Livello: fondo
Estremi cronologici: 1862 - 2008Consistenza: 11058 unità
L'istituzione del primo archivio storico a Livorno si deve a Francesco
Bonaini, che prese a cuore la conservazione delle memorie storiche della città
natale.
Il suo progetto però non ebbe pratica attuazione in quanto
l'Amministrazione comunale non riuscì per gravi difficoltà di bilancio a provvedere
allo stanziamento richiesto per le spese d'impianto e di scaffalatura.
L'iniziativa del Bonaini venne successivamente ripresa dallo storico di Livorno
Pietro Vigo, che, dopo aver lungamente insistito con gli amministratori cittadini,
riuscì ad ottenere una sede per l'archivio ed i fondi per lo svolgimento dei primi
lavori archivistici.
Già tre secoli e mezzo prima, però, con la riforma della
Dogana di Pisa del 28 Aprile 1561, si faceva obbligo al Provveditore di tale ufficio
di recarsi ogni tre mesi in Livorno per visitare la Dogana ed "osservare se le
scritture fossero ragguagliate e tenute in buon ordine".
Occorrono altri
ottanta anni perché si rintracci un nuovo gruppo di provvedimenti che abbiano per
oggetto la buona tenuta e la conservazione del materiale archivistico. Il 15
Dicembre 1633 la Comunità rivolgeva una supplica al granduca Ferdinando II per
procedere all'acquisto di uno stabile dove collocare gli uffici, riunire il
consiglio e conservare l'archivio degli atti pubblici.
Il 14 Giugno 1647
l'allora gonfaloniere Cesare Monti fa approvare il riordino nell'archivio di tutte
le pubbliche scritture della Corte e Città di Livorno; contemporaneamente si decise
di procedere ad un riordinamento generale dell'archivio e il consiglio approvò la
spesa di otto ducati al mese per ricompensare una "persona idonea ad travagliare
intorno alle scritture e habile a cavare dalla confusione le carte pubbliche,
ordinarle e farle collocare in filze e volumi".
Tali operazioni non furono di
breve durata. I lavori di riordinamento si protrassero fino al 1679 e nell'anno
successivo si copiarono in un unico registro tutte le scritture sciolte. La totale
sistemazione dell'archivio era compiuta il 10 gennaio 1681.
Il Granduca Cosimo
III si preoccupò nuovamente della conservazione degli archivi livornesi e dette
ordine al governatore, marchese Alessandro Dal Borro, che Cancelleria e Archivio
fossero oggetto di una nuova sistemazione.
Conseguenza di questa disposizione
granducale fu l'inventario dell'Archivio della Comunità e Corte di Livorno, giunto
sino a noi nel protocollo delle deliberazioni del comune del 1689.
Il 14 aprile
1704 lo speciale "Editto per i Notai di Livorno" obbliga tutti i notai della città e
gli eredi dei notai defunti che possedevano "atti processuali di cause delegate o no
necessari o volontari, atti civili, atti di tutela" a versarli al più presto nel
pubblico archivio.
L'occupazione francese segnò un arresto nei vari tentativi di ordinamento degli
archivi livornesi e fu indirettamente fonte di dispersioni. Ai primi di luglio del
1796, il Comando del corpo francese di occupazione si impossessò dei "libri dei
lazzeretti" e non tutti tornarono nella loro sede originaria.
Alla
restaurazione del governo granducale, gli archivi livornesi si trovavano in uno
stato di notevole disordine, tanto che il dr. Luigi Coppi, deputato comunitativo
alla liquidazione dei crediti della città contro il governo francese, per
rintracciare i documenti che lo interessavano (atti di amministrazione della mairie
dal 1808 al 1814), propose, e la Comunità approvò, un riordinamento generale
dell'archivio, che venne affidato a Luigi Petit.
Dopo l'annessione della Toscana al Regno d'Italia dobbiamo notare a Livorno un nuovo
interessamento per gli archivi e per la consultazione delle fonti documentarie.
Il lavoro di riordino degli atti ebbe inizio nel 1888. In quell'anno il Sindaco di
Livorno Niccola Costella, affidò a Pietro Vigo l'incarico di sistemazione e
inventariazione dell'archivio storico del Comune; riferendosi al deplorevole stato
di disordine dei documenti egli evidenziava "... come questa cosa non sia
conveniente per un comune come il nostro ...".
Il professor Vigo, ottenuto
l'incarico, cominciò a porre in atto il progetto di costituire un archivio storico
comunale, in quanto il nuovo istituto cittadino doveva avere come nucleo principale
gli atti della comunità, ma a questi si dovevano via via aggiungere altri fondi
importanti, destinati a documentare la vita, la storia e l'attività commerciale
della città e del porto.
Il suo lavoro ebbe inizio con la ricerca del materiale
della "Comunità e Corte di Livorno" che trovò, ancora una volta, ammucchiato
malamente in due sale del piano superiore del palazzo civico, nelle condizioni in
cui molti anni prima era stato rintracciato dal Tesi. Ma Pietro Vigo aveva ambizioni
più vaste dei suoi predecessori; intendeva cioè raccogliere i fondi archivistici
della città e della Provincia per arrivare alla costituzione di un archivio storico
cittadino che potesse divenire un giorno un Archivio di Stato.
L'ordinamento dell'archivio comunale venne iniziato con la serie degli statuti
cittadini, seguirono i "Libri d'oro" della nobiltà di Livorno e i "Cittadinari".
Il Vigo divise poi l'archivio comunale nelle seguenti serie: "Atti civili e
negozi di comunità", "Registri di tasse", "Prigioni e Bagno dei Forzati", "Lettere
Varie", " Spedali", "Edilizia", "Guardie di Difesa del Castello", "atti della città
dal 1607", "atti delle scuole dal 1620", "Solennità pubbliche", "Pubbliche
Calamità", "Solenni ricevimenti di Principi e di ragguardevoli personaggi",
"Occupazioni Straniere", "Guardia Civica", "Guardia Nazionale", "Svolgimento della
parte topografica della città sino all'ingrandimento del 1835".
Ottenne
numerosi atti, anche non giudiziari, del Tribunale di Livorno e ne costituì altre
ripartizioni simili alle precedenti. Le ricerche del Vigo si rivolsero,
successivamente, all'archivio dei RR. Spedali Riuniti.
Dalla presidenza di tale
istituto potè ottenere il deposito di molte pergamene, statuti di diverse
confraternite, luoghi pii ed ospedali e l'archivietto del romitorio dei gesuiti
della Sambuca dal 1260 al 1669. Le pergamene provenivano per la maggior parte
dall'eremo di San Jacopo in Acquaviva ed erano pervenute ai RR. Spedali attraverso
la segreteria del lazzaretto di San Jacopo, alle dipendenze del Commissario degli
spedali.
Pietro Vigo aveva intenzione di recuperare tutti i documenti
riguardanti Livorno, addirittura intendeva riportare nella sua città. I documenti
del consolato veneziano in Livorno, le serie dell'archivio di Simancas riguardanti
la città, i cinquantatre legajos (1718-1798), i trattati e diplomi relativi alla
città e al porto, la corrispondenza e gli atti dei consoli di S. M. Cattolica
intitolata "Liorna", i "Negociados de corrispondencia esterior con los Ministros",
ed infine la serie "Governo di Livorno" dell'Archivio di Stato di Firenze.
Nel
dicembre 1895 ricevette in deposito l'archivio della Capitaneria di Porto di
Portoferraio e alcuni mesi dopo gli archivi della Sanità dell'I. R. Comando della
Marina Militare e della I. R. Capitaneria di Porto.
Nel mese di agosto 1896
venne autorizzato, sia dal Ministero dell'Interno che dal Comune di Livorno, il
deposito delle carte della prefettura anteriori al 1860.
Durante il mese di
maggio 1898 veniva trovata finalmente una sede idonea: il giorno 14 Maggio il
Municipio stipulava un contratto d'affitto con la contessa Franceschi Bicchierai
riguardante l'immobile posto al terzo piano del n. 5 di via Borra; il canone della
durata di tre anni, dal 1°aprile 1898 a tutto il marzo 1901, era fissato in 600 lire
annue.
Il 1898 fu un anno decisivo per l'archivio storico livornese: l'ospedale civile della
città depositò alcune bolle pontificie dei secoli XVI e XVIII ed altri manoscritti
interessanti, il Conte Maurizio Mauruzj donò alcune carte fra le più importanti del
suo archivio familiare. Si trattava di alcune bolle dei pontefici Martino V, Eugenio
IV, Sisto IV, ed Innocenzo VIII, di alcuni diplomi di Ferdinando d'Aragona e di
Francesco Sforza e di vari atti relativi all'attività svolta da Francesco Mauruzzi,
inviato di Sisto IV in occasione della pace di Lodi del 1484.
In previsione
dell'apertura dell'archivio si redasse anche un disegno di regolamento dell'archivio
storico comunale, naturalmente scritto dal professor Vigo. Sono 40 articoli molto
dettagliati che verranno adottati poco dopo senza sostanziali modifiche.
L'apertura dell'archivio era davvero imminente: dal 17 gennaio al 20 marzo si
effettuarono i trasporti del materiale archivistico dal Tribunale all'archivio
storico, trasporti avvenuti grazie all'impegno dei locali pompieri, che si videro
pagare un compenso di centesimi 50 ciascuno per ogni giornata.
Quindi, il 30
aprile 1899, veniva finalmente inaugurato con una solenne cerimonia, avvenuta nella
sala del Casino di S. Marco, ed il 3 maggio fu aperto al pubblico.
C'è da dire
che l'Archivio venne subito ampliato con l'appartamento attiguo sempre di proprietà
della contessa Franceschi Bicchierai. Direttore del nuovo istituto fu il professor
Vigo, che ebbe come collaboratore Osvaldo Testi.
Iniziata la propria attività,
l'Archivio storico cittadino si andò arricchendo di nuovi fondi per versamenti,
depositi e donazioni. Ma la mole dei documenti stava veramente crescendo e
l'esigenza di trovare una sistemazione più soddisfacente era sempre più
sentita.
Essendo la sede di Via Borra ormai insufficiente, con una delibera
della Commissione amministratrice degli Spedali Riuniti di Livorno si decise di
affittare al Municipio di Livorno il primo piano dello stabile del già Spedale della
Misericordia, con ingresso dalla Piazza Guerrazzi n. 4, dove l'archivio si trasferì
nel maggio del 1905.
Nel 1907, per acquisto fatto dal Vigo, pervenne
all'archivio una pergamena che fu unita al diplomatico; si trattava in dettaglio di
un documento rogato il 18 maggio 1134 contenente una donazione alla Chiesa di S.
Maria ad Finem, ossia alla chiesa posta sul piccolo fiume Fine, ai piedi dei monti
livornesi fra Castiglioncello e Rosignano.
Nel 1912 dopo le insistenze del
professor Vigo riguardo alla necessità di ampliare i locali dell'archivio storico
incapaci di contenere ulteriori documenti, la Giunta Municipale deliberava di
procedere all'affitto dei locali sempre di proprietà dei Regi Spedali, situati in
Via S. Fortunata n. 4, piano primo, adiacenti a quelli allora occupati dall'archivio
storico; l'affitto era della durata di 5 anni ed aveva un costo di Lire 20
mensili.
Nel 1914 la Giunta deliberava la somma di Lire 300 per l'acquisto di
alcune pubblicazioni antiche interessanti la storia di Livorno, facenti parte della
collezione d'arte e di antichità del pittore Augusto Volpini.
La guerra era ormai alle porte e l'archivio storico, come altre istituzioni
culturali, passò in secondo piano. Scarti d'archivio indiscriminati falcidiarono la
messe dei documenti; le esigenze della guerra richiedevano un contributo da tutti e
l'introito della macerazione della carta andava alla Croce Rossa impegnata in prima
fila sul fronte di guerra.
Nel 1916 il professor Vigo, colpito da una grave
infermità che lo costrinse in pratica ala ritiro, fu sostituito dall'assistente
Osvaldo Testi. Dopo la parentesi della Guerra Mondiale e la morte di Pietro Vigo (4
ottobre 1918), il lavoro nell'archivio storico comunale continuò.
Nel febbraio
1927 il Podestà con una delibera rendeva onore alla memoria del compianto professor
Pietro Vigo intitolandogli l'archivio storico cittadino.
Sempre in quell'anno
venne esaudita la richiesta fatta al Ministero dell'Interno l'anno prima di
trasferire dall' Archivio di Stato di Firenze all'archivio storico di Livorno
l'intera documentazione del Commissariato di Polizia di S. Marco, S. Leopoldo, e
Porto dal 1848 al 1860 (in realtà si partiva dal 1803).
Si trattava di
numerosissimi documenti riuniti in numero 1907 tra filze e registri. Ormai in quegli
anni i grossi depositi di documenti non avvenivano più in quanto tutto il materiale
era stato ormai recuperato e depositato nell'archivio storico cittadino; le
donazioni ed i versamenti in quel periodo erano di lieve entità ma pur sempre
significativi.
Agli inizi del 1937 vennero stanziate Lire 235.90 per l'acquisto
di antichi manoscritti per l'archivio storico. Nell'aprile 1938 venne nominata la
Deputazione di vigilanza sulla Biblioteca Labronica e l'Archivio storico per il
biennio 1938/1939; ne facevano parte Luigi Belforte, Gaetano Bonifacio, Francesco
Cecioni, Luigi Mannucci, Gino Mazzanti, Ersilio Michel, Costanzo Mostardi e Ersilio
Pescetti.
Intanto i venti di guerra cominciavano a soffiare ed a farne le spese erano anche i
documenti e le carte. Il 9 aprile 1940 il Podestà ordinò infatti uno scarto rigoroso
di tutti i documenti inutili per l'invio al Comitato Provinciale della Croce
Rossa.
In ottemperanza alla nuova legge sugli archivi del 22 dicembre 1939, nel
1941 si istituì a Livorno una sezione di Archivio di Stato (diverrà poi Archivio di
Stato a seguito del d.p.r. 30 settembre 1963 n. 1409).
Nel novembre 1941 il
Podestà Aleardo Campana deliberò "... Di far luogo alla consegna da parte del
Comune, alla sezione di Archivio di Stato di Livorno, di tutto ricordato materiale
archivistico, già costituente l'archivio storico comunale Pietro
Vigo".