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Feudo di Licciana e Panicale

Sede: Licciana Nardi (Massa Carrara)

Date di esistenza: 1535 - 1796

Intestazioni: Feudo di Licciana e Panicale, Licciana Nardi (Massa Carrara), 1535 - 1796

Contesto istituzionale:
Il Feudo di Licciana deriva da quello dei marchesi Malaspina di Villafranca, che anticamente si estendeva in Lunigiana e in Val Trebbia. In Lunigiana la sua signoria comprendeva le ville (paesi) di Canossa, Lusuolo, Tresana, Giovagallo, Aulla, Bibola e Montedivalli nonché gran parte dei territori della valle del Taverone (Monti, Licciana, Panicale, Bastia) e della Val di Vara (Bolano, Calice e Suvero). In seguito a successive divisioni tra eredi questo feudo originò signorie territorialmente sempre più esigue. Nell'anno 1500 furono i fratelli Tommaso e Giovanni Spinetta Malaspina a spartirsi ciò che rimaneva del feudo di Villafranca: a Tommaso andò la signoria di Villafranca, cui furono assegnate le ville o castella di Virgoletta, Castevoli, Villa, Brugnato, Rocchetta, Stadomelli, Beverone e Cavanella, mentre a Giovanni Spinetta pervennero Licciana, Panicale, Monti, Bastia, Montevignale, Terrarossa, Podenzana e Suvero, che costituirono un feudo separato. 1 Nel 1535 si ebbe un'ulteriore suddivisione ad opera dei figli di Giovanni Spinetta i quali si spartirono il feudo paterno originando tre feudi minori: quello di Monti e Suvero, quello di Licciana e Panicale e quello di Podenzana. Podenzana andò a Leonardo, Monti fu assegnata a Morello, mentre signore di Licciana e Panicale divenne Iacopo. Quest'ultimo ricevette conferma dell'investitura nel 1549 dall'imperatore Ferdinando I. 2
Alla morte di Iacopo, avvenuta nel 1573, il feudo passò ai figli Cornelio e Alfonso, i quali furono confermati nell'investitura da parte dell'imperatore Rodolfo II il 17 ottobre 1577. In quello stesso anno, in data 5 dicembre, i fratelli stipularono un contratto nel quale si stabiliva l'indissolubilità del feudo paterno. In base a questo contratto il marchesato sarebbe stato tenuto a titolo pro indiviso fino alla morte dei due fratelli e in seguito sarebbe stato regolato dal principio della primogenitura, principio da far valere prima per i discendenti del fratello maggiore Cornelio ed in loro mancanza per quelli di Alfonso. Ai cadetti della famiglia esclusi dalla primogenitura sarebbe andata una rendita proporzionale, mentre alle discendenti femmine sarebbe spettata una dote. 3 Regolava il diritto alla ereditarietà dei feudi originati nel 1535 anche un patto sottoscritto nel 1563 tra i marchesi Leonardo di Podenzana, Torquato di Monti e Suvero, Fioramonte di Bastia e Ponte Bosio, e Iacopo di Licciana e Panicale; in questo patto si affermava, in virtù dalla comune radice delle loro famiglie, il diritto alla reciproca successione in caso di mancanza di eredi maschi. 4
Cornelio morì nel 1616 senza lasciare eredi maschi legittimi, così il marchesato passò ad Obizzo, figlio di Alfonso. La linea maschile diretta di primogenitura vide quindi succedersi Iacopo II (1641-1649) e Obizzo II (1649-1717). Sotto quest'ultimo venne firmato nel 1686 un trattato di accomandigia con il Granduca Cosimo III di Toscana, interessato al territorio liccianese perché situato sulla strada che attraverso il Passo di Linari metteva nell'Appennino Emiliano di lì in Lombardia. 5 Questo trattato avrebbe dovuto essere ratificato tramite compromesso stipulato il 12 luglio 1691 con cui il marchese Obizzo II, da tempo stabilitosi a Firenze, cedeva al Granduca Cosimo il proprio feudo nonché i beni allodiali ivi posseduti in cambio del mero e misto impero delle terre di Certaldo e Lucardo, con tutti i privilegi e diritti inerenti. La permuta non ebbe però reale attuazione in forza del pronunciamento del Consiglio Aulico Imperiale che proibiva al marchese di Licciana qualsiasi alienazione o permuta del feudo. 6
Alla morte di Obizzo II, avvenuta presumibilmente nel 1717, subentrò nella signoria il figlio Iacopo (Giacomo) Antonio e nel 1741, alla sua morte, successe Cornelio, il quale però rimase a Modena, dove risiedeva, lasciando presumibilmente l'amministrazione del feudo al fratello Ignazio che gli successe alla sua morte, avvenuta nel 1778. 7
Pochi anni prima dell'arrivo delle truppe napoleoniche e dell'editto del generale Chabot che abolì tutti i feudi in Lunigiana, 8 il marchese Ignazio di Licciana moriva nel 1794 senza eredi maschi, e così anche il marchese Giovanni di Bastia. 9 I diritti sui feudi vacanti venivano contesi dai marchesi Claudio di Pontebosio, Alfonso di Podenzana e Torquato IV di Monti e Suvero; esito della controversia fu che Bastia venne assegnata al marchese di Pontebosio e Licciana ad Alfonso, già detentore del feudo di Podenzana, Aulla e Bibola. 10


Storia amministrativa:
Le istituzioni in vigore nel Feudo di Licciana, così come in altri feudi malaspiniani in Lunigiana, erano sostanzialmente ancora quelle contenute negli antichi Statuti promulgati nel 1304 a Villafranca. I regolamenti statutari del 1304 prevedevano che le varie ville fossero rappresentate da un console e da consiglieri, la cui carica durava un anno. Al termine dell'incarico il console nominava tre "probi uomini" che concorrevano a scegliere il nuovo console e il massaro (o borsiero), quest'ultimo con funzioni di cassiere e di conservatore delle borse contenenti i nomi degli eleggibili. Oltre a regolare le funzioni degli officiali comunitativi, gli Statuti raccoglievano l'insieme delle norme e definivano le magistrature giudiziarie, tutte di nomina marchionale, riservando al marchese la carica di sommo giudice o giudice d'appello. Il podestà, affiancato da un notaro e da un cancelliere, giudicava le cause di prima istanza sulla base delle norme raccolte negli Statuti e, in assenza di queste, del diritto romano. Nominati dal marchese erano anche il cursore (o corriero), e la guardia delle carceri (o "sbiro"). 1
Dallo studio delle carte conservate nell'Archivio Storico Comunale di Licciana risulta che nel feudo di Licciana venivano nominati due consoli, uno per la comunità di Licciana ed uno per quella di Salano (Villa di Sopra). Ai consoli spettava curare la trascrizione di eventuali proteste o istanze da parte degli abitanti. Riguardo al pagamento delle spese per i salari e per la riparazione dei beni comuni con i proventi delle rendite comunitative si provvedeva attraverso la trasmissione di polizze al tesoriere il quale le trascriveva su appositi registri per tenerne la contabilità. Gli officiali della comunità ricevevano un compenso che per i consoli ammontava a 78 lire trimestrali da spartire tra loro. 2
Per l'amministrazione della giustizia aveva funzione di giudice di prima istanza l'auditore del marchese, il quale esercitava la giustizia in materia sia civile che criminale nel Tribunale di Licciana. Presso questo tribunale agli inizi del Settecento è presente la figura di un cancelliere demandato alla trascrizione degli atti, mentre nel periodo immediatamente precedente l'occupazione francese la carica di auditore non è affiancata da alcun cancelliere o attuario. 3
Per quanto riguarda le imposizioni fiscali i feudatari in Lunigiana non fecero mai ricorso a tassazioni dirette; in genere ricevevano dai sudditi avarie e prestazioni varie, mentre riconoscevano alle comunità privative, dogane e a altri diritti. In particolare a Licciana e a Monti i marchesi Malaspina godevano del reddito dei molini, mentre alla comunità spettavano i capitoli di censo e terreni ed i redditi derivanti dagli appalti su macello, osterie e tabacco. 4 Con l'arrivo delle truppe francesi in Lunigiana le istituzioni feudali si dissolsero ed il territorio fu suddiviso amministrativamente in dipartimenti, distretti e comuni. Licciana fu eretta Municipalità nel 1797 e nel suo territorio confluì anche l'ex feudo di Monti.


Soggetti produttori collegati:
Comune di Licciana, Licciana Nardi (Massa Carrara), 1797 - 1811 (successore)


Complessi archivistici prodotti:
Feudo di Licciana e Panicale, 1632 - 1637 (fondo, conservato in Comune di Licciana Nardi)