Livello: serie
Estremi cronologici: 1647 - 1660Consistenza: 1 unità
Nei comuni del distretto "spese universali e tasse di cavalli" (il
				cosiddetto "chiesto dei Nove" assegnato a ciascuna comunità col metodo del
				contingente) e spese locali venivano pagate dai proprietari terrieri al Magistrato
				dei Nove Conservatori del Dominio e della Giurisdizione per mezzo dell'"estimo",
				strumento di descrizione e di stima delle sostanze dei sudditi ai fini fiscali. Per
				i lavoratori della terra e gli artigiani era in vigore il "testatico", imposta
				diretta che gravava sul capofamiglia, pagata proporzionalmente, almeno in linea
				teorica, in base al numero dei componenti il nucleo familiare e alle loro entrate.
				
Il problema della corretta compilazione dei libri d'estimo, cioè della
				formazione di registri pubblici nei quali fossero descritti i beni mobili e immobili
				ed ogni altro provento dei cittadini, con la stima, ispirata a criteri di equità e
				proporzionalità, del loro valore e con l'indicazione precisa dei nomi dei vari
				possessori, era parte del più vasto problema della revisione e riorganizzazione del
				sistema fiscale del Granducato
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. Nel 1571
				gli Ordini della Pratica Segreta di Pistoia prescrivevano, considerato quanto fosse
				stato dannoso fino ad allora l'aver distribuito le imposizioni fiscali senza una
				regola certa, che in tutti i comuni, popoli e luoghi del contado, del distretto e
				della montagna di Pistoia, entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della
				disposizione, si rifacessero e ricompilassero gli estimi da parte di "stimatori"
				appositamente deputati secondo gli statuti dei comuni. Entro lo stesso termine si
				sarebbe dovuto provvedere alla redazione degli estimi anche in quei comuni in cui
				mancassero del tutto: i volumi così compilati dovevano essere conservati presso il
				Podestà « <...> sotto buona
				custodia, acciò non possino essere alterati », mentre copie di essi sarebbero state
				consegnate al ragioniere della Pratica Segreta
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. Le Istruzioni ai cancellieri del 1635 imponevano
				l'elezione da parte dei comuni di quattro deputati, investiti del compito di stimare
				i beni dei proprietari, e di quattro correttori, destinati ad intervenire in caso di
				contenzioso. Nei libri d'estimo venivano riportate la cosiddetta "somma maggiore",
				cioè l'effettiva stima dei beni di ciascun proprietario, e la "somma minore",
				ricavata da un nuovo calcolo, che gli stimatori delle comunità potevano effettuare
				regolandosi « ad arbitrio loro », applicando delle aliquote percentuali sul valore
				complessivo degli immobili. Tale "somma" o "massa minore", calcolata per ogni
				singolo proprietario, andava a formare l'estimo di ciascuna comunità, il suo reddito
				imponibile, e veniva trascritta dal cancelliere sul dazzaiolo. Il camarlingo
				incaricato dell'esazione aveva facoltà di riscuotere ad un tanto per lira o per
				soldo del valore dei beni così computato: tali quote variavano di anno in anno in
				relazione all'entità del "chiesto dei Nove" e delle spese a cui le comunità dovevano
				far fronte
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. 
Per quanto riguarda Montale, ancora nel 1647 Zanobi
				Latini, "Sindaco e Commissario" della Pratica Segreta di Pistoia, doveva indirizzare
				una memoria al gonfaloniere e ai rappresentanti del Consiglio di Podesteria, nella
				quale impartiva direttive sulle modalità da seguire per la distribuzione delle
				"spese universali" fra i comuni della Podesteria. Egli affermava che all'interno di
				essa non esistevano gli estimi e quindi non vigeva un reale e razionale criterio di
				distribuzione delle "gravezze". Acconsentiva intanto che si seguisse il sistema
				stabilito dal Consiglio di Podesteria, invalso da tempo immemorabile, di assegnare
				il 50% del contingente di tassa richiesto dai Nove ai sei comunelli « di là dalla
				collina » (Treppio, Torri, Fossato, Luicciana, Migliana e Usella), il 25% ai sei
				comunelli « al di qua della collina » (Tobbiana, Colle e Fognano, Badia, Pieve,
				Catugnano e Iandaia) e il restante 25% ai cinque popoli della Lega di Agliana (S.
				Michele, S. Piero, S. Niccolao, Settola e Moso)
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. Contemporaneamente egli
				provvedeva personalmente a riportare nei libri dei saldi di alcuni comunelli
				l'elenco degli appezzamenti di terra, la loro grandezza ed il numero di persone che
				vi lavoravano, allo scopo di stabilire un criterio di imposizione fiscale
				minimamente razionale
  5
. 
Risale appunto al 1647 l'unico volume rimasto nell'archivio
				comunale di Montale in cui sono registrati i nomi dei possidenti e dei "pigionali",
				cioè dei lavoratori agricoli, e le quote o "pòste" che essi pagavano, i primi in
				base all'estimo, i secondi in base alle "teste". Appositi "scompartitori"
				provvedevano in ogni comunello a stabilire le quote pro capite da pagare in
				relazione alla massa d'estimo, mentre per i pigionali vigeva la regola che
				contribuissero come se lavorassero una coltra ciascuno di terreno
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. Ne risultavano delle liste che i camarlinghi particolari dei
				comunelli consegnavano al cavaliere del Podestà, prima di procedere alla esazione,
				affinché quest'ultimo ne riportasse i dati su un registro apposito. 
Nella
				imposizione fiscale, oggetto di "spartizione" fra i contribuenti, era compresa,
				oltre al vero e proprio contingente di tassa "chiesto" dai Nove Conservatori, anche
				la cifra necessaria, stabilita annualmente dal Consiglio di Podesteria, alle spese
				ordinarie locali, le quali sono illustrate dalle voci di uscita dei saldi dei
				camarlinghi.

 
     
    