiato siepi, asportato forcati o calocchie secche dalle vigne di particolari302. Le foglie dei castagni erano molto utili per fare il giaciglio alle bestie, così come si usavano le felci: non si poteva, tuttavia, entrare nei fondi privati ed accaparrarsi le une o le altre, a meno che non si volesse rischiare di incorrere in una penale di tre lire per ogni persona e per ogni volta303.
Pascoli e bestiami
Il foraggio era elemento prezioso che garantiva la vita degli animali dai quali dipendeva in buona parte la vita della Comunità: chi non possedeva beni idonei a sufficienza, si avventurava nei possedimenti di altri e portava via erba per bestie di qualunque tipo, sia nei prati, sia nelle zone seminative, prendeva uva, castagne ed altri generi alimentari, ma incorreva nella penale di tre lire per ogni volta304. I danni procurati con bestie di qualsiasi genere nelle Prata del Monte dal primo aprile fino alla raccolta del fieno e nei luoghi seminativi in qualsiasi momento dell'anno erano puniti alla pena di tre soldi per le bestie minute e dodici per quelle grosse, sempre che non si trattasse di animali fuggiti fuori di strada e inseguiti dal padrone ovvero di bestie perdute a causa di fattori esterni, quali un improvviso temporale. Nel caso che gli animali fossero stati trovati a dannificare ortaggi, biade, viti, gelsi o castagne nelle selve, si passava a dodici soldi per gli animali minuti e ad una lira e sedici soldi per quelle grosse. Le capre erano bandite dal territorio e quindi potevano essere accusate in qualsiasi momento dell'anno se fossero state trovate sia nelle proprietà comunali, sia in quelle di privati: la pena era piuttosto elevata e per ogni capra scoperta in tali situazioni il proprietario era tenuto a pagare uno scudo di penale305.
Seta e gelsi
Una particolare legislazione si riferiva ai danni alle piante del gelso ed alle piante da frutto: in un primo momento si precisa che colui che fosse stato visto «coglier foglie di gelso, tagliar salci, danneggiar frutti di qualunque sorte», sarebbe incorso in una multa di diciotto soldi per ciascuna volta, ma successivamente si annota che «alla prima foglia di gelso per i firugelli se gli ponga la pena di uno scudo per ciascheduna volta», con una disposizione non eccessivamente chiara nella sua formulazione. È evidente, di contro, lo spirito stremamente protezionistico rivolto ad una pianta che, per il suo intimo collegamento con la produzione della seta, rappresentava ancora uno dei cespiti attivi della poco florida finanza delle piccole Comunità del Contado lucchese306.
Vicariato di Gallicano
Statuti
Parlamenti e Consigli
Deliberazioni e atti degli Offiziali
Atti pubblici
Debitori e creditori
Estimi
Colte
Incanti
Danni dati e paghe degli esecutori
Pagamenti per il Monte Gragno
Mairie e Comunità di Gallicano
Deliberazioni
Catasto
Contabilita'
Corrispondenza
Archivio fotografico
ASG = Archivio Comunale di Gallicano ASL = Archivio di Stato di Lucca b. /bb. = busta, buste c. /cc. = carta, carte cat. = categoria cit. = citato cod. = codice ins. = inserto n./nn. = numero, numeri p./pp. = pagina, pagine reg./regg. = registro, registri r = recto sgg. = seguenti s.d. = senza data s.n. = senza numerazione vol./voll. = volume, volumi
Nell'Archivio Storico Italiano, nn. 410-411, anno CXIV, edito nel 1956 in occasione del II Congresso Internazionale degli Archivi, dedicato alla Notizie degli Archivi Toscani, alle pp. 440-441 si trova un inventario sommario della documentazione conservata presso l'Archivio del Comune di Gallicano, relativa al periodo preunitario. La stesura, effettuata da RENZO RISTORI, si riferisce alle seguenti serie: Capitoli e Statuti, sec. XVII-XVIII, pezzi 1. Libri del consiglio del Comune e del parlamento della vicaria, 1482-1798, pezzi 36. Decreti del consiglio municipale, 1798-1815, pezzi 2. Libri del cancelliere, 1496-1802, pezzi 16. Libro dei decreti del governo lucchese, 1667-1783, pezzi 1. Libri delle colte, 1525-1803, pezzi 32. Registri di materie finanziarie, sec. XVII-XIX, pezzi 5. Danni dati, 1677-1758, pezzi 5. Catasti, 1556-1782, pezzi 7. Catasti di Bolognana, Barga, Campofiattone, Cardoso, Fiottone, Palleroso, Perpoli e Verni, 1546-1758, pezzi 10. Decreti e libri di finanze della Comunità di Bolognana, sec. XVII- XVIII, pezzi 5. Libri di finanze della Comunità di Cardoso, sec. XVII-XVIII, pezzi 10. Capitoli della Comunità di Fiattone, sec. XVII, pezzi 1. Libro mastro della comunità detta, sec. XVIII, pezzi 1. Libri di amministrazione e contabilità della Comunità di Perpoli, sec. XVIII, pezzi 4. La consistenza archivistica rilevata nel 1956 non corrisponde a quella che risulta presentemente poiché al momento di procedere all'attuale riordinamento ed inventariazione l'Amministrazione Comunale di Gallicano emise un bando a seguito del quale fu possibile addivenire al rientro di pezzi che si trovavano, per motivi diversi, fuori della sede Comunale. Merita una particolare menzione la pubblicazione di STEFANO PAOLI PUCCETTI, Regestum Gallicanense Istorie e vicende di Gallicano Comune e Castello del suo contado, edita da Artidoro Benedetti, stampatore in Pescia, nel 1942, comprendente le registrazioni di un manoscritto di proprietà dell'autore, aventi ad oggetto «quasi un elenco delle deliberazioni e delle provvidenze (balìe) per il Comune e gli uomini di Gallicano, mutilo di alcuni suoi fogli tanto al principio che alla fine di esso, per gli anni dal 1508 al 1757 (quasi un regestum) nel quale è acquisito che i libri più antichi fossero asportati e recati via da un certo Potestà della Garfagnana, del quale non risultano né si conservano le generalità». Il volumetto offre un ampio panorama di indicazioni utili all'indagine archivistica particolarmente sui registri delle deliberazioni. Tra gli studi più recenti è da ricordarsi la Relazione della guerra fra lucchesi e garfagnini, a cura di BRUNO CHERUBINI edita nel 1967 per iniziativa del Comune di Gallicano, dell'E.P.T. di Lucca e della Pro Loco di Castelnuovo Garfagnana, contenente la trascrizione di un manoscritto, un tempo di proprietà del medico e filosofo Martino Moni, passato di recente in possesso di Adelmo Poli di Cardoso. Il testo riporta le vicende riguardanti il verificasi di ostilità, agli inizi del XVII secolo, tra Lucca e gli estensi, in zone di confine e particolarmente nel territorio che interessa Gallicano.
ADAMI ADAMO, compila lo Statuto di Fiattone, 18. DAMI LUCA, sargente, in estimo della Comunità di Fiattone, 50. ADAMI MARTINO, compila lo Statuto di Fiattone, 18. ADAMI MICHELE, di Giovanni, maestro, in estimo della Comunità di Fiattone, 50. ADAMI PIETR ANTONIO, compila lo Statuto di Fiattone, 18. Agricoltura, norme relative a Gallicano, XXXV, XXXVI, XLVII; a Bolognana, LVII, LVIII, a Cardoso, LXV, LXVI; a Fiattone, LXXXI; a Verni, LXXXIV, LXXXV. Albiano, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. ALDERIGHI FRANCESCO, segnato in colta a Gallicano, 58. S. ALESSANDRA, patrona di Bolognana, LVI. ALESSI ANTONIO, di Francesco, da Vitiana, trascrive lo Statuto di Bolognana, LIII, 10; trascrive lo Statuto di Perpoli, 22; è incaricato di rivedere la contabilità della Comunità di Cardoso, 44, 45. ALESSI SIGISMONDO, cancelliere a Gallicano, scrive il libro della colta, 64. AMADEI GIOVANNI, di Giovanni, di Gallicano, sua denuncia per danno dato, 72. Ambasciatori, a Gallicano, loro funzioni, XXVIII; a Cardoso, LXI; a Perpoli, LXXVII, LXXVIII. S. ANTONIO, festività a Bolognana, LVI. Anziani di Lucca, XXVII, XXXVIII, XXXIX, LIII, LXXXII; loro attività, 12; convalidano gli atti statutari, 16, 17, 18, 19, 21, 23; loro decisioni, 17; loro documenti, 18; loro competenze, 83. ANDREOZZI GIOVANNI FRANCESCO, Deputato alla Comunità di Cardoso, 44. ANTELMINELLI, famiglia, loro giurisdizione su Gallicano, 11. Appennini, Cantone, Circondario Amministrativo, 81-82. Archivio Fotografico, serie archivistica 99-102. ARNOLFINI SILVESTRO, Deputato nella Comunità di Cardoso, 52. Atti degli Offiziali, notizie storiche e serie archivistica, 39-40. Atti Pubblici, notizie storiche, serie archivistica, 41-42. Assortitori, loro funzioni a Bolognana, LIV. BACIOCCHI, Principato modificazioni istituzionali, 83-84. BACIOCCHI ELISA, lascia la città di Lucca, 84. BACIOCCHI FELICE, lascia la città di Lucca, 84. Bagni (di Lucca, 71; suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83; è parte della Cancelleria di Borgo a Mozzano (1815), 84; è parte del Circondario di Borgo a Mozzano, 85-86. Balia dei possessi, sue competenze, 83. BANDUCCI MICHELE, è nominato Giudice di Pace in Gallicano, 82. Barca, l.d. nella Comunità di Fiattone, 50; suo registro di estimo, 54. Barcho, l.d., a Cardoso, sua assegnazione in incanto, LXX. Barga, Vicaria, sua composizione territoriale, 10; questioni per i diritti sul Monte Gragno, 74. Bargello, sua attività in Gallicano 71-73. BARTOLINI AMBROGIO, di Piero, suo danno dato, 72. BARTOLINI GIOVANNI, di Piero, suo danno dato, 72. BARTOLI TOGNO, di Piero, suo danno dato, 72. BARTOLOMEI CHELE, statutario a Gallicano, 19. BARTOLOMEI FILIPPO, compila l'estimo di Perpoli, 54. BARTOLOMEI LUISO, ser, di Antonio, testimone, 12. BARTOLOMEO, fabbro a Gallicano, segnato in colta, 58. Bascho, punta del, l.d., zona di confine, L. Basso, monte, l.d., zona di confine L. s. Bastiano, festività a Bolognana, LVI. BELLO ANTON, statutario a Gallicano, 19. BENEDETTI GIOVANNI, di Pellegrino, statutario a Verni, LXXXII; Offitiale del Comune di Verni, 40; è incaricato della riscossione delle Colte, a Verni, 40. BENEDETTI LORENZO, caporale, sua attività a Verni, 40. BENEDETTI LUIGI, ringraziamento, XIX. BENEDETTO, di ser Iacopo, Vicario di Gallicano, 12, 19. BENEDETTI ROCCO, statutario a Verni, LXXXII. BENEDETTO DA VERNI, prete, sua capanna, LVII. BERNARDINI FEDERICO, Deputato a Fiattone, sua presenza alla approvazione dello Statuto, LXXI. Bestiame, sua regolamentazione, a Gallicano, XXXVI, XXXVII, XLVIII, XLIX; a Bolognana, LVIII, LIX; a Cardoso, LXVI, LXVII; a Fiattone, LXXV; a Perpoli, LXXXI; a Verni, LXXXV. BIAGI VINCENZO, caporale, incaricato alla ripartizione della colta, 58. BOCCELLA GIOVAN BATTISTA, di maestro Ambrogio, Vicario della Vicaria di Gallicano, 28. Bologna, 72. Bolognana, sua struttura amministrativa e burocratica, LIII-LIX; Consiglio, LIV; Governatori, LIV, LV; Offitiali, LV; Sindici, LV; Scrivano, LV, LVI; Stimatori e terminatori delle differenze, LVI; Aspetti sociali e religiosi, LVI, LVII; Attività agricole e boschive, LVII, LVIII; Aspetti urbanistici, LVIII; Pascoli e bestiame, LVIII, LIX; Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; suoi Statuti, 16, 17; questione con Cardoso, sentenza, 17; deliberazioni consiliari, 37; suoi registri di estimo, 50, 51; suo registro di colte, 65; questione del Monte Gragno, 74; è nella Vicaria di Gallicano, nel secolo XIX, 81; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è parte della Comunità di Gallicano, 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85-86; sue deliberazioni consiliari, notizie e documentazione, 87-88; libro del Catasto, 91; suoi libri di contabilità, 95; suo Statuto in Archivio Fotografico, 100. BONAINI FRANCESCO, sua funzione, XVII. Borgo a Mozzano, Archivio Storico, notizie 7; Vicaria, notizie sull'organizzazione, 7-10, 26; Cantone, Circondario Amministrativo, 81; suo Giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83; è creato Cancelleria (1815), 84; è creato Comunità, 85; è creato Circondario, 85; registro di protocollo della Segreteria Comunitativa, 97-98. Boschi, norme relative a Gallicano, XXXV, XXXVI, XLVII; a Bolognana, LVII, LVIII; a Cardoso, LXV, LXVI; a Fiattone, LXXV, LXXVI; a Perpoli, LXXX, LXXXI; a Verni, LXXXIV, LXXXV. Bosco della Cerreta, taglio di legname a Verni, LXXXIV. Bosco della Faggeta, taglio di legname, a Verni, LXXXV. Bosco della Fontana, taglio di legname, a Verni,LXXXIV. Burciano, Comunità nella Vicaria di Barga, 11. CAEMEO DARIO, scrive il «Liber Parlamentorum», 31. Calda, selva, a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Calde di Ficinea, l.d., in Bolognana, LVII. Calomini, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sue terminazioni 35; si stacca dal Comune di Molazzana, 84. CamaioreCamaiore, suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83; è creata Comunità, in epoca ducale, 85. Camarlinghi, di Gallicano, loro attività, 47. Camarlingo, di Gallicano, sue funzioni, XXVIII, XXIX, XXX, XXXIV, XLII; a Fiattone, LXXIII. Campo alla Selva, via, nel territorio di Bolognana, LVII. Campo alla Vigna, l.d. nella Comunità di Fiattone, 50; suo registro di estimo, 52. Campolemisi, è assegnato al Comune di Vergendoli, 84. Camporgiano, 54. Canale di Diafico, l.d., a Bolognana, LVII. Canale di Rio di Gragnio, l.d., zona di confine, L. Cancelliere, sue funzioni, a Fiattone, LXXI, LXXIV; a Verni, LXXXIII. Cancelliere della Vicaria, sue funzioni (1818), 85. Cantoni, Circoscrizioni territoriali amministrative, loro istituzione e loro funzionamento, 82-86. Capannaccia, strada per, pascoli, XLIX. Capanne da Colle, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII. Capannori, suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83. Capitani, di Gallicano, loro funzioni, XXV, XXVI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI, XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XLIV. Cardoso, sua struttura amministrativa e burocratica, LIX-LXX; Parlamento e Consiglio, LIX, LX; Offiziali, LXI; Sindici, LXI; Ambasciatori, LXI; Guardiani, LXI, LXII; Stimatori e Terminatori, LXII; Scrivano, LXII; Maestro di scuola, LXII, LXIII; Predicatore, LXIII; Offizi particolari, LXIII; Offizio sopra le acque, LXIII; Offizio della Colta, LXIII; Aspetti sociali e religiosi, LXIII; Aspetti urbanistici e territoriali, LXIV, LXV; Attività agricole e boschive, LXV, LXVI; Vicenda dei porci, LXVI, LXVII; Pascoli e bestiame, LXVII; Tramutanti e forestieri, LXVII-LXVIII; Tassazioni, LXVIII; Sale, LXVIII, LXIX; Proventi, LXIX; Macelli, LXIX; Mulini e frantoi, LXIX, LXX; Pesca, LXX; Piaggia e Barello, LXX; Comunità, nella Vicaria di Barga, 10, 12; libri di debitori e creditori, contabilità, 44-46; delibera consiliare, 45; suoi registri di estimo, 51, 52; suo registro di incanti, 68, 69; nella Vicaria di Gallicano nel secolo XIX, 74, 81; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è parte della Comunità di Gallicano, 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano, 85-86; è aggregato a Motrone, 87; suo libro di Catasto, 91; suo libro di contabilità, 95; suo Statuto in Archivio Fotografico, 100. CARELLI BARTOLOMEO, Commissario di Gallicano, riunisce più decreti, 20. Careggine, strada per pascoli, XLIX. Carlo IV, di Boemia, Imperatore, LXXIX. CARLO LODOVICO DI BORBONE sua reggenza in Lucca, 84; sua attività legislativa, 95. Cascarotta della Fredda, l.d., zona di confine, L. Cascio, Comunità, nella Vicaria di Barga, XLVII, 20; questioni di confine, 21. Castellacelo Antico, l.d., bosco in Bolognana, LVII. Castelnuovo Garfagnana, sua Prefettura durante il Principato, 83; soppressione del suo Tribunale di Prima Istanza, 83; è sede di Circondario, 83; sua Giudicatura di Pace, 84; sua Sottoprefettura, 84; sua Prefettura, 87. Castelvecchio, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. Castiglione, suo Giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. Catasto, serie archivistica, in epoca post-re-pubblicana (1802), XIV, 89-92. CECCONI ANGELO, di Francesco, statuario a Bolognana LIII. CECCONI AQUILANTE, di Francesco, eletto per la formazione dell'estimo di Bolognana, 51. CECCONI GIULIANO ANTONIO, Soprintende alla stesura dell'estimo di Bolognana, 51. CECCONI LUCIANO, di Giuliano, partecipa alla formazione dell'estimo di Cardoso, 52. CECCONI PAULINO, di Giovanni Battista, eletto per la formazione dell'estimo di Bolognana, 51. CECCHI MARIANO, compila l'estimo di Perpoli, 54. Cerrete delle Calde, l.d., in Bolognana, LVII, LVIII. CERLOTTI NICOLAO, ser, notaro a Gallicano, scrive il libro delle colte, 61. CESARI MICHELE, di Michele, sua attività in Cardoso, 44. CHELI FABRITIO, alfiere, incaricato della ripartizione della colta, 58. CHELI LUNARDO, incaricato della ripartizione della colta, 58. CHELI VINCENZO, caporale, incaricato della ripartizione della colta, 58. CHERUBINI BRUNO, nota bibliografica archivistica, 106. CIAMPANTIS (de) Gregorio, vicario di Gallicano, 26. COLI VINCENZO, capitano, in estimo, nella Comunità di Fiattone, 50. COLLE ALESSANDRO, notaro in Gallicano, 32. Colleginaia, l.d. nella Comunità di Cardoso, 50. Col delle Vigne, l.d., nel territorio di Bolognana, LVII. Colle Fornite, l.d., a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Colle della Fredda, l.d., zona di confine, L. Colletto del Colle, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII. COLLI SIGISMONDO, ser, suo atto, LIII. Colombi domestici, delibere loro relative, 30. Colte, loro funzione a Gallicano, XIV, XXXII, XXXIII, XLIII, XLV, XLIX; a Bolognana, LV, LVI; a Cardoso, LXI, LXII, LXVII; a Fiattone, LXXIII, LXXIV; a Perpoli, LXXVII; notizie storiche e serie archivistica, 57-66. COLUCCI GIOVANNI, Messo a Gallicano, segnato in colta, 58. Commissario, sua funzione, a Gallicano, XLII, XLIV, XLVI, LIII, LXXXIII; nota di «robbe» esistenti nella casa, 19; loro nominativi, 20, 32, 58; loro attività, 47. Commissari, di Cantone, durante il Principato, loro funzioni, 83-84; loro assegni mensili a Lucca, Capannori, Borgo a Mozzano, Bagno a Corsena, Camaiore e Gallicano, 83. Commissario, di Governo, sua istituzione e competenze (1818), 85. Commissione, per formare il Catasto, sua normazione e sua attività, 90. Commissione, per i problemi delle Sezioni Comunitative, sua istituzione, 94. Commissioni Economiche, presso le Sezioni dei Comuni, loro istituzione, 93. Comunità, della Vicaria, loro funzione amministrativa, 15-16; loro organismi deliberativi, 25-37. Consigli, v. anche Parlamenti. Consiglio dei Cinquanta, a Gallicano, sue funzioni, XXXIX, XL, XLI, XLII, XLIII. Consiglio Comunale, sua struttura e suo funzionamento, a Bolognana, LIV; a Cardoso, LIX, LX; a Fiattone, LXXI, LXXII, LXXIII; a Perpoli, LXXVI, LXXVII; a Verni, LXXXII. Consiglio Generale, a Gallicano, XXV, XXVI, XXVII, XLIV, XLV, XLVII. Consigli Municipali, durante il Principato, loro funzioni, 82-85. Consigli Cantonali, loro istituzione e loro attività, 87-88. Consiglio di Amministrazione, della Prefettura, 87. Consiglio del Castello o di Vicaria, anche Parlamento, sue deliberazioni, 16-37. Consiglio di Colta, modo di deliberare, 26, 27. Consiglio Minore, notizie, 8. Consiglio della Comunità di Bolognana, sue deliberazioni, 37. Consiglio della Comunità di Perpoli, sue deliberazioni, 37. Consiglio, del Comune di Gallicano, sue deliberazioni, 28-37; sua formazione nel 1815, 84. Consiglio Generale di Lucca, sue deliberazioni, 30. Consiglio dei Venticinque, di Gallicano, sue deliberazioni, 29. Costa di Bertolo, l.d., a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Costa della Polla, l.d., a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Contabilità, organizzazione nella Vicaria, notizie, 9; notizie storiche e libri, 43-48; serie archivistica post-repubblicana e della restaurazione, 93-95. Coreglia, suo Giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; è parte della Cancelleria di Borgo a Mozzano (1815), 84; è creato Dipartimento della Comunità di Borgo a Mozzano, 85; è parte del Circondario di Borgo a Mozzano, 86. Corrispondenza, serie archivistica in epoca ducale, 97-98. Creditori, v. Debitori. Crociale de'Filettori, l.d., a Bolognana, LVII. Cuoieria, Balia sopra il negotio della, sua attività, 17. D'ANCHIANO, statutario a Gallicano, 19. DANIELLO, di Piero, incaricato della riforma dello Statuto di Perpoli, 22. Danni Dati e Paghe degli Esecutori, notizie storiche, serie archivistica, 71-73. Debitori e Creditori, notizie storiche, serie archivistica, XIV, 43-48. Deliberazioni, serie archivistica durante il principato e la restaurazione, 87-88. Deputati delle Vicarie, o Protettori, notizie storiche, 43; al Parlamento della Vicaria (1818), 85. DINI IACOPO, statutario a Gallicano, 19. DINI NICOLA, statutario a Gallicano, 19. DINI PAOLO, Officiale del Comune di Gallicano, 26. Dogana del Sale, a Gallicano, suo funzionamento, LII. DOMENICO BIAGIO, statutario a Gallicano, 19. DOMANICO, di Giovanni, incaricato della riforma dello Statuto di Perpoli, 22. DONATI CRISTOFORO, dei Bagni, Esecutore della Curia della Vicaria di Gallicano, 71-72. DORIANI DALLI ALESSANDRO, ser, notaro in Gallicano, 21. s. Doroteo, festività a Bolognana, LVI. Essecutori, del Commissario, loro funzioni in Gallicano, XLIV. ESTE (d'), Borso, suo accordo con il Comune di Lucca, 11. Estimo, XIV, sua funzione a Gallicano, XXXIII, XXXIV, XLIX; a Cardoso, LXVIII; a Perpoli, LXXX; notizie storiche serie archivistica, 49-55; registri di Bolognana, 50, 51; di Cardoso, 51, 52; di Fiattone, 52; di Gallicano, 53; di Perpoli, 54; di Verni, 55; di Campo, Barca e Palleroso, 54. s. Fabiano, festività a Perpoli; LXXVIII. Famigli, del Commissario, a Gallicano, loro funzioni, XLII XLIV; notizie, 9; loro salario, 13; loro attività, 71, 72. Ferrara, Marchese di, suoi rapporti con Lucca, 11. Festa alla libertà, a Bolognana, LVII; a Perpoli, LXXIX. Festività, obblighi di rispetto a Gallicano, XX-XII, LVI; a Cardoso, LXIII; a Perpoli, LXXVIII, LXXIX. Fiaccene, selve, a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Fiattone, sua struttura amministrativa e burocratica, LXX-LXVI; Consiglio, LXXI, LXXII; Governatori, LXXII; Sindici, LXXII, LXXIII; Scrivano all'Accuse, LXXIII; Camarlinghi, LXXIII; Cancelliero e Sottoscrivano, LXXIV; Tassazioni, LXXIV; Aspetti urbanistici e territoriali, LXXIV; Proventi, LXXIV, LXXV; Pascoli e bestiame, LXXV; Attività agricole e boschive, LXXV, LXXVI; Divieti, LXXVI; Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sua assegnazione al Comune di Lucca, 11; questioni di confine, 11; suo Statuto, 18; suo libro di contabilità, 46; suoi registri d'estimo, 52; nella Vicaria di Gallicano nel secolo XIX, 81; è parte del Casntone di Gallicano (1806), 82; rimane Comune (1807), 83; è parte della Comunità di Gallicano, 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano, 85, 86; ha Perpoli aggregato, 87; suo libro di Catasto, 91, suoi libri di contabilità, 95; suoi Statuti in Archivio Fotografico, 100, 101. Fielceto, via del, zona di confine, L. FINUCCI VINCENZO, agrimensore, compila l'estimo a Bolognana, 50, 51. FIORITI GIOVANNI, di Nicolao di Gallicano, trascrive atti statutari, 18. Fiume, gestione all'isola, XLVIII. Foce, l.d., a Cardoso, ivi la Fontana, LXIV, LXV; 50. Fontana, sua utilizzazione a Gallicano, XXXV, XLVI; a Bolognana, LVIII; a Cardoso, LXIV, LXV; a Fiattone, LXXIV; a Perpoli, LXXIX; a Verni, LXXXIII. Forestieri, normazione ad essi relativa, a Gallicano, XXXVII, XXXVIII, XLVII, XLVIII, L; a Cardoso, LXIII, LXVII, LXVIII, LXIX; a Fiattone, LXXI, LXXIII, LXXV; a Perpoli, LXXIX, LXXX; 10, 58. Forno, sua gestione, a Gallicano, XXXVIII, LI. Fornovolasco, è assegnato al Comune di Vergemoli, 84. Fosciandora, è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. FRANCESCHI AUGUSTO, segnato in colta a Gallicano, 58. FRANCESCO, notaio, cancelliere del Comune di Gallicano, 19. FRANCESCO, di Giovanni, di Milano, cancelliere del Bargello a Gallicano, 71. Frantoi, normazione relativa a Cardoso, LXIX, LXX. Funerali, obblighi di partecipazione a Gallicano, XXXII, XLV; a Cardoso, LXI, LXIII; a Perpoli, LXX VII, LXXVIII. Gallicano (Vicaria, Castello, Comunità), sua struttura amministrativa e burocratica, XXIV-LIII; Parlamento e Consigli, XXV, XXVI, XXXIX, XL, LI; Guardie, XXVI, XLV; Capitani, XXVI, XXVII; Sindici, XXVII, XLIV; Imbasciatori, XXVIII; Guardiani, XXVIII, XLIII; Guardiano forestieri, XXVIII, XXIX; Guardiano segreto, XLIII; Guardiano dei libri, XXIX; Sindacatori, XXIX, XLIV; Offitiali, XLI; Officiali sopra le vie, ponti et fonti, XXIX, XXX; Notaro, XXX, XXXI, XLI, XLII; Messo, XXXI, XLIV; Camarlingo, XLII; Massaiolo, XLII, XLIII; Offitio della Colta, XLIII; Esecutori, XLIV, XLV; Maestro, XLV; Aspetti sociali e religiosi, XXXII, XLV; XLVI; Incarichi amministrativi, XXXI; Tassazioni, XXXII, XXXIII, XLIX; Incarichi amministrativi, XXXI; Tassazioni, XXXII, XXXIII, XLIX; Estimo, XXXIII, XXXIV; Accuse di danni, XXXIV, LI; Aspetti urbanistici e territoriali, XXIV, XXV, XLVI; Attività agricole e boschive, XXV, XXXVI, XLVII; Pascoli e bestiame, XXXVI, XXXVII, XLIX; L; Tramutanti e forestieri, XXXVII, XXXVIII, L; Proventi, XXXVIII, LI; Moneta, XXXVIII; Seta, XLVII, XLVIII; Bestiame, XLVIII; Fiume, XLVIII; Legname, XLVIII, XLIX; Sale, LII; Hostarie, LII; Pesca, LII; Giuochi, LII, LIII; Comunità, nella Vicaria di Barga 10; questioni di confine, 11; suoi Statuti, 18-21; deliberazioni parlamentari e consiliari, 27-37; inventario dei beni del Castello, 28; suoi libri di contabilità, 46, 47; suoi registri d'estimo, 53; suoi registri di colte, 58-65; suoi registri di incanti, 68, 69; questione per il Monte Gragno, 74; sua struttura nel XIX secolo, 81; è capoluogo della Vicaria nel XIX secolo, 81; suo Giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; diviene capoluogo di Cantone (1806), 82; suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83; nomina del Commissario di Cantone, 83; è parte della Cancelleria di Borgo a Mozzano, 84; è capoluogo di Vicaria, 85; è creato Dipartimento della Comunità di Borgo a Mozzano, 85; è parte del Circondario di Borgo a Mozzano, 87; deliberazioni consiliari, notizie, 87, 88; libri di catasto, 91; libri di contabilità, 95; registro di protocollo della Segreteria Comunitativa, 97, 98; suoi Statuti in Archivio Fotografico, 101. Garfagnana, giuoco della «forma», LIII. GIAMBASTIANI LAURA, ringraziamento, XIX. GIANLUCHI PIERO, sargente, riforma lo Statuto di Gallicano, 20. GIANNETTI AGOSTINO CANDIDO, computista presso la Comunità di Gallicano, 45. GIANNETTI GIOVANNI CARLO, computista del Comune di Perpoli, 47; scrive restimo di Cardoso, 51. s. Ginese, patrono di Bolognana, LVI. Giuochi, normazione relativa, a Gallicano, LII, LIII. s. GIOVANNI, sua effige raffigurata, 18. Giudici di Pace, loro strutturazione, 82, 83. Gonfaloniere, della Comunità di Gallicano, sua istituzione e competenze, 85. Gonfaloniere di Giustizia, del Comune di Lucca, XXVII, LIII. Governatori, loro funzioni, a Bolognana, LIV, LV, LVI; a Fiattone, LXXI, LXXII; a Perpoli, LXXVI, LXXVII, LXXVIII; 9. Governatori della Vicaria, notizie, XVI, 9-10. Grabbia, l.d., a Cardoso, sua fontana, LXIV. Gragno, monte, L; dispute per la sua assegnazione, 11; pagamenti, notizie storiche, serie archivistica, 74. Granaiola, 54. Grano e biade, delibere relative, 30-31. GRAZIANO ALESSANDRO, dottore in legge, 31. GREGORIO, di Michel, beccamorto a Gallicano, segnato in colta, 58. GRILLI GIOVANNI, statutario a Verni, LXXXII. Grotte di Loppiaia, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII. Grotte di Lungapenna, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII. Guardiani, a Gallicano, loro funzioni, XXVIII, XLIII, L; a Cardoso, LXI, LXII. Guardiani forestieri, a Gallicano, loro funzioni, XXVIII, XXIX. Guardiano dei libri, a Gallicano, sua funzione, XXIX. Guardiano dei porci, sua attività, a Cardoso, LXVII. Guardiano segreto, sue funzioni, a Gallicano, XLIII. Guardie, turni di guardia, a Gallicano, XXVI, XXXIX, XL, XLV. Guarfino, ponte a, assegnazione in incanto, 67. GUASPARI VINCENZO, sergente, incaricato della ripartizione della colta, 58. S. IACOPO, sua effige raffigurata, 18; invocazione, 19. Imbasciatori, v. Ambasciatori. Imponitori della Colta, a Cardoso, in numero di sei, loro attività, LXI, LXII. Incanti, loro gestione, a Gallicano, XLII, XLIII, LI; a Cardoso, LXIX; a Fiattone, LXXV; a Verni, LXXXIII; a Gallicano, loro elenco, 36; a Verni, loro assegnazione, 40; notizie storiche, serie archivistica, 67, 68, 69. Isola, ivi pascoli, a Gallicano, XLVIII, XLIX; incanto e provento, LI; a Cardoso, sua assegnazione in incanto, LXX. Inventario dei beni del castello di Gallicano, 28; della mobilia del Comune di Gallicano, 30; delle «robbe» di casa del Commissario, 30; della «monitione dell'arme», 30. LANDI GIOVANNI PAULO, di Camillo, incaricato della riforma dello Statuto di Perpoli, 22. Legnami, loro raccolta, a Gallicano, XLVIII, XLIX; a Cardoso, LXVI; a Fiattone, LXXV; a Verni, LXXXIV, LXXXV. Littorale, Cantone, Circondario Amministrativo, 81. Loppia, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. S. Lorenzo, sua festività a Cardoso, LXVI. Lucca, convenzione con Gallicano, 12-14, Ducato di, sua reversione al Granducato di Toscana, 14; Cantone, Circondario Amministrativo, 81; suo Commissario di Cantone, assegno mensile, 83; sua Prefettura durante il Principato, 83; è sede di Circondario, 83-84; è creata Comunità, 85; è creato Circondario, 85; reversione al Granducato di Toscana, 86. Luminarie, obblighi di partecipazione a Gallicano, XXXII, XLV, XLVI, LVII; a Bolognana, LVIII; a Cardoso, LXI, LXIII. Luoghi Sacri, obblighi di rispetto a Gallicano, XXXII, XLV. Lupinaia, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sua assegnazione al Comune di Lucca, 11; è parte del Cantone di Gallicano, (1806), 82; rimane Comune (1807), 83; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85-86. Macello, sua gestione, a Gallicano, XXXVIII, LI; a Cardoso, LXIX; a Verni, LXXXIII. Maestro, di scuola, sua attività, a Gallicano, XLV, LXII, LXIII; a Cardoso, LXII, LXIII. Maggior Sindaco del Comune di Lucca, sua funzione, XXX, XXXI. Magistrato di Gallicano, sua istituzione e competenze, 85. Marca, 71. s. Marco, sua festività a Bolognana, LVI, LVII; a Perpoli, LXXVIII. Maremma, territorio per i pascoli, L; a Bolognana, LIX. s. Margherita, festività a Bolognana, LVI. MARIA LUISA DI BORBONE, sua reggenza in Lucca, 84, 85. s. Maria della Neve, sua festività a Bolognana, LVI. MARINAI BENEDETTO, di Vincenzo, da Granaiola, compila Testimo di Perpoli, Campo, Fiattone, Barca e Palleroso, 54. MARTINI ANTONIO, compila lo Statuto di Fiattone, 18. MARTINI IACOPO, maestro, incaricato della ripartizione della colta, 58. MARTINI PAOLO, camerario del Comune di Gallicano, massaro, 30. MARTINI PIETRO, partecipa alla riforma dello Statuto di Gallicano, 20. MARTINI PIETRO LUVIGI, Commissario a Gallicano, 51. Massa, soppressione del suo Tribunale di Prima Istanza, 83; è sede di Circondario, 83; sua Sottoprefettura, 84. Massaio, Massaro, Massaiuolo, Massaiolo, sue funzioni a Gallicano, XXIX, XLII, XLIII; della Vicaria e della Comunità notizie storiche, 9, 28; conserva le scritture, 41; è segnato in colta, 58. MATTEI ZELI MICHEL, officiale nel castello di Gallicano, 28. MATTEO, di Cristoforo Giulio, di Siena, Bargello a Gallicano, 71. MAZINI GIORGIO, statutario a Gallicano, 19. Mercato, di Gallicano, Libro dei Capitoli, 23. Messo, a Gallicano, sua attività, XXV, XXIX, XXXI, XXXIII, XL, XLIV; della Vicaria, notizie, 9; della Comunità di Gallicano, 58. MICHELE, di Marco, di Bologna, Esecutore della Curia della Vicaria di Gallicano, 72. MICHELETTI GIOVANNI, di Battista, partecipa alla formazione dell'estimo di Cardoso, 52. MICHELI GIGLIO, statutario a Gallicano, 19. MICOTTI GIULIANO, notaro, figlio di ser Giovanni Micotti di Camporgiano, compila l'estimo di Perpoli, 54. Milano, 71. MINUCCIANI ANTONIO MARIA, attuario in Gallicano, 36. Minacciano, suo giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; è creato Dipartimento della Comunità di Borgo a Mozzano, 85, 86. MINUTOLI PAOLINO, è nominato Commissario del Cantone di Gallicano, 83, 88. Modena, Ducato di, assegnazione del territorio di Gallicano, XLVI, 14, 86. Molazzana, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sue terminazioni, 35; è privata del Comune di Calomini, 84; è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. Molinetto, l.d., nel territorio di Bolognana, LVII. Moneta, suo valore, a Gallicano, XXXVIII. MONI AUGUSTINO, statutario a Gallicano, 19. MONI FILIPPO, Officiale del Comune di Gallicano, 26. MONI MARTINO, nota archivistica bibliografica, 107. MONI MATTEO, di Gallicano, sua denuncia per danno dato, 72. MONI NICOLAO, di Puccio, incaricato della ripartizione della colta, 58. Montaltissimo, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. Monte, l.d., a Cardoso, taglio di legname, LXVI. Monte, l.d., in Gallicano, 72. Monte Gragno, v. Gragno. Monte di Sotto, l.d., nel territorio di Bolognana, LVIII. MORICONI PIETRO, VII. MOROVELLI PIETRO, Commissario di Gallicano segnato in colta, 58. Motrone, confine con Cardoso, LXVI; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; rimane Comune (1807), 83; ha aggregati Cardoso e S. Romano, 84, 87. Mulini, loro gestione a Gallicano, XXXV, XXXVIII, LI; a Cardoso, LXIX, LXX; a Verni, LXXXIII. NARDUCCI TOMMASI, Deputato sulla Comunità di Cardoso, 45; ordina la composizione dell'estimo, 51. Nativi, loro posizione giuridica, 100. NICOLAI NICOLAO, di Luca, caporale, eletto per la formazione dell'estimo di Bolognana, 51. NICOLAO, di messer Manfredo, dottore in legge, 12. NICOLAO, di Marco, della Marca, Esecutore della Curia della Vicaria di Gallicano, 72. NICOLO' V, papa, sua sentenza per differenze di confine, 11. Notari, della Vicaria, notizie, 10; suo salario, 13; loro nominativi, 29, 61, 63. Notaro, a Gallicano, sua funzione, XXVI, XXIX, XXX, XXXI, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XL, XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVIII. Officiali, Offitiali, Offiziali, loro funzioni, a Gallicano, XXXI, XL-XLIV, XLVI, XLVIII; a Bolognana, LIV, LV, LVII, LVIII; a Cardoso, LX-LXIV; a Fiattone, LXXII; a Perpoli, LXXVI-LXXX; a Verni, LXXXII, LXXXIII; notizie generali, XVI, 9; funzioni nella Vicaria, 15; parteciparono al Consiglio dei Dieci, 27; a Verni, deliberazioni, 39, 40; loro competenze, 39; a Gallicano, nella colta, 58; negli incanti, 67, 68. Officiali sopra le vie, ponti e fonti, loro funzione a Gallicano, XXIX, XXX. Offitio della Colta, sue funzioni, a Gallicano, XLIII; a Cardoso, LXIII, LXX. Offitio dei Disordini, sua funzione, LXXIV. Offizio della bestemmia, atti relativi, 30. Offizio delle Differenze, lettera al Commissario di Gallicano, 35. Offizio sopra i disordini delle Vicarie, sua attività, 17; notizie storiche relative, 43; sua deliberazione, 47. Offizio sopra la Monizione Stabile, sua attività, 47. Offizio sopra l'acque, sua attività a Cardoso, LXIII. Oliveto, Olivetto, l.d., a Cardoso, divieto di pascolo, LXVII. Opere Pie, disposizioni ad esse relative, 90. Ordinanze della Montagna, disposizioni relative, 31. ORSUCCI NICOLAO, di Baldassari, Deputato sulla Comunità e Vicaria di Gallicano, 47. Osteria, incanto e provento a Gallicano, LI, LII; a Perpoli, LXXXI, LXXXII; creazione di nuove osterie e delibere, 30; assegnazione all'incanto, 67. OTTAVIANO, messo a Gallicano, segnato in colta, 58. PACINI GILARDO, Commissario di Gallicano, 20. Padoline, v. Palodina. Pagamenti per il Monte Gragno, notizie storiche, serie archivistica, 74. Palleroso, suo registro di estimo, 54. Palodina, «grada», ivi pasture XLIX; a Gallicano, incanto e provente, LI; strada di, è segnata in colta a Gallicano, 58. PAOLI DE MERCATO PIETRO, di ser Francesco, di S. Miniato, notaro, 29. PAOLI PELLEGRINO, rivede il Libro del Consiglio e Parlamento di Gallicano, 32-33. PAOLI PUCCETTI STEFANO, nota bibliografica archivistica, 106. Parlamento Generale, suo funzionamento, a Gallicano, XXV, XXVI; XXXIV, XXXIX, XL, XLI, XLIV; a Cardoso, LIX, LX, LXI, LXII, LXV, LXVIII; della Vicaria, notizie, XIV, XVI, 8,9; notizie storiche e serie archivistica, 25-37; di Gallicano, formulario di convocazione, 25, 26; in epoca ducale, sue funzioni, 85. Pascoli, loro regolamentazione, a Gallicano, XXXVI, XXXVII, XLVIII, XLIX; a Bolognana, LVIII, LIX; a Cardoso, LXVI, LXVII; a Fiattone, LXXV; a Perpoli, LXXXI; a Verni, LXXXV. Pesca, sua regolamentazione, a Gallicano, LII; a Cardoso, LXX. PAULETTI VINCENTIO, di Ascanio, notaro,32. PAULI MICHEL, incaricato della ripartizione della colta, 58. Pedona, Comunità nella Vicaria di Barga, 11. PELLEGRINI BERNARDO, di Iacopo, incaricato dell'incanto, 68. PELLEGRINI DOMENICO, di Giovanni, in estimo nella Comunità di Fiattone, 50. PELLEGRINI GIOVANNI PIETRO, compila lo Statuto di Fiattone, 18. PELLEGRINI IACOPO, di Giovanni, incanta la riscossione delle colte, 40; scrivano della Comunità di Verni, 66. s. Pellegrino, festività a Bolognana, LVI. PELLICCIA FILIPPO, di Francesco, Offitiale del Comune di Verni, 40. PELLICCIA LORENZO, di Francesco, offitiale, incaricato dell'incanto, 68. PELLICCIA NICOLAO, di Verni, maestro di scuola, copia lo Statuto di Cardoso, 17. Perpoli, sua struttura amministrativa e burocratica, LXXVI-LXXXI; Consiglio, LXXVI, LXXVII; Governatori, LXXVII; Offitiali, LXXVII; Ambasciatori, LXXVII, LXXVIII; Scrivano, LXXVIII; Aspetti sociali e religiosi, LXXVIII, LXXIX; Aspetti urbanistici e territoriali, LXXIX; Estimo, LXXX; Forestieri, LXXX; Attività agricole e boschive, LXXX, LXXXI; Pascoli, LXXXI; Porci e capre, LXXXI; Hosteria, LXXXI, LXXXII; Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sua assegnazione al Comune di Lucca, 11; questioni di confine, 11; suo Statuto, 21, 22; sue deliberazioni consiliari, 37; suo libro di contabilità, 47, 48; suoi registri di estimo, 54, 55; suo registro di Colte, 66; suo registro di incanti, 68, 69; è nella Vicaria di Gallicano nel secolo XIX, 81; è parte della Comunità di Gallicano, 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85, 86; è aggregato con Fiattone, 83; suo libro di Catasto, 91; suoi libri di contabilità, 95; suo Statuto in Archivio Fotografico, 101. Pescaglia, suo Giudice di Pace assegnato al Circondario degli Appennini, 82; è parte della Cancelleria di Borgo a Mozzano (1815), 84. Piaggia, l.d., a Cardoso, sua assegnazione in incanto, LXX. Piaggioni, l.d., a Cardoso, taglio di legname, LXVI. PIERI GIOVANNI, di Piero di Giovanni, in estimo nella Comunità di Cardoso, 50. PIERI IACOPO, statutario a Gallicano, 19. PIERI PELLEGRINO, di Piero, in estimo nella Comunità di Cardoso, 50. Pieve Fosciana, è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. PINOCCI ANTONIO, caporale riforma lo Statuto di Gallicano, 20. PINOCCI CATERINA, moglie di Orlando, di Gallicano, suo danno dato, 72. PINOCCI GIOVAN BATTISTA, massaiolo a Gallicano, 68. PINOCCI NICOLAO, massaro del castello di Gallicano, 28. PINOCCI NICOLAO, incaricato della ripartizione della colta, 58. PIO V, papa, suo Lodo relativo al Monte Gragno, 74. PIO VII, papa suo breve in materia di tassazioni, 90. POLI ADELMO, nota bibliografica archivistica, 106. POLI FRANCESCO ANTONIO, caporale eletto per la formazione dell'estimo di Bolognana, 51. POLI GIOVANNI, di Martino, statutario a Bolognana, LIII. POLI GIULIO, di Santi, stimatore di beni in Bolognana, 51. POLI LORENZO, di Santi, misuratore di terreni in Bolognana, 51. POLI SANTI, di Polo, stimatore di beni in Bolognana, 51. Polvere da sparo, assegnazione in incanto, 68. Porta Calda, l.d., a Cardoso, ivi la Fontana, LXIV, LXV. Potestà di Lucca, sua funzione, XXVII. Pozzi da Colli, l.d., a Cardoso, ivi la fontana, LXIV. Prada del Monte, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII; a Verni, LXXXV. Predicatore, sua attività a Cardoso, LXIII. Prefetture di Lucca e Castelnuovo durante il Principato, 83. Presidente, del Consiglio Municipale, durante il Principato, sua attività, 82. Priori, delle Comunità di Gallicano, loro istituzione e competenze, 85. Processioni religiose, a Bolognana, LVII; a Cardoso, LXI, LXIII; a Perpoli, LXXVII, LXXVIII, LXXIX. Protettori, delle Vicarie, o Deputati, notizie storiche, 43. Proventi, normazione relativa, a Gallicano, XXXVIII, LI; a Cardoso, LXIX, LXX; a Fiattone, LXXIV, LXXV; a Perpoli, LXXXI, a Verni, LXXXIII. Provveditore Generale, della contabilità ed economia delle Comune dello Stato, sua istituzione, 94; sua abolizione, 94. PUCCETTI FILIPPO, capitano, incaricato di registrare alcune scritture del Comune di Gallicano, 41, 42. PUCCETTI ZACCARIA, consigliere, incaricato della ripartizione della colta, 58. PUCCI SIMONINI SIMONE, custode della Comunità di Gallicano, 46. REGOLI GIOVANNI ANTONIO, della Comunità di Cardoso, 52. Renaio, strada per, pascoli, XLIX. Riana, Comunità, sua assegnazione al Comune di Lucca, 11; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85-86. RIDOLFI MICHELE, riforma lo Statuto di Gallicano, 20. RIDOLFI SEBASTIANO, alfiere, incaricato per la nuova stesura dello Statuto di Gallicano, 21; incaricato di registrare alcune scritture del Comune, 41, 42. RINALDO MARC'ANTONIO, cancelliere, 48. Rio di Gragnio, l.d., zona di confine, L. RISTORI RENZO, nota bibliografica archivistica, 105-106. Rocca, di Gallicano, nota di forniture, 19. s. Rocco, sua festività a Bolognana, LVI; sua immagine, ivi, LVII; sue festività a Perpoli, LXXVIII. ROMITI ANTONIO, VII, XIV. RONCAGLIA MICHELANGELO, notaro a Gallicano, segnato in colta, 58; scrive il libro delle colte, 61; scrive il libro dei Danni Dati, 72. Rosso, l.d., in Gallicano, 72. Rossola, l.d., nel territorio di Bolognana, LVII. Sale, Dogana, a Gallicano, suo funzionamento, LII; a Bolognana, LV, LVI; a Cardoso, LXVIII, LXIX. Santa Croce, Opera, cero offerto dalla Vicaria di Gallicano, 14. Santa Lucia, l.d., nella Comunità di Fiattone, 50. San Miniato, 29. San Pietro in Cortina, Contrada in Lucca, 12. San Romano, nella Vicaria di Gallicano nel secolo XIX, 81; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è parte della Comunità di Gallicano (1808), 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85-86; è aggregato a Motrone, 87; suo libro di contabilità, 95. San Rocco, piazza a Cardoso, ivi la fontana, LXIV; ivi vendite di beni, LXVIII. San Romano, confine con Cardoso, LXVI. SANTINI, Anziano del Comune di Lucca, sua attività in Gallicano, XXXIX. SANTINI GIOVANNI, di Giovanni, incaricato dell'incanto, 68. SANTINI GIOVANNI, statutario a Verni, LXXXII. SANTORO DI GIOVANNI, compila l'estimo di Perpoli, 54. SANTUCCI IACOPO, prete a Gallicano, segnato in colta, 58. Sbirri, loro funzione all'interno della Vicaria, 15; loro attività, 71-72. Scrivano, XVII, 9; sua funzione, a Bolognana, LV, LVI; a Cardoso, LX, LXI, LXIII; a Perpoli, LXXVIII; a Verni, sue competenze, Scrivano all'accuse, sue funzioni, a Fiattone, LXXIII. s. Sebastiano, festività a Perpoli, LXXVIII. Seggi, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. SERAFINI GIOVANNANTONIO, di Serafino, caporale, incaricato della riforma dello Statuto di Perpoli, 22. Serchio, Cantone, Circondario amministrativo, 81. SERGIUSTI PAULINI VINCENZO, attuario nella Comunità di Gallicano, 36. Seta, normazione relativa, a Gallicano, XLVII, XLVIII; a Verni, LXXXV, LXXXVI. Siena, 71. SIMONCINI SIMONE, sua attività di contabile presso il Comune di Gallicano, 47. SIMONINI EMILIO, ringraziamento, XIX. SIMONINI PUCCI, v. Pucci Simonini. Sindacatori a Gallicano, loro funzione, XXIX, XLIV. Sindici, a Gallicano, loro funzioni, XXVII, XXXI, XLIV; a Bolognana, LV; a Cardoso, LXI, LXII; a Fiattone, LXXII, LXXIII. Soccella, strada di, pascoli, XLIX. Sommocolonia, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11. Sottoscrivano, sue funzioni, a Fiattone, LXXIV. Sovrintendenza Archivistica, per la Toscana, ringraziamento, IX. SPADA AUGUSTINO MARIA, Deputato sulla Comunità di Cardoso 46; Deputato della Comunità di Perpoli, 47. STARHEMBERG, sua reggenza in Lucca, 84. Statuti, notizie storiche, serie archivistica, 15-23. Stemma, del Comune di Bolognana, 16; del Comune di Gallicano, 18; della Repubblica di Lucca, 18; della Repubblica, 22; del Comune di Lucca, 22; della Comunità di Perpoli, 22; del Comune di Gallicano, 22; del Comune di Cardoso, 52; della Repubblica di Lucca, 54. Stimatori e Terminatori di Differenze, loro funzioni a Bolognana, LVI, a Cardoso, LXII. Stradella, l.d., zona di confine, L. Tabacco, sua vendita, LXXXIII. Tassa Prediale, sua applicazione, 89-90. Tassazioni, loro imposizioni a Gallicano, XXXII, XXXIII, XXXIV, XXXVII, XL, XLV, XLIX; a Bolognana, LV, LVI; a Cardoso, LXVIII, LXX; a Fiattone, LXXIV; esenzioni accordate al Comune di Gallicano, 12,13. Tiglio, Comunità nella Vicaria di Barga, 11. Toscana, Granducato di, riceve il Ducato di Lucca, 14, 86. TOTI ANSANO, di Lorenzo, partecipa alla formazione dell'estimo di Cardoso, 52. TOTI FRANCESCO, incaricato per la nuova stesura dello Statuto di Gallicano, 21. TOTI GIOVANNI, di Matteo, da Cardoso, sua lettera d'incarico, 44. TOTI IACOPO, di Pietro, sargente, sue proprietà in estimo nel Comune di Cardoso, 50; partecipa alla formazione dell'estimo di Cardoso, 52. TOTI PAOLO, scrive il Libro dei Capitoli e Statuti Penali di Gallicano, 21. TOTI PIETRO, da Cardoso, sue suppliche, 17. Tramutanti, normazione ad essi relativa a Gallicano, XXXVII, XXXVIII, L; a Cardoso, LXVIII; a Fiattone, LXXIII; loro posizione giuridica, 10; loro condizione nel sistema delle Colte, 58. Trassilico, Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; sue terminazioni, 35; comprende la Comune di Vallico di Sotto, 84; è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84; sua destinazione, dopo il 1847, 86. TRENTA LORENZO, Commissario, sua attività in Gallicano, 23. Treppignana, Comunità, nella Vicaria di Barga, 11; sua assegnazione al Comune di Lucca, 11; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85-86. Tribunale di Prima Istanza di Massa e Castelnuovo, sua soppressione, 83. Turrite, sua tutela, XXXIV, XXXV; incanto e provento, LI; pesca, LII. Ufficiale Civile, o Presidente, nelle Sezioni, 85. UNGARI TOMAZO, notaro in Gallicano, 32; scrive il libro delle colte a Gallicano, 61. Urbanistica, funzionamento in Gallicano, XXXIV, XXXV, XLVI; a Bolognana, LVIII; a Cardoso, LXIV, LXV; a Fiattone, LXXIV; a Perpoli, LXXIX; a Verni, LXXXIII. VALENTINI GREGORIO, di Antonio, statutario a Bolognana, LIII. Val del Prodo, l.d., a Bolognana, LVII. Vallico, suo confine con Bolognana, LVII; suo confine con Cardoso, LXVI. Vallico Di Sopra, Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; questioni di confine, 11; sue terminazioni, 35. Vallico Di Sotto, Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; questioni di confine, 11; sue terminazioni, 35; nella Comunità di Trassilico, 84. VECOLI PAOLO, commissario di Gallicano, 32. Vendemmia, sua regolamentazione, a Gallicano, XXXV, XXXVI, XLVII; a Cardoso, LXV. Vergemoli, Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; comprende le Comune di Fornovolasco e Compolemisi, 84; è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. Verni, sua struttura amministrativa e burocratica, LXXXII-LXXXVI; Consiglio, LXXXII; Offiziale, LXXXII; Cancelliere, LXXXIII; Aspetti urbanistici e territoriali, LXXXIII; Proventi, LXXXIII; Denunce di danni, LXXXIII, LXXXIV; Attività agricole e boschive, LXXXIV; Legnami, coltivazioni, LXXXIV, LXXXV; Pascoli e bestiami, LXXXV; Seta e gelsi, LXXXVI, LXXXVI; Comunità, nella Vicaria di Barga, 10; assegnazione definitiva alla Vicaria di Gallicano, 10; partecipazione alle spese della Vicaria, 10; suoi Statuti, 22, 23; deliberazioni degli Offiziali, 39, 40; suo registro di estimo, 55; suoi registri di Colte, 66; è nella Vicaria di Gallicano nel secolo XIX, 81; è parte del Cantone di Gallicano (1806), 82; diviene Parrocchia (1807), 83; è parte della Comunità di Gallicano, 84; è Comunità della Vicaria di Gallicano (1818), 85; è Sezione del Dipartimento di Gallicano, 85, 86; sue deliberazioni consiliari e notizie sulla documentazione, 87, 88; suo libro di Catasto, 91; suo libro di contabilità, 95; suo statuto in Archivio Fotografico, 101, 102. Viareggio, Cantone, Circondario Amministrativo, 81; è creato Circondario, 85. Vicaria di Barga, sua composizione, 10-11. Vicaria di Gallicano, XVI, XVII, notizie storiche, 100 e segg.; suoi fuochi, 13; sue composizioni, 12-13; suoi organismi deliberativi, 25 e segg.; sue competenze, 81. Vicarie, periodo della Repubblica, notizie, XVI-XVII, 14. Vicario, di Gallicano, sue funzioni, XXV, XXVI, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI, XL; sue notizie, 7-15, suo salario, 12. Vienna, Congresso di, decisioni riguardanti Gallicano, 14; decisioni riguardanti il territorio lucchese, 84, 86. Villa Collemandina, è parte della Giudicatura di Pace di Castelnuovo, 84. Vigna di Nicolao di Ambrogio, l.d., a Cardoso, divieto di Pascolo, LXVII. Volto Santo, sua effige raffigurata, 18. WERKLEIN GIUSEPPE, tenente e colonnello, sua reggenza in Lucca, 84. Zanepori, canale, in Gallicano, XLVII. Zecca, disposizioni relative, 31. ZELI MATTEI MICHEL, officiale nel Castello di Gallicano, 28.
PREMESSA - Pag. XI
LE COMUNITA' DELLA VICARIA - Pag. XXI
Gallicano - Lo Statuto del 1461 - Parlamento e Consiglio - Guardie - Capitani - Sindici - Imbasciatori - Guardiani - Guardiano forestieri - Guardiano dei libri - Sindacatori - Officiali sopra le vie, ponti e fonti - Notaro - Messo - Incarichi amministrativi - Aspetti sociali e religiosi - Tassazioni - Estimo - Accuse di danni - Aspetti urbanistici e territoriali - Attività agricole e boschive - Pascoli e bestiame - Tramutanti e forestieri - Proventi - Moneta - Lo Statuto del 1657 - Parlamento e Consiglio - Offitiali - Notaro - Camarlingo - Massaiolo - Guardiano - Guardiano secreto - Offitio della Colta - Sindacatori - Sindico - Messo - Essecutori - Maestro - Guardie - Aspetti sociali e religiosi - Aspetti urbanistici e territoriali - Attività agricole e boschive - Seta - Bestiame - Fiume - Legnami - Tassazioni - Pascoli e bestiame - Tramutanti e forestieri - Danni dati - Proventi - Sale - Hostarie - Pesca - Giuochi - Pag. XXIV
Bolognana - Consiglio - Governatori - Offitiali - Sindici - Scrivano - Stimatori e Terminatori delle differenze - Aspetti sociali e religiosi - Attività agricole e boschive - Aspetti urbanistici - Pascoli e bestiame - Pag. LIII
Cardoso - Parlamento e Consiglio - Offiziali - Sindici - Ambasciatori - Guardiani - Stimatori e Terminatori - Scrivano - Maestro di Scuola - Predicatore - Offizi particolari - Aspetti sociali e religiosi - Aspetti urbanistici e territoriali - Attività agricole e boschive - Vicenda dei porci - Pascoli e bestiame - Tramutanti e forestieri - Tassazioni - Sale - Proventi - Macello - Mulini e frantoi - Pesca - Piaggia e Barcho - Pag. LIX
Fiattone - Consiglio - Governatori - Sindici - Scrivano all'Accuse - Camarlinghi - Cancelliere e Sottoscrivano - Tassazioni - Aspetti urbanistici e territoriali - Proventi - Pascoli e bestiame - Attività agricole e boschive - Divieti - Pag. LXXI
Perpoli - Consiglio - Governatori - Offitiali - Ambasciatori - Scrivano - Aspetti sociali e religiosi - Aspetti urbanistici e territoriali - Estimo - Forestieri - Attività agricole e boschive - Pascoli - Porci e capre - Hosteria - Pag. LXXVI
Verni - Consiglio - Offiziale - Cancelliere - Aspetti urbanistici e territoriali - Proventi - Denunce di danni - Attività agricole ed altre boschive - Legnami e coltivazioni - Pascoli e bestiame - Seta e gelsi - Pag. LXXXII
Codifica: Diego Sassetti, settembre - novembre 2018Paolo Santoboni, revisione, dicembre 2018