Livello: complesso di fondi
Estremi cronologici: sec. XV - 1774Consistenza: 163 unità
La podesteria di Bibbiena
Il territorio
Quando, nel 1337, Pier Saccone Tarlati cedette a Firenze il Comune di Arezzo e, con esso, il vasto territorio soggetto che si estendeva fino al Casentino, mantenne, a titolo personale, il possesso di Bibbiena 1 di cui il Comune fiorentino si impadronì solo nel 1359 a conclusione di una campagna militare condotta contro Marco Tarlati e dopo accordi intervenuti col vescovo di Arezzo, antico signore feudale di quel castello e titolare della giurisdizione su di esso e sulla sua corte 2 .Firenze era già presente, da almeno un decennio, in Casentino dove controllava un vasto territorio fra la riva destra dell'Arno e il Pratomagno, organizzato dal l349 nella podesteria della Montagna Fiorentina che aveva il suo centro a Castel S. Niccolò e che si estendeva su un certo numero di Comuni vicini 3 .
La conquista di Bibbiena costituì una tappa ulteriore dell'espansione fiorentina in quella zona e venne a compensare, in qualche modo, la perdita di Arezzo che, nel 1343, in coincidenza della fine della signoria del Duca d'Atene, era tornata in libertà.
Subito dopo la conquista del Comune, Firenze istituzionalizzò nel gennaio del 1360 il dominio su Bibbiena, insediandovi un castellano, a presidio della rocca, e un podestà 4 .
Quest'ultimo, estratto dalle borse delle podesterie maggiori, o di primo grado, fu investito della piena giurisdizione anche in materia criminale 5 , come accadeva in genere per quei rettori che operavano ai confini del dominio fiorentino, a diretto contatto con le forze esterne, spesso ostili, e in situazioni non ancora politicamente stabilizzate.
Anche se le competenze giudiziarie del podestà vennero presto ricondotte alla sola materia civile, in conseguenza dell'evolversi della situazione generale, dell'espandersi del dominio stesso - che portò i suoi confini ben oltre Bibbiena - e dell'uniformarsi della legislazione in materia di decentramento della giustizia, la podesteria rappresentò, fino alla seconda metà del XVIII secolo, uno dei poli amministrativi periferici dello Stato toscano; al suo interno confluirono, via via, una serie di comunelli, portato di nuove acquisizioni territoriali o di variazioni del disegno circoscrizionale della zona.
Nel settembre 1360 fu riunito alla podesteria il Castello di Soci 6 che Firenze aveva acquistato, assieme alla villa di Farneta, da Marco di Modigliana 7 . La stessa cosa accadde nel l373 per il Comune di Gello 8 ceduto da Marco Tarlati 9 e che costituiva uno dei possessi di quella potente famiglia. Successivamente il monastero di Camaldoli, i cui diritti erano fortemente limitati dalla turbolenza della feudalità locale, decise, nel l382, di mettersi sotto la protezione del Comune di Firenze 10 rinunciando in suo favore all'esercizio della giurisdizione sui sudditi laici della villa di Moggiona che venne così sottoposta all'autorità del podestà di Bibbiena. Il territorio di Moggiona, che continuò ad appartenere al monastero, non entrò infatti a far parte della podesteria - con la quale non aveva, del resto, continuità territoriale - restando soggetto solo giudiziariamente al podestà che prese a recarsi a Moggiona una volta al mese, visto che agli abitanti della villa era stato riconosciuto il diritto di non essere chiamati in giudizio fuori di essa 11 .
La seconda e definitiva acquisizione di Arezzo da parte di Firenze e la conseguente riorganizzazione del vecchio contado aretino nel 1385 non determinarono ripercussioni immediate nell'assetto della podesteria di Bibbiena, ai cui confini vennero allora create le nuove circoscrizioni podestarili di Chiusi 12 , Caprese 13 e Pontenano 14 . Solo qualche anno dopo si rese necessario definire la posizione del Comune di Partina che, pur facendo parte dell'antico contado di Arezzo, era stato praticamente dimenticato nella organizzazione territoriale del 1385 e non risultava quindi sottoposto a nessun rettore fiorentino. Nel 1390 Partina sottoscrisse le proprie capitolazioni con Firenze e, in base ad esse, fu aggregata alla podesteria di Bibbiena 15 .Più sostanziali ampliamenti intervennero nel 1409 in conseguenza dello scioglimento della podesteria di Montefatucchio 16 che era stata istituita solo quattro anni prima con alcuni territori allora assoggettati nell'Alpe di Serra ed a cui era stata ricondotta anche la lontana comunità di Palagio Fiorentino retta dal 1402 da un ufficiale 17 .
Dalla ridistribuzione, fra le podesterie vicine, del territorio di quella di Montefatucchio, pervennero a Bibbiena i Comuni di Serravalle, Banzena e Marciano di Casentino.
Almeno dal 1419 il territorio podestarile comprendeva anche il Comune di Gressa, probabilmente aggregato, in precedenza, alla circoscrizione di Chiusi 18 . Da quest'ultima si staccò nel 1424 anche il Comune di Campi, riunito alla podesteria di Bibbiena 19 cui pervenne, verso la fine del secolo, anche Terrossola di cui non si è potuta però accertare la precedente collocazione circoscrizionale 20 .
La podesteria di Bibbiena acquisì, in questo modo, un'estensione territoriale che sarebbe rimasta sostanzialmente invariata fino al momento delle riforme leopoldine e che comprendeva, oltre al Comune maggiore di Bibbiena, dove risiedeva il podestà, quelli minori di Serravalle, Pattina, Soci, Marciano, Gressa, Gello, Banzena, Campi e Terrossola.
Nel 1441 la vittoria ottenuta ad Anghiari sugli eserciti milanesi del Piccinino e sui Guidi di Battifolle, loro alleati, consentì a Firenze di impadronirsi del Castello di Poppi e degli ultimi territori casentinesi e determinò la costituzione di un vicariato di Casentino cui vennero ricondotte, assieme a quella di Bibbiena, la podesteria della Montagna Fiorentina e la podesteria di Pratovecchio istituita, contestualmente al vicariato 21 .
Tralasciando qui di considerare le podesterie sotto l'aspetto di circoscrizioni giudiziarie (destinate a sopravvivere, nonostante le mutilazioni di competenze e di territorio, fino al 1850 circa), occorre invece ricordare che, nel loro ulteriore aspetto di circoscrizioni amministrative (destinate invece a venir meno con l'istituzione delle comunità leopoldine), esse esercitavano, pur sotto lo stretto controllo dei podestà e poi dei cancellieri comunitativi, una funzione di raccordo fra le varie componenti comunali. Per quanto riguarda in particolare la podesteria di Bibbiena, tali componenti risultavano essere, verso la metà del Cinquecento, essenzialmente due: il Comune di Bibbiena e l'insieme dei Comuni esterni, la cui organizzazione era indicata direttamente come "podesteria di fuori".
Questa particolare configurazione si risolveva, come meglio si dirà in seguito, in una sorta di relativa separatezza fra il Comune capoluogo e gli altri comuni che sembravano essere i soli a riconoscersi veramente nelle strutture della podesteria.
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L'organizzazione
La configurazione della sua podesteria - articolata come si è visto in una parte "di dentro", coincidente col Comune maggiore, e in una parte "di fuori" che includeva tutti gli altri - poneva Bibbiena in una posizione particolare, a mezza strada fra quei centri (Cortona, Sansepolcro, etc.) che costituivano da soli una circoscrizione amministrativo-giudiziaria e quanti altri, configurandosi semplicemente come capoluogo della circoscrizione stessa, partecipavano, con tutte le altre componenti territoriali, agli organismi e alle forme di gestione comuni.Appare indicativo di questa situazione il fatto che i documenti parlino di "podesteria" solo per indicare il complesso dei comunelli mentre per indicare Bibbiena ricorrano sempre al termine di "Comune" o "Comunità". La distinzione - presumibile conseguenza della posizione di preminenza rivestita da Bibbiena prima della sottomissione e della stessa importanza attribuitale da Firenze in Casentino - pur non spingendosi al punto da dar luogo a due distinte circoscrizioni - cosa che avrebbe richiesto, fra l'altro, l'impiego di due podestà - fece sì che i rapporti fra Bibbiena e i Comuni esterni risultassero in qualche modo anomali rispetto ad altre situazioni.
Innanzitutto l'organismo rappresentativo della podesteria è espressione dei soli Comuni "di fuori", riducendosi a un minuscolo organismo, senza collegamento diretto con il Consiglio Generale di Bibbiena che costituisce un punto decisionale almeno parzialmente svincolato dall'altro.
La comune dipendenza da Firenze e dai suoi organi periferici di governo non consentiva però una separazione troppo netta, per cui anche il Comune di Bibbiena doveva inviare all'occorrenza un proprio emissario alle riunioni dei "sindaci della podesteria di fuori"e ciò ogni volta che si dovevano trattare questioni di interesse comune.
Anche se la ricordata assenza di norme statutarie di podesteria impedisce di farsi un'idea precisa di come fossero regolamentati i rapporti tra le due componenti della circoscrizione, era tuttavia inevitabile che simili rapporti fossero comunque compatibili con i meccanismi generali dell'organizzazione periferica dello Stato e che i momenti di confronto coincidessero principalmente con i problemi connessi alla ripartizione di quelle che sono generalmente definite "spese universali", attinenti cioè alla necessità del funzionamento dello Stato stesso, quali quelle relative al pagamento dei salari dei rettori e al versamento delle imposte a favore di Firenze.
Com'è noto, a partire dal 1545 le Comunità del dominio fiorentino furono chiamate a contribuire alle spese dello Stato mediante il pagamento di una tassa cosiddetta "universale" calcolata in base ai loro estimi. Nella determinazione preventiva di questa tassa, i cui canali di riscossione non erano sempre uniformi, fu prevista, almeno all'inizio, una cifra complessiva da porsi a carico dell'intero vicariato di Poppi: fu così, ad esempio, nel 1545 quando la cifra richiesta fu di 1614 lire, e nel 1577, quando salì a 1647 22 . La sua distribuzione fra le podesterie veniva operata, verosimilmente, dal vicario e dal Consiglio di vicariato che rispondeva degli introiti al Monte di Firenze.
La quota così assegnata alla podesteria, risultava divisa in parti uguali fra Bibbiena e il complesso dei Comuni esterni ed era la podesteria di fuori che, tramite il suo camarlingo generale, riscuoteva dai suoi Comuni e da quello di Bibbiena, le quote spettanti a ciascuno per rimetterle al camarlingo del vicariato 23 . Con la stessa distribuzione percentuale e con gli stessi criteri avveniva la riscossione delle quote fissate per i lavori di mantenimento delle strade.
Sempre alla podesteria di fuori faceva carico l'esazione delle somme richieste ai comuni per il funzionamento del vicariato. Il camarlingo generale di fuori riscuoteva, in questo caso, 24 lire da quello di Gello, 21 da quello di Gressa, 34 da quello di Moggiona, 28 da quello di Soci, 10 da quello di Partina, 19 da quello di Banzena, 4 da quello di Serravalle e, inoltre, 244 da quello di Bibbiena.
A quest'ultimo Comune spettava invece l'esazione delle quote assegnate per le spese di podesteria, ivi comprese quelle per i messi, i cavallari e gli sbirri. Nelle mani del camarlingo di Bibbiena pervenivano allora le rimesse dei Comuni esterni: 4 lire da Banzena, 34 da Soci, 32 da Gressa, 37 da Gello, 17 da Partina, 3 da Serravalle, 10 da Moggiona, e 112 da Terrossola 24 . Su Bibbiena gravava l'importo della differenza per arrivare alle 433 lire previste per ogni semestre.
Rispetto al meccanismo descritto, che investiva delle funzioni di raccolta ora il camarlingo di Bibbiena ora quello generale dei Comuni di fuori, una particolarità era costituita dalla posizione di Terrossola che, per motivi presumibilmente connessi alle modalità della sua tardiva aggregazione alla podesteria,sembra mantenere rapporti solo con il Comune di Bibbiena e con il suo camarlingo al quale rimette direttamente la quota di spettanza per le spese di podesteria, mentre contribuisce a formare direttamente la quota di Bibbiena, quando era questa a dover versare al camarlingo di podesteria per le spese di vicariato, per la tassa universale o per i lavori di strade.
Sulle comunità gravava anche la tassa del macinato istituita nel 1552 25 da Cosimo I e divenuta, ben presto, una imposta personale da distribuirsi per "bocche", tra le famiglie e le altre convivenze di ciascun comune. Per la sua riscossione nell'ambito della podesteria di fuori, fu eletto dal 1567 un apposito camarlingo generale.
Tutti i comuni della podesteria dovevano poi far fronte, oltre che a quelle "universali", alle proprie spese "particolari" relative, fra l'altro, ai salari degli ufficiali e degli impiegati.
Le entrate disponibili erano costituite per Bibbiena dai proventi della gabella del vino e dei macelli, dalle multe di danno dato, dalla vendita all'asta dei pegni giudiziari e, a copertura delle uscite complessive, dal dazio comunitativo comunemente calcolato sulla base degli "estimi" e imposto ai possidenti e agli altri produttori di reddito 26 .
I Comuni di fuori, più poveri, facevano conto quasi esclusivamente sul dazio, la cui applicazione e la cui misura venivano, di volta in volta, stabilite dal Consiglio dei rappresentanti e la cui esazione era affidata ai camarlinghi particolari.
L'organizzazione complessiva quale si è descritta subì un mutamento a partire dal l633 quando, attraverso i documenti contabili (saldi, dazzaioli) 27 , si assiste alla riconduzione in una sola persona delle funzioni svolte fino ad allora dai camarlinghi particolari dei Comuni, dal Camarlingo generale della podesteria e dal camarlingo di Bibbiena.
La nuova situazione, pur non modificando sostanzialmente il sistema di contabilità, che continua ad essere separato per ogni Comune e per la podesteria esterna nel suo complesso, produsse tuttavia delle conseguenze importanti a livello generale.
Anche se le ragioni sono da ricercarsi più nelle difficoltà di reperire un numero sufficiente di camarlinghi idonei che nella volontà di riformare il sistema, si raggiunse, in primo luogo, il risultato di snellire tutta una serie di passaggi di contanti, operati in precedenza da persone diverse ciascuna responsabile per il suo settore particolare.
Ma la presenza di un solo camarlingo - sia pure attivo in vesti diverse - contribuì anche a ridurre progressivamente la separazione esistente fra Bibbiena e gli altri Comuni, per cui anche il significato del termine "podesteria" venne modificandosi nel corso dei secoli XVII e XVIII, parallelamente all'evolversi di una struttura tendente a configurarsi sempre meno come organizzazione dei Comuni di fuori e sempre più come organizzazione di tutto il territorio podestarile.
Del resto la stessa posizione prioritaria di Bibbiena in Casentino, già diminuita con l'acquisto di Poppi e con l'istituzione in quel Comune di un vicariato che costituì, dal l441, il maggior punto di riferimento per il governo fiorentino, aveva subito un ulteriore tracollo nel corso del XVII secolo, allorché aveva cessato di essere centro di una Cancelleria comunitativa, riducendosi al rango di una delle molteplici podesterie minori esistenti in quella zona.