Livello: serie
Estremi cronologici: 1538 - 1771Consistenza: 2 unità
Il territorio comunale di Quarrata
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è stato popolato fin dalla più remota antichità: di ciò sono
testimonianza i toponimi sia di origine etrusca che latina e le tracce ancora
percettibili della centuriazione romana. Successivamente la totale assenza di
documentazione fino a tutto il secolo VII permette di formulare soltanto delle
ipotesi sull'organizzazione territoriale e amministrativa della campagna pistoiese.
Dall'VIII secolo invece la documentazione scritta ci conferma la presenza
longobarda in tutto il territorio pianeggiante e collinare del Pistoiese e nella
stessa Pistoia.
Le prime notizie sull'organizzazione del territorio si hanno
successivamente, in pieno periodo feudale, tra il IX e il X secolo, con la
distrettualizzazione ecclesiastica del territorio col "sistema delle pievi"; quella
di Quarrata, sorta in pianura, è menzionata per la prima volta in un diploma
dell'imperatore Ottone III del 28 aprile 998, nel quale si confermano al vescovo di
Pistoia beni e chiese, tra cui la "plebes in Quarata"
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.
la "Plebes Sancte Marie de Quarrata", stando al
numero delle chiese dipendenti, doveva avere una certa importanza e con esse copriva
una larga parte del territorio, mentre l'altra plebe, "Plebes Sancti Ioannis de
Montemagno", aveva dimensioni più modeste.
La presenza dell'antivo "Hospitale
Sancti Ambrosii de Quarata", ricordata già nell'XI secolo in un privilegio
papale
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, attesta che la località faceva
parte di un sistema viario di una certa importanza.
Sempre nello stesso periodo
(IX-X secolo) la Chiesa pistoiese completò la propria integrazione nel sistema
feudale, ma all'epoca della "lotta per le investiture" i feudatari laici accrebbero
notevolmente la propria potenza ai danni dell'episcopato, che era allora il maggior
porprietario di terre.
Emersero in particolare due famiglie, i Cadolingi e i
Guidi, a cui si subordinarono gerarchicamente altre famiglie di nobili, costituendo
in base ai possessi fondiari, delle signorie di fatto e centri minori di potere: a
Tizzana, il cui castello è ricordato nel 1034 in una "cartula offertionis", a
Vignole, a Buriano, a Montemagno.
Come risulta dal "memoriale di Ildebrando",
vescovo di Pistoia nel primo trentennio del 1100
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, i centri più
importanti del territorio erano Montemagno e Quarrata, ciascuno provvisto, come già
detto, di una pieve.
Le altre comunità ricordate nel documento e oggi frazioni
del comune di Quarrata, costituivano dei piccoli villaggi rurali, le cui chiese
dipendevano da una delle due pievi.
Per tutto il XII secolo ed oltre il
territorio pistoiese, in particolar modo la campagna, fu interessato da una
considerevole espansione demografica, registrata nel Liber focorum, risultato di un censimento per nuclei familiari
voluto dal Comune di Pistoia che intorno al 1244, si era impossessato di un vasto
territorio "extra moenia"
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.
Risultano emergere sugli altri quattro centri:
Quarrata, Vignole, Tizzana e Montemagno; ad essi fanno capo altrettante
circoscrizioni divise in "zone", organizzate attorno ai principali villaggi. La
popolazione risulta equamente divisa tra collina e pianura, con una varia
composizione sociale e diversificata sul piano professionale.
Per
l'amministrazione locale, nonostante la subordinazione politica a Pistoia, la
popolazione rurale ricorreva a forme di autogoverno, documentate dagli inizi del
1200: nel Liber censuum
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del Comune di Pistoia si ricordano i consoli di Quarrata,
Tizzana, Montemagno, i quali rappresentavano le comunità per le questioni che
oltrepassavano i limiti locali.
Tale assetto giurisdizionale e amministrativo
non cambiò fino agli inizi del '400, nonostante l'annessione da parte di Firenze
della fascia meridionale del territorio (1329) e la sottomissione progressiva delle
altre zone del Pistoiese
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.
Invece all'inizio del XV (la sottomissione definitiva di Pistoia avvenne
infatti nel 1401) secolo l'autorità fiorentina si fece sentire con maggior forza,
ridimensionando notevolmente le autonomie locali: il territorio già sottomesso a
Pistoia fu riorganizzato in quattro podesterie rurali (Serravalle, Montale, Larciano
e Tizzana) dove giusdicenti, podestà e notai dovevano essere fiorentini e da Firenze
stessa nominati
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.
Questo sistema basato
sulle circoscrizioni era finalizzato a valorizzare le capacità di organizzazione
amministrativa delle varie comunità del contado, nel proseguimento di una linea
politica precisa per cui il potere centrale si garantiva l'apporto di una valida
collaborazione nelle singole realtà locali.
In questa ottica devono essere
considerati i vari Statuti locali, la cui lettura ci fornisce un quadro molto
articolato delle singole strutture amministrative quindi uno spaccato della vita
anche quotidiana dell'epoca in esame.
Per ciò che riguarda la Podesteria e Lega
di Tizzana, presso l'Archivio di Stato di Firenze sono conservati, oltre agli
Statuti della Podesteria stessa, risalenti al 1409, con riforme e aggiunte
successive fino al 1625, lo Statuto dei comuni (allora costituenti un'unica
comunità) di Quarrata e Buriano, datati 1402 (con aggiunte e riforme fino al 1422),
due registri di Statuti del Comune di Montemagno, uno degli anni 1425-1499 e l'altro
relativo al periodo 1431-1444, e infine lo Statuto, datato 1411, dei comuni di
Castra e Conio
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Tizzana, sede del Podestà, era il centro politico più importante della
Podesteria che da essa prendeva nome. Al Podestà, cittadino fiorentino di sicura
fede guelfa, erano affidate l'amministrazione della giustizia nelle cause civili e
penali, il controllo dell'ordine pubblico e le competenze in materia fiscale.
Territorialmente equivalente alla Podesteria era la lega di Tizzana che, come
le altre consimili, comprendeva le "associazioni" dei singoli comuni e popoli, sorte
per regolare materie di comune interesse, come la manutenzione viaria, la
regimentazione delle acque, la regolamentazione dei "danni dati".
L'esame degli
Statuti, ricchi d'aggiunte e di riforme, talvolta attuate nel giro di pochi anni al
fine di adeguare le norme alla realtà locale in divenire, ci dà la misura di quanto
le singole comunità avessero conservato, nonostante la subordinazione a Firenze, una
considerevole autonomia decisionale per i problemi che le riguardavano più
direttamente.
Il più antico Statuto di Tizzana, risalente al 1409, fu
compilato, come lo stesso documento ci informa, da quattro rappresentanti del comune
di Vignole, da altrettanti dei comuni di Tizzana, Quarrata e Montemagno, oltre a due
rappresentanti delle comunità di Castra e Conio.
In tale Statuto si stabiliva
che il governo fosse affidato ad un consiglio di Lega composto da venti consiglieri,
di cui sei eletti da Tizzana e sei da Montemagno, tre da Quarrata e tre da Vignole,
due nominati dalle Comunità di Castra e Conio.
I consiglieri restavano in
carica sei mesi e dovevano riunirsi una vlta al mese nel castello di Tizzana, in un
luogo scelto dal Podestà. Specifico compito del Consiglio era l'elezione del
Camarlingo generale della Lega, il quale gestiva le entrate e le uscite e doveva
riscuotere tutte le condanne decise dal Podestà. L'eletto doveva aver superato i
venticinque anni e si vedeva riconosciuta la facoltà di rinunciare all'incarico
entro tre giorni dall'elezione senza alcuna penalità. Il suo salario era di una lira
al mese.
Al Consiglio della Lega era anche deputata l'elezione del messo, degli
ambasciatori e della guardia per i "danni dati". Anche queste erano cariche
semestrali, da gennaio a luglio, con retribuzioni proporzionali alle mansioni
svolte.
La carica più importante era quella di "vicario", rappresentante
ufficiale della comunità, garante del rispetto dei diritti e della conservazione
dell'archivio comunale. Nel Pistoiese i vicari avevano anche competenze giudiziarie
nelle cause minori.
Occorre comunque precisare che queste norme non ridussero
l'autonomia dei singoli comuni che, come abbiamo visto, continuarono a redigere e
riformare i propri statuti che, in alcuni casi, si differenziano notevolmente da
quelli della Podesteria.
Inoltre già alcune rubriche degli Statuti di Tizzana
del 1409 salvaguardarono le autonomie locali: si prevedeva infatti "che sia licito
a' Comuni eleggiere notai a fare i sindacati de' loro camarlinghi chi a lor piacia"
(R. XIX); si stabilisce "che ne danni dati si seguino gli Statuti di ciascun comune"
(R. XXIII); si prevede "che i vicari di Castro e Conio possino riscuotere le
condemnagioni di danni dati" (R. XXV).
Presso l'archivio comunale di Quarrata
sono conservati due volumi di Statuti: il primo riguarda il periodo compreso fra il
1538 e il 1721, ma si tratta di una copia eseguita nel 1620 con aggiunte, appunto,
fino al 1721; il secondo è una copia del precedente eseguita nel 1771.
Il
confronto fra lo Statuto del 1409 e quello del 1538 ha messo in luce alcune
diversità:
- i Vicari, in numero di due, devono essere tratti da un'apposita
"borsa" per mano del Podestà e restano in carica per sei mesi;
- i Consiglieri
sono ridotti a quattro "... uno della Capella di castello, uno della Capella di
Bavigliano, uno della Capella di Santo Simone delle mura, et uno intra colle, et
capezzano" da trarsi in Parlamento, tra i membri dello stesso, insieme ad altri
uffici: "Dua pesatori di pane, uno Gonfaloniere, o vero Pennoniere, dua operai sopra
i fiumi, et vie et uno messo" (R. II).
Nelle Riforme del 1558 si prescrive
invece la formazione di una apposita "borsa" dei camarlinghi "particolari" per la
riscossione di dazi, imposte ed entrate varie; gli eletti, come accadeva in
precedenza per i vicari, saranno tenuti alla compilazione e alla presentazione dei
libri contabili delle entrate e delle uscite, risultando inoltre personalmente
responsabili di eventuali ammanchi (R. VI).
Una nuova riforma del 1560
ribadisce poi la durata annuale della carica di Camarlingo Generale, norma che
frequentemente, come risulta dai registri contabili conservati nell'archivio
preunitario, era disattesa (R. VII).
Alla R. IV delle aggiunte del 1627 si
legge, infine, che la redazione degli atti del Comune "aspettansi per l'avvenire al
Cancelliere della Podesteria detta, et non ad altri, essendo a tale effetto
salariato"
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