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L'archivio postunitario del Comune di Prato

Tipologia: inventario analitico

a cura di Carlo Fantappiè

patrocinio: Pubblicato col contributo della Cassa di risparmi e depositi di Prato e del Comune di Prato

Pubblicazione: Prato, Società pratese di storia patria, 1988

Descrizione fisica: pp. LIX-600, mm. 240 x 170

Collezione: Inventari, 3

Contenuti:

Queste mie brevi pagine non hanno la funzione (né, tantomeno, la pretesa) di illustrare l'impostazione metodologica e scientifica dell'Inventario dell'archivio comunale postunitario del Comune di Prato.
Chi si appresta a consultarlo, la troverà, invece, chiaramente evidenziata nell'ottima introduzione generale (che di per sé rappresenta un vero e proprio saggio, di godibile lettura) e nelle utilissime e ricche introduzioni particolari alle singole «Serie» d'archivio.
Esse intendono, piuttosto, «rende[re] conto» (non solo alla città) del perché l'Amministrazione Comunale, attraverso l'Assessorato alla Cultura, abbia voluto quest'opera.
Vi è, nel nostro Paese, un accresciuto interesse nei confronti di approfonditi studi «locali», nei confronti di ricerche su realtà specifiche e - insieme - del loro inerire, del loro evidenziare più generali e vasti orizzonti storiografici. Anche per questo diviene non più rinviabile l'esigenza di materiale documentario che giace, in genere, in dimenticato disordine, presso enti, associazioni, istituti.
Del resto, l'Italia non è nuova allo spreco di risorse culturali. È a tutti noto lo stato in cui versa gran parte del patrimonio di cui la nostra lunga e travagliata storia ci ha lasciato eredi invidiati ma troppo spesso irriconoscenti.
Molto, quindi, vi è da fare per le pubbliche amministrazioni come per i privati per il recupero e la fruizione - ai diversi livelli - di una vasta massa di materiali, i quali tutti (dal documento cartaceo al prodotto artistico) costituiscono testimonianza oggettiva prescindendo dalla quale diviene impossibile ogni progresso conoscitivo.
Ricchezze che potrebbero - se pienamente disponibili - riversare benefici (non valutiamo ancora appieno quanto grandi) sulla nostra cultura come sul nostro vivere quotidiano.
È questo il caso dell'archivio preso in esame in questo volume che, per la particolare vicinanza cronologica, può rivelarsi utilizzabile (risvolto questo non dovunque considerato a sufficienza) sullo stesso piano amministrativo.
Ricchezza documentaria sino ad oggi riservata al paziente lavoro degli studiosi, i quali, peraltro, in mancanza di agili strumenti di ricerca e consultazione, inevitabilmente hanno dovuto accettare il rischio di una immeritata sproporzione tra sforzo profuso e risultato ottenuto.
Del resto, l'eccezionalità - di cui a volte i mass media ci informano - di casuali scoperte degli studiosi, non soltanto ci conferma la validità della regola contraria (ossia della diretta proporzione tra ricerca metodica e «scoperta») cui anche Fantappiè fa riferimento, ma, appunto, delle potenzialità insite nel recupero degli «archivi» (e do al termine la più vasta accezione) oggi troppo lontani da corretti e e ben impostati canali, che li connettano al più proficuo lavoro della nostra intelligenza.
In forza di queste considerazioni, le scelte che stiamo portando avanti con coerenza nella politica culturale della città, sono orientate a sviluppare e rafforzare (accanto alla fornitura di «prodotti finiti») anche i laboratori ove tali beni si producono.
Penso, ad esempio, a quanto il nostro comune ha fatto per la costituzione dell'Archivio Fotografico Toscano. O, ancora, all'immenso sforzo per impiantare, sviluppare e - presto - portare a compimento quella «Prato, storia di una città» cui sono legati i nomi di studiosi di fama internazionale, primo fra tutti quello del grande Fernand Braudel.
Si pensi, infine, a quel punto di riferimento che - nel campo degli studi economici medievali - è l'Istituto internazionale «Francesco Datini». Ecco, quindi, che il lavoro del Fantappiè si colloca - in questo mosaico di iniziative - come una tessera importante sul cammino certo non facile di ricerca e riscoperta di un passato cui si riconnette, vivo e contemporaneo, il filo di una realtà che ininterrottamente si è svolta fino ai nostri giorni.
Ed ecco, mi sembra, chiarito l'intento che ci ha mossi affidando ad un giovane ma già autorevole studioso la realizzazione di quest'opera.
Debbo ringraziare Carlo Fantappiè, che - da capace ricercatore - ha saputo col suo lavoro porsi gli interrogativi cui - da esperto di archivistica - ha poi offerto le giuste risposte.
Egli ha così contribuito in modo determinante a rendere l'archivio postunitario un vivo strumento attraverso cui entrare in terreni ancora in gran parte vergini.
Non tutto, lo sappiamo è già fatto. Occorrono ancora locali idonei ed occorre personale: ma stiamo già lavorando alla soluzione di questi problemi, perché si possa al più presto giungere all'utilizzo - continuativo e «normale» - di questa struttura.
Credo però che nessuno possa dubitare della volontà dell'Amministrazione Comunale: se si agevola la costruzione di una strada, è perché si desidera che sia percorsa.
Voglio infine augurarmi che siano in molti ad apprezzare e «sfruttare» la fatica di Fantappiè.
Perché lo meritano il rigore e la viva passione che egli vi ha profuso. E - mi si consenta - perché la natura stessa di questo libro è tale che chiunque ad esso si avvicinerà, lo farà (non solo, ma anche) per conoscere meglio la nostra storia.
E voler conoscere è la premessa indispensabile di ogni amicizia.
Prato, dicembre 1987
Alessandro Lucarini
Sindaco del Comune

L'occasione che ci viene offerta con la pubblicazione dell'inventario dell'Archivio comunale post-unitario, di una rivisitazione ragionata dei materiali documentali conservati dal Comune di Prato, ci dà lo spunto per una riflessione seria sulle politiche culturali tese al recupero di ricchezze cartacee per lo studio e la conoscenza della nostra storia. Il nostro Comune, da tempo ha operato in questa scelta, che in parte, viene oggi a concretizzarsi con la pubblicazione del lavoro di Fantappiè. La ricerca, conclusa nel dicembre dello scorso anno, è presentata dal sindaco Alessandro Lucarini, le considerazioni del quale mi trovano del tutto consenziente. Desidero, tuttavia, in queste poche righe, sottolineare il rigore scientifico dell'autore e riconfermare l'impegno del comune di Prato a favorire questo tipo di ricerca. All'autore il ringraziamento più sincero dell'Amministrazione Comunale e l'invito a proseguire nel suo esemplare lavoro.
Prato, 5 maggio 1988
Claudio Martini
Sindaco del Comune



È stato recentemente osservato che lo Stato italiano, dall'unificazione in avanti, ha esercitato sulla documentazione non statale appartenente a enti pubblici, territoriali o no, «un controllo meno diretto e più debole, se non esitante e incerto», se non quello riservato alle carte dei propri organi1. La custodia della documentazione non statale fu, infatti, delegata agli stessi enti o persone che l'avevano prodotta, ai quali fu anche lasciata un'ampia libertà d'azione (o forse d'inazione) in questa materia, almeno sino alla legge del 1939 che prescrisse una normativa per la conservazione e la trasmissione di questi complessi documentari e istituì appositi organi statali di vigilanza (le Sovrintendenze archivistiche a base regionale)2.
Anche in precedenza, da parte dei ministeri e delle prefetture, non erano tuttavia mancate raccomandazioni e stimoli affinché gli enti pubblici - e in modo particolare i comuni - s'interessassero della buona tenuta dell'archivio (antico e corrente) e si preoccupassero della sua inventariazione3. I regolamenti generali degli Archivi di Stato del 1875 e del 1902 avevano sancito, in particolare, il principio dell'opportunità conservativa e quello dell'inventariazione degli archivi degli enti territoriali4. Ma la mancanza di appositi apparati statali che si preoccupassero della loro effettiva attuazione, e una pluralità di fattori materiali e ideologici che indicheremo più avanti, restrinsero notevolmente l'efficacia di questi decreti.
In assenza di un forte legame operativo e normativo tra lo Stato e gli enti locali in materia di archivi, chi voglia ricostruire la storia degli archivi comunali prima della seconda guerra mondiale si trova necessariamente obbligato a esplicitare quel principio - apparentemente tautologico - per il quale quella storia coincide con le ragioni e i modi dell'interessamento promosso o evitato dall'ente produttore nei confronti delle proprie carte. Una storia degli archivi, tuttavia, non sarà mai il risultato di una vicenda interna ma l'occasione per rivelare «le molte vie attraverso le quali il mondo esterno entra negli archivi e ne condiziona l'esistenza, l'organizzazione, i criteri di conservazione, e le finalità stesse del suo operare»5.
Anche nel caso dell'archivio comunale di Prato è dato riscontrare un intreccio costante delle vicende culturali e politiche della città con l'attenzione o il disinteresse verso la propria memoria storica. Sullo sfondo di lunghi periodi di silenzio dell'amministrazione locale o di concitati interventi archivistici e brusche riprese di fervore per le antiche carte non è difficile intravedere, di volta in volta, chiusure e appiattimenti burocratici, l'azione isolata di qualche volenteroso erudito locale, oppure lo stimolo propulsivo di progetti fortemente caratterizzati dal punto di vista ideologico.
Da interessi così mutevoli e da motivazioni sostanzialmente strumentali - o comunque esterne alla presa di coscienza del valore della documentazione in se stessa e della sua trascendenza rispetto a qualsiasi indirizzo o finalità storica influenzata dal presente -, può dipanarsi solo una vicenda archivistica intermittente, priva di qualsiasi linearità progressiva, segnata più da episodi e velleità che da compiute realizzazioni. Ripercorrerne i momenti salienti significa, oltre che contribuire alla comprensione dell'attuale intervento ordinativo, assolvere alla «funzione pedagogica»6, che la storia degli archivi ha nei riguardi del pericolo ricorrente dell'indifferenza, spesso camuffata dal rispetto alla priorità del presente.
Nel decennio seguito all'unificazione amministrativa del regno d'Italia, che i pratesi avevano sperata e salutata con entusiasmo, la città viveva una notevole fase di crescita non solo demografica ed economica ma anche culturale. La storia di Prato era illustrata da un Cesare Guasti, l'insegnamento umanistico del Seminario vescovile e del collegio Cicognini assumeva un rilievo nazionale, il clero forniva vescovi per tutte le diocesi della Toscana. In questo contesto intellettualmente vivace, dove il gusto delle ricerche storiche ed erudite era diffuso fra gl'intellettuali, e il comune non mancava di amministratori culturalmente preparati, s'inserì l'iniziativa del segretario generale Giuseppe Badiani7 di riordinare l'archivio comunale.
La solida preparazione culturale, la consolidata esperienza giuridico-amministrativa, la sincera passione per la storia della città furono gli elementi che spinsero il Badiani ad affrontare il lavoro d'ordinamento non come un semplice dovere d'ufficio ma come un serio e motivato impegno culturale che esigeva rigore scientifico e consapevolezza metodologica. Se ne compiaceva la Giunta municipale, a conclusione del lavoro, il 29 dicembre 1874, notando che «le regole seguite nella classificazione dei documenti» erano «identiche a quelle odiernamente praticate in operazioni congeneri a riguardo dei più importanti Archivi tanto comunali che governativi»8.
Che l'opera del Badiani s'inserisse nel più generale progetto statale di servirsi della documentazione locale per rafforzare «l'immagine dello stato-nazione, così come era uscito dal processo di unificazione politico-amministrativa da poco concluso»9, appare dalla tipologia classificatoria utilizzata, che operava una ristrutturazione dell'archivio comunale fondata sull'ipotesi di una presunta continuità materiale e ideale delle istituzioni territoriali del passato con l'attuale organizzazione dello Stato10.
Il secolare particolarismo toscano poteva comporsi con il desiderio di giovare alla crescita della coscienza nazionale. Riconoscendo l'utilità del lavoro svolto dal Badiani, il consigliere comunale Martino Pampaloni ne propose la stampa, che la Giunta approvò il 15 settembre 1875 «nell'intento di fare cosa utile agli studiosi delle memorie patrie e per comodo altresì dell'amministrazione del comune»11. È interessante notare come l'incidenza della valutazione scientifica data alle carte d'archivio conducesse l'amministrazione comunale ad assumersi il compito non solo di conservarle per la tutela degli interessi amministrativi della collettività, ma anche di divulgarne l'inventario per dare incremento alla ricerca storica.
Il raggiungimento di questa finalità scientifica comportava tuttavia una ristrutturazione dell'inventario, originariamente redatto per scopi prevalentemente amministrativi. Il Badiani credette necessario rivederlo e ampliarlo specialmente nella descrizione delle unità, ritenuta troppo sommaria12. Per disporre di una valida guida in questo lavoro, il segretario comunale si rivolse all'amico Cesare Guasti, il quale gli fece inviare dal Ministero dell'interno il primo volume dell'Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, esemplarmente curato da Salvatore Bongi13.
Non sappiamo per quali motivi, ma purtroppo il progetto di pubblicazione dell'inventario dell'archivio comunale di Prato non fu portato a compimento. Un tardivo continuatore dell'opera del Badiani, Ruggero Nuti, avvertirà che egli «troncò il suo lavoro, perché non ebbe il desiderato incoraggiamento da chi aveva il dovere di darlo»14.
Il pensionamento del segretario comunale, avvenuto nel 1894, e la sua morte, due anni dopo, sembrarono lasciare orfano l'archivio. Volendo procedere alla ristrutturazione degli uffici, il Consiglio comunale deliberò di trasportare tutte le carte dal secondo al primo piano del palazzo comunale, e di incaricare il notaio Ubaldo Franchi, «esperto in tale materia», di coadiuvare il nuovo segretario generale «nei lavori di trasporto, di classificazione e di coordinamento dell'archivio predetto nel nuovo locale a ciò destinato»15. La complessa operazione, iniziata nel settembre 1896, si protrasse per due anni e mezzo e, una volta effettuata, ripropose il problema della compilazione dell'inventario.
Nonostante il periodo aureo della cultura pratese fosse tramontato, si continuava a prendere a cuore le carte d'archivio e ci si proponeva di valorizzarle sotto il profilo culturale. Ciò non è mostrato solo dalla diligenza con cui la Giunta municipale predispose il loro trasloco ma anche e soprattutto dal fatto che la decisione di affidare al Franchi, nel 1899, la cura dell'inventario dell'«archivio antico» (e si precisava, con cognizione di causa, «cioè fino al 1865») venne presa in una con l'intenzione di incaricare il cavaliere Carocci di redigere il catalogo della Pinacoteca comunale, «ampliata notevolmente in questi ultimi tempi e corredata di molte e importanti opere d'arte»16.
Nel primo venticinquennio del Novecento, al contrario, l'archivio comunale antico sembra perdere ogni valenza storica per la città, e quello corrente, nonostante le aumentate esigenze amministrative, patisce di una certa incuria.
Con il trapasso della cultura influenzata dal pensiero positivistico e la crisi delle sue ramificazioni nelle discipline storiche si indebolivano le feconde relazioni tra l'archivio e suoi consumatori (gli eruditi e gli storici documentari) e tra la cultura e le istituzioni storiche locali. La progressiva affermazione dell'indirizzo idealistico in Italia contribuì a gettare in discredito il culto del documento e la ricerca erudita17. Staccati dal loro abituale circuito di alimentazione gli archivi passarono di moda e videro sempre più diminuire il numero e la qualità dei loro frequentatori.
Oltre a questi fattori culturali, «la mancanza di pietà verso le carte, da parte di chi pur ne aveva e tanta verso qualsiasi altro aspetto della attività amministrativa» va ricondotta - come ha rilevato il Sandri - «a quell'appiattimento dell'archivio nel quadro dei servizi dello Stato burocratico ed alla resistenza di questo ad ammettere come valutabile per la storia quanto per lui cessava di avere un valore»18.
Si spiega così la fredda determinazione con cui, per le ricorrenti necessità burocratiche, la Giunta municipale presieduta dall'avvocato Ferdinando Targetti stabilì, nel 1914, il trasferimento dal palazzo comunale al palazzo pretorio della «parte più antica dell'archivio del comune»19.
Si trattò di un provvedimento di basso spessore amministrativo che non suscitò nella Giunta la benché minima avvertenza né dei rischi né delle possibilità genuinamente culturali che erano insite nella separazione delle carte postunitarie, d'interesse corrente per esigenze amministrative, dalle carte preunitarie, inservibili per queste ultime, ma in grado di divenire un bene prezioso ai fini della comprensione storica della città.
Il mancato interessamento dell'amministrazione comunale per il proprio archivio assume un carattere tanto più negativo se messo a confronto con il contemporaneo fenomeno di un ritorno alle indagini sulla storia pratese - dopo un periodo di relativa stasi - da parte di gruppi d'intellettuali e di appassionati cultori delle vicende patrie. Risale al 1916, infatti, la pubblicazione della prima monografia completa Sulla storia di Prato dalle origini alla metà del secolo XIX, frutto delle lezioni tenute da Sebastiano Nicastro all'Università popolare, e la comparsa, a cura della neonata Società pratese di storia patria, del primo fascicolo dell'«Archivio storico pratese»20.
Un nuovo clima di fervore intorno agli archivi - con una predilezione verso quelli maggiormente dotati di documenti medievali - si registrò negli anni del consolidamento del regime fascista. Anche in questa occasione, come era già avvenuto con l'avvento dello Stato unitario, il desiderio di annullare le distanze e le diversità del passato con un presente magnificato e assunto a canone interpretativo delle vicende storiche, indusse gli organi centrali e periferici del regime a un'operazione di recupero ideologico delle tradizioni comunali21.
Gli archivi storici dei comuni furono utilizzati dalla retorica nazionalistica per mostrare il «passato glorioso» delle città e in tal modo tentare d'accrescere i consensi alla politica fascista.
Quest'uso palesemente strumentale degli archivi ebbe tuttavia l'effetto di favorire una larga opera di «tutela delle memorie patrie» che non si limitò al riordinamento delle carte preunitarie ma si allargò ad importanti archivi cittadini, che vennero sottratti al loro incerto destino e acquisiti al comune.
Artefice principale - se non unico - di tutti questi interventi promozionali nel settore archivistico pratese fu per un trentennio Ruggero Nuti22, commesso di prima classe e poi archivista del comune. Sebbene distante dalle idee e dai programmi del regime fascista, le capacità tecniche, la vasta conoscenza della storia cittadina e il ruolo crescente nella organizzazione culturale locale fecero di lui un consigliere privilegiato dell'amministrazione comunale.
La serie degli interventi archivistici attuati dal Nuti s'iniziò nel 1928 con la ripresa del vecchio lavoro del Badiani di riordinamento e d'inventariazione dell'archivio antico. Benché si presentasse facile e sbrigativa, l'opera del Nuti era stata in realtà notevolmente complicata dai due trasferimenti e dall'incuria in cui l'archivio era stato abbandonato23.
Secondo un rapporto dell'ispettore onorario ai monumenti avv. Angelo Badiani, il Nuti dovette procedere alla revisione di «tutto il materiale [oltre settemila unità] filza per filza ed anche, talora, fascicolo per fascicolo perché molte filze erano state manomesse e molte carte confuse, avendo egli rintracciato in tale lavoro anche frammenti di documenti assai importanti che sono stati catalogati a parte»24.
L'opera di predisposizione del nuovo inventario dell'archivio antico - che si protrasse al luglio 1931 - fu coronata dalla pubblicazione a stampa tra il 1932 e il 193825. Ad assicurare il felice esito dell'operazione contribuì una raggiunta consapevolezza del valore culturale dei documenti, per quanto essa fosse inquinata da fini propagandistici. Si partiva dal presupposto che l'archivio comunale «riconosciuto d'importanza storica incalcolabile dai molti studiosi (come il Guasti, il Davidsohn, il Caggese, il Giani e tanti altri che vi hanno attinto a piene mani), merita non solo di essere conservato e tramandato ai posteri a testimonianza di un passato glorioso, ma anche di essere conosciuto da tutti gli studiosi, che spesso si recano appositamente in questa città per consultare Statuti, deliberazioni, atti criminali ed altri preziosi documenti rari, che risalgono fino ai lontani anni intorno al 1200»26.
In effetti, grazie anche alla rinascita degli studi locali, l'interesse verso i documenti comunali pratesi e il numero dei frequentatori «esterni» alla città s'era discretamente accresciuto. A ratificare, con la sua autorità scientifica, l'importanza dei loro archivi era venuto in soccorso dei pratesi uno studioso di formazione fiorentina, Renato Piattoli, che, prima di dedicarsi all'edizione diplomatica di numerosi documenti medievali dell'area pratese (tra i quali i Consigli del comune), inaugurò proprio con un volume dedicato a Prato, nel 1932, la Guida storico-bibliografica degli archivi e biblioteche d'Italia diretta da Luigi Schiaparelli27.
I dieci anni seguenti furono dedicati dal Nuti, oltre che all'esplorazione delle fonti documentarie cittadine a fini storico-amministrativi, all'inventario di numerosi fondi e all'acquisizione di preziosi archivi privati integrativi di quello comunale. Egli riuscì a far acquisire al comune, rispettivamente nel 1936 e nel 1940, le carte degli eredi Buonamici e Novellucci «nel proposito di preservarle da una dispersione o da un esodo e di completare le raccolte che l'Archivio stesso [comunale] possiede»; in seguito si studiò di portare a buon esito le trattative per la donazione delle carte Martini e Zarini e, nel 1942, delle ben più ricche carte Vai28.
Un passo decisivo verso una sicura collocazione istituzionale dell'archivio preunitario del comune e dei ricchi complessi documentari degli enti pii, del Patrimonio ecclesiastico e degli archivi domestici cittadini (tra i quali spicca per importanza quello di Francesco Datini), venne effettuato nel 1958 con la creazione in Prato di una Sottosezione dell'Archivio di Stato fiorentino dietro interessamento dell'allora sottosegretario dell'Interno on. Guido Bisori29. Con il versamento in forma di deposito delle carte preunitarie, l'amministrazione comunale risolveva positivamente il problema di un'adeguata valorizzazione culturale di una parte del proprio patrimonio archivistico, ma lasciava insoluto il problema della conservazione-trasmissione-utilizzazione delle carte da essa prodotte dal 1865 in avanti30.
Il rinnovamento della storiografia contemporanea negli ultimi decenni e l'allargamento dei suoi interessi verso la storia sociale, politica ed economica delle città come dei piccoli centri ha avuto l'effetto di portare alla ribalta gli archivi locali e quelli comunali in specie. La documentazione postunitaria, che fino a pochi anni fa era considerata d'interesse eminentemente amministrativo, è ormai entrata a far parte a pieno titolo del campo d'osservazione e d'indagine degli storici, di un sempre più largo numero di laureandi e dei cultori di storia locale. Per i suoi caratteri specifici lungo l'età contemporanea, Prato non poteva sottrarsi a questa tendenza storiografica. L'iniziativa dell'amministrazione comunale di affidare ad un comitato scientifico diretto da Fernand Braudel l'elaborazione di Prato: storia di una città, in cui dedicare particolare attenzione al «tempo dell'industria», ha attirato e continua ad attirare nell'archivio comunale postunitario un folto numero di studiosi e di ricercatori. Alla crescente domanda di strumenti di corredo per la consultazione delle fonti comunali ha voluto rispondere l'azione di riordino e di inventariazione iniziata nel 1983. Avendo compiuta la gran parte del lavoro31, ci sia permesso di lamentare l'urgente necessità di dare un'idonea collocazione materiale a questo prezioso patrimonio culturale32. Attualmente, infatti, le carte descritte nel presente inventario si trovano separate in tre distinti locali di deposito, ovviamente privi dei requisiti necessari per accogliere gli studiosi e per facilitare la consultazione.
Istituire la sezione separata d'archivio per gli atti dal 1860 al 1944, dotarla di locali adatti e di personale sufficiente significherebbe restituire l'archivio alla città che l'ha prodotto, arricchire Prato di una struttura in grado di rispondere a innumerevoli esigenze culturali, favorire un indispensabile processo di rifondazione del senso civico e dell'impegno civile33.



La storia di un archivio può essere tracciata tenendo conto di quattro domande: come si è creato (l'istituto archivio in rapporto all'ente produttore), come è stato conservato (i luoghi e i modi di conservazione delle carte), come è stato trasmesso (gli interventi di classificazione e di ordinamento), come è stato utilizzato (la natura e l'ampiezza dello scavo storico che su di esso è stato effettuato). Poiché alle prime due domande si è già cercato di rispondere, conviene ora occuparsi dei modi di organizzazione e di trasmissione dovuti sia al processo di conservazione sia a quelli di inventariazione34.
L'esempio pratese riconferma la difficoltà di raggiungere una definizione stabile dell'istituto archivio staccata dalle diverse fasi della sua evoluzione. Queste hanno condizionato anche il problema dell'ordinamento, che non si è posto per la prima volta quando «il conservatore si è trovato di fronte ad una grande quantità di scritture o meglio di archivi che non avevano più rapporti con l'ente produttore»35, bensì molto prima e come problema interno all'archivio di un ente che vedeva modificarsi con relativa frequenza le proprie attribuzioni.
Quando il primo ordinatore dell'archivio nell'epoca postunitaria, il ricordato Giuseppe Badiani, intraprese la sua opera, ebbe l'avvertenza metodologica di confrontarsi con i tentativi precedenti36. L'inventario compilato nel 1853, fondato sulla corrispondenza fra attribuzioni dell'ente e categorie dell'archivio, risentiva di una concezione troppo limitata delle funzioni del comune e inoltre mancava di coerenza nella distribuzione della materia documentaria entro le «categorie».
Con le riforme dell'ordinamento comunale del 1859 e del 1865, la classificazione precedente dell'archivio risultò - a detta del Badiani - «assolutamente insufficiente e viziosa» per «le nuove e più estese attribuzioni esercitate dal comune».
Il problema di attribuire un nuovo assetto organizzativo alle carte fu complicato da una discreta mole di lavoro arretrato dovuto all'incompletezza dell'inventariazione compiuta nel 1853 e alla trascuratezza da allora in poi subentrata nell'archiviazione delle carte prodotte annualmente.
La circolare prefettizia del 15 settembre 1865 e il R.D. 1° settembre 1870, che obbligarono gli enti sedi di consorzio municipale a restituire ai comuni rurali i rispettivi archivi di carattere amministrativo e giudiziario, e i comuni in genere al versamento alle agenzie delle imposte dei documenti catastali e di quelli relativi ai benefici ecclesiastici di patronato regio, provocarono uno sconvolgimento dell'architettura dell'archivio. Molte «categorie», ossia serie, furono completamente svuotate della loro documentazione; quelle rimanenti presentarono vistose lacune per il trasferimento di parecchie unità in altre sedi.
Si rendeva pertanto necessario procedere ad un nuovo ordinamento delle carte rimaste presso il comune. A questo fine il Badiani svolse, tra il 1865 e il 1874, una doppia operazione: da un lato riordinò i documenti «antichi» del Comune (in particolare salvò dalla distruzione le carte appartenenti all'epoca della dominazione francese), dall'altro pose mano alla «formazione delle nuove categorie» entro le quali convogliare la documentazione che il nuovo comune postunitario andava via via producendo.
Frutto e compimento della sua perizia archivistica fu, nel 1874, l'«Inventario dei libri filze esistenti nell'Archivio Comunale di Prato»37. Esso non soddisfaceva soltanto esigenze retrospettive - di accurata elencazione delle unità archivistiche del periodo preunitario -, ma presentava una validità archivistica attuale e, nelle intenzioni, permanente, in quanto la documentazione era dal XIII secolo in avanti esibita senza soluzione di continuità storica o cesure periodizzanti, come un organismo il cui programma genetico era reimpostato - come il Badiani stesso asseriva - in modo «adatto a tutte le variazioni e aggiunte che potranno in futuro rendersi necessarie». In altri termini, il problema dell'ordinamento dell'archivio venne posto in rapporto esclusivamente alla funzionalità dell'istituto come archivio permanente.
Una così ampia «valenza» dell'impianto archivistico fu resa possibile solo svincolando totalmente l'archivio dall'immediatezza pragmatica di un deposito-contenitore per essere disegnato e organizzato da un punto di vista squisitamente dottrinale-giuridico, in due grandi «sezioni» - amministrativa e giudiziaria - e in tante «categorie» quante erano quelle richieste dalla varietà delle tipologie documentarie riflettenti le «le nuove e più estese attribuzioni esercitate dal Comune»38.
Alla formulazione di questa concezione ordinativa dovette concorrere l'esperienza archivistica di Cesare Guasti che, oltre ad essere suo concittadino, era legato al Badiani da una relazione di amicizia e di collaborazione scientifica39. La stretta convergenza che si riscontra tra la linea metodologica praticata in quegli stessi anni dal Guasti nell'Archivio di Stato fiorentino e quella seguita a Prato dal Badiani lo confermerebbe40. In ambedue i casi si riscontra l'applicazione del principio che ogni archivio doveva essere raccordato alla vita dello Stato mediante la divisione in «sezioni» riflettenti, sostanzialmente, la ripartizione dei suoi poteri41. I diversi fondi o complessi documentari andavano invece distribuiti, all'interno delle rispettive «sezioni», secondo una successione storico-cronologica42.
L'articolazione dell'archivio in «sezioni» e «categorie» privilegiava una dimensione sincronico-strutturale che aveva un duplice vantaggio. Anzitutto serviva a contenere i meccanismi dirompenti e sovvertitori dell'evoluzione puramente diacronica delle serie archivistiche; in secondo luogo permetteva un effettivo rispetto della complessità delle tipologie documentarie come delle loro eventuali discontinuità storico-cronologiche.
Giocando sulle possibilità offerte dall'introduzione di serie chiuse o aperte all'interno di questo impianto strutturale, si aveva la possibilità di conservare rami secchi di documentazione oppure di sviluppare nuove ramificazioni quando l'albero della serie ritornava a vivere nonostante le fratture cronologiche più o meno lunghe.
Anche i problemi creati dalla diversità degli organi deliberanti o dalla eterogeneità degli uffici o magistrature comunali che si erano succedute nel percorso storico sembrava dovessero essere risolti, in questo quadro archivistico, con operazioni di vero e proprio innesto e nel rispetto dell'unica condizione formale: di rintracciare nella nuova sottoserie una sufficiente affinità di contenuto con il segmento archivistico precedente. In altri termini, il postulato archivistico-ideologico della integrale continuità fra la documentazione pre- e postunitaria risultava a tal punto dominante da incidere anche sull'organizzazione e sul raggruppamento delle singole serie43.
Al di là degli accorpamenti più o meno massicci della documentazione, il punto di maggior debolezza dell'impianto archivistico del Badiani si sarebbe rivelato la «categoria» IV raggruppante le «Filze di lettere pervenute all'Uffizio del comune e di affari diversi dal medesimo trattati».
Praticamente, tutte le missive e i fascicoli degli «affari» comunali confluivano in questa serie in modo sostanzialmente indifferenziato, regolati solo dalla successione cronologica delle filze che, oltretutto, non poteva risultare lineare e consecutiva a causa dei raggruppamenti pluriennali per materia (Opere pie e beneficenza, Polizia municipale, sanità, ecc.).
La necessità di disciplinare e controllare la complessa ed estesa materia del carteggio degli affari che venivano istruiti dall'amministrazione comunale, oramai divisa in diversi uffici staccati dalla Segreteria generale, determinò il segretario Badiani ad introdurre sapienti «Norme per la registrazione, classificazione e custodia delle carte dell'archivio»44, le quali, approvate dalla Giunta municipale il 29 agosto 1889, hanno il pregio di anticipare di otto anni le grandi linee delle «Istruzioni per la tenuta del protocollo e dell'archivio per gli uffici comunali» diramate dal Ministero dell'interno con circolare del 1° marzo 189745.
Anzitutto il Badiani divise, con maggiore precisione della circolare ministeriale, le tre scansioni fondamentali del lavoro di archiviazione: la «registrazione», ossia le norme relative alla tenuta del «protocollo generale degli affari»; la «classificazione», cioè l'enumerazione delle classi e le regole di formazione delle loro unità minime, i fascicoli; la «custodia» delle carte, ossia il loro definitivo ordinamento mediante la composizione degli inventari delle carte di ciascun fascicolo, la numerazione dei fascicoli, la redazione dei loro indici (da premettere ad ogni filza), la distribuzione dei fascicoli in filze e la segnatura delle loro collocazioni nella colonna intitolata «classificazione» del protocollo generale.
Meno preciso, in apparenza, si rivelò il Badiani nel distinguere, come invece farà la circolare ministeriale, l'archivio corrente da quello di deposito. Egli si limitò a prescrivere che nel mese di maggio le carte dell'anno precedente, insieme con i registri che non occorrevano più, venissero riposte nell'«archivio generale».
A ben guardare, tuttavia, la suddivisione interna dell'archivio seguita dal Badiani era tripartita e non bipartita. Essa risultava determinata non solo dalla distinzione fra archivio corrente e archivio di deposito (cioè tra affari ancora in trattativa e affari definitivamente sfogati), ma anche dall'esigenza di rispettare un terzo tipo di documentazione, quella, per usare le parole del Badiani, «d'uso continuo», come i registri di stato civile, le liste elettorali, le carte della leva militare, e simili: «archivi speciali» la cui conservazione era permessa nelle stanze degli impiegati dell'ente46.
L'indiscutibile coerenza metodologica e la notevole precisione tecnica di cui questo progetto di classificazione si faceva portatore vennero tuttavia parzialmente vanificati dalla mancata ristrutturazione generale dell'archivio. Volendo salvare l'ordinamento del 1874, ci si limitò a convogliare le «classi» definite dalle «norme» del 1889 nei binari forzati delle «classi» previste dall'«inventario» esistente47.
Se la distribuzione interna del carteggio in «classi» venne finalmente regolata in modo da consentire una rapida e sicura reperibilità delle singole carte per mezzo del potente strumento di controllo costituito dal protocollo generale annuale, l'architettura delle «categorie» non subì alcuna rettifica, lasciando, qua e là, formazioni composite e prive della necessaria linearità.
In altre parole, con le «norme» dettate dal Badiani nel 1889, si attuò un positivo intervento di bonifica, ma si perse un'ottima occasione per ridefinire il numero e la specificità delle serie (o, come allora erano chiamate, delle categorie.
Ciò sarebbe stato tanto più necessario in quanto si era avviato, all'interno dell'ente produttore, un processo di riorganizzazione che aveva condotto allo smembramento di alcuni uffici dalla sede. Ora, invece di prescrivere regole uniformi per tutta l'amministrazione comunale, le «norme» del 1889 ne limitavano l'applicazione alle carte della Segreteria generale. Le raccolte di documenti che si formavano presso la Sovrintendenza del dazio di consumo, l'Uffizio di arte (o dell'ingegnere comunale), l'Uffizio di polizia e presso la Direzione delle scuole dovevano, infatti, rimanere in custodia dei responsabili di quegli uffici.
Accanto all'«archivio generale» e a quelli «speciali», il Badiani previde, dunque, la formazione di quattro «archivi autonomi», espressione di altrettanti archivi comunali la cui documentazione, se non sfuggiva del tutto al passaggio obbligato del «protocollo generale» per le missive e per l'istruzione delle pratiche, era nondimeno abbandonata a regole di classificazione e di archiviazione diverse da quelle in vigore per l'«archivio generale» e per gli «archivi speciali».
Questo complesso assetto dell'archivio costituiva, del resto, un esempio paradigmatico di corrispondenza con l'articolata struttura che l'ente aveva dato ai suoi uffici.
Le sedici «classi», di cui si componeva l'«Archivio generale», rispecchiavano fedelmente le competenze attribuite alle quattro «sezioni» in cui era distinto l'ufficio comunale centrale, quello della segreteria generale48. Ogni ufficio distaccato disponeva di un archivio «autonomo» in cui dovevano confluire gli atti relativi alle sue competenze, fissate da regolamenti particolari49.
Le trasformazioni intervenute nell'organizzazione degli uffici comunali nel 1901, nel 1903 e nel 1920 modificarono profondamente il rapporto di produzione esistente tra i singoli uffici e le carte. Dai cinque uffici censiti dal Regolamento organico disciplinare degli impiegati del 1870, si passò - mediante l'eliminazione degli uffici di Polizia municipale e del Tesoriere, e la creazione di quelli di Beneficenza e Igiene, Finanza, Istruzione pubblica e Stato civile - ai sette previsti dal Regolamento del 1901. Appena due anni dopo essi divennero nove in seguito alla ricostituzione dell'ufficio di Polizia municipale e allo sdoppiamento dell'Ufficio finanza in quello di Ragioneria da un lato, e di Tasse e liste dall'altro. Con lo scioglimento delle competenze comunali sull'istruzione nel 1911 e con l'esorbitante aumento delle pratiche militari nel periodo bellico, l'organizzazione burocratica comunale cambiò ancora una volta il suo volto nel 1920. Gli uffici rimasero nove perché l'eliminazione del settimo per l'Istruzione pubblica - le cui ridotte competenze passarono alla Segreteria generale - venne compensata dall'istituzione dell'Ufficio leva, pensioni e assistenza militare50.
Sul terreno archivistico queste frequenti variazioni organizzative dell'ente non minarono il meccanismo classificatorio introdotto dalle «norme» del 1889 - le quali continuarono ad essere seguite nonostante fossero in parziale dissonanza con le prescrizioni sulla tenuta delle carte comunali emanate dal Ministero dell'interno con la circolare del 1° marzo 1897 -, ma resero impossibile qualsiasi montaggio organico delle raccolte di carte prodotte dai diversi uffici51.
Il più rigoroso controllo attuato dal regime fascista sui comuni mediante gli organi prefettizi incise anche sull'organizzazione dei loro archivi e si tradusse nell'obiettivo di estendere l'adozione di criteri classificatori uniformi, quelli stessi prescritti dagli organi centrali dello Stato ma che lo Stato liberale non aveva avuto né la forza né la spinta politica di far osservare52.
Un'ispezione compiuta dal vice-prefetto di Firenze nel dicembre 1926 rilevò, oltre ad un'incongrua «distribuzione degli uffici e deficiente capacità tecnico-amministrativa del personale, esuberante per numero», un'«irrazionale archiviazione degli atti».
La raccomandazione di uniformare il sistema di archiviazione alle ricordate Istruzioni ministeriali non venne tuttavia accolta prontamente. Una seconda ispezione, effettuata il 12 novembre 1929 notava, in merito all'archivio, che si era «continuato a raggruppare gli atti secondo l'ordine di trattazione degli affari da parte dell'organo deliberativo, sminuzzando così inopportunamente atti che dovevano restare uniti e raccolti in unico contesto, avendo sviluppo continuativo»53.
Fu così che dal 1° gennaio 1930 entrarono in vigore, anche per il comune di Prato, nuove «disposizioni per la tenuta dell'archivio» elaborate dall'archivista Ruggero Nuti54. Per la prima volta si cominciarono ad applicare le «categorie» ministeriali per la classificazione del carteggio, ma con una variante locale: invece delle quindici previste furono sistematicamente utilizzate solo le prime dodici55.
Normalizzata la tenuta dell'archivio corrente, occorreva procedere alla compilazione del suo inventario che si rendeva «giorno dopo giorno più indispensabile» anche «per agevolare la ricerca degli affari e l'istruttoria di pratiche che richiedono riferimenti ed esame di pratiche antecedenti»56.
Il progetto d'intervento inventariale, avanzato in più occasioni dal Nuti, era tuttavia impedito da ostacoli insormontabili. Com'egli riferiva il 9 marzo 1943 al Segretario generale, «la parte moderna dell'Archivio comunale, che comprende gli atti dal 1866 (!) ad oggi, non ha un proprio inventario dopo quello fatto nel 1874 ed aggiornato fino all'anno 1894. Né tale inventario si potrà fare fino a che gli archivi degli uffici non saranno riuniti in un unico locale e ordinati secondo le loro materie e provenienze»57.
A questo scopo il Nuti proponeva o di destinare ad archivio amministrativo i locali a piano terreno del Palazzo comunale oppure d'istituire «un archivio consorziale tra Comune ed Istituti cittadini per la concentrazione in unica sede dei loro archivi». L'archivio consorziale, da costituire nel palazzo Datini, sarebbe stato un passo avanti «verso la Sezione di Archivio di Stato», avrebbe risolto i problemi di spazio degli uffici ingombri di materiale archivistico e, in prospettiva, sarebbe servito «ad Enti e Comuni del Mandamento per i loro Archivi non più utili ai bisogni correnti»58.
Nell'impossibilità di dare corpo a questi progetti nel periodo bellico, il Nuti adottò una strategia graduale dedicandosi prima alla stesura di un «Catalogo provvisorio dell'Archivio moderno»59, necessariamente limitato agli «atti depositati nel salone di archivio» (quelli prodotti dall'ufficio della Segreteria) nella speranza di completarlo «con l'aggiunta di quelli che giacciono da vari anni presso vari uffici del comune e non potuti finora raccogliere in sede unica per la ben nota e più volte segnalata mancanza di locale», e, in un secondo momento, ripiegando su una soluzione diversa dall'inventario e direttamente funzionale alle esigenze amministrative: la compilazione di un repertorio degli atti del comune dal 1866 al 192760.
Anche i successori del Nuti non si stancarono di sollecitare l'amministrazione comunale affinché provvedesse al reperimento dei locali necessari per la concentrazione di tutti gli archivi posteriori al 1865 in un unico ed idoneo locale. Nel 1953 l'archivista Pinasco chiedeva al sindaco di stanziare nei bilanci successivi «una congrua cifra per la sistemazione dell'archivio comunale», osservando che non doveva spaventare «l'alta spesa prevedibile, dato il più alto scopo da raggiungere». Egli era infatti certo che negli anni futuri «gli storici, le amministrazioni, la popolazione, ritroveranno l'utilità di tante spese e tanto lavoro»61.
Nonostante queste calde e suggestive proposte, gl'interventi dell'amministrazione comunale continuarono ad avere un carattere episodico e contingente, sia per le oggettive difficoltà finanziarie sia per le crescenti necessità di locali da destinare ad altri usi.



Chiunque intenda affrontare il problema dell'inventariazione di un archivio comunale postunitario deve partire dalla constatazione che all'uniformità degli ordinamenti giuridici dei comuni prescritta dalla legge del 20 marzo 1865 non sono corrisposti omogenei criteri d'ordinamento delle carte da essi prodotte né prima né dopo le Istruzioni ministeriali del 1897. Poiché questa constatazione ha un valore interpretativo non limitato ad un lontano passato ma di permanente attualità, essa finisce per postulare un importante principio metodologico. Come è stato recentemente osservato, «gli archivi comunali presentano... anche oggi delle disparità notevoli nella organizzazione e nei metodi di classificazione delle carte: si può perciò affermare che ogni archivio rappresenta un problema a sé»62.
Con l'affermazione del carattere singolare di ogni archivio non si vuole certo negare la sostanziale affinità dei problemi teorici sollevati dal loro ordinamento, quanto la necessità di tener conto della loro storia particolare, ossia dei caratteri differenziali con cui si presentano a noi dal punto di vista dell'assetto archivistico. Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, la situazione anomala e atipica degli archivi comunali non deriva tanto dalla mancata uniformità rispetto ad un modello d'archiviazione esterno proposto tardivamente e necessariamente incompleto, come quello ministeriale sopra ricordato, quanto dalle diverse stratificazioni che hanno contribuito nel tempo a formarne l'attuale fisionomia. Il problema dell'ordinamento, in definitiva, non nasce dal fatto che i comuni fin dalla loro costituzione hanno seguito regole e norme particolari e tra loro diverse, ma dalle frequenti modificazioni che queste regole e norme hanno ricevuto all'interno di ogni ente, dando luogo a formazioni archivistiche di diversa natura. La strada che deve percorrere l'archivista nel compiere un intervento ordinativo è, in questo senso, una strada sempre segnata dalle tracce di coloro che l'hanno preceduto. E queste «tracce» costituiscono qualcosa di molto diverso dal soffermarsi su alcuni elementi appariscenti ma accidentali o da un mero esercizio di decifrazione storica e d'inquadramento categoriale delle forme in cui il passato ha esercitato il proprio condizionamento sul presente. È, invece, la resistenza offerta dal dato della trasmissione archivistica che costringe l'ordinatore a percorrere i non facili e lineari sentieri dell'archivistica teorica ma le strade accidentate e tortuose della concreta e singolare esperienza ordinativa.
Volendo determinare le condizioni che rendono possibile questa esperienza, si può affermare che esse discendono tutte dalla dialettica temporale in cui è inserita la realtà dell'archivio comunale. La prima condizione a cui il riordinatore deve soddisfare è, in questa prospettiva, il rispetto della dialettica fra il presente e il passato dell'archivio. Esso ci è giunto nella forma di un sedimento storico i cui caratteri differenziali non possono essere soppressi ma devono venire assunti e incorporati nella costruzione ordinativa attuale.
Prima ancora di discutere la concreta fisionomia complessiva dell'archivio è necessario segnalarne l'assoluta necessità. L'archivio comunale postunitario rarissimamente dispone di un ordinamento «originario» il cui metodo sia stato seguito con continuità fino ad oggi. Ciò sembra mettere in crisi uno dei più generali postulati dell'archivistica teorica, quello per cui il lavoro d'ordinamento consisterebbe, operativamente, nel «riportare - qualora ve ne sia bisogno - gli archivi nelle medesime condizioni in cui li lasciarono o avrebbero dovuto lasciarli i burocrati del passato»63.
Da questo punto di vista, la posizione dell'ordinatore nei confronti dell'archivio non si può certo qualificare come meramente recettiva ma postula un'attiva e creativa opera di progettazione.
Si comprende, quindi, come la seconda condizione trascendentale dell'esperienza ordinativa sia costituita dal movimento dialettico fra passato e futuro dell'archivio. Esso è un sedimento storico che, sebbene già caratterizzato e con una sua individualità, risulta non ancora dotato di una definitiva organizzazione complessiva.
Volendo attribuire all'archivio un impianto generale di funzionamento occorre, d'altra parte, tener conto del principio che il suo ente produttore - il comune - è un organismo proiettato verso il futuro. Da qui la necessità di dare all'archivio una conformazione in grado di legare, senza soluzione di continuità, la documentazione precedente con quella che verrà prodotta successivamente all'intervento ordinativo. Ecco la terza ed ultima relazione dialettica fra presente e futuro.
Questa dialettica temporale dell'archivio determina, si potrebbe dire, le tre dimensioni formali di ogni ordinamento ma non incide in alcun modo sulla specificità di quello, concreto e determinato, che dobbiamo effettuare. Le soluzioni ordinative sono il risultato, oltre che delle condizioni formali, di un'elaborazione creativa che cerca di recuperare i sistemi di trasmissione archivistica del passato, quasi sempre disomogenei e frammentari, all'interno di un progetto inventariale coerente.
Formulare un progetto inventariale significa, prima di tutto, scegliere un modello teorico di ripartizione del materiale documentario. La prima alternativa che si offre - secondo i canoni dell'archivistica teorica - è quella tra un ordinamento per uffici o un ordinamento per funzioni e attività.
Il fondamentale nesso tra uffici produttori e materiali archivistici si presenta, nel caso del comune di Prato, assai problematico a causa delle notevoli variazioni che, come si è visto, si registrano, lungo i primi sett'anni di vita dell'ente, nel numero e nelle competenze dei singoli uffici. Accade così che il mutare delle attribuzioni, o meglio i processi di suddivisione delle medesime all'interno dell'apparato comunale, si rifletta nella mutevolezza delle serie archivistiche e perfino nei modi di trasmissione delle carte presso i diversi uffici.
Assumendo come criterio di raggruppamento delle unità non l'ufficio produttore ma la funzione dell'ente, è invece possibile riproporre, senza fratture istituzionali, la continuità dell'azione da esso svolta nei diversi settori, al di là delle modificazioni avvenute nella struttura organizzativa.
D'altro canto anche la scelta di procedere ad un ordinamento di questo tipo comporta alcuni problemi irrisolvibili dovuti proprio agli spazi di autonomia archivistica che, come si è visto in precedenza, alcuni uffici comunali distaccati dalla Segreteria generale si erano riservati fin dalla loro costituzione e hanno mantenuto fino ad oggi.
In questa situazione differenziata si è creduto opportuno dare la preminenza ad un ordinamento per funzioni a motivo degli indubbi vantaggi che esso arreca nella strutturazione delle serie dei cosiddetti documenti particolari. Nell'applicazione di questo metodo ordinativo si son dovute ammettere, tuttavia, due considerevoli eccezioni rappresentate dagli atti dell'Ufficio di Polizia municipale e da quelli, particolarmente consistenti, dell'Ufficio tecnico64. Ambedue, infatti, hanno accumulato per proprio conto, e con particolari sistemi d'archiviazione, una notevole massa documentaria che, per le molteplici competenze di cui erano investiti, sarebbe stato antistorico e problematico distribuire nelle altre serie di documenti particolari.
Mentre per le serie di documenti particolari l'opzione ordinativa verte tra l'ufficio e la funzione, per la serie del «Carteggio degli affari» comunali si configura tra la ripartizione del carteggio nelle quindici categorie ministeriali e il suo accorpamento in serie unica a seconda delle diverse funzioni dell'ente65.
Nel primo caso le serie dei documenti particolari devono essere aggregate intorno al carteggio delle singole «categorie», con la conseguenza di dare all'archivio un assetto prestabilito e forzoso, nel secondo caso il complesso degli atti particolari può essere organizzato con maggiori margini di manovra e solo là dove la documentazione presenta un carattere seriale.
I vantaggi derivanti dalla raccolta del carteggio in un'unica serie sono diversi. Anzitutto essa permette di ridurre le difficoltà euristiche dovute alla varietà dei sistemi di classificazione e archiviazione dello stesso; inoltre, garantisce senza fratture cronologiche la continuità con il carteggio classificato secondo le categorie ministeriali, potendosi considerare come una grande sottoserie chiusa confluente in quest'ultimo; infine, rappresenta una soluzione coerente con l'ordinamento per funzioni dei documenti particolari.
Anche nell'ordinamento per funzioni del «Carteggio degli affari» i vincoli «storici» della trasmissione archivistica hanno imposto alcune varianti sempre ricollegabili alla complessità organizzativa dell'ente. Poiché alcuni uffici separati (Elettorale, Leva e affari militari, Anagrafe), hanno continuato a raccogliere indipendentemente dalla Segreteria generale le lettere ricevute e spedite anche dopo l'introduzione del metodo di classificazione in «categorie», si è reso necessario mantenere aperte le serie dei loro carteggi e quindi considerarle autonome.
Le diverse sfasature prodotte, nell'economia inventariale, dall'opposizione del metodo ordinativo per attività dell'ente sono in parte recuperate dalla semplicità con cui è ripartito l'impianto archivistico.
Partendo dalla fondamentale distinzione, che attraversa tutto il percorso ordinativo in lungo e in largo, fra carteggio degli affari, riuniti in appositi fascicoli registrati nel «Protocollo della corrispondenza», e atti o documenti particolari, dotati di un'autonoma consistenza, materiale e archivistica, è stato possibile distribuire tutta la documentazione in tre grandi sezioni: Protocollo, Carteggio degli affari, Documenti particolari.
I «Protocolli» costituiscono le prime tre serie dell'archivio per la loro funzione prioritaria e generale rispetto alla restante documentazione. Nelle prime due serie, infatti, sono raccolte le deliberazioni degli organi di governo dell'ente, mentre nella terza - rappresentata dai «Protocolli della corrispondenza» - sono registrate tutte le lettere pervenute o spedite agli uffici centrali del comune, il loro iter amministrativo e la loro definitiva archiviazione in una determinata filza o busta con l'indicazione del relativo fascicolo.
Il «Protocollo della corrispondenza» risulta strettamente collegato con la serie del «Carteggio degli affari» perché, nel caso in cui una o più singole lettere o atti, in virtù del vincolo di contenuto, hanno generato un affare o pratica, esso ne fornisce la composizione interna e la localizzazione archivistica.
Le funzioni di registrazione, classificazione e archiviazione svolte dai «Protocolli della corrispondenza» non sono tuttavia limitate al carteggio generale degli affari, ma riguardano anche i carteggi particolari (Affari elettorali, Leva e Affari militari, Anagrafe), gli Atti del Consiglio e della Giunta, gli Atti del podestà, le pratiche dei contratti, delle licenze di murare e di abitabilità, d'emigrazione e d'immigrazione, i mandati di entrata e uscita.
Queste minute indicazioni mettono in risalto il ruolo veramente centrale rivestito dal registro-protocollo della corrispondenza non soltanto per il reperimento degli atti amministrativi o per la ricostruzione della classificazione del carteggio ma anche per la ricerca storica, quando essa è interessata a rintracciare documenti particolari d'incerta collocazione.
Anche se dell'ordinamento attribuito al «Carteggio degli affari» si è già detto, è opportuno spiegare la composita organizzazione interna. Una prima sottoserie (1-448) raccoglie la documentazione dal 1860 al 1929 suddividendola in undici raggruppamenti interni ricalcati in parte sull'ordine delle categorie ministeriali, per omogeneità con la prosecuzione della serie, in parte costituiti ad hoc, per la loro specifica natura (carteggio ufficiale con i Ministeri o uffici dello Stato e con gli altri comuni).
All'interno di questo primo blocco documentario sono da segnalare alcune fratture, discontinuità e sovrapposizioni nella distribuzione dei fascicoli per filze di affari. Trattandosi di fascicoli la cui archiviazione è cristallizzata nel «Protocollo della corrispondenza» ed essendo legati in filze, sarebbe teoricamente scorretto e materialmente impossibile procedere ad una loro ristrutturazione funzionale ad un nuovo ordinamento.
Nell'inventariazione del «Carteggio degli affari» ciò ha imposto l'adozione del fascicolo come sottounità di misura descrittiva in grado di individuare univocamente il contenuto delle singole unità e di ovviare agli scompensi archivistici ed euristici derivanti dai precedenti sistemi di trasmissione documentaria.
Dal 1930 al 1942 il «Carteggio degli affari» fu completamente fuso con gli atti del podestà (serie V, nn. 296-461) e cominciato a classificare secondo il metodo raccomandato dal Ministero dell'interno. Per evitare una completa mescolanza delle carte, all'interno delle buste si praticò una divisione dei fascicoli relativi al carteggio ed atti e di quelli concernenti atti podestarili, con cartelle di colore diverso. Nella classificazione di questo raggruppamento documentario si utilizzarono, di fatto, solo tredici delle quindici «categorie» in quanto il carteggio e gli atti podestarili relativi agli Esteri e alla Pubblica Sicurezza vennero inseriti in quello della Polizia municipale.
L'archiviazione del «Carteggio degli affari» per «categorie» in modo separato dagli «Atti podestarili» si iniziò soltanto dall'anno 1943 (serie VI, nn. 449-456). Per mantenere aperta la serie dopo il 1944 si è riunito il «Carteggio degli affari» dal 1860 al 1929 con quest'ultimo segmento di serie.
I documenti particolari formanti la terza sezione dell'archivio sono individuati dalle serie archivistiche ad essi specificatamente riservate. La costruzione di queste serie si fonda principalmente sulla necessità di isolare tipi di documenti che l'ente è obbligato a produrre, in virtù del suo ordinamento giuridico, secondo cadenze cronologiche annuali (bilanci preventivi e consuntivi, ruoli delle tasse, registri della contabilità, mandati di entrata e uscita, liste di leva, ruoli matricolari, registri dello stato civile) o secondo un ciclo riproduttivo pluriennale ma comunque costante (inventari dei beni comunali, atti dei censimenti, registro della popolazione, ecc.).
Accanto a queste serie permanenti e omogenee di documenti particolari presenti in tutti i comuni, ne sono state impiantate altre di carattere composito che raccolgono segmenti di serie in base al principio di afferenza delle diverse unità ad un medesimo settore di competenza dell'ente produttore. L'assetto interno delle serie è determinato, oltre che dal rispetto della successione cronologica dei raggruppamenti interni, dall'esigenza di collocare in ultima posizione tipologie documentarie che trovano una effettiva continuazione oltre il terminus ad quem del presente ordinamento fissato al 1944.
Il terzo ed ultimo caso in cui si è proceduto ad istituire serie di documenti particolari, concerne quei fascicoli di pratiche che, pur essendo riconducibili al «Carteggio degli affari» per la loro registrazione nel «Protocollo della corrispondenza», hanno assunto una notevole dimensione quantitativa e vedono garantita una continuità riproduttiva che esige un'archiviazione separata in apposite serie (contratti, licenze di murare e di abitabilità, servizi e sussidi militari).
L'ultima sezione dell'inventario (archivi aggregati) è destinata ad accogliere fondi archivistici pervenuti al comune o per via di donazione o per via di deposito da parte di enti ed uffici che per quanto formalmente indipendenti hanno derivato dal comune la loro possibilità di funzionamento. Le uniche due serie che al momento dispongono dell'inventariazione sono quelle degli «Atti di comitati municipali» e dei «Documenti donati al comune» (serie XXXVII e XXXVIII). In esse hanno trovato posto carte o raccolte di documenti di società cittadine ora disciolte e di privati. Meritano di essere segnalate, fra le prime, le carte dei comitati per la ferrovia direttissima Bologna-Firenze (1883-1912), per la navigazione interna (1904-1921), di assistenza e propaganda patriottica (1921-1925); fra le altre, i documenti personali del sindacalista Giulio Braga (1868-1925) e quelli del commediografo Sem Benelli (1875-1949), che legò al comune anche i manoscritti di alcune sue opere.



Appuntata l'attenzione sui problemi dell'ordinamento dell'archivio comunale postunitario, è opportuno accennare ai criteri che hanno informato la stesura del presente inventario. Prima di farlo, sarà tuttavia necessario eliminare dalla mente di chi se ne servirà alcuni luoghi comuni che ne travisano la natura e le finalità.
La radice etimologica della parola potrebbe già nascondere un'insidia capace di fuorviare e, soprattutto, di deludere il più appassionato dei ricercatori. Per quanto ovvio e risaputo dagli specialisti, occorre ribadire che l'inventario di un archivio è una cosa completamente diversa da un catalogo, almeno per quanto riguarda i criteri ordinativi e descrittivi delle unità. Senza entrare nella disamina di questo problema, sul quale esiste un'ampia bibliografia, di può affermare che l'inventario di un archivio non sarà mai riducibile ad una raccolta di schede o ad un elenco, per il semplice fatto che non è vincolato né all'ampiezza né alla sommarietà di quest'ultimo. L'inventario riflette (o cerca di riflettere) un ordo dotato di una ratio e chi lo usa non deve guardare all'elenco ma alla ratio che lo guida66. In altri termini, l'inventario non indica la natura e il numero dei singoli documenti contenuti in un archivio ma i modi di raccolta e di organizzazione degli stessi secondo la scala descrittiva che è necessaria per individuarli in modo tendenzialmente univoco. Facendo uso di un paradosso si potrebbe dire che esso è sempre coniugato al congiuntivo e non all'indicativo poiché non enumera solo l'effettivo contenuto ma suggerisce il possibile contenitore. L'inventario, quindi, non si lascia semplicemente leggere ma obbliga colui che lo usa ad un costante sforzo di immaginazione diretta e controllata.
Corollario diretto della ratio ordinativa è che il ritrovamento dei documenti in un archivio è cosa difficilmente attribuibile al caso. Sotto questo profilo la scelta peggiore sarebbe quella di prendere in mano l'inventario e di scorrerne ogni pagina fintanto che non ci s'imbatte nei documenti che interessano. L'esito generalmente fallimentare di questo approccio avrebbe l'effetto di convincere il ricercatore dell'inesistenza della documentazione o dell'incuria del curatore dell'inventario.
Chi, invece, si muove sul filo della ratio interna all'inventario ha il vantaggio di restringere preventivamente l'area delle possibili localizzazioni archivistiche del materiale da reperire. Egli si servirà delle spiegazioni fornite dal curatore per stabilire la serie dove il documento, se esiste, deve essere stato collocato. Individuata la serie, il ricercatore potrà allora analizzare le pagine dell'inventario che descrivono, in successione cronologica, le unità che la compongono e giungere all'identificazione del documento mediante la consultazione dell'unità.
È stato osservato: «Chi fa ricerche d'archivio deve sforzarsi di tradurre la "domanda storiografica" in "domanda archivistica", di incanalare cioè l'argomento-oggetto della propria indagine dentro le maglie e gli intrecci del reticolato archivistico»67.
Per operare questo complesso ma fondamentale ragguaglio fra due ordini diversi, occorre servirsi non tanto dell'inventario quanto delle introduzioni alle singole serie archivistiche. E per comprendere i nessi e le articolazioni fra queste ultime occorre riferirsi, come s'è detto, ai criteri ordinativi dell'archivio esposti in quest'introduzione. La mediazione tra la conservazione e l'uso dei documenti costringe dunque il lettore a servirsi dell'inventario più come una guida ragionata che come un arido repertorio che, per quanto completo, non potrebbe mai tener conto della plurivalenza e plurisignificanza dei documenti.
All'interno dell'inventario, le introduzioni particolari hanno lo scopo di indicare la composizione e l'articolazione di ciascuna serie, nonché di fornire le notizie storiche essenziali sulle tipologie documentarie presenti mediante la ricostruzione delle disposizioni legislative statali in materia comunale e delle norme giuridiche autonome confluite nei vari regolamenti locali.
L'attenzione che è stata rivolta all'inquadramento storico delle serie deriva da due considerazioni. Anzitutto dalla consapevolezza, maturata dagli storici del diritto, che i comuni «furono, almeno sino agli inizi di questo secolo, i più operosi creatori di istituti giuridici» e che «il primo periodo della nostra storia unitaria ha visto un vero e proprio "diritto comunale", che ha costituito un'anticipazione di legislazione statale, sopravvenuta sempre tardi, e non sempre bene»68. In secondo luogo dal dubbio metodico che la penuria di studi di storia sociale ed economia contemporanea fondati sulla utilizzazione degli archivi comunali dipenda, oltre che dalla relativa mancanza di ordinamenti, dalla genericità delle informazioni attualmente disponibili sulle tipologie documentarie che vi si conservano69.
Nella descrizione delle singole unità si è riprodotto, quando esiste, il titolo originario anche allo scopo di facilitarne il reperimento qualora il ricercatore parta dalle indicazioni del «Protocollo generale della corrispondenza». Anche i titoli dei fascicoli sono desunti dalle filze o dalle buste che li contengono. Gli inserti sono stati specificati solo quando presentano una sfasatura cronologica rispetto alle date estreme dei fascicoli o concernono aspetti o avvenimenti specifici non riconducibili agli affari correnti.
In nota, infine, s'è fatto riferimento alle opere e agli articoli di studiosi che hanno utilizzato come fonti storiche determinate unità. Benché incompleti, questi rimandi bibliografici testimoniano che l'archivio comunale postunitario di Prato è stato, finora, assai poco utilizzato per la ricerca scientifica e attende di essere adeguatamente valorizzato per scopi culturali, educativi e civili molteplici ed importanti70.





Sindaci, commissari straordinari e prefettizi del comune di Prato dall'anno 1866 all'anno 194471

Avv. Antonio Lazzerini,
nominato sindaco con R.D. 8 marzo 1806, non accettò. Presiedé per tutto l'anno all'amministrazione come facente funzioni di sindaco l'assessore Gaetano Guasti.

Cav. Gaetano Guasti,
nominato sindaco per il triennio 1865-67 con tardivo R.D. 20 aprile 1867. Confermato per il triennio successivo con R.D. 28 dicembre 1867.

Avv. Luigi Campi,
nominato R. Delegato straordinario per reggere provvisoriamente l'amministrazione del Comune con R.D. 1° maggio 1870. Resse il Comune dall'8 maggio al 3 luglio 1870.

Cav. Guglielmo Pazzi,
nominato sindaco con R.D. 21 luglio 1870. Con decreto 8 giugno 1874 fu accettata la sua rinuncia e venne nominato sindaco Giuseppe Bacci.

Ing. dott. Giuseppe Bacci,
nominato sindaco nel 1874; sebbene scaduto d'ufficio, continuò ad esercitarlo per ordine della R. Prefettura in attesa della nomina del successore. Tuttavia nel marzo 1877 inviò le dimissioni e il 19 di quello stesso mese cessò di esercitare l'ufficio, dando le consegne al primo assessore Martino Pampaloni.

Sig. Martino Pampaloni,
disimpegnò le funzioni di sindaco dal 19 marzo al 22 settembre 1877, giorno in cui subentrò il nuovo assessore anziano Gaetano Guasti.

Cav. Gaetano guasti,
nominato sindaco con R.D. 28 agosto 1878 per il triennio 1877-79. Cessò l'ufficio il 31 dicembre 1879 e subentrò il primo assessore Sig. Martino Pampaloni.

Sig. Graziano Pacchiani,
nominato sindaco con R.D. 15 febbraio 1880 per il triennio 1880-82. assunse l'esercizio dell'ufficio il 1° maggio. Rinunciò e cessò l'ufficio il 31 agosto. Subentrò il primo assessore Sig. Martino Pampaloni.

Sig. Enrico Nencini,
assunse le funzioni di sindaco nella qualità di assessore il 1° ottobre 1880.

Ing. dott. Giuseppe Bacci,
nominato sindaco con R.D. 20 febbraio 1881, assunse l'ufficio il 29 marzo 1881. Venne confermato nell'ufficio fino al 31 dicembre con R.D. del 3 settembre 1882. confermato per il triennio 1883-85 con R.D. 31 gennaio 1883. Terminò il suo triennio col 31 dicembre 1885, ma rimase in carica fino a tutto il 20 gennaio 1886.

Nob. cav. uff. dott. Giovan Battista Leonetti,
nominato sindaco con R.D. 2 maggio 1886 per il triennio 1886-88, assunse la carica il 1° giugno 1886. Confermato per il triennio successivo (1889-91) con R.D. 23 dicembre 1888.

Nob. cav. cap. Giuseppe Salvi-Cristiani,
eletto per un triennio dal Consiglio comunale nell'adunanza del 20 novembre 1889. Prestò giuramento il 1° dicembre ed entrò in ufficio nello stesso giorno. Si dimise l'11 febbraio 1892.

Cav. avv. Raffaello Cipriani,
eletto sindaco il 10 marzo 1892; eletto per un triennio dal Consiglio comunale nell'adunanza del 23 febbraio 1893. Dimessosi il 27 gennaio 1895 venne rieletto dal Consiglio comunale nell'adunanza del 20 luglio 1895. Prestò giuramento e entrò in ufficio il 31 luglio 1895. Rinunciò l'ufficio il 26 marzo 1898 (deliberazione consiliare del 19 marzo 1898). Fu sostituito dall'assessore anziano avv. Mario Billi fino al 14 giugno 1898 e da Raimondo Targetti fino al 1° luglio successivo.

Nob. dott. Antonio Noris,
nominato R. Commissario straordinario con R.D. 10 luglio 1898. Disimpegnò l'ufficio fino al 21 novembre 1898.

Cav. Pazzino Pazzi,
eletto sindaco per un quinquennio dal Consiglio comunale nell'adunanza del 27 ottobre 1898. Rinunciò l'ufficio nell'adunanza del 17 novembre 1898.

Conte Eugenio Niccolini,
subentrato al Pazzi, rinunciò definitivamente l'ufficio di sindaco il 26 maggio 1900.

Ing. Raimondo Targetti,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 26 maggio 1900.

Sig. Banco Tanini,
eletto sindaco per un triennio dal Consiglio comunale il 18 settembre 1901. Nuovamente eletto dallo stesso l'8 aprile 1903.

Ing. Felice Biglia,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 23 luglio 1904.

Cav. dott. Edoardo Nudi,
nominato Commissario straordinario con R.D. del 21 agosto 1905, prese possesso dieci giorni dopo. Rimase nella carica fino al 28 marzo 1906.

Cav. Graziano Pacchiani,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 21 marzo 1926. Rinunciò definitivamente l'11 luglio 1908.

Nob. ing. Luigi Salvi-Cristiani,
eletto sindaco dal consiglio comunale l'11 luglio 1908.

Nob. avv. Giovanni Municchi,
nominato Commissario prefettizio con R.D. del 14 agosto 1909, prese possesso tre giorni dopo, disimpegnando l'ufficio fino al 5 gennaio 1910.

Ing. Felice Biglia,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 30 dicembre 1909.

Cav. avv. Giovanni Valle,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 6 luglio 1911, Commissario straordinario con R.D. 12 agosto 1911. Disimpegnò l'ufficio fino al 28 febbraio 1912.

Avv. Ferdinando Targetti,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 22 febbraio 1912.

Prof. Alfredo Guarducci,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 3 agosto 1914.

Dott. Piero Ducceschi,
nominato Commissario prefettizio con decreto dell'8 luglio 1919, prese possesso il giorno seguente.

Col. cav. Alfredo Pandolfi,
nominato Commissario prefettizio, in sostituzione del Ducceschi, con decreto del 4 agosto 1919.

Gen. comm. Masaniello Roversi,
nominato Commissario straordinario con R.D. 1° febbraio 1920.

Sig. Giocondo Papi,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 13 novembre 1920. Si dimise con la giunta municipale il 12 gennaio 1922.

Nob. avv. Giovanni Municchi,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 12 gennaio 1922.

Cav. dott. Giovanni Oriolo,
nominato Commissario straordinario con R.D. 1° giugno 1922, fu prorogato nella carica di tre mesi con R.D. 22 settembre 1922. Con decreto del 16 dicembre 1922 fu nominato commissario prefettizio fino alla ricostituzione del Consiglio comunale.

Prof. Tito Cesare Canovai,
eletto sindaco dal Consiglio comunale il 2 aprile 1923. Con R.D. 13 febbraio 1927 fu nominato podestà di Prato. Prestò giuramento nelle mani del prefetto il 20 febbraio 1927. Nominato prefetto di Pescara, consegnò l'ufficio comunale il 15 settembre 1927.

Cav. uff. dott. Giuseppe Giannelli,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 12 settembre 1927, entrò nella carica tre giorni dopo.

Comm. prof. Alfredo Guarducci,
nominato podestà con R.D. 26 maggio 1928. Giurò il 30 maggio e prese possesso il giorno seguente. In carica fino al 7 ottobre 1930.

Cav. uff. dott. rag. Diego Sanesi,
nominato podestà con R.D. 26 settembre 1930. Giurò il 9 ottobre e prese possesso lo stesso giorno. Rimase in carico fino al 4 maggio 1934.

Comm. dott. Giuseppe Rigoli,
nominato podestà con R.D. 7 maggio 1934, prese possesso il 16 maggio. Rimase in carico fino al 20 giugno 1938.

Cav. ing. Plutarco Bardazzi,
nominato podestà con R.D. 23 giugno 1938, prese la consegna il 25 giugno. Lasciò l'ufficio il 7 giugno 1940 in seguito al richiamo alle armi quale capitano d'artiglieria.

Rag. Cesare Luconi,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 7 giugno 1940.

Cav. ing. Plutarco Bardazzi,
riprese l'ufficio podestarile il 24 ottobre 1940, essendo stato congedato dal servizio militare. Si dimise il 22 agosto 1941.

Rag. Carlo Grimaldi,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 24 agosto 1941. Con deliberazione del 26 agosto 1941 il Grimaldi delegò il Rag. Cesare Luconi a sostituirlo per gli atti esecutivi dell'amministrazione comunale e in particolare per gli affari di beneficenza.

Avv. Pietro Zipoli,
nominato podestà con R.D. 17 febbraio 1942; aveva preso consegna il 12 febbraio.

Comm. dott. Oreste D'Avanzo,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 4 agosto 1943.

Cav. uff. dott. Tommaso Fracassini,
nominato Commissario prefettizio con decreto del 16 novembre 1943. Partì da Prato la sera del 28 giugno 1944 e lasciò l'ufficio al segretario generale notaio Alvaro Ferrucci.

Dott. Rosario Ardizzone,
Commissario reggente l'ufficio di Pubblica Sicurezza di Prato, fu nominato Commissario prefettizio con decreto della Prefettura Repubblicana della Provincia di Firenze dell'8 luglio 1944.

Il Comitato Nazionale di Liberazione s'insediò nel palazzo comunale nel pomeriggio del 5 settembre 1944. La nuova Giunta municipale s'insediò il 15 settembre 1944.



Rapporto del segretario generale Giuseppe Badiani sul riordinamento dell'archivio comunale, 25 ottobre 1874 (ACP, Postunitario, serie IV. Atti del Consiglio comunale, 2. 26, affare 106, allegato 5)

L'archivio fu riordinato nell'anno 1853 e in tale occasione venne compilato un nuovo catalogo delle filze e volumi che lo compongono, assai esatto e ben formato. Però il compilatore, nella divisione delle classi degli affari, si tenne troppo strettamente alle attribuzioni nelle quali era allora stata ristretta l'azione del Comune, ed anche in questi limiti non provvide a sufficienza, onde avveniva in certe categorie la riunione di affari tra loro molto disparati, e mancavano diverse classi che erano necessarie.
Sopravvenute le riforme del 1859 e quelle più radicali dell'anno 1865, la classificazione dell'archivio resultò assolutamente insufficiente e viziosa e si rese indispensabile riformarla a seconda delle nuove e più estese attribuzioni esercitate dal Comune.
Questo lavoro nonostante non sarebbe stato molto grave né malagevole se l'archivio, nel 1865, non si fosse trovato nel massimo disordine per i seguenti motivi.
Primieramente il lavoro fatto nel 1853 fu incompleto, perché niuno si occupò di dare un'occhiata ad una cospicua quantità di carte racchiuse in balle, che si asseriva appartenere all'epoca della dominazione francese.
Dopo poi (!) il riordinamento fu trascurato affatto l'archiviazione delle carte annuali e, a eccezione dei documenti riguardanti le adunanze di alcuni anni del Consiglio e del Magistrato, tutte le altre carte rimasero ammassate o nello stesso archivio o nelle diverse stanze degli impiegati.
Nell'archivio inoltre esisteva un cumulo ragguardevole di carte depositatevi dal commesso Sig. Cironi, e ivi collocate davano motivo di ritenere a buon diritto che fossero documenti di importanza, da conservarsi fra le scritture del Comune.
Finalmente la riforma dei comuni del 1865, sciogliendo i consorzi dei municipi, portò la necessaria conseguenza della restituzione ai comuni rurali [Cantagallo, Carmignano e Montemurlo] dei rispettivi archivi amministrativi e giudiziari, e all'Agenzia delle imposte la consegna di tutti i documenti concernenti il Catasto, le chiese e i benefizi di R. Patronato, e delle filze degli affari trattati dai cancellieri nelle loro competenze estranee all'amministrazione comunale. Così oltre un terzo delle filze registrate nell'Inventario cessarono di appartenere all'Archivio: molte categorie disparvero affatto, altre restarono disordinate per i volumi interpolatamente estratti a causa di tale restituzione.
Prima occupazione fu di prendere in esame le carte appartenenti all'epoca della dominazione francese, ed in queste trovai tutta la corrispondenza degli anni dal 1808 al 1814 e alcune altre collezioni di carte che unii all'Archivio.
Rimanevano molti altri documenti concernenti affari diversi, ma essendo incompleti perché, come è noto, molte delle carte di quel tempo furono disperse, le riunii in pacchi, i quali collocai sopra gli scaffali dell'Archivio per non distruggerle; cosa che avrebbe potuto farsi, non meritando quelle carte di essere conservate.
Riunii quindi le carte esistenti negli uffizi e nell'Archivio riguardanti il periodo da 185...-1865, e le ordinai come meglio potevasi nel disordine in cui erano; dipoi presi ad esaminare il cumulo delle carte del Sig. Cironi, che trovai essere di nessun valore e buone solo per il macero, componendosi di memoriali presentati per le doti, delle minute delle domande per voltura stese dal Cironi medesimo e di altri simili fogli che non so intendere il perché fossero dal Cironi conservate con tanta cura da depositarle anche nell'Archivio.
Dopo questi lavori, assai incomodi e noiosi, posi mano alla riunione in due stanze di tutte le filze che occupavano diversi scaffali di tre sale e alla formazione delle nuove categorie. Ma mentre questa operazione era assai innanzi giunse l'ordine di consegnare al Tribunale le filze degli atti civili e criminali, il che sconvolse quella parte d'archivio che comprendeva i documenti sì antichi che moderni del Tribunale, e convenne rifare da capo il lavoro già fatto.
Il modo col quale ho classato i documenti dell'archivio e col quale gli ho registrati nell'inventario, mentre facilita la ricerca dei volumi, parmi adatto a tutte le variazioni e aggiunte che potranno in futuro rendersi necessarie, e non ho risparmiato fatica per riunire e conservare qualunque serie o carte o documenti che esistesse nell'Uffizio.



Tipologia e consistenza dell'archivio comunale di Prato secondo l'Inventario Badiani del 1874 (SASP, Archivio storico del comune, n. 3616)

Sezione I. Archivio giudiziario

Categoria Denominazione N. unità Date estreme
I. Frammenti di atti criminali, di atti di danno dato, inquisizione, sentenze e protocolli criminali 1-288 1234-1808
II. Atti criminali 1-588 1269-1808
III. Atti civili del Tribunale di Prato 1-666 1272-1808
IV. Atti e quaderni di atti civili di banco 1-464 1530-1768
V. Registri dei camarlinghi dei pegni pretorii e stabulario 1-399 1584-1806
VI. Atti del Tribunale di commercio di Prato 1-3 1812-1814
VII. Atti del Giudice di pace e del Conciliatore 1-34 1808-1887

Sezione II. Archivio amministrativo

Categoria Denominazione N. unità Date estreme
I. Diurni e protocolli delle deliberazioni del Magistrato e Consiglio generale
Sezione 1a: Deliberazioni dei sindaci e Consiglio del contado 1-16 1502-1780
Sezione 2a: Prime note delle deliberazioni dei sindaci e Consiglio del contado 1-5 1596-1775
Sezione 3a: Prime note delle deliberazioni del Consiglio e del Magistrato del Comune di Prato 1-105 1512-1788
Sezione 4a: Deliberazioni del Consiglio e del Magistrato del Comune di Prato 1-385 1272-1895
II. Statuti, riforme, testamenti e donazioni 1-62 1275-1554
III. Filze di rescritti, lettere ministeriali, atti del Magistrato e del Consiglio e copri deliberanti dell'epoche successive 1-455 1523-1895
IV. Filze di lettere pervenute all'Uffizio del comune e di affari diversi dal medesimo trattati 1-140 1809-1895
V. Registri delle lettere dei gonfalonieri e dei sindaci 1-57 1809-1872
VI. Lettere ducali e di magistrati, suppliche e informazioni 1-30 1269-1785
VII. Capitoli delle Arti 1-41 1316-1720
VIII. Arte della lana e Tiratoio 1-218 1511-1891
IX. Opere di chiese e eloro amministrazione 1-102 1616-1784
X. Sanità 1-33 1527-1895
XI. Stinche e amministrazione delle carceri 1-19 1586-1894
XII. Memorie del provveditore del comune e dell'apparecchio 1-27 1443-1788
XIII. Allastrici, fontane e fabbriche 1-35 1546-1774
XIV. Banditore del comune 1-16 1596-1608
XV. Doti e registri delle medesime 1-69 1783-1889
XVI. Guerra e affari militari 1-69 1535-1895
XVII. Arruolamento militare
Sezione 1a: Documenti riguardanti le leve 1-111 1829-1894
Sezione 2a: Liste di leva 1-26 1862-1892
XVIII. Guardia nazionale
Sezione 1a: Carte e documenti relativi alla Guardia nazionale e carte dei comandi 1-21 1847-1869
Sezione 2a: Ruoli della Guardia nazionale 1-32 1848-1864
XIX. Uffici comunitativi, tratte dei residenti, liste elettorali amministrative 1-121 1321-1894
XX. Liste elettorali politiche e filze di documenti 1-25 1848-1894
XXI. Liste dei giurati 1-6 1869-1888
XXII. Liste elettorali per le Camere di commercio 1-5 1862-1900
XXIII. Dazzaioli e altro del dazio 1-288 1287-1893
XXIV. Riscontri di cancelleria per le collette universali 1-61 1693-1745
XXV. Dazzaioli d'imposizioni straordinarie 1-30 1693-1720
XXVI. Riscontri di cancelleria del macinato e del contado 1-91 1697-1789
XXVII. Dazzaioli del macinato del contado 1-61 1677-1789
XXVIII. Tasse di farine del contado e sobborghi 1-16 1679-1695
X[X]IX. Riscontri di cancelleria del macinato di città e sobborghi 1-129 1679-1808
XXX. Dazzaioli del macinato di città e contado, ed altri libri relativi a detta tassa 1-122 1683-1808
XXXI. Matrici e reparti di tassa di famiglia 1-61 1815-18891
XXXII. Dazzaioli di tassa famigliare 1-72 1815-1893
XXXIII. Imposta di ricchezza mobile 1-23 1864-1887
XXXIV. Tassa sulle vetture e domestici 1-12 1867-1890
XXXV. Tassa sui cani 1-14 1857-1890
XXXVI. Stati degli utenti pesi e misure e ruoli dei diritti di verificazione 1-17 1862-1887
XXXVII. Reparti della tassa dei coloni 1-28 1837-1864
XXXVIII. Dazzaioli del decimino 1-149 1701-1864
XXXIX. Focolari, case e famiglie della comunità ed altro 1-13 1298-1424
XL. Canova del pane 1-46 1431-1688
XLI. Canova del sale 1-65 1335-1832
XLII. Gabelle diverse e dazio di consumo 1-58 1313-1885
XLIII. Entrate e spese della comunità. Bilanci e saldi della medesima 1-467 1289-1892
XLIV. Giustificazioni ai saldi della comunità 1-278 1813-1892
XLV. Assegnamenti della comunità, dazzaioli e registri delle rendite della medesima 1-52 1655-1801
XLVI. Registri dei mandati d'uscita 1-92 1829-1891
XLVII. Saldi delle scuole di S. Caterina, dei legati Ramazzotti, Lazzerini e giustificazioni relative 1-23 1831-1867
XLVIII. Grascia 1-297 1541-1886
XLIX. Registri dei bozzoli venduti al pubblico mercato e prezzo dei medesimi 1-55 1835-1889
L. Stato civile
Sezione 1a: Registri dei nati 1-230 1482-1884
Sezione 2a: Matrimoni 1-73 1597-1884
Sezione 3a: Morti 1-156 1580-1884
Sezione 4a: Registri di cittadinanza 1-13 1866-1877
Sezione 5a: Giustificazione degli atti di stato civile, corrispondenza e documenti diversi 1-55 1787-1895
LI. Censimento della popolazione. Registri e carte relative 1-99 1808-1881
LII. Frammenti di vecchio estimo 1-10 1293-1471
LIII. Archivio dei soppressi ingegneri del circondario 1-32 1835-1850
LIV. Strade e fiumi. Lavori diversi 1-21 1715-1887
LV. Contratti diversi e verbali relativi all'ostensione del S. Cingolo 1-13 1772-1892
LVI. Inventari 1-29 1295-1853
LVII. Protocolli o registri generali degli affari pervenuti nell'Ufficio comunale 1-218 1865-1891
LVIII. Regolamenti 1-8 1845-1868
LIX. Miscellanea 1-41 1696-1880
LX. Collezione delle leggi e decreti del Governo, degli atti del Consiglio provinciale di Firenze e altri libri 1-332 1621-1890
LXI. Oggetti diversi esistenti nel banco della prima stanza 1-20 s.d.
LXII. Registri dei diritti di Segreteria e dello Stato civile 1-10 1866-1882





«Comunità di Prato in Toscana. Norme per la registrazione, classificazione, custodia delle carte dell'archivio, approvate dalla Giunta Municipale con deliberazione del 29 agosto 1889» (ACP, Postunitario, serie II. Protocolli delle deliberazioni della Giunta municipale, n. 42 pp. 213-221)

Registrazione

1. Qualunque affare venga trattato dall'Autorità Comunale ed ogni documento e carta relativa dovranno essere distintamente registrati nel protocollo generale degli affari.
2. Per questo protocollo continuerà ad usarsi il modello a stampa che è adoperato presentemente e vi sarà unito un indice alfabetico per la più facile ricerca degli affari.
3. La registrazione è di Arrivo e di Spedizione. La prima riguarda le carte che pervengono all'Uffizio Comunale dando vita ad un affare, ovvero continuando la trattativa di un affare in corso, e quelle carte con cui l'Ufizio inizia un affare. La seconda si riferisce alle risposte, ai provvedimenti e documenti di qualunque specie emessi dall'Ufizio per la trattazione e risoluzione di un affare.
4. La registrazione di Arrivo si fa giorno per giorno e tosto che la carta è pervenuta o presentata all'Ufizio, e al tal uopo si usa la pagina del Protocollo a ciò destinata.
5. Per ogni registrazione si adopererà una delle caselle nelle quali è divisa la pagina e nell'eseguirla si avrà cura di non omettere alcuna delle notizie richieste dalla intestazione stampata nelle varie colonne del Protocollo. Quando le carte registrate riguardino un affare in corso di trattazione, si noteranno sempre nelle colonne speciali i numeri antecedenti e susseguenti.
6. Le caselle avranno un'unica numerazione progressiva annuale, qualunque sia la quantità di volumi di Protocollo adoperati nel corso dell'anno.
7. La registrazione sarà ripetuta sul documento o carta registrata imprimendovi con una stampiglia a inchiostro indelebile l'anno, il mese e il giorno della registrazione e il numero della casella.
8. Le carte registrate in Arrivo saranno poi annotate nell'indice sotto la indicazione dell'affare, della persona e Ufizio da cui emanano, col riferimento della respettiva casella di Protocollo.
9. Nella mancanza di un Archivista, la registrazione di Arrivo è affidata al Commesso della 1a Sezione. Registrato l'affare, egli dovrà trasmetterlo subito alla sezione incaricata dal Segretario Capo di trattarlo, della quale terrà ricordo nella casella del Protocollo. Perciò tutte le carte da registrarsi dovranno prima essere trasmesse al Segretario Capo responsabile per Legge di qualunque incombenza che debba essere disimpegnata dall'Ufficio Comunale.
10. La registrazione delle carte di Spedizione è dovere dei Vice-Segretari di Sezione e degli altri Impiegati i quali avranno trattati gli affari e sarà da Essi eseguita completamente e regolarmente nella pagina del Protocollo a ciò destinata e per ciascun affare e carta nella casella corrispondente a quella della registrazione in arrivo, il numero della quale essi daranno alla carta o documento di spedizione tanto sull'originale, quanto sulla minuta. Tale registrazione dovrà essere fatta avanti di sottoporre la carta alla firma del Signor Sindaco e tutti i documenti che si emetteranno in sfogo e risoluzione dell'affare si annoteranno nella stessa casella.
11. Quando non rimanga nell'Ufizio la minuta del provvedimento spedito per essere questo stato fatto in un modello a stampa o per altra cagione, l'Impiegato riferirà nella colonna dell'Esito il sunto del documento stesso con le particolarità di cui convenga tenere ricordo.
12. I Protocolli sono documenti di Archivio e dovranno essere conservati.

Classificazione

13. Le carte riguardanti gli affari si terranno divise nelle classi seguenti:
1. Atti del Consiglio
2. Atti della Giunta
3. Permessi di murare
4. Liste elettorali politiche - Documenti
5. Liste amministrative - Documenti
6. Stato Civile - Allegati
7. Anagrafe - Immigrazioni
8. Anagrafe - Emigrazioni
9. Leva Militare - Documenti
10. Carceri
11. Sanità
12. Contratti
13. Consorzi stradali
14. Contabilità - Mandati di Entrata
15. Contabilità - Mandati di Uscita
16. Miscellanee.

14. Nella filza «Contratti» si riporranno tutti gli atti stipulati nell'interesse del Comune, esclusi quelli per la esecuzione di lavori, i quali si uniranno ai mandati di pagamento. La «Miscellanea» si formerà di tutte le carte di affari non compresi nelle classi sopra enunciate e sarà divisa dal Segretario in classi o per Ufizi o per materie.
15. Per regola generale tutte le carte riguardanti un medesimo affare si riuniranno in un solo fascicolo. Ogni singolo affare trattato dalla Giunta e dal Consiglio formerà un fascicolo in cui si riuniranno tutte le carte e documenti che lo riguardano. Il fascicolo avrà una coperta sulla quale, oltre la indicazione dell'affare e dell'adunanza nella quale venne trattato, si farà l'inventario delle carte contenute nel fascicolo, e si noteranno i provvedimenti verbali di esecuzione e le copie rilasciate. Con lo stesso sistema si terranno i contratti, le carte dei Consorzi, gli allegati dello Stato Civile. I documenti delle altre classi si divideranno in categorie per materie, ed ogni categoria formerà un fascicolo con coperta sulla quale si inventarieranno le carte per numero di Protocollo.
16. La composizione dei fascicoli con gli inventari sarà dovere degli impiegati cui spetterà la trattativa degli affari.

Custodia

17. Le carte, documenti, titoli e registri rimarranno in custodia dei Vice-Segretari e degli altri Impiegati cui spetti la trattativa degli affari fino a che duri la trattativa stessa. Terminata la trattativa rimarranno in custodia presso gli stessi Impiegati o presso il f.f. di Archivista, secondo che sarà ordinato dal Segretario.
18. Nel mese di Maggio si procederà all'ordinamento definitivo delle carte dell'anno antecedente e all'archiviamento delle medesime e di ogni Registro di cui non occorra più il bisogno. Queste operazioni si eseguiranno da un impiegato a scelta del Segretario, sotto la direzione di questi, e tutte le Sezioni ed Ufizi presteranno la necessaria coadiuvazione secondo gli ordini del Segretario.
19. L'ordinamento definitivo consisterà nel riscontro diligente delle carte delle diverse classi, per assicurarsi che appartengano tutte alla classe, nella formazione dei fascicoli delle classi stesse (esclusi gli atti del Consiglio e della Giunta, i fascicoli dei quali dovranno formarsi all'epoca del deliberamento dell'affare), nella composizione degli inventari delle carte di ciascun fascicolo, previa la disposizione di esse in ordine regolare, nella numerazione dei fascicoli e nella redazione degli inventari dei fascicoli che dovranno essere premessi in ogni filza, nella divisione dei fascicoli in filze. Dopo ciò si noterà nella colonna del Protocollo intitolata «Classificazione» la filza e il fascicolo nei quali venne riposta ciascuna carta, con un'apposita stampiglia a inchiostro indelebile.
20. Tutte le Filze e Registri si faranno rilegare nel modo consueto, e dipoi si riporranno nell'Archivio Generale o negli Archivi speciali dopo di averle registrate nelle rispettive categorie dell'indice generale dell'Archivio.
21. Gli Archivi speciali sono le raccolte di documenti permesse nelle stanze degli Impiegati per ragione dell'uso continuo occorrente dei documenti stessi; e questi Archivi speciali fino a nuove disposizioni saranno i seguenti:
Nella stanza del Segretario Generale per la collezione delle Leggi, Atti del Consiglio Provinciale, Giurisprudenza Amministrativa.
Nelle stanze della 1a sezione per le carte della Leva.
Nelle stanze dello Stato Civile per i Registri tutti di Stato Civile.
Nella stanza dell'Anagrafe per le carte dei Censimenti e per tutte quelle riguardanti il Registro di Popolazione.
Nella stanza della 3a sezione le Liste Elettorali di un quinquennio e documenti relativi.
22. Le chiavi dell'Archivio generale rimarranno costantemente presso il Segretario. I Vice-Segretari terranno un esatto inventario delle carte del respettivo Archivio speciale, di cui rimetteranno una copia al Segretario. Il disposto dell'Art. 31 del Regolamento Comunale è ad essi applicabile.

Disposizioni diverse

23. Queste istruzioni non sono applicabili alle raccolte di carte, che si formano presso la Soprintendenza del Dazio di Consumo, l'Uffizio di Arte, l'Uffizio di Polizia e la Direzione delle Scuole, le quali rimarranno in custodia dei Capi di questi Ufizi.
24. La Segreteria avrà l'obbligo di tenere al corrente un Repertorio di tutte le deliberazioni del Consiglio e della Giunta formato per materie in modo da rendere agevole il riscontro del Atti della Rappresentanza Comunale.

Avvertenza

Accadendo che qualche affare non sia registrato al suo arrivo, si registrerà il giorno della trattativa e se questo avvenga nell'anno successivo, si registrerà nel Protocollo corrente e in appendice al Protocollo dell'anno a cui appartiene l'affare.
L'impiegato che ha l'incarico della registrazione in arrivo avrà cura di presentare al Sig. Sindaco il protocollo al principio ed al termine dell'anno per la firma dell'apertura e della chiusura.

Il Sindaco
G. Salvi C.



A) Criteri seguiti nella descrizione delle unità archivistiche:

1) Il limite cronologico della sezione separata dell'Archivio comunale e degli Archivi aggregati è stato fissato al 1944 nel rispetto del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, art. 30, lettera c), e tenendo conto della cesura istituzionale rappresentata dalla ricostituzione della Giunta e del Consiglio comunale;
2) È stato sempre riportato il titolo originale o coevo posto sul frontespizio, coperta o costola dell'unità;
3) In presenza di filze o buste di documenti aventi un contenuto composito sono stati riportati [... omissis...] i numeri e i titoli dei fascicoli così come appaiono registrati nell'indice di essa o, internamente, sulle cartelline o camicie dei fascicoli;
4) [... omissis...];
5) Accanto all'attuale numero di corda è stata riportata tra parentesi tonde, ove esista, la precedente numerazione attribuita in occasione del riordinamento del Badiani (1874) o, successivamente, al momento dell'archiviazione delle singole unità. Ciò allo scopo di documentare il processo di trasmissione archivistica e di agevolare il reperimento delle unità già citate con la numerazione originale;
6) [... omissis...];
7) Eventuali aggiunte o ricostruzioni di date e nomi sono state poste tra parentesi quadre;
8) Le lacune riscontrate nelle serie documentarie sono state segnalate con [tre punti];

B) Abbreviazioni usate:

c., cc. = carta, carte
c. s. = come sopra
p., pp. = pagina, pagine
s. d. = senza data
s. l. e a. = senza luogo e anno

C) Sigle archivistiche:

ACP = Archivio del Comune di Prato
BRP = Biblioteca Roncioniana di Prato
SASP = Sezione di Archivio di Stato di Prato

D) Introduzioni alle serie:

Sono state distese in stretto riferimento alle tipologie documentarie presenti nelle serie alle quali sono premesse. Le notizie storico-giuridiche sono state tratte prevalentemente dal Dizionario di amministrazione italiana. Guida teorico-pratica..., compilazione di L. Riberi, Torino, Roux e Favale, 1884, 2 voll., da alcuni commenti alle leggi comunali e provinciali quale il Codice dei comuni e delle provincie ossia manuale dei sindaci e dei consiglieri. Commento teorico-pratico al testo unico della legge comunale e provinciale coi regolamenti e leggi relative..., per A. Santini, 2a ed., Roma, Stamperia reale, 1891. Particolarmente utile per ricostruire l'evoluzione storica delle diverse imposte e tasse comunali il Nuovissimo digesto italiano a cura di A. Azara e E. Eula, Torino, Utet, 1957 ss.

E) Periodici ufficiali del Comune:

Nel periodo compreso dal presente inventario furono pubblicati dal comune di Prato i seguenti periodici: «Bollettino demografico-sanitario» I (1[8]86) - XXVIII (1913); «Annuario statistico-amministrativo», 1924-1926 e 1931-1933; «L'osservatorio. Rassegna trimestrale del comune di Prato» I (1934) - V (1938); «Prato. Rassegna del comune», 1938 ss. In questi annuari si trovano dati statistici e resoconti sull'attività svolta dall'amministrazione comunale che possono servire di utili complemento o di guida sommaria nella ricerca degli atti d'archivio.



Serie I. Protocolli delle deliberazioni del Consiglio comunale

Protocolli delle deliberazioni del Consiglio comunale in seduta pubblica

Protocolli delle deliberazioni del Consiglio comunale in seduta segreta

Deliberazioni della Consulta municipale

Serie II. Protocolli delle deliberazioni della Giunta municipale

Protocolli generali delle deliberazioni della Giunta municipale

Protocollo A delle deliberazioni della Giunta, in bollo

Protocollo B delle deliberazioni della Giunta, non bollate

Protocollo delle deliberazioni del Commissario prefettizio

Protocollo generale delle deliberazioni della Giunta comunale

Protocollo delle deliberazioni della Giunta municipale

Protocolli degli stanziamenti di spese fatti dalla Giunta municipale

Protocollo delle deliberazioni della Giunta municipale soggette al visto

Protocollo degli atti del Podestà

Serie III. Protocolli della corrispondenza

Serie IV. Atti del Consiglio comunale

Serie V. Atti della Giunta municipale

Atti della Giunta municipale

Atti del Podestà

Carteggio ed atti del Podestà diviso per categorie

Atti del Podestà e del Commissario

Serie VI. Carteggio degli affari comunali

a) Istituti locali, opere pie e beneficenza

b) Polizia urbana

c) Sanità e igiene

d) Dazio consumo e Finanza

e) Carceri

f) Istruzione

g) Lavoro

h) Stato civile

i) Statistica

l) Carteggio ufficiale - Ministeri e uffici dello Stato

m) Carteggio ufficiale - Comuni

Affari sospesi

Carteggio ed atti per categorie

Serie VII. Affari elettorali

Serie VIII. Carteggio della leva militare

Serie IX. Carteggio degli affari militari

Serie IX bis. Ufficio notizie militari

Serie X. Carteggio dell'anagrafe comunale

Serie XI. Atti relativi all'ordinamento comunale, ai sindaci e ai dipendenti

Atti relativi all'ordinamento comunale

Atti relativi ai sindaci

Atti relativi ai dipendenti del comune

Atti relativi alle cause civili tra il comune, dipendenti, privati o enti

Serie XII. Contratti

Repertorio degli atti soggetti alla tassa di registro tenuto dal segretario del Comune

Filze o buste di contratti diversi

Serie XIII. Atti relativi alla beneficenza

Serie XIV. Ufficio di polizia municipale

Deliberazioni

Atti di polizia

Minute di responsive dell'Ispettore di polizia

Contravvenzioni

Licenze per l'impianto di macchinari rumorosi

Servizio annonario

Registri delle mercuriali

Serie XV. Atti relativi alla sanità e igiene

Serie XVI. Inventari di beni comunali e conti di cassa

Serie XVII. Bilanci preventivi e conti consuntivi

Bilanci preventivi

Conti consuntivi

Serie XVIII. Repertori delle assegnazioni e libri mastri

Registri dei mandati e repertori delle assegnazioni in entrata

Registri delle assegnazioni in entrata

Libri mastri per le registrazione delle entrate

Registri dei mandati e repertori delle assegnazioni di spesa

Registri delle assegnazioni di uscita

Libri mastri per la registrazione delle uscite

Libri spese comparativo al bilancio

Serie XIX. Giornali di entrata e di uscita e libri cassa

Giornali dei mandati di entrata

Giornali dei mandati di uscita

Libri cassa

Serie XX. Mandati di entrata e di uscita

Mandati di entrata

Mandati di uscita

Serie XXI. Imposte e tasse

A) Atti relativi al dazio consumo

Circolari

Copia rapporti

Tariffe

Decadi o tratte di servizio

Ruoli degli abbonati al dazio consumo

Bilance di commercio

B) Atti relativi alle imposte e tasse

Serie XXII. Atti relativi a grazia, giustizia e culto

Serie XXIII. Elenchi preparatori e liste di leva militare

Elenchi preparatori

Liste di estrazione

Renitenti

Liste di leva

Serie XXIV. Ruoli matricolari

Ruoli matricolari dei militari delle tre categorie

1a categoria

2a categoria

Ruoli nominativi dei militari della milizia territoriale

1a categoria

2a categoria

3a categoria

Ruoli matricolari (unica categoria)

Serie XXV. Servizi e sussidi militari

Serie XXV bis. Schede dei militari emigrati o deceduti

Serie XXV ter. Situazioni di famiglia dei giovani iscritti alla leva

Serie XXV quater. Atti relativi agli affari militari

Serie XXVI. Atti relativi alla pubblica istruzione e cultura

Serie XXVII. Licenze di murare e permessi di abitabilità

Filze di licenze di murare e documenti relativi

Licenze di murare e di abitabilità

Licenze di murare e permessi d'abitabilità e d'uso

Serie XXVII bis. Permessi di costruzione e abitabilità

Serie XXVII ter. Lavori pubblici

Serie XXVIII. Atti relativi al lavoro

Ufficio comunale del lavoro

Serie XXIX. Atti relativi al commercio

Liste elettorali per la Camera di commercio

Liste elettorali dei probi-viri

Stati annuali e biennali degli utenti pesi e misure soggetti alla verificazione periodica

Serie XXX. Registri dello stato civile

Serie XXXI. Indici decennali dei registri di stato civile

Serie XXXII. Allegati ai registri dello stato civile

Constatazioni di nascite

Constatazioni di morte

Serie XXXIII. Censimenti

II Censimento generale della popolazione (31 dicembre 1871)

III Censimento generale della popolazione (31 dicembre 1881)

IV Censimento generale della popolazione (10 febbraio 1901)

V Censimento generale della popolazione (11 giugno 1911)

VI Censimento generale della popolazione (1° dicembre 1921)

VII Censimento generale della popolazione (20 aprile 1931)

VIII Censimento generale della popolazione (21 aprile 1936)

Serie XXXIV. Registri della popolazione

Popolazione mutabile

Popolazione stabile

Fogli di famiglia eliminati dal «Registro della popolazione» negli anni 1881-1921

Fogli di famiglia eliminati dal «Registro della popolazione» nel 1931

Fogli di famiglia eliminati dal «Registro della popolazione» negli anni 1931-1936

Cartelle di casa del Registro della popolazione con i fogli di famiglia a forma di scheda, 1936-1951

Fogli di famiglia eliminati dal registro della popolazione negli anni 1936-1951

Schede individuali

Schede individuali del Registro della popolazione, 1881-1931 (con aggiornamenti fino al 1° aprile 1938)

Schede individuali del Registro della popolazione, 1936-1951 (con aggiornamenti fino al 31 gennaio 1952)

Serie XXXV. Movimento della popolazione

Filze e buste di emigrazioni

Filze e buste di immigrazioni

Serie XXXVI. Atti relativi alla statistica

Serie XXXVII. Atti di comitati municipali

Serie XXXVIII. Documenti donati al Comune

Carte di Sem Benelli



Note: Nel 2016, durante le operazioni di schedatura della parte di archivio comunale postunitario successivo a quello già descritto da Carlo Fantappiè, sono state rinvenute, da parte degli archivisti della Cooperativa Scripta Manent, un certo numero di unità documentarie (879 in tutto) appartenenti all'arco cronologico coperto da questo Inventario. Si è pertanto deciso di inserirle nella versione pubblicata in AST aggiungendole, a seconda dei casi, singolarmente in serie già esistenti, o raggruppate in nuove serie, utilizzando all'occorrenza numerazioni bis, ter, e via di seguito, in modo di non alterare la numerazione delle serie e delle unità presenti nell'Inventario a stampa. Sia nel caso delle serie che delle unità, ciascun nuovo inserimento riporta nella descrizione del contenuto la dizione "Questa serie/sottoserie/unità è un'integrazione all'Inventario di Carlo Fantappiè e risulta dalla schedatura effettuata nel 2016 dagli archivisti della Cooperativa Scripta Manent".[Ilaria Pagliai, 2016]

Codifica:
Ilaria Pagliai, ottobre - novembre 2016
Paolo Santoboni, revisione, gennaio 2017