Livello: serie
Estremi cronologici: 1592 - 1619Consistenza: 1 unità
Si tratta di una gabella risalente ai tempi della Repubblica che veniva
pagata, nella misura di un soldo per lira, sui passaggi di proprietà delle bestie
«asinine, muline e cavalline». I proventi furono destinati dapprima alle spese
relative alle riparazioni dell'Arno, e poi di tutti i fiumi del Granducato.
Nel
1549
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la gabella, che in origine gravava su Firenze e
il contado, fu estesa a tutto lo stato.
L'esazione
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era posta sotto
la vigilanza dei rettori di giustizia dei luoghi in cui erano stipulati i contratti,
i quali incaricavano il cavaliere e il notaio della corte di riscuotere i proventi
dell'esazione. Questi, per mezzo di polizze, dovevano essere consegnati a un
depositario, appositamente nominato, il quale era poi obbligato a rimettere
trimestralmente il denaro al camarlingo dell'ufficio centrale di volta in volta
deputato
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. L'esazione
dava luogo alla formazione di un quaderno che cavalieri e notai erano obbligati a
tenere, su cui veniva effettuato il riscontro delle polizze, e che veniva trasmesso,
insieme ad esse, all'ufficio centrale.
Nel 1687
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la gabella venne riconfermata e si stabilì che venisse pagata in
base ad una valutazione effettuata da appositi stimatori, e non più in base al prezzo denunciato per
l'alienazione. Il pagamento continuava ad essere effettuato nelle mani di un
depositario o, in sua assenza, del rettore di giustizia, che era tenuto a
registrarlo in un libro a ciò destinato, con l'obbligo di farne ricevuta.
In
tale occasione venne inoltre stabilito l'obbligo, per i possessori delle bestie, di
farne annualmente la portata nella
quale erano indicati, oltre alle generalità del proprietario, «numero, qualità,
pelame o mantello» delle bestie.
Nel 1727
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, con provvisione del 28
febbraio, la gabella delle bestie venne soppressa.