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Tipologia: inventario analitico
a cura di Paola Cervia
patrocinio: -
Pubblicazione: inedito, documento ad uso interno
Descrizione fisica: pp. 68
Contenuti:
INTRODUZIONE STORICA
Il paese di Fosdinovo, denominato anticamente Faucenova, Fosdenove o Fosdenovum, si erge sulla sommità di un monte prospicente il litorale marino, in prossimità delle antiche rovine di Luni. Il suo territorio confina a nord-est con i Comuni di Aulla, Fivizzano e Carrara, anch'essi facenti parte della Provincia di Massa Carrara; a sud-ovest con i Comuni di Castelnuovo Magra e Sarzana1, appartenenti alla Provincia di La Spezia. La sua storia è strettamente legata a quella della famiglia Malaspina che ne detenne per secoli la signoria. I marchesi Malaspina di Fosdinovo discendono da quell'Opizzo Malaspina, detto Obizzino, che nel secolo XIII ottenne i territori a est del fiume Magra e la val Staffora in Lombardia, originando il ramo dello Spino Fiorito. Come tutti i membri del casato Malaspina, erede di gran parte dei vastissimi territori concessi dall'imperatore Federico Barbarossa a Oberto I, marchese di Milano e conte di Luni, i marchesi di Fosdinovo seguirono per lungo tempo il diritto longobardo che prevedeva la spartizione dei beni allodiali e dell'istituto giuridico feudale anche tra i figli cadetti. Come conseguenza si ebbe un processo di frammentazione progressiva che coinvolse la gran parte del territorio lunigianese, suddiviso nel corso di secoli in signorie territorialmente sempre più esigue e politicamente marginali. Questa consuetudine terminò solo nel secolo XVI, quando i vari rami del casato adottarono l'istituto del maggiorascato. L'arrivo delle truppe napoleoniche nel 1796 determinò la fine della feudalità in Lunigiana. Da lì in avanti Fosdinovo condivise le sorti di altri ex feudi imperiali della Val di Magra: fece parte della Repubblica cispadana, poi cisalpina, poi italiana, divenne quindi parte del Regno d'Italia nel 1805 e dell'Impero francese nel 1811. Dopo la Restaurazione questi territori furono assegnati alla duchessa di Massa Maria Beatrice d'Este, la quale li cedette nel 1816 al figlio Francesco IV duca di Modena. L'appartenenza al Ducato austroestense terminò nel 1959 con l'annessione al Regno di Sardegna. Di seguito si fornisce una introduzione storico istituzionale riguardo agli organismi che hanno amministrato il territorio fosdinovese dall'epoca degli antichi regimi sino all'Unità d'Italia. In particolare, per quanto riguarda la storia del Feudo di Fosdinovo, si delineano gli avvenimenti più rilevanti fino al secolo XVI, epoca in cui l'adozione dell'istituto del maggiorascato determinò il consolidamento dei confini territoriali e la normalizzazione della linea di successione; per il periodo successivo si offre la cronotassi dei marchesi che si sono succeduti nella signoria ed il periodo di riferimento.
IL CONTESTO STORICO ISTITUZIONALE
Periodo degli antichi Regimi
Feudo di Fosdinovo (sec. XIV - 1796)
Seppure il territorio di Fosdinovo facesse parte delle pertinenze dei casato Malaspina già in antico, solo intorno alla prima metà del secolo XIV vi si stabilì pienamente la signoria di uno dei rami della famiglia. Della storia politica e amministrativa di Fosdinovo precedente a quell'epoca non si hanno dati certi. Eugenio Branchi, nella sua Storia della Lunigiana feudale, ipotizza che il suo territorio fosse stato ceduto in feudo dai Malaspina, con riserva dell'alto dominio, ai vassalli Cattanei o Vicedomini che furono poi appellati nobili di Fosdinovo2.La loro presenza in Fosdinovo è attestata fin dagli inizi del Duecento: l'atto redatto in data 12 maggio 1203 con cui i marchesi Alberto, Guglielmo e Corrado Malaspina concessero a Gualterio, vescovo di Luni, la facoltà di vendere o dare a livello la metà delle terre che avevano acquistato dalla casa d'Este fa esplicita menzione all'obbligo di "far giurare la osservanza di tale promessa fra gli altri loro vassalli, ai militi o nobili ed ai consoli di Fosdinovo"3.Si ricordano tra i cosiddetti "nobili di Fosdinovo" i Bianchi di Erberia, il cui nome deriva dal castello di Rubiera, anticamente denominato Erberia, Herberi o Erbaria, che era situato nel territorio di Reggio e faceva parte dei possessi assegnati dall'imperatore Federico Barbarossa a Opizzone I Malaspina nel 11644. Questa consorteria detenne il castello di Fosdinovo per molto tempo; non fu però l'unica ad averne avuto il dominio: in diversi atti del Codice Pellavicino, tra i cosiddetti "nobili" di Fosdinovo, si ricordano infatti anche i discendenti di Guferio e i Buttafava5. Il possesso del territorio fosdinovese da parte dei nobili di Erberia cessò nel 1340, quando Faytino e Bernochino del fu Bernochio vendettero la Signoria di Fosdinovo, insieme con le ville di Tendola e Zucano, a Spinetta dei Malaspina di Verrucola, per saldare un debito di cinquecento fiorini d'oro contratto con lo stesso Spinetta6.
In quell'epoca Fosdinovo confinava a ovest con le pertinenze comitali del vescovo di Luni-Sarzana e con il feudo di Albiano, a nord costituiva un limite naturale il tracciato dei torrenti Bardine e Aulella, a est vi era il Feudo di Verrucola e Fivizzano (detenuto da Spinetta) e a sud si apriva la piana apuo-versiliese (già feudo degli Obertenghi in età medievale, poi ceduta al vescovo di Luni, quindi alternativamente dominata da Pisa e Lucca). Questa sua posizione offriva una via di comunicazione, alternativa alla direttrice principale della Via Francigena, tra la zona litoranea apuana, la Lunigiana interna ed il crinale appenninico. Spinetta, che ebbe come appellativo il Grande, prese possesso del castello di Fosdinovo e lo elesse come sua residenza. Dovette però riparare a Verona quando Castruccio Castracani estese le sue mire in Lunigiana; divenne in breve un importante dignitario presso la corte scaligera, gettando così le basi per la fortuna di cui godettero i Malaspina in Verona7. Alla sua morte, avvenuta nel 1352, non lasciò figli maschi legittimi, così la signoria passò ai nipoti: Gabriele, Galeotto e Guglielmo, che ottennero l'investitura da parte dell'imperatore Carlo IV nel 13558. Il governo detenuto pro indiviso sulle terre di Fosdinovo durò fino alla morte di Gabriele, che dei fratelli era la personalità più in vista e che rivestì anche la carica di vescovo di Luni dal 1351 al 1359; la signoria quindi fu divisa. A Galeotto andarono: Fosdinovo, Tendola, Zuccano, Marciaso, Cecina, Cortila, Bardona, Colla, Tenerano e Viano; a Guglielmo furono invece assegnati i paesi e ville di: Gragnola, Isolano, Monzone, Vinca, Ajola, Equi, Capriana, Prato-Alebbio, Lorenzano, Massa e Montignoso, i possessi di Castelnuovo e Vallecchia, quelli di San Terenzo e Gorasco, nonché i diritti tenuti sulla Corte di Monte de' Bianchi in Felettina, oggi Migliarina9. Galeotto si sposò con Argentina di Andrea Grimaldi, già vedova del marchese Morello Malaspina di Giovagallo10. Alla morte del marito, Argentina fu nominata tutrice dei tre figli maschi: Gabriele, Spinetta e Leonardo; in loro nome promosse una causa davanti all'Imperatore Carlo IV nei confronti dei parenti che, approfittando della morte di Galeotto, avevano spogliato la sua famiglia di terre e castelli. L'imperatore, in data 18 aprile 1369, diede seguito all'appello di Argentina nominando tre dottori e un avvocato della Curia romana perché risolvessero la controversia11. Ritornati in possesso dei territori aviti, i marchesi Gabriele, Spinetta e Leonardo rimasero sotto la tutela di Argentina fino a quando non raggiunsero un'età che permettesse loro di governare. Di questi si distinsero in particolare Spinetta e Leonardo, che furono nominati cavalieri in occasione della successione di Antonio e Bartolomeo della Scala alla signoria di Verona nel 137512. I due fratelli si stabilirono in Verona fino al 1381, anno in cui Antonio della Scala fece uccidere il fratello Bartolomeo, addebitando poi l'omicidio a diversi cortigiani tra cui, appunto, i due Malaspina. Spinetta, messo al bando da Verona insieme al fratello, divenne capitano di ventura combattendo sotto diversi eserciti, tra cui quello del duca Gian Galeazzo Visconti13. Alla morte del fratello primogenito (1390), Spinetta fece ritorno in Fosdinovo per occuparsi dei suoi interessi e per definire con il fratello Leonardo la suddivisione del feudo, che peraltro era tornata ad includere i domini precedentemente assegnati a Guglielmo, poiché la sua progenie risultava estinta già nel 1374. A Spinetta spettò: Fosdinovo, Zuccano, Pompilio, Tendola, Colla, Marciaso, villa di Bardine inferiore, Cecina e tutti i possessi e diritti su Castelnuovo, Vallecchia, San Terenzo e Gorasco (nel distretto di Bibola); a Leonardo andarono: Castel dell'Aquila, Viano, Tenerano, Isolano, Monzone, Vinca Equi, Ajola, Monte de' Bianchi, Ugliano, Montefiore, Argigliano, Codiponte di Cassano, Gragnola, Cortile, Prato-Alebbio, Sercognano, Colognole, i possessi detenuti in Migliarina (distretto di Genova, diocesi Lunense), nonché i beni posti nel territorio di Massa e Montignoso14. Da Spinetta trae origine il casato di Fosdinovo, mentre da Leonardo prende avvio il casato del marchesi di Castel dell'Aquila.
Spinetta in seconde nozze ebbe un erede maschio, Antonio Alberico Gabriele, lasciato alla sua morte sotto tutela della madre: Margherita di Francesco da Barbiano. In qualità di reggente Margherita curò gli interessi del figlio conservando inizialmente la sottomissione al potente duca di Milano Gian Galeazzo Visconti e, alla di lui morte avvenuta nel 1402, assoggettandosi alla Repubblica fiorentina15. L'atto di accomandigia a Firenze, sottoscritto il 26 maggio 1410, riguardò non solo i possedimenti di Antonio Alberico, curati per sua vece dalla madre, ma anche quelli del feudo di Castel dell'Aquila, detenuti dagli eredi di Leonardo, cugini di Antonio Alberico16. All'opera di Margherita si attribuisce l'istituzione, intorno all'anno 1400, di uno Spedale per poveri di cui è rimasta le cui carte andarono perdute a causa di un incendio che i tempi antichi distrusse parzialmente l'archivio parrocchiale17. Il primo atto politico autonomo di Antonio Alberico data 7 settembre 1414; si tratta della stipula di una lega contratta con diversi condinasti Malaspina di Lunigiana per difendersi da nemici comuni18. Tre anni dopo, il 29 settembre 1417, Antonio Alberico rinnovò l'accomandigia con Firenze, già contratta dalla madre nel 1410, i cui capitoli furono approvati il 20 luglio 141819. Nell'agosto del 1418 fu nominato comandante della truppa messa insieme dalla Repubblica fiorentina per punire i marchesi Malaspina di Castel dell'Aquila, autori della strage compiuta nei confronti dei marchesi Malaspina della Verrucola, compiuta al fine di impossessarsi di quella signoria. Come ricompensa per il ruolo svolto nell'azione, ottenne da Firenze di potersi unire in nozze con Giovanna, figlia del marchese Bartolomeo di Verrucola, unica superstite dell'eccidio20. La duratura alleanza con Firenze, testimoniata dagli atti di conferma dell'accomandigia nel 1428 e nel 1433, portò Antonio Alberico a scontrarsi con Lucca (in guerra con Firenze dal 1430 fino al 1442) e a occupare i territori di Carrara, Avenza, Moneta e Massa, allora dipendenti da Lucca. Da queste terre fu cacciato nel 1432 da Niccolò Piccinino, capitano di ventura al soldo del Visconti, duca di Milano. Solo un anno dopo, a seguito del Trattato di Ferrara, stipulato il 26 aprile 1433, il duca di Milano riconobbe Antonio Alberico quale vassallo imperiale e gli restituì le terre occupate dal Piccinino. A seguito del tentativo di impadronirsi della rocca di Massa compiuto da una fazione di cittadini, il popolo del borgo e della vicaria di Massa offrì la signoria ad Antonio Alberico; l'atto di sottomissione, con i relativi capitoli, fu redatto dal notaio Antonio da Moncigoli in data 8 dicembre 144121.
Moriva poco dopo (presumibilmente nel 1443, anno a cui risale il suo testamento) il marchese Galeotto Malaspina senza eredi maschi: si estingueva così la dinastia dei Marchesi di Castel dell'Aquila. I diritti sul feudo andarono al cugino Antonio Alberico, di conseguenza fu ricostituito il feudo come al tempo che precedette la divisione tra Spinetta e Leonardo22. Nel 1445, anno in cui morì Antonio Alberico, solo Giacomo (o Iacopo) tra i figli maschi legittimi aveva raggiunto la maggiore età. Di seguito veniva Lazzaro, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, quindi: Gabriele, Spinetta e Francesco, minori di 14 anni. Il maggiore, Giacomo23,si impossessò delle terre dello zio, il marchese Spinetta di Verrucola, suscitando l'intervento di Firenze. La Repubblica nel 1451 inviò Giuliano Ridolfi, in qualità di Commissario, per indurre Giacomo a liberare i territori occupati, tra questi il borgo di Castiglione del Terziere che, da allora, fu sede di un Capitanato fiorentino24. Mosse quindi contro Sarzana, in lega con i popoli di Massa, Carrara, Castelnuovo, Ortonovo, Nicola, Ameglia, Lerici, Falcinello e Giucano. Lo scontro si risolse nella vittoria di Sarzana, ottenuta a Segalara l'8 maggio 1850.
Nel 1467 gli eredi del marchese Antonio Alberico determinano la divisione del feudo. Ad effetto del lodo 13 novembre 1467, cui fa seguito lo strumento rogato per mano del notaio Giovanni di Giovannandrea, giudice di Fosdinovo, del feudo paterno si fecero cinque parti: a Giacomo andò Massa con le sue dipendenze, agli eredi di Lazzaro il feudo di Gragnola con le sue castella, a Gabriele il feudo di Fosdinovo e a Spinetta il feudo di Olivola. Ad effetto di questa divisione Giacomo lasciò Fosdinovo per trasferirsi a Massa, dove la sua discendenza originò la casata dei Cybo Malaspina. A risiedere nel castello avito rimase invece Gabriele, l'istituto pio avrebbe poi ; in questa stessa pubblicazione è riferito all'ospedale di Sant'Antonio in Mar ciaso l'episodio della perdita delle carte per via di un incendio dell'archivio parrocchiale che le ospitava. capostipite di una dinastia che detenne in via ininterrotta la signoria di Fosdinovo fino alla occupazione francese del 1797, occupazione che determinò la soppressione definitiva dei feudi in Lunigiana25.
Gabriele si sposò con Bianca, figlia del marchese Galeotto Malaspina di Castel dell'Aquila, da lei ebbe quattro figli maschi e tre femmine. Si distinse nelle complicate vicende che vedevano contrapposti in Lunigiana gli interessi della Repubblica fiorentina e del Ducato di Milano, che all'epoca dominava anche su Genova. Persuase infatti nel 1467 i Campofregoso di Sarzana a cedere alla Repubblica fiorentina le castella da loro possedute in Lunigiana, ottenendo così di limitare le pretese della duchessa Bianca Maria Visconti riguardo alle terre di Ortonovo, già cedute dai Campofregoso alla Repubblica e da questa affidate in custodia proprio a Gabriele26. Egli ebbe un ruolo importante anche nella spedizione punitiva promossa da Firenze contro il marchese Cristiano di Bagnone, il quale aveva ucciso Galeotto da Campofregoso, marchese di Virgoletta, così da impossessarsi di quel castello. L'esito fu la cessione di Bagnone alla Repubblica fiorentina, che lasciò come arbitro e governatore del feudo il marchese Gabriele fintanto che non fu stabilito "il pieno governo di detta Repubblica"27. L'equilibrio tra la fazione filo genovese e quella filo fiorentina non era destinata a durare a lungo: nel 1479 i Fieschi e i Fregosi si impossessarono di Sarzana con le armi, senza che Firenze, distratta dalla guerra sostenuta con i duchi di Calabria e d'Urbino, potesse rispondere efficacemente. Determinante fu il coinvolgimento del Magistrato di San Giorgio di Genova, su appello dei Fregoso, cui fece seguito la conferma da parte del popolo sarzanese. Nel 1483, per rientrare in possesso di Sarzana, la Repubblica nominò per parte sua il marchese Gabriele quale procuratore e mandatario. In appoggio al marchese, nel 1484, Firenze inviò un consistente esercito che ottenne una vittoria sui Fregoso28. La stretta alleanza con Firenze venne meno dopo la morte di Lorenzo de' Medici, probabilmente in seguito della delusione seguita al mancato riconoscimento, da parte di Gabriele e del nipote Leonardo, della facoltà di detenere a pieno titolo dei diritti feudali della Signoria di Verrucola, che la morte del marchese Spinetta nel 1478 aveva lasciato senza successori. La Repubblica fiorentina sostenne sì la cessione ai due Malaspina di alcune delle castella facenti parte di quel feudo, ma solo per benemerenza e in quanto donativo, ma non però il feudo nella sua interezza, con pieno diritto alla successione ereditaria. Qualunque fossero le cause decisive del distacco, è documentato l'appoggio dato dal marchese Gabriele al re di Franci a Carlo VIII, in occasione del suo passaggio in Lunigiana. In particolare lo aiutò nell'assedio di Fivizzano, sebbene la Repubblica lo avesse posto a guardia proprio di questa terra. Gabriele non ottenne però risultati positivi da questa nuova alleanza, anzi non avendo il denaro sufficiente per pagare al re di Francia le terre di Fivizzano che erano state oggetto di acquisto da parte del Malaspina, finì incarcerato a Lione, come pure, dopo di lui, il figlio Lorenzo. La sua ostilità nei confronti di Firenze gli si ritorse contro quando la Repubblica tornò in possesso delle terre di Fivizzano: egli quindi si trovò a riparare a Verona, lasciando il figlio Lorenzo nel governo di Fosdinovo e delle sue pertinenze29. Alla morte di Gabriele, nel 1508, amministrarono il feudo i figli Galeotto e Giuseppe. La linea di successione della famiglia Malaspina di Fosdinovo vide quindi succedersi30:
Nel 1577, sotto il marchesato di Andrea, furono emanati gli Statuti, alla cui redazione furono chiamati undici deputati31. Al signore, detentore del mero et mixto imperio del Feudo di Fosdinovo (il cui capoluogo fu elevato al rango di Città Imperiale dall'imperatore Carlo V) spettava la nomina dei funzionari che amministravano le comunità comprese nel territorio. In Lunigiana i feudatari generalmente non esigevano tassazioni, ma si riservavano degli usi esclusivi. Nel caso di Fosdinovo vi era il possesso della colombaia e il monopolio dei molini, dei frantoi, dei forni, della caccia e della pesca. A ciò si aggiungeva la corvée per cui i fosdinovesi erano tenuti a prestare manodopera non retribuita per la manutenzione di strade, castello e palazzi. Dalle carte d'archivio risulta anche l'esistenza di un donativo che la Comunità di Ponzanello versava annualmente al marchese negli anni '20-'40 del XVII secolo32. Sotto la signoria di Giacomo II il casato acquisì anche il territorio di Gragnola, a seguito di sentenza emanata nel 164433. Alle già numerose prerogative feudali nel 1666 si aggiunse anche il diritto di battere moneta, concesso dall'imperatore Leopoldo I d'Asburgo. La zecca coniò testoni e luigini d'argento dal 1668 fino al 1677, anno in cui fu chiusa perché accusata di stampare monete genovesi false34. L'ultimo dei marchesi di Fosdinovo a detenere la signoria fu Carlo Emanuele, al quale si deve nel 1759 l'erezione di un monte frumentario. Questo pio istituto, durante i mesi invernali, distribuiva granaglie ai mezzadri e ai contadini che possedevano poche terre; le granaglie venivano poi restituite dopo il raccolto, con una piccola maggiorazione destinata a finanziare opere di beneficenza e a contribuire al pagamento del maestro di scuola35. La tradizione ci tramanda la figura di un nobile colto e illuminato, sostenitore in un primo tempo della causa rivoluzionaria; è però cosa certa che presto ebbe a scontrarsi con le pretese degli occupanti francesi di utilizzare il castello come alloggio per la truppa e come sede di tribunale e ad opporsi all'obbligo del pagamento di una elevata tassa prediale36. Morì il 14 gennaio 180837.
Repubblica cispadana, poi cisalpina, poi italiana (1797-1805)
Regno d'Italia (1805-1811)
Impero francese (1811-1814)
Comune (1797-1800; 1802-1811), poi Municipalità distrettuale (1800-1802), poi Mairie (1811-1814)
Nel giugno del 1796 le truppe napoleoniche conquistarono gli Stati di Massa e Carrara ed il territorio della Lunigiana. Il 21 gennaio 1797 ebbe inizio a Modena la terza sessione del Congresso Cispadano cui, a partire dal 30 gennaio dell'anno successivo, parteciparono anche i rappresentanti di Massa e Carrara. In seno ai lavori del Congresso, nel 27 marzo 1797, si diede luogo ad una suddivisione amministrativa che prevedeva l'istituzione del dipartimento di Luni, con sede a Massa. Con la costituzione dell'8 luglio 1797, la Repubblica Cisalpina diede vita al dipartimento delle Alpi Apuane che sostituì il dipartimento di Luni. Ne facevano parte, oltre ai territorio di Massa e Carrara, anche la Garfagnana e la Lunigiana ex-feudale38. In Lunigiana infatti l'editto del generale Chabot, emanato il 2 luglio 1797, aveva fatto cessare tutti gli istituti feudali e aveva disautorato i feudatari, costringendoli a giurare fedeltà alla Francia. In seguito, con la costituzione del 10 settembre 1898, il dipartimento delle Alpi Apuane fu soppresso e assorbito dal dipartimento del Crostolo con sede a Reggio39. La suddivisione amministrativa apportata l'anno successivo portò all'istituzione di due Commissariati del potere esecutivo anche in Lunigiana, con sede nei due distretti di Fosdinovo e Mulazzo40. Questi Commissariati furono poi soppressi nel 1800 e sostituiti con le rispettive municipalità, denominate Municipalità distrettuali e formate, oltre che dagli amministratori locali, anche dagli agenti municipali delle Comuni comprese nei loro distretti. La Municipalità distrettuale di Fosdinovo comprendeva le comuni di Fosdinovo, Viano, Bibola, Monti, Ponte e Licciana, le Comuni a loro volta comprendevano i territori di più comunità, secondo lo schema riprodotto nel quadro della "Popolazione delle comuni e parrocchie comprese nell'attual circondario di Fosdinovo capo luogo" trasmesso nel settembre del 1802 al Ministro degli Affari Interni dalla Viceprefettura delle Alpi Apuane41: - Fosdinovo (composta di Fosdinovo e ville di Zignago, Paghezana e Caniparola) - Giucano - Ponzanello e Carignano - Tendola - Pulica - Marciaso e Pesciola - Posterla - Gragnola - Viano (composta di Viano e ville di Villa di Corsano, Colognola, Lorano, Terma, Campiglione, Vezzanello, Pian di Molino e Cortila) - Pallerone e Canova annessa - Olivola e Quercia annessa - Bigliolo - Aulla - Podenzana - Bibola (composta di Bibola e ville di Vecchietto e Gorasco) - Bastia (composta di Bastia e ville di Cisigliana, Paretola e Bacana) - Monti (composta di Monti e ville di Caria Fenile, Piano, San Martino e Amola) - Ponte (composta di Ponte, Ceccarello e Arola) - Licciana (composta di Licciana e ville di Panicale, Sallano, Bosco, Magliola e Gabanasco) - Varano - Tavernelle
Tale ordinamento prevedeva che facessero capo alla Municipalità di Fosdinovo ben ventuno comunità caratterizzate da un territorio prevalentemente montuoso. La composizione dei consiglieri suddivisi per comunità era la seguente: Fosdinovo (15), Giucano (3), Ponzanello (3), Tendola (3), Pulica (3), Marciaso (3), Posterla (3), Gragnola (3), Viano (2), Terma e Colognola (2), Vezzanello, Pian di Mulino, Galogna, Corsano (1), Lorano (2), Aulla (9), Podenzana (9), Bibola (9), Pallerone (9), Olivola e Quercia (9), Licciana e Panicale (11), Varano e Tavernelle (8), Bastia e Cisigliana (4), Monti, Fenile ed Amola (9), Ponte (3), Bigliolo (9)42. Il disagio derivante dalle difficoltà che gli agenti municipali incontravano a radunarsi, specialmente durante la stagione invernale, fu probabilmente alla base del nuovo ordinamento amministrativo in base al quale nella Lunigiana ex feudale dovevano essere istituite tre comuni di seconda classe (Fosdinovo, Aulla e Tresana) e tre comuni di terza classe (Licciana, Villafranca e Mulazzo)43. Le neo costituite municipalità, organizzate in base ai criteri dall'art. 3 della costituzione approvata il 26 gennaio 1802 nei comizi nazionali di Lione, furono istallate dal viceprefetto della Alpi Apuane nel marzo del 180344. In particolare, la Comune di seconda classe di Fosdinovo comprendeva i seguenti paesi: Fosdinovo (con le sue ville), Carignano, Cortila, Giucano, Gragnola, Marciaso, Pian di Molino, Pieve di Viano, Ponzanello, Posterla, Pulica e Tendola. Una legge emanata il 24 luglio 1802 stabilì che nei comuni di seconda classe la Municipalità doveva essere costituita da cinque a sette cittadini eletti dal Consiglio. Nella Comune di Fosdinovo gli eletti furono sette: Carlo Bassi (di Fosdinovo), Giacomo Nasi (di Fosdinovo), Battista Uccelli (di Fosdinovo), Angelo Marchetti (di Posterla), Giuseppe Musetti (di Giucano), Bartolomeo Poletti (di Marciaso), Francesco Battaglia (di Pian di Molino)45. Una ulteriore riorganizzazione amministrativa attuata nel 1804 determinò che in Lunigiana le Comuni fossero solo di terza classe, ossia con meno di 3.000 abitanti. Dal dismembramento della Municipalità di Fosdinovo si originarono nel tempo le seguenti Comuni: - Fosdinovo (con le sue ville) Giucano - Tendola e Ponzanello - Posterla, Pulica e Marciaso - Pieve di Viano con le sue cinque comuni, - Gragnola e Cortila46.
Questo ordinamento rimase in vigore anche dopo il 1805, sotto il Regno d'Italia. Il decreto imperiale emanato il 5 agosto 1811 determinò infine l'annessione della Lunigiana ex feudale all'Impero francese47. Come primo effetto si ebbe lo scorporo del territorio degli ex feudi lunigianesi dal dipartimento del Crostolo ed il conseguente accorpamento in quello degli Appennini con sede a Chiavari. In questo modo gli ex feudi di Lunigiana si riunirono al territorio della Lunigiana Etrusca, già annessa all'Impero Francese con decreto 9 giugno 180848. In ordine al decreto emanato dal prefetto del dipartimento degli Appennini in data 3 marzo 1812, le neocostituite Mairies di Aulla, Casola, Comano, Gragnola, Licciana e Fosdinovo entrarono a far parte del Circondario di Sarzana49. La Mairie di Fosdinovo, appartenente al Cantone di Aulla, risultava costituita da nove sezioni o parrocchie50: L'amministrazione era affidata al maire, affiancato da uno o più aggiunti, e al Consiglio municipale. Al maire erano riservate le funzioni esecutive ed erano demandate la gestione del bilancio, le funzioni di polizia e la direzione dei lavori pubblici; il Consiglio, presieduto dal maire o da un "aggiunto" in sua vece, aveva invece funzioni consultive e deliberava sui bilanci.
Ducato austro-estense (1814-1859)
Comune poi Podesteria di Fosdinovo (1815-1859)
Nel marzo del 1814 le truppe francesi si ritirarono dalla Lunigiana e, circa un mese dopo, furono sconfitte a Genova dagli inglesi. Tra il marzo 1814 e il gennaio 1815 il territorio degli ex feudi lunigianesi fu sottoposto a diverse autorità provvisorie: il tenente colonnello dello stato maggiore Joseph von Werklein che, nel giugno 1814, fu nominato plenipotenziario dei feudi imperiali di Lunigiana dal governo austriaco; il Consiglio amministrativo della città di Sarzana e suo circondario, incaricato dallo Stato di Genova di amministrare i territori delle comuni di Sarzana, Santo Stefano, Ortonovo, Castelnuovo, Fosdinovo, Aulla, Licciana, Terrarossa, Bolano, Albiano, Lerici, Ameglia e Trebiano51; e in ultimo il Governo provvisorio dei feudi imperiali di Lunigiana con sede ad Aulla, istituito il 13 giugno 1814 su iniziativa del plenipotenziario Werklein, e presieduto dal marchese di Mulazzo Luigi Malaspina52. Al termine dei lavori del Congresso di Vienna gli ex feudi imperiali lunigianesi furono assegnati alla duchessa di Massa Maria Beatrice d'Este, come risarcimento dei danni subiti sotto occupazione francese. La duchessa a sua volta li cedette al figlio Francesco IV duca di Modena, che raccolse questi territori nella provincia della Lunigiana estense, con chirografo datato 30 agosto 1816. La nuova provincia era amministrata non da un Governo53, come le province di Reggio, Modena e Castelnuovo Garfagnana, ma da una Delegazione governativa suddivisa nelle quattro giusdicenze di Aulla, Fosdinovo, Licciana e Tresana; come sede fu scelta Aulla, poi, a partire dal 1931, Fosdinovo54. Il 1° aprile 1840 la provincia della Lunigiana estense fu soppressa ed il suo territorio accorpato al Governo degli Stati di Massa e Carrara. Governatore della nuova provincia, che prese il nome di "Massa e Carrara e della Lunigiana estense", divenne il conte Nicolò Bayard de Volo, che precedentemente ricopriva la carica di delegato governativo della provincia della Lunigiana estense. Durò in carica per sei anni, successivamente fu nominato il conte Luigi Giacobazzi55. Il duca Francesco V d'Este, successo al padre nel 1846, apportò nel 1848 un riorganizzazione amministrativa in base alla quale furono soppressi i Governi delle province, fino ad allora parificati ai Ministeri, e fu creato un Ministero dell'interno che accentrava su di sé il coordinamento "dei Comuni e delle opere pie" e di "tutte le pubbliche aziende minori"56.
L'ordinamento amministrativo del Ducato austro-estense era normato dal decreto ducale del 12 gennaio 1815, in ordine al quale i Comuni di prima e seconda classe (con più di 7000 abitanti) erano amministrati da un podestà assistito da sindaci e anziani, mentre quelli di terza classe, come Fosdinovo, da un solo sindaco aiutato da anziani. Compito del podestà (o del sindaco per i centri più piccoli) era di gestire l'amministrazione ordinaria del Comune, facendo osservare i decreti sovrani e provvedendo ad eseguire le disposizioni ministeriali che riceveva tramite Governo (dal 1848 tramite Delegazione provinciale del Ministero dell'Interno). La sua carica comprendeva anche le funzioni di polizia57. Il decreto del 1815 stabiliva le funzioni del Consiglio, chiamato a radunarsi almeno due volte all'anno per deliberare sui bilanci e in occasione del rinnovo delle cariche. Tale rinnovo avveniva ogni due anni per la carica del Sindaco, e ogni anno per la metà del numero degli anziani e per un quinto dei consiglieri58. Il decreto emanato il 16 agosto 1822 prevedeva infine che a capo di ogni sezione fosse posto un agente comunale, con funzioni amministrative e di polizia. Fosdinovo era composto, oltre che dal capoluogo, dalle sezioni di: Carignano, Ponzanello, Posterla, Tendola e Viano. Divenne sede di Podesteria nel febbraio 1843.
Periodo postunitario (1860-1870)
Comune di Fosdinovo (1860 - )
Durante la seconda guerra d'indipendenza, nell'aprile del 1859, le truppe estensi si ritirarono dai territori di Massa e Carrara per rifugiarsi in Fivizzano. In questo stesso periodo in gran parte del territorio della Lunigiana nacquero governi provvisori e comitati civici che promuovevano pronunciamenti popolari a favore dell'annessione al Regno di Sardegna, annessione che fu attuata di lì a due mesi. A Torino, il Consiglio dei ministri decretò il raggruppamento dei territori già appartenuti all'ex Ducato austro-estense in sei province (Modena, Reggio, Massa e Carrara e Lunigiana, Frignano, Guastalla e Garfagnana) denominate Province Modenesi, a capo delle quali fu posto un governatore di nomina reale. Il 1° gennaio 1860 fu decretata l'aggregazione delle Province Modenesi con le Province Parmensi e con le Romagne, dando vita al Governo delle Regie Province dell'Emilia59. Con la costituzione del Regno d'Italia prese avvio un nuovo ordinamento amministrativo, in base al quale il Comune di Fosdinovo era parte della Provincia di Massa Carrara.
La sezione preunitaria dell'archivio storico del Comune di Fosdinovo è stata di recente ospitata nella Torre Malaspina, posta vicino al Castello, in attesa di essere trasferita presso la Biblioteca civica Dante Piccioli di Fosdinovo, attualmente in rifacimento. Consiste in massima parte nella documentazione prodotta durante il periodo dell'occupazione francese e nel periodo di dominazione austro-estense, rispettivamente dalla Comune (poi Municipalità distrettuale, poi Mairie) quindi dal Comune (poi Podesteria) di Fosdinovo. Della sezione fanno parte anche le carte prodotte negli anni 1860-1870, corrispondenti al primo decennio del Regno d'Italia. Del periodo degli antichi regimi l'archivio del Comune di Fosdinovo conserva invece pochissimi documenti. La ragione risiede nel fatto che fino all'arrivo delle truppe napoleoniche Fosdinovo era amministrato come un feudo, pertanto i documenti riguardanti l'amministrazione del suo territorio erano detenuti dai marchesi Malaspina di Fosdinovo. Per gran parte queste carte confluirono nell'archivio privato della famiglia dei marchesi Torrigiani-Malaspina, discendenti per via femminile dei Malaspina di Fosdinovo. La documentazione, che copre un periodo che va dal 1243 fino al 1858, è costituita da 1696 pergamene, 237 buste ed una cartella di disegni. In ottemperanza al legato testamentario del marchese Carlo Maurizio Malaspina datato 1869, è stata acquisita dall'Archivio di Stato di Firenze e depositata materialmente dal nipote Alfonso, figlio del fratello Torquato, nel 190560. Un'altra parte, di consistenza inferiore, costituisce il fondo "Malaspina di Fosdinovo marchesi di Massa" che è conservato presso l'Archivio di Stato di Massa, all'interno dell'Archivio Ducale. I documenti più antichi di questo fondo sono dei privilegi del 1334, i più recenti delle lettere della marchesa Ricciarda Malaspina datate 1556. La documentazione, riguardante per gran parte controversie tra la Casa e le vicarie, successioni ereditarie, atti e conferme d'accomandigia e riconoscimenti di statuti, offre una preziosa testimonianza delle vicende storico-istituzionali del territorio tra i secoli XIV e XVI61.
Della sezione preunitaria dell'archivio storico del Comune di Fosdinovo è stato recentemente redatto un elenco di consistenza, a cura di Roberta Allegro e Veronica Laringi, consultabile sul sito di Archiweb, servizio della Rete provinciale delle biblioteche di Massa Carrara (Re.Pro.Bi.)62. Si tratta di un elenco di buste e registri in cui si forniscono dati quali anno/i di riferimento e indicazione sommaria del contenuto rilevato a campione. L'intervento attualmente posto in essere ha come finalità il riordino e l'inventariazione del fondo. Il progetto si è articolato in due fasi. La prima, effettuata presso la Torre Malaspina, è consistita nella schedatura preliminare dei pezzi; la seconda ha comportato il riordino fisico sulla base della ricostruzione dell'ordinamento originario. All'atto della schedatura preliminare il materiale si presentava posto sugli scaffali senza un ordine preciso, non soltanto rispetto all'ordinamento assegnato dall'elenco compilato da Allegro-Laringi, ma anche rispetto ad un qualsiasi altro criterio di aggregazione, fosse esso cronologico o per tipologie documentarie. Mancavano inoltre numeri di corda o altre indicazioni che potessero in qualche modo rimandare al suddetto elenco. Erano sì presenti delle fascette di recente fattura recanti numerazione a penna, ma tale numerazione, oltre a rimarcare la disposizione casuale dei pezzi, non era in alcun modo correlabile con quella dell'elenco. In conseguenza di tutto ciò, nel compilare la schedatura preliminare, non è stato possibile seguire criteri diversi rispetto a quello, per così dire, topografico. A mano a mano che si è proceduto con il lavoro si è altresì rivelato arduo attribuire ai pezzi che si andavano schedando il numero riportato nell'elenco Allegro-Laringi, perché la comparazione dei dati descrittivi non sempre consentiva di rilevare riscontri precisi, tali cioè da poter correlare in modo univoco i pezzi schedati con quelli descritti in elenco. In conseguenza di ciò non è stato possibile redigere una tabella di raffronto.
Sempre durante la schedatura è emerso un altro e più grave problema, inerente allo stato di conservazione del materiale. La permanenza nella Torre Malaspina, in ambienti in cui durante i mesi invernali si crea moltissima umidità di condensa, ha permesso in brevissimo tempo la formazione di muffe che hanno danneggiato una parte consistente delle carte. Per taluni faldoni i danni si sono rivelati tali da impedire non solo la possibilità di un riordino interno, ma anche il rilevamento dei dati inventariali, pena il danneggiamento irreversibile delle carte. Per evitare che le muffe danneggiassero la totalità delle carte, si è provveduto a trasferire il fondo in un locale di proprietà del Comune, situato al piano terra di uno stabile del borgo posto in via Roma, dove ha avuto luogo la seconda fase del progetto, consistente nell'opera di riordino fisico e inventariazione delle unità.
Riguardo all'ordinamento archivistico originale si segnala l'utilizzo del sistema congiunto di protocollo e titolario fin dagli inizi del 1805, a distanza di pochi mesi da quando il governo della Repubblica Italiana diffuse nelle municipalità il titolario già in uso nelle prefetture dipartimentali63. Secondo questo sistema nel protocollo vengono registrati le lettere in entrata e in uscita con l'indicazione della classifica desunta dal titolario, ovvero quadro di classificazione per titoli o materie. Questo sistema, seppure con modifiche, rimase in uso anche successivamente, sotto l'amministrazione del Ducato austro-estense64. La prassi in Fosdinovo era di riunire i documenti riferiti ad una determinata pratica, riconoscibile esternamente solo sulla base dell'uniformità di segnatura riportata sulle carte che la costituivano o, molto raramente, dall'essere infilzate con spago. Le pratiche, costituite da carteggio e/o atti relativi ad un preciso oggetto, venivano quindi raggruppate secondo il prospetto suddiviso in classi del titolario in uso pro tempore, poste in ordine al numero progressivo di protocollazione senza soluzione di continuità tra loro. Tutte le pratiche riferite alla stessa classe del titolario prodotte nell'arco di un anno venivano poi archiviate in fascicoli, di cui si conservano molte delle camice originali, seppure svuotate del loro contenuto. Le camice originali che si sono rinvenute recano sempre indicazione dell'anno e della classe del titolario, frequentemente anche l'elenco dei numeri di protocollo delle pratiche contenute. In assenza dei registri di protocollo, sono state proprio queste indicazioni a fornire testimonianza delle modalità e dei periodi in cui la protocollazione era in uso. Quelli di protocollo non sono gli unici registri assenti65, colpisce infatti anche la totale assenza di registri di deliberazioni. Tra le specificità che emergono da questo archivio quella più evidente è proprio la scarsità di registri, ne consegue che il materiale arrivato fino a noi è costituito in massima parte da carte sciolte. Come già accennato, le carte erano raggruppate in "pratiche", al cui interno (ed è questa una costante dei diversi ordinamenti che si sono succeduti a partire dall'epoca della dominazione francese in poi) si rileva la commistione di documenti deliberativi, carteggio e atti amministrativi. È quindi dato trovare trascrizioni dei verbali di sedute dei consigli in carte inserite nelle pratiche, così come minute di lettere responsive, ma non in modo così sistematico e privo di soluzioni di continuità come ci si aspetterebbe nel caso fosse stata scelta già in origine questa sola forma di trasmissione. Peraltro, se anche in altri archivi comunali del territorio si riscontra l'assenza di registri di copialettere, è cosa piuttosto insolita l'assoluta mancanza di registri di natura amministrativa del periodo austro-estense quali i quinternetti di scossa, previsti dalle normative del Ducato di Modena fin dal 1814, nonché strumento indispensabile per l'esazione delle quote di imposta prediale. Non è dato sapere se queste mancanze fossero originarie oppure dovute a sottrazioni perché non sono stati trovati strumenti di corredo redatti in epoche passate.
Verosimilmente intorno agli anni '50 del XX secolo, l'ordinamento originale delle carte è stato completamente stravolto a seguito di un intervento di riordino effettuato in base al solo criterio cronologico. Tale riordino ha comportato lo svuotamento del contenuto dei fascicoli originali e la riorganizzazione di tutte le carte, qualunque fosse la classe di appartenenza, per annualità. L'intento era di riordinare internamente le buste così prodotte in base al solo criterio cronologico, ma il tentativo rimase però appena abbozzato. Questo intervento ha causato in moltissimi casi la perdita del legame tra documenti ed allegati, ricostituibile però laddove gli allegati presentino segnature che rimandano alla pratica originaria; ha inoltre determinato la commistione arbitraria tra carte prodotte dagli organismi amministrativi che si sono succeduti sotto le diverse dominazioni e le carte prodotte da altri enti che avevano sede a Fosdinovo, quali: l'Ispettoria politica, poi Commissariato, il Tribunale e l'Ospedale. Oltre alla compromissione dell'ordinamento interno delle carte, l'operazione ha imposto un criterio per annualità che, se è coerente con le pratiche di archiviazione adoperate nei periodi in cui non era in uso il sistema titolario/protocollo e per tutti gli anni di occupazione francese, non risulta però appropriato per l'arco cronologico che va dal 1822 fino all'unità d'Italia. In tale periodo infatti i fascicoli costituiti come descritto sopra non erano riuniti per annualità, ma formavano serie omogenee in ordine a ciascuna classe di riferimento del titolario. A conferma di ciò vi sono due elementi. Il primo è fornito dai titoli in costola delle buste originali, fatte successivamente oggetto di reimpieghi come materiale di condizionamento66. Il secondo è costituito dallo stato di conservazione delle carte, come evidenziano i danni causati da combustione o da contatto con liquidi, presenti esclusivamente ed omogeneamente sul margine di carte afferenti a ben precise classi di titolario. Riguardo al titolario va detto come nel Ducato austro-estense il mutare di competenze delle amministrazioni comunali determinò il susseguirsi di diversi rubricari, senza un criterio uniformemente valido per tutti i Comuni67.
Nel corso della presente opera di riordino si è potuto ricostituire l'ordinamento originario di gran parte della documentazione grazie alle segnature riportate sulle carte e alle indicazioni presenti sulle camice originali che condizionavano i fascicoli (fortunatamente conservate in gran numero, seppure svuotate del contenuto). Proprio il ricorso alle segnature presenti sulle carte e alle indicazioni poste sulle camice originali ha sopperito all'assenza della serie di registri di protocollo68. Per i periodi in cui la ricostruzione dell'ordinamento originario non è stato invece possibile, cioè per i primi anni di occupazione francese (1797-1804) e per il quinquennio immediatamente successivo alla Restaurazione (1816-1821), si è lasciato quellocronologico risalente alla metà del secolo scorso. Anche rispetto alla documentazione prodotta negli anni 1837; 1840-1841; 1843 si è usato lo stesso criterio. In tali anni infatti le carte non risultano organizzate con il consueto sistema per serie, al contrario carteggio e atti, salvo qualche eccezione, sono ordinati per numero di protocollo e condizionati all'interno di buste senza il ricorso di camice. Questa soluzione di continuità non appare causata da un cambiamento di ordinamento ma da cause contingenti, legate al venir meno dell'incaricato dell'attività di archiviazione con conseguenti disomogeneità di archiviazione, come si evince dalle discontinuità, riguardo a grafia e modalità, delle segnature. L'attività di ricostituzione dell'ordinamento originario, seppure con i limiti e le eccezioni derivanti dal pesante intervento operato sulle carte nel secolo scorso e dallo stato di conservazione di talune unità, oltre ad essere metodologicamente corretta, si è rivelata opportuna anche in considerazione di quanto spiegato in precedenza, cioè come l'unica memoria delle deliberazioni sia costituita da carte sciolte con trascrizioni deiverbali di sedute dei consigli69. Originariamente queste carte erano poste nella serie "Consigli comunali" (nel periodo di occupazione francese) e nella serie "Amministrazione comunale, consigli, contabilità" (nel periodo di amministrazione austro-estense): ricostruire queste serie ha quindi reso possibile enucleare questa particolare tipologia documentaria, di cui mancano gli appositi registri. Altro vantaggio che ne deriva è che, così operando, si riaccorpano quei documenti che furono gravemente e omogeneamente danneggiati da un incendio avvenuto in epoca incerta e dal conseguente tentativo di spegnimento con acqua, così da permettere - miratamente - la loro esclusione dalla consultazione. Più precisamente si tratta di tre serie documentarie afferenti al periodo di amministrazione austro-estense: "Circolari", "Incanti e locazioni", "Istruzione pubblica" e "Annona e sanità".
Al termine del presente intervento di riordino l'archivio preunitario, che risulta composto da 155 unità archivistiche collocate all'interno di 128 buste, è ripartito nelle diverse istituzioni che si sono succedute nell'amministrazione del territorio, secondo il seguente prospetto. Periodo degli antichi regimi: - Feudo di Fosdinovo Periodo di occupazione francese: - Comune (poi Municipalità distrettuale, poi Mairie) di Fosdinovo - Comune di Posterla - Comune di Tendola e Ponzanello Periodo austro-estense: - Comune (poi Podesteria) di Fosdinovo Nel corso del riordino sono stati inoltre enucleati i fondi relativi ai seguenti enti: - Ospedale di Fosdinovo - Confraternita de' Bianchi di Fosdinovo - Monte frumentario di Fosdinovo - Tribunale di Fosdinovo - Ispettoria politica poi Commissariato politico di Fosdinovo. Laddove rilevabili, e seppure con i limiti e le eccezioni sopra descritti, l'ordinamento delle carte rispecchia gli ordinamenti originali che i vari enti amministrativi diedero al proprio archivio. Coerentemente con la consuetudine seguita dagli ordinatori dell'epoca, le diverse pratiche, contrassegnate da segnatura recante talvolta solo il numero di protocollo, più spesso indicazioni relative alla classe del titolario e dal numero di protocollo, sono state poste insieme in base alla classe di riferimento, quindi fascicolate per anno. Ai fascicoli così ricostituiti sono state riassegnate le camice originali, quando se ne è reso possibile il reperimento. Si è provveduto poi ad archiviare questi fascicoli secondo gli ordinamenti originari, che erano: - per annualità nei periodi 1797-1804; 1814-1821, - per classi di titolario nel periodo 1822-1859 (con eccezioni per gli anni 1837; 1840-1841; 1843).
In ragione del particolare stato di conservazione in cui versa una parte consistente del materiale, si ritiene opportuno sottoporre a restrizioni la fruibilità. Sono infatti molte le carte danneggiate, sia in epoca passata, per un principio di incendio e per il successivo contatto con liquidi, sia durante la recente permanenza nella Torre Malaspina, a causa dell'esposizione all'umidità e all'attacco delle muffe. L'esclusione dalla consultazione di intere serie documentarie, oppure di determinate unità o sottounità è puntualmente segnalata nell'inventario. In taluni casi, come già accennato, la documentazione risulta talmente compromessa da avere impedito l'attività di riordino interno, questo perché l'eventuale manipolazione delle carte avrebbe determinato -inevitabilmente - la loro lacerazione. Si fornisce di seguito l'elenco di queste unità, che si auspica possano divenire oggetto di un intervento conservativo. - Unità 19: Atti municipali 1803 (coll. Busta 11), - Unità 29: Atti municipali 1811 (3) (coll. Busta 29), - Unità 55: Atti municipali 1817 (coll. Busta 43), - Unità 57: Atti municipali 1819 (coll. Busta 45), - Unità 58: Atti municipali 1820 (coll. Busta 46), - Unità 59: Atti municipali 1821 (coll. Busta 47), - Unità 62: Atti municipali 1841 (coll. Busta 50), - Unità 65: Atti municipali 1846 (coll. Busta 53), - Unità 66: Atti municipali 1850 (coll. Busta 54)
ASFi = Archivio di Stato di Firenze AscFosd = Archivio storico comunale di Fosdinovo ASCLic = Archivio storico comunale di Licciana all. = allegato/a, allegati/e b., bb. = busta, e c., cc. = carta, e c.s. = come sopra ca. = circa cml = centimetri lineari cost. = costola doc., docc. = documento, i f., ff. = foglio, i fasc., fascc. = fascicolo, i ins. = inserto ms., mss. = manoscritto/a manoscritti/e num. numm. (1) = numero/i, num. numm. (2) = numerato/a, numerati/e p., pp. = pagina, pagine prot. = protocollo reg., regg. = registro, registri s. d. = senza data s. ss. = segnato/a segnati/e tit. = titolo tit. int. = titolo interno
Periodo degli antichi regimi
Feudo di Fosdinovo
Carteggi di autorità diverse
Atti
Periodo di occupazione francese
Comune poi Municipalità distrettuale, poi Mairie di Fosdinovo
Deliberazioni del Consiglio
Copialettere
Atti municipali
Governo provvisorio
Avvisi, decreti, regolamenti e manifesti a stampa
Comune di Posterla
Protocolli
Comune di Tendola e Ponzanello
Periodo di amministrazione del Ducato austro-estense
Comune poi Podesteria di Fosdinovo
Carteggio
Protocollo riservato
Carteggio degli agenti comunali
Circolari
Atti municipali 1816-1821
Atti municipali 1837-1843
Atti municipali 1846-1850
Amministrazione, consigli, contabilità
Annona, vettovaglie e sanità poi Annona e sanità
Cordone sanitario per il morbo del colera
Beneficenza e pii istituti
Monte frumentario
Culto
Dazio consumo
Fiere e mercati
Imposizioni e censo
Imposizioni
Censo
Incanti, locazioni e contratti
Istruzione pubblica
Leggi e decreti
Militare e forza pubblica
Opere pubbliche: acque, strade, ornato poi Acque e strade
Polizia Amministrativa poi Polizia
Carceri e detenuti poi Carcerati
Contravvenzioni
Denunzie per furti e querele
Domande per certificati
Esercenti osterie
Illegittime gravidanze
Indennità di via
Passaporti
Polizia rurale e boschi
Proprietà comunali e confini
Statistica e stato civile
Volture e denunce d'estimo
Affari diversi
Regno d'Italia
Comune postunitario di Fosdinovo
Registri di popolazione
Carteggio e atti suddivisi per classi di titolario
Archivi aggregati
Fondo dell'Ospedale di Fosdinovo
Fondo della Confraternita de' Bianchi di Fosdinovo
Fondo del Monte frumentario di Fosdinovo
Fondo del Tribunale di Fosdinovo
Fondo della Ispettoria politica poi Commissariato politico di Fosdinovo
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Codifica: Michela Molitierno, gennaio - marzo 2017Paolo Santoboni, revisione, aprile 2017