Livello: serie
Estremi cronologici: 1678 - 1781Consistenza: 10 unità
La tassa del macinato fu istituita come imposta indiretta nel periodo del
principato mediceo e, assieme ad altre imposizioni indirette, andò ad
incrementare le entrate del nuovo Stato che si andava ingrandendo e
riorganizzando. Con la legge del 15521, venne introdotta la "gabella delle farine", una tassa a
carattere transitorio che gravava non soltanto sul grano, ma su tutte le
"biade", da pagarsi al momento della "molitura". Istituita per motivi
contingenti, per far fronte cioè alle spese militari dovute alla guerra contro
Siena, divenne non solo una delle voci stabili di entrata, ma addirittura "una
delle più cospicue"2: la tassa andava a rifornire la Depositeria, la più
importante cassa del Granducato, e in parte a finanziare gli interessi del
debito pubblico toscano pagati dai Monti. La legge del 1552 sottrasse ai mugnai
la possbilità di riscuotere l'imposta e istituì una rete di camarlinghi
incaricati dell'esazione e del controllo. Il sistema di esazione prevedeva che
chiunque volesse macinare si rivolgesse ai camarlinghi generali o a quelli
particolari, nominati in casi di necessità, per pagare la gabella e ottenere in
cambio una polizza da presentare ai mulini per macinare il grano. I mugnai
furono comunque sia coinvolti nell'esazione, in quanto dovevano ritirare le
polizze e mensilmente consegnarle, legate in filze, al podestà che le inviava a
Firenze, all'Ufficio centrale per le gabelle.
La riforma più importante
della tassa avvenne nel 1670 quando fu rinnovata la Congregazione delle farine,
già istituita da Ferdinando II negli ultimi anni del suo regno: la Congregazione
delle farine trasformò la gabella sulle farine in una tassa personale, abolendo
l'uso delle polizze. Ad ogni comunità venne assegnata una quota fissa annua,
suddivisa poi a livello locale fra gli abitanti della comunità tra il quali la
ripartizione della tassa doveva avvenire sulla base della denuncia delle
"bocche" da parte dei capifamiglia e delle verifiche effettuate dai messi
comunitativi.
Compilato il reparto annuale, in cui le famiglie erano
associate in diverse classi sulla base del reddito, il cancelliere comunitativo
predisponeva il dazzaiolo che poi veniva consegnato al camarlingo eletto dalla
deputazione per riscuotere la tassa.
I deputati della tassa venivano
estratti da borse apposite ed erano scelti fra l'oligarchia locale; a loro era
affidato il compito di eleggere il camarlingo incaricato dell'esazione.
L'anno finanziario per la riscossione della tassa del macinato andava da
giugno al maggio dell'anno successivo e il camarlingo doveva riscuotere la tassa
in tre rate successive, articolate sui mesi di agosto, novembre e marzo. Nei
mesi successivi alla riscossione, e ancora in tre rate, nei mesi di settembre,
dicembre e aprile, il camarlingo rimetteva alla cassa delle Farine di Firenze il
totale della tassazione dovuta dall'intera podesteria.