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Tipologia: inventario analitico
a cura di Carlo Fantappiè
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Pubblicazione: Prato, Società pratese di storia patria, 1984
Descrizione fisica: pp. XXXIII-204, mm. 240 x 170
Contenuti:
Con questo inventario l'amministrazione comunale di Montemurlo non solamente prova la sua sensibilità per la propria documentazione e il suo profondo interesse per la sua valorizzazione, ma offre agli studiosi interessati alla storia economica e sociale del suo territorio uno strumento di ricerca inquadrato in un contesto storiografico completamente rinnovato. E non poteva essere altrimenti data l'esperienza fatta dal curatore nel campo della ricerca storico-istituzionale con la stesura di altri lavori di questo tipo per i quali la Sovrintendenza Archivistica per la Toscana gli ha sempre fornito le direttive tecniche, ma ha anche trovato in lui uno dei suoi migliori collaboratori. Solo attraverso questi mezzi di corredo, importantissimi per una impostazione valida della storia locale, si arriva alla precisa ricostruzione delle serie quale è stata fatta dal Dott. Fantappiè con un lavoro tutt'altro che facile, data la situazione in cui si trovavano le carte. Sono da rilevare oltre all'introduzione, le notizie istituzionali che precedono le varie serie nonché il preciso e puntuale apparato bibliografico e di note di cui il testo è corredato sia nella parte preunitaria che in quella postunitaria. Quest'inventario oltre che fondamentale per le ricerche storiche sarà certamente anche un utile strumento per far conoscere alla popolazione locale le proprie vicende: infatti esso non rappresenta per l'amministrazione comunale di Montemurlo un punto di arrivo, ma segna l'inizio di una vivace attività promozionale nel campo dei beni culturali del suo territorio, come dimostra l'inserimento dell'archivio insieme alla biblioteca in un Centro espressamente creato a questo fine, con appositi operatori specializzati ad esso addetti.
Francesca Morandini Sovrintendente Archivistico per la Toscana
Un ammasso di carte polverose, abbandonate all'umido di uno scantinato o in soffitta all'insidia della pioggia e dei topi; una quantità di materiale esposto all'incuria o addirittura considerato ingombrante, la cui conservazione si continua a tollerare a mala pena nella ristrettezza degli spazi: è questa, purtroppo, l'immagine o la concezione che non tanto e non solo l'uomo qualunque ma anche il proprietario - privato o pubblico - ha spesso delle proprie carte d'archivio. A causa di queste forme di dispregio dei vecchi documenti numerosi archivi di famiglie, di imprese, di associazioni, di comuni, sono andati irrimediabilmente perduti o comunque ci sono giunti gravemente danneggiati e lacunosi. Eppure la dignità umana avverte come bisogno primario anche quello di conservare un'immagine di sé, di trasmettere ai posteri un qualche riflesso della propria personalità singola e collettiva, delle proprie azioni. Ciascuno di noi è inserito - lo voglia o no - in una «tradizione», in qualcosa che gli è tramandato e costituisce il fondamento del suo presente 1. Disinteressandosi o ignorando le carte d'archivio, insomma, l'uomo rinnega sé stesso, la sua immagine storica. In modo spontaneo ma con tutta evidenza erano questi i pensieri che si fissavano nella mente durante una pausa del lavoro di ordinamento del materiale documentario di un archivio locale come quello del comune di Montemurlo. Ed erano queste medesime riflessioni che riuscivano a vincere il senso naturale di noia e di meccanicità del mestiere d'archivista e a far sopportare con pazienza il fastidio della polvere o la fatica fisica di spostare pesanti registri o buste di documenti. L'importanza del riordinamento di antiche carte d archivio consiste principalmente nella possibilità creativa di ricostruire, anche se in modo frammentario, il passato, di recuperare una perduta continuità storica. Tale riconquista del passato è sempre tuttavia mediata, sul piano della ricerca documentaria, da specifiche strutture archivistiche. Ogni documento infatti ci giunge per mezzo ed insieme con l'archivio che lo comprende, talché risulta impossibile separare del tutto documento ed archivio, contenuto e contenente. Mentre il documento resta un oggetto materialmente definito anche se aperto a molteplici interpretazioni, l'archivio - per quanto assuma originariamente una fisionomia e struttura particolare - muta di fatto le possibilità della sua organizzazione interna a seconda dei bisogni di chi produce quei documenti. Se dunque non sempre risulta verificabile uno strettissimo vincolo sostanziale fra produttore e assetto dell'archivio, certamente non si potrà negare l'esistenza di un vincolo funzionale che lega queste due realtà secondo relazioni di volta in volta definite2. Da queste premesse discende la problematicità dell'ordinamento archivistico, ossia la ricerca di metodi adeguati sia per rispondere alle esigenze derivanti dalla natura dell'archivio quale entità organicamente strutturata che per soddisfare i connessi bisogni pratici della conservazione e del reperimento razionale del materiale. Si comprende allora come ogni operazione di ordinamento archivistico presenti caratteri peculiari e sia storicamente datata, poiché si attua all'interno di una fase determinata della problematica storiografica. Gli studi storici esercitano un indubbio influsso sul lavoro d'inventariazione, se non altro perché accordano la preferenza ad un certo tipo di archivi o a talune serie archivistiche; oppure perché, più profondamente, lo stato delle conoscenze storiche sulle istituzioni del passato condiziona i metodi ed i contenuti del processo d'inventariazione. Ma è anche vero che il lavoro archivistico può divenire uno stimolo per l'indagine storica, nel senso che la predisposizione di nuovi strumenti di ricerca e di verifica delle fonti archivistiche invoglia lo storico a progettare indagini su nuovi settori, magari fino allora trascurati. Forse proprio in ragione di questo mancato connubio tra archivistica e storiografica - e più in generale fra archivistica e scienze umane - gli archivi locali non hanno attirato nel passato sufficiente interesse. Uno dei maggiori studiosi dell'archivistica italiana appuntando la sua attenzione sugli archivi dei comuni ha scritto di recente che essi rimangono ancora «quasi del tutto sconosciuti». Andando alla ricerca delle cause di un tale stato di cose, Arnaldo d'Addario ha posto in risalto due motivi principali. Prima di tutto il fatto che «la ricerca storica ha considerato con scarsa attenzione questo materiale documentario»; in secondo luogo l'infelice sorte che queste carte hanno spesso avuto per quanto riguarda la loro conservazione materiale3. A questi due motivi, saremmo tentati d'aggiungere un terzo che per certi aspetti sembra preminente rispetto agli altri: la mancanza di strutture che permettano agli archivi comunali di diventare facilmente e sistematicamente consultabili. Molto spesso accade, infatti che le curiosità archivistiche e le esigenze scientifiche degli studiosi siano stroncate sul nascere dalla considerazione delle difficoltà e delle lungaggini che la consultazione degli archivi locali in genere comportano. Viene in mente quanto scriveva Marc Bloch sulle due principali cause che impediscono alle società di «organizzare razionalmente, con la loro memoria, la loro conoscenza di sé»: «la negligenza, che smarrisce i documenti, e l'ancor peggior mania del segreto... che li nasconde e li distrugge»4. Se non la mania del segreto, certo la gelosia dei propri documenti - spesso considerati alla stregua di intoccabili «pezzi da museo» - sommata ad altri fattori quali la mancanza di ordinamento delle carte, la carenza di locali e di personale idoneo che ne permettano la conservazione e la consultazione, rendono la conoscenza dei documenti di un archivio locale - anche pubblico - un'impresa ardua ed eccezionale, quasi un «favore» che il proprietario dell'archivio concede in via straordinaria a chi ne fa richiesta. È solo cercando di sanare queste gravi carenze delle strutture archivistiche locali che si potrà avviare anche nei comuni un importante processo di valorizzazione del materiale documentario e operare così quel salto qualitativo sul piano della cosiddetta politica culturale che trasformi, come suggestivamente è stato scritto, questi archivi «da necropoli a laboratori»5. Altrimenti anche l'impresa, pur così lodevole e necessaria, dell'ordinamento degli archivi e della conseguente pubblicazione di inventari, finirà inevitabilmente per rimanere un'operazione contingente che relega le carte d'archivio fra i reperti del passato, sancendo ancora una volta il significato amministrativo e non eminentemente culturale che si attribuisce al patrimonio documentario. Come è stato osservato dal d'Addario già trent'anni fa, le vicende storiche dell'archivistica confermano che «non finalità pratiche possono sollecitare l'ordinamento delle carte più antiche, ma la consapevolezza del valore dei documenti come fonti di una storia studiata e sentita nella sua dignità»6. Per giungere ad una corretta valorizzazione degli archivi storici, oltre l'acquisizione del loro valore specifico e irripetibile7, non sarà meno indispensabile il superamento della concezione piuttosto diffusa, che confonde l'importanza di un archivio con la presenza in esso di «pezzi celebri». C'è da chiedersi, infatti, se 1'incuria diffusa nei confronti degli archivi cosiddetti minori così come i processi di depauperamento di materiale che essi subiscono non derivino, in ultima istanza, da una concezione che misconosce la caratteristica peculiare dell'archivio, e cioè l'organicità delle serie documentarie ed il complesso omogeneo di documentazione che esso fornisce a chi vuole interrogare il passato8. È interessante notare a questo riguardo che la riflessione sui metodi delle scienze storiche ha da tempo modificato profondamente la concezione positivistica del documento inteso semplicemente quale utile accessorio per le teorie dello storico9, e vada impegnandosi verso una rivalutazione di ciò che rimane implicito nella definizione stessa di archivio. Come ha scritto Michel Foucault, «la storia ha cambiato posizione nei confronti del documento: come compito principale s'impone non quello di interpretarlo, non quello di determinare se dice la verità e quale sia il suo valore espressivo, ma quello di lavorarlo dall'interno e di elaborarlo: lo organizza, lo seziona, lo distribuisce, lo ordina, lo suddivide in livelli, stabilisce delle serie... definisce delle unità, descrive delle relazioni»10. L'elaborazione di una metodologia che si concentra sulle funzioni storicamente quantificabili (prezzi, salari, demografìa, cicli economici, ecc.) e ne studia le persistenze e le modificazioni durante periodi più o meno lunghi ha condotto gli storici a dedicare maggior attenzione alle serie documentarie piuttosto che a documenti singoli di natura disomogenea11. Tuttavia l'indirizzo storiografico che postula in modo diretto la valorizzazione degli archivi storici minori è indubbiamente quello della storia locale. Il crescente interesse degli storici verso questa tematica ha suscitato, è noto, un ampio dibattito in Italia e all'estero che ne ha investito i metodi e le finalità, i risultati e le prospettive12. È stato giustamente osservato che gli elementi che differenziano la storia locale dalla storia tout court sono individuabili in «una minore ampiezza di respiro storiografico», in «una più limitata o meno aggiornata problematicità» o finanche in «una certa sprovvedutezza tecnica»13. Ciò significa che la storia locale viene valutata in termini negativi non tanto per una sua intrinseca insufficienza o per la ristrettezza del suo ambito geografico, quanto «per il modo in cui tale indagine è condotta, per il tipo di problemi a cui si riferisce, per la qualità e l'attendibilità dei risultati»14. Una volta chiarito l'assunto che lo storico locale deve essere storico a tutti gli effetti, è significativo che Giorgio Chittolini, nel tracciare alcune ipotesi per il futuro, abbia creduto doveroso richiamare l'attenzione sul «problema preliminare degli strumenti che facilitino la conoscenza dei documenti e delle fonti su cui condurre la ricerca»15. In questo senso la predisposizione e la divulgazione di inventari di fonti e di archivi potrebbero rappresentare uno dei maggiori e più duraturi contributi della storia locale. Offrire dati precisi circa la consistenza e le tipologie della documentazione esistente negli archivi di un determinato ambito storico-geografico costituisce, infatti, la premessa indispensabile di ogni valido programma di ricerca storica16. Se la pubblicazione di inventari degli archivi locali trova una finalità generale nel quadro della programmazione della ricerca scientifica, ciò non toglie che conservi a pieno titolo il suo valore primario per le comunità locali17. Non di rado è proprio un vivo senso dell'impegno civile e culturale, nonché la consapevolezza della gravita dei problemi attuali, a suscitare il desiderio di un recupero della memoria collettiva e l'esigenza di attingere i valori più autentici del passato. Nelle società industriali, ove si fanno meno pressanti i problemi della sopravvivenza e vanno emergendo drammaticamente quelli connessi al mondo dei significati e dei valori, sembra indispensabile che lo Stato e le altre istituzioni pubbliche favoriscano una crescita dei servizi culturali particolarmente per le nuove generazioni, dove più acuto rimane il problema della continuità col passato e dell'incontro tra mentalità diverse. Rivitalizzare le testimonianze del passato per mezzo dell'ordinamento archivistico e del loro accesso al pubblico significa compiere un evento culturale, poiché in tal modo i documenti cessano di essere dei semplici oggetti per acquistare significati, divenire simboli che permettono di penetrare aspetti nuovi della cultura e della vita storica delle comunità. Nè si dica che simile operazione esprime lo spirito antiquario di chi desidera raccogliere e conservare tesori dei tempi andati. Come afferma Ernst Cassirer, «ogni nuova comprensione del passato apre contemporaneamente una nuova prospettiva sul futuro, la quale a sua volta si traduce in un impulso per la vita intellettuale e sociale» 18. Sul piano archivistico, poi, la divulgazione degl'inventari si rende indispensabile per delineare una mappa esauriente della dislocazione del materiale documentario nell'ambito dei diversi archivi locali. In conseguenza delle numerose modificazioni delle strutture ecclesiastiche, amministrative, e giudiziarie verificatesi nel passato, ci troviamo infatti quasi costantemente nella necessità di ricostruire il materiale documentario relativo ad una singola comunità mediante una ricerca sistematica negli archivi di uffici, enti e magistrature periferiche e centrali che in tempi diversi hanno esercitato gradi e generi differenti di giurisdizione su quella comunità o su determinate sue istituzioni19. Riflettendo sulla molteplicità delle funzioni (amministrative, culturali, didattiche, ecc.) che gli archivi storici locali vengono via via assumendo, non è azzardato ritenere che essi possano divenire un fondamentale strumento di aggregazione, di creazione e di sviluppo della cultura locale, in un rapporto di mutua complementarità con le altre strutture di promozione culturale esistenti nel territorio (biblioteche, musei, ecc.)20. Ciò è naturalmente legato alla capacità degli operatori culturali di elaborare - sulla base delle sollecitazioni critiche della realtà contemporanea - programmi organici di ricerca e adeguate ipotesi realizzative per una corretta valorizzazione del patrimonio documentario21. Nel frattempo l'istituzione degli archivi storici locali rappresenta una precisa scelta culturale che privilegia la creazione di strutture permanenti di contro a quell'effimero a cui tende una certa «politica culturale», che non sembra preoccuparsi abbastanza di tornire le condizioni e gli strumenti adatti per stimolare esperienze e tradizioni di cultura vicine alla vita ed ai problemi degli uomini. Si spera che in tal modo gli archivi storici locali non rimangano patrimonio elettivo di pochi eruditi e studiosi di professione, ma vengano aperti - attraverso efficaci mediazioni culturali - a strati sociali più larghi: solo allora cominceranno ad essere strumenti di autentica educazione umana e civile e non mèri reperti archeologici di un passato che non vive più nelle coscienze.
Migliana, luglio 1984 Carlo Fantappiè
1. Fintanto che la comunità di Montemurlo22 non ha ricevuto un pieno riconoscimento della sua autonomia istituzionale, le sorti del suo archivio si sono sempre svolte fuori del suo territorio. Poiché, com'è noto, l'archivio delle comunità era strettamente legato alla figura del cancelliere23, la sede effettiva dell'ufficio di cancelleria diveniva quasi sempre anche la sede degli archivi delle comunità di sua competenza. Mentre le comunità più importanti sono state fin dall'origine sedi di cancellerie, ed altre lo sono diventate in periodi successivi, Montemurlo ha potuto recuperare le carte prodotte dalle strutture amministrative che si erano avvicendate dal XVI al XIX secolo soltanto al momento in cui fu istituito il comune postunitario. Nel periodo di tempo documentato dal suo archivio, e cioè dagli anni del principato mediceo fino al 1774, infatti, la comunità di Montemurlo godette di un'autonomia amministrativa ma si trovò a dipendere per il disbrigo delle pratiche dagli uffici della cancelleria di Fiesole24; in seguito alla riforma generale delle comunità del contado ordinata da Pietro Leopoldo di Lorena nel 1774 essa venne aggregata anche sul piano amministrativo alla comunità di Campi25; sotto il governo francese Montemurlo verrà ricostituito di nuovo e - questa volta in maniera definitiva - comunità26, anche se i suoi uffici dipenderanno fino al momento dell'istituzione del comune postunitario nel 1865 prima dall'aiuto residente della cancelleria di Fiesole a Campi (1814-1838) poi dalla cancelleria di Prato (1839-1865)27. Il più antico inventario delle carte della comunità di Montemurlo crediamo risalga al 1734. A quel tempo esse erano conservate negli uffici della cancelleria di Fiesole insieme con gli archivi delle altre comunità dipendenti di Sesto e di Campi28. Non sappiamo se l'annessione dei popoli del Comune alla comunità di Campi avvenuta quarant'anni più tardi o i provvedimenti amministrativi del governo francese in Toscana abbiano provocato anche il trasferimento dell'archivio di Montemurlo. È invece certo che in conseguenza della ricostituzione delle cancellerie comunitative e dell'istituzione - sulla base dell'editto del 12 settembre 1814 - di un'«aiuto-residenza» anche per la cancelleria di Fiesole, l'archivio della comunità di Montemurlo sia stato trasportato presso l'aiuto cancelliere di Campi e affidato ad un custode29. Da un inventario della cancelleria di Campi formato l'anno 1838 si desume un'organizzazione interna del materiale documentario sufficientemente definita e articolata30. Tuttavia la dislocazione oltremodo periferica delle strutture amministrative e sociali della Comunità prima a Fiesole e poi a Campi comportava gravi difficoltà per la popolazione di Montemurlo. Già nel 1787 - tre anni dopo la riforma leopoldina delle comunità - il sacerdote Giuseppe Bracci, con altri «possidenti» ed abitanti di quel luogo, avevano inviato una «supplica» al Granduca per «separarsi dalla comunità di Campi» e «formare una comunità andante, anzi a parte, da aggregarsi alla cancelleria di Prato, supponendo che un tal progetto» fosse «vantaggioso agli individui del comune indicato»31. Alla richiesta di ricostituzione della comunità di Montemurlo e del suo passaggio alle dipendenze della cancelleria pratese, il Magistrato comunitativo di Campi non sollevava obiezioni di principio, rimettendosi «alle sovrane determinazioni, purché la comunità [di Campi] nel caso di separazione, non risenta veruna spesa». Parere negativo alle richieste dei montemurlesi dette, al contrario, il cancelliere di Fiesole. Osservava prima di tutto che quel comune «è abitato generalmente da coloni e pastori, poiché i maggiori possidenti, e di massa e di numero, abitano in Firenze; e per conseguenza a questi è di più comoda la cancelleria di Fiesole per fare i riscontri, e tutto ciò che può avere rapporto al loro interesse». Esponeva poi al Granduca i motivi di natura economica e di privilegio di ceto che inducevano a respingere ogni richiesta di autonomia: «Essendo per tanto il comune di Monte Murlo un corpo troppo piccolo non crede conveniente la richiesta separazione dalla comunità di Campi perché diverrebbero forti le contribuzioni per i possidenti per supplire alle spese delle provvisioni per i risedenti del Magistrato e del Consiglio generale, provveditore di strade, camarlingo, ecc.»32. Il rescritto granducale del 18 aprile 1787, nel confermare il regolamento comunitativo vigente, dava un esito sfavorevole alla «supplica» degli abitanti di Montemurlo33. Le loro aspirazioni autonomistiche trovarono per la prima volta accoglimento durante l'occupazione francese della Toscana. Le disposizioni generali impartite dalla Giunta di Toscana ai prefetti prevedevano, infatti, che la suddivisione territoriale delle comunità avvenisse in base ad un numero minimo di popolazione (2.500 abitanti) oppure ad una sufficiente estensione territoriale (raggio di otto kilometri)34. L'autonomia della comunità di Montemurlo venne in seguito confermata dalle disposizioni del governo toscano restaurato nel 1814. Restava comunque il problema della dipendenza dal cancelliere di Campi. Nel rispondere ai quesiti della Camera delle comunità circa le sue competenze territoriali, la stessa cancelleria di Fiesole non mancava di notare che «per le sue circostanze locali e per la distanza» la comunità di Montemurlo sarebbe stata «più comoda alla cancelleria di Prato ove sono soltanto cinque miglia»35. Questa modificazione dei confini di circoscrizione delle due cancellerie comunitative tenendo conto della posizione geografica della comunità montemurlese e delle reali esigenze socioeconomiche dei suoi abitanti, avvenne solo quindici anni più tardi, con motuproprio del 5 dicembre 1838. Pochi giorni dopo il passaggio della comunità di Montemurlo sotto la cancelleria di Prato, il provveditore della Camera di sovrintendenza comunitativa raccomandava al cancelliere di Fiesole di prendere le misure opportune affinchè entro l'inizio del 1839 fosse effettuato «senza ostacolo il trasporto dall'una all'altra cancelleria delle carte ed oggetti indispensabili, onde non resti menomamente interrotto l'andamento del servizio»36. Sulla permanenza e sull'ordinamento che l'archivio di Montemurlo ricevette nella cancelleria di Prato veniamo a conoscere molti particolari da un inventario compilato nel 1853 dal cancelliere Lorenzo Fantini37. L'"Archivio amministrativo" della comunità Di Montemurlo era tenuto distinto da quelli dell'"Estimo e Catasto", dei "Luoghi Pii" e degli "Atti civili e criminali". Era collocato nella quinta stanza della cancelleria insieme con gli archivi amministrativi di Carmignano e Cantagallo e con una porzione terminale di «civili» del Tribunale di Carmignano e di Prato. La sua articolazione interna può essere così schematizzata nella seguente tabella.
Tab. 1 - Tipologia e consistenza dell'archivio della comunità di Montemurlo al 1853
Si tratta del primo elenco particolareggiato delle unità dell'archivio relative al periodo che va dal 1809 al 1853. La mancanza di un ordine coerente nella disposizione delle serie documentarie rivela tuttavia l'esclusiva preoccupazione di carattere patrimoniale e amministrativo che aveva guidato l'ufficio di cancelleria nella compilazione dell'inventario. Per trovare applicata una metodologia archivistica più corretta che si proponesse un ordinamento sufficientemente sistematico delle carte, occorrerà attendere un quindicennio.
2. Con l'istituzione e la relativa regolamentazione degli organi comunali in seguito alla legge 8 giugno 1865, l'archivio della comunità di Montemurlo fu per la prima volta collocato nella sua sede naturale dopo una lunga peregrinazione durata oltre quattrocento anni. La prima operazione che sembrò necessaria in conseguenza di tale evento fu la compilazione di un «Inventario dei libri, documenti etc. esistenti nell'archivio comunale» datato 1868, ma costantemente aggiornato fino al 190638. Ogni unità venne disposta, con un numero d'ordine progressivo, all'interno di una «categoria»; diverse categorie furono riunite sotto un certo numero di «sezioni». Può risultare interessante offrire lo schema generale delle «categorie» previste da questo tentativo d'ordinamento e il loro raggruppamento in «sezioni»:
Tab. 2 - Tipologia e consistenza dell'archivio della comunità di Montemurlo al 1865
La struttura complessiva dell'ordinamento era dunque costituita da 25 «categorie» funzionanti alla stregua delle attuali serie archivistiche, raggruppate in 8 «sezioni» o complessi documentari omogenei39. Si noterà il grado sufficientemente elaborato di metodologia archivistica che aveva presieduto all'individuazione delle serie e, soprattutto, la sostanziale coerenza del disegno ordinativo. Risulta innanzi tutto abbandonato il tradizionale criterio - puramente estrinseco - di classificare le unità d'archivio secondo la tipologia formale (protocolli, dazzaioli, reparti ecc.). È stato inoltre operato un significativo sforzo di raggruppamento delle molteplici serie entro i principali settori dell'attività dell'ente che ha prodotto la documentazione. Ciò nonostante in questo impianto archivistico rimaneva un difetto fondamentale. Non si era distinto affatto le carte del periodo preunitario - espressione delle magistrature granducali toscane - da quelle del periodo postunitario - emanazione uniforme dei nuovi organi locali dello Stato italiano. Il nesso di continuità tra le due parti dell'archivio (tra l'altro manifestato dalla numerazione progressiva delle unità) avrebbe necessariamente generato gravi equivoci e creato seri problemi per l'archiviazione delle unità via via prodotte sotto il nuovo Stato unitario. Forse per questa ragione o, più semplicemente, per le inadempienze di qualcuno, l'ordinamento sopra descritto non venne adottato per gli anni successivi e non ha pertanto lasciato tracce persistenti. Sullo stato di conservazione delle carte preunitarie informa anche la risposta che il sindaco inviava nel 1898 ad una circolare prefettizia del 23 novembre 1897. «In quest'archivio comunale esistono soltanto pochi atti, inclusi in apposite buste... Poiché queste buste sono ben conservate e custodite e sono collocate in separata parte degli scaffali, ritengo - scriveva il sindaco - che non occorra disporre per una diversa collocazione delle medesime». Il tono rassicurante della lettera nascondeva problemi ben più complessi e una realtà di fatto assai peggiore40. Circa un decennio prima, nel 1889, il Consiglio aveva ritenuto necessario istituire un'apposita commissione di tre membri per provvedere «il più presto possibile» a riguardo dell'archivio comunale «ridotto in tale condizione che mal risponde alla sua importanza», sia perché gli atti risultavano accatastati sulle scaffalature, sia perché i locali di deposito - adibiti per l'ufficio di stato civile - erano costantemente alla portata del pubblico41. Nulla sappiamo circa i lavori di questa commissione. Poiché nella deliberazione si facevano presenti le impellenti necessità di nuovi locali per gli uffici del comune, siamo indotti a credere che la scelta dell'amministrazione fosse di attendere ancora avanti di procedere al riordinamento delle carte. Subito dopo il primo conflitto mondiale, la situazione dell'archivio era giudicata sempre grave dal direttore dell'Archivio di Stato di Firenze Demetrio Marzi che, sulla base di un sopralluogo, nell'ottobre 1919, scriveva al sindaco queste perentorie parole: «L'Archivio di codesto Comune, sebbene contenga documenti risalenti al sec. XIV, è in condizioni orribili non solo di ordinamento, ma pure di sicurezza»42. Il sindaco aveva d'altronde dalla sua parte un motivo di efficace discolpa: la guerra e le sue traversie. Quindi se «l'archivio era ordinatissimo prima della guerra», una ristrutturazione degli uffici comunali aveva causato la rimozione delle carte e il loro smembramento in diversi locali. Anche se essi erano «di necessità» ingombri «di carte ed oggetti vari», la ricerca dei documenti - a detta del sindaco - era «facile» e «sicura la loro conservazione». Anche stalvolta, comunque, non mancava una rassicurazione che testimoniava una qualche volontà di offrire un adeguato ricettacolo all'archivio: «Nel prossimo anno la sede comunale dovrà essere trasferita in altro fabbricato, e sarà allora il momento favorevole per riportare l'archivio al suo primitivo ordinamento»43. Non sappiamo se ciò avvenne; è certo che la situazione non cambiò molto, anche dopo le pressanti sollecitazioni della Prefettura di Firenze negli anni trenta tendenti ad indurre scarti degli atti d'archivio il più possibile estesi e indiscriminati al fine d'offrire il ricavato alla Croce Rossa. Per fortuna, come ci assicura una responsiva del podestà del 1933, «la carta consegnata alla Croce Rossa era tutta proveniente dal cestino, poiché l'archivio è lasciato ancora intatto, dovendo essere definitivamente assestato nei nuovi locali»44. Anche se si era evitato di mandare al macero una porzione d archivio, si rimaneva nondimeno ancora lontani dal comprendere l'importanza della conservazione delle carte45.Pur non disponendo di notizie sulle sorti dell'archivio nel periodo posteriore alla seconda guerra mondiale, siamo in grado di affermare con una certa probabilità che le dispersioni e i danneggiamenti più gravi sono avvenuti negli ultimi decenni. In seguito a cause imprecisate sono andate perdute diverse serie di registri del periodo postunitario; ciò che ha modificato assai la fisionomia originaria dell attuale sezione storica dell'archivio. Se le serie dei protocolli delle deliberazioni del Consiglio e detta Giunta hanno sofferto solo alcune lacune, ben più estesi vuoti sono da lamentare fra i protocolli della corrispondenza. Di non minore rilievo sono, tuttavia, le lacune riscontrabili nelle altre serie. I registri delle imposte e tasse comunali cominciano solo dal 1913, mentre delle buste dei mandati di entrata e uscita non è rimasta traccia prima del 1925. Anche quando non ci troviamo di fronte a carenze strutturali di documentazione, dobbiamo comunque registrare notevoli incompletezze. Le serie dei registri dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi, allo stesso modo di quelle dei repertori delle assegnazioni e dei mandati, sono così frequentemente interrotte da vuoti e da lacune al punto da rendere talvolta ardua e complessa la verifica di tipo amministrativo o storico dell'attività dell'ente nelle sue molteplici espressioni. Del resto, solo in pochissimi casi è possibile sanare tali lacune con documentazione integrativa conservata presso l'ente. Le dispersioni degli atti dei censimenti relativi al periodo 1871-1901, ad esempio, possono venire parzialmente reintegrate dalla sottoserie delle schede individuali del registro della popolazione (1871-1953). Nel complesso, dunque, le serie della parte postunitaria rimaste sostanzialmente integre si riducono a tre nuclei principali di documentazione: carteggi ed atti diversi per categorie, affari militari e atti dello stato civile.
3. Anche in conseguenza delle gravi perdite sopra descritte, la necessità di un ordinamento complessivo delle carte comunali si faceva più pressante e indilazionabile, specialmente dopo che l'amministrazione disponeva di una nuova sede e dei locali necessari per l'istituzione della sezione storica d'archivio. Nell'inventario della parte preunitaria - diviso in quattro sezioni - si è inteso evidenziare lo stretto legame fra archivi e realtà storica locale, al fine di «riconfigurare attraverso i loro archivi le istituzioni esistite nel territorio»46. Nella prima sezione hanno trovato collocazione le carte del Comune e della Comunità dal 1387 al 1796 comprendenti i seguenti complessi documentari: statuti, deliberazioni e partiti, tassa del macinato, imposizione del decimino e del testatico, saldi. Da notare che alcune unità un tempo comprese in queste serie sono rimaste presso l'archivio della cancelleria di Fiesole47. Le carte poi del periodo 1775-1808 essendo state mescolate a quelle della comunità di Campi, non risultano conservate in sede ma presso quell'archivio comunale48. Nella seconda sezione si e ritenuto opportuno riunire i pochi atti rimasti della Marie di Montemurlo (1809-1814). La terza sezione comprende il complesso documentario più cospicuo, relativo alla ripristinata Comunità dal 1814 fino ai primi anni dell'unità italiana. Parte del materiale di questo periodo si trova conservata presso l'archivio comunale di Campi Bisenzio49 e nella Sezione dell'Archivio di Stato di Prato50. Nella IV sezione dell'archivio preunitario abbiamo infine raggruppato alcune unità documentarie prodotte da altri enti o da fondazioni pie amministrate dalla Comunità. Si tratta di materiale concernente la Compagnia di S. Maria Assunta a Montemurlo (sec. XVI-XVIII) e l'Opera pia Francesco Dupouy (sec. XIX-XX)51. L'ordinamento attuale della parte postunitaria non ha presentato problemi di particolare complessità52. Sono state enucleate diciannove serie documentarie, tutte aperte alla prosecuzione ed ampliamento futuro della sezione storica dell'archivio. Il metodo seguito nell'inventariazione della serie «carteggio ed atti» merita di essere tratteggiato in maniera più dettagliata. Poiché solo a partire dal 1905 si è iniziata in modo sistematico la classificazione del carteggio secondo le disposizioni ministeriali del 189753, l'ordinamento attuale prevede lo sdoppiamento della serie in due fasi successive, corrispondenti ad altrettante metodologie d'archiviazione. Per il primo periodo che va dal 1865 al 1904 sono stati operati artificialmente alcuni raggruppamenti per materie in modo da raccogliere la corrispondenza secondo una sequenza il più possibile parallela (quanto ai contenuti) alla suddivisione in categorie, propria della fase o periodo successivo al 1904. Per quanto riguarda, invece, la porzione di carteggio divisa per categorie ministeriali, occorre ricordare che, in conseguenza della prassi adottata nell'archiviazione, si sono dovute costituire quindici sottoserie aperte. Invece che ricondurre cronologicamente la corrispondenza divisa per categorie all'interno dell'annualità di produzione, fin dall'origine si è privilegiato il criterio sistematico di raggruppare diverse annualità all'interno di una medesima categoria. Poiché questo metodo è stato applicato costantemente fino agli anni recentissimi, si è preferito lasciare le sottoserie aperte fino al momento in cui, grazie all'accrescimento della sezione storica, esse saranno definitivamente chiuse per essere sostituite da un'unica serie di carteggio generale strutturato in base al criterio dell'annualità. Nell'inventariazione delle altre serie diverse dal «carteggio», in alcuni casi, al fine di evitare un eccessivo moltiplicarsi di serie aperte (con i conseguenti problemi pratici di collocazione del materiale), si è creduto opportuno ricondurre alcuni tipi di registri entro un'unica serie. Sono stati disposti in modo parallelo e complementare nella serie VI i bilanci preventivi, i conti consuntivi ed i verbali di chiusura dell'esercizio finanziario; nella serie VII i repertori delle assegnazioni ed i registri dei mandati; nella serie X i ruoli matricolari e quelli dei soccorsi militari. Nella serie XIX, infine, hanno trovato collocazione in ordine cronologico registri singoli non riconducibili ad alcuna delle serie precedenti o comunque appartenenti a sottoserie chiuse. Si riferiscono a quest'ultimo caso i registri scolastici del periodo 1906-1922 che non hanno trovato la loro naturale prosecuzione presso il Comune ma, com'è noto, presso le scuole o i provveditorati agli studi competenti. Notiamo poi che l'ultima sottoserie dei registri diversi rimane aperta per accogliere i repertori degli atti stipulati dal segretario comunale dopo il 1959.
A) Criteri adottati per la descrizione delle unità archivistiche:
1) Le indicazioni cronologiche sono state costantemente riportate allo stile moderno di datazione; 2) [... omissis ...]; 3) Eventuali ricostruzioni di date e nomi sono indicate in parentesi quadre; 4) Le lacune riscontrate nelle serie documentarie sono segnalate con alcuni punti; 5) Per ogni unità archivistica della parte preunitaria è stato segnalato il tipo di condizionamento esterno e il numero delle carte o pagine, fatta eccezione per le unità non numerate; 6) [... omissis ...]; 7) [... omissis ...]; 8) Data la loro disomogeneità e irrilevanza, non si è ritenuto opportuno riportare, a fianco dell'attuale numero di corda, precedenti numerazioni; 9) Poiché i lavori di riordinamento dell'archivio sono stati compiuti nel corso del 1983, il limite cronologico della sezione storica - secondo i dettami del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, art. 30 - fu fissato all'anno 1943.
B) Abbreviazioni usate nell'inventario:
C) Elenco delle sigle archivistiche:
D) Opere più spesso citate:
Parte prima: archivio preunitario (1387 - 1865)
I. Archivio del Comune di Montemurlo (1387 - 1796)
Statuti
Deliberazioni e partiti
Tassa del macinato
Riscontri di bocche
Dazzaioli
Saldi
Imposizione del decimino e dei testanti
II. Archivio della Mairie di Montemurlo (1809 - 1814)
Accolli di strade
Stato civile
Nascite
Morti
Matrimoni
Tavole decennali
Allegati agli atti
Documenti di corredo ai saldi
III. Archivio della Comunità di Montemurlo (1814 - 1865)
Deliberazioni magistrali e consiliari
Protocolli delle deliberazioni del Magistrato e del Consiglio
Protocolli delle deliberazioni del Collegio dei priori
Minute di deliberazioni
Imborsazioni
Tratte
Copialettere del gonfaloniere
Carteggio ed atti
Affari della Comunità
Atti magistrali
Lettere circolari
Affari di strade
Affari di sanità
Culto non cattolico
Arruolamento militare
Deliberazioni della Deputazione
Ordini e circolari
Liste di leva
Documenti dell'arruolamento militare
Guardia civica
Guardia nazionale
Bilanci di previsione
Proventi, rendite e obblighi
Dazzaioli delle entrate comunitative
Tassa prediale e dazio comunitativo
Rendiconti
Tassa di famiglia
Reparti
Imposizioni straordinarie
Tassa sui cani
Denunzie
Registri dei mandati di spesa e repertori delle assegnazioni
Rendimenti di conti
Obbligazioni dei camarlinghi
Osservazioni e repliche ai rendiconti
Stato dei titoli attivi e passivi
IV. Archivi di opere pie (1558 - 1927)
Compagnia di S. Maria Assunta a Montemurlo
Doti del legato Dupouy
Parte seconda: archivio postunitario (1865 - 1943)
Archivio postunitario del Comune di Montemurlo (1865 - 1943)
I. Protocolli delle deliberazioni del Consiglio comunale
II. Protocolli delle deliberazioni della Giunta comunale
Protocolli delle deliberazioni del podestà
III. Protocolli della corrispondenza
Copialettere del sindaco
Protocolli generali della corrispondenza
IV. Carteggio ed atti degli affari comunali
Carteggi ed atti divisi per materie
a) Affari amministrativi
b) Opere pie
c) Affari elettorali
d) Grazia, giustizia e culto
e) Atti dell'arruolamento militare
f) Affari militari
g) Lavori pubblici
h) Affari di strade
i) Liste commerciali
l) Stato civile, anagrafe e statistica
m) Affari di sicurezza pubblica
n) Affari diversi
Carteggi ed atti per categorie
I. Amministrazione
II. Opere pie e beneficenza
III. Polizia urbana e rurale
IV. Sanità ed igiene
V. Finanze
VI. Governo
VII. Grazia, giustizia e culto
VIII. Leva e truppe
IX. Istruzione pubblica
X. Lavori pubblici
XI. Agricoltura, industria e commercio
XII. Stato civile, censimento e statistica
XIII. Esteri
XIV. Oggetti diversi
XV. Sicurezza pubblica
V. Rendite patrimoniali, imposte e tasse comunali
Ruoli delle rendite patrimoniali
Ruoli delle imposte e tasse comunali
VI. Bilanci preventivi, conti consuntivi e verbali di chiusura dell'esercizio finanziario
Bilanci preventivi
Verbali dell'esercizio finanziario
VII. Repertori delle assegnazioni e registri dei mandati
Registri di contabilità
VIII. Mandati di entrata e di uscita
IX. Liste di leva e ruoli dei soccorsi militari
Ruoli dei soccorsi militari
X. Ruoli matricolari militari
1a categoria
2a categoria
3a categoria
Ruoli matricolari (unica categoria)
XI. Registri degli atti di nascita
XII. Registri degli atti di morte
XIII. Registri degli atti di matrimonio
XIV. Registri degli atti di cittadinanza
XV. Indici decennali dei registri di stato civile
Indici decennali dei nati, matrimoni e morti
XVI. Censimenti della popolazione
XVII. Registri della popolazione
Fogli di famiglia
Schede individuali
A) Schede individuali della popolazione in aumento dal 1871 al 1911
a) Sezione di Montemurlo
Maschi
Femmine
b) Sezione di Bagnolo
c) Sezione di Fornacelle
d) Sezione di Javello
B) Schede individuali della popolazione in diminuzione dal 1871 al 1911
a) Morti
b) Emigrati
C) Schede individuali della popolazione in diminuzione (morti ed emigrati) dal 1911 al 1933
Maschi e Femmine
D) Schede individuali della popolazione in aumento dal 1933 al 1953
E) Schede individuali della popolazione in diminuzione (morti e emigrati) dal 1933 al 1953
XVIII. Movimento della popolazione
XIX. Registri diversi
Registri scolastici
A) Registri per le ammissioni alle scuole comunali
B) Registri delle scuole di Novello e di Bagnolo
Novello (M)
Novello (F)
Bagnolo (M e F)
C) Registri delle scuole di Novello e di Bagnolo (classi I-III)
I-II Novello
I e III Novello
I-III Bagnolo
D) Registri delle classi I e II di Novello
Codifica: Ilaria Pagliai, dicembre 2013 - gennaio 2014Paolo Santoboni, revisione, gennaio 2014