Livello: fondo
Estremi cronologici: 1559 feb. 18 - 1808Consistenza: 12 unità
È noto che nei secoli XIV e XV secolo i podestà, i capitani e i vicari
rappresentavano, nelle comunità e nei territori soggetti a Firenze differenti
organismi di controllo politico e militare, dotati di limitati e disomogenei poteri
giudiziari
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. Se i vicari possedevano una giurisdizione più ampia di
quella dei podestà, i capitani, posti generalmente a capo di territori di confine,
sfuggivano a codesta gerarchia. In ogni caso i funzionari fiorentini insediati nelle
più importanti città sottoposte, fossero podestà o capitani, esercitavano un potere
giudiziario maggiore di quello dei colleghi inviati nei centri del contado, potere
comunque sempre più eroso, con il tempo, dalle istituzioni della capitale. Il
Capitanato della Montagna di Pistoia si collocava in una posizione mediana fra gli
organismi con maggiori prerogative e quelli con minori facoltà.
A proposito
dell'origine del Capitanato della Montagna, il cronista pistoiese Jacopo Fioravanti
narra che: "...Fornivano una volta i pistoiesi i loro castelli della Montagna di
potestà che gli governassero, regolando i salari, e l'autorità di quei ministri; e
ai tribunali di Pistoia ne' casi di appellazione, e di negata giustizia.. Ma
considerando l'anno 1358, che la moltitudine di tanti ministri dava occasione a
molti sconcerti, annullarono il numero di tanti potestà, e istituirono l'ufizio di
Capitano di Giustizia e lo fecero giusdicente di tutto quel vasto paese."
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.
In realtà la carica di "capitano della Montagna" appare
documentata per la prima volta il 23 agosto del 1330, quando Angiolo Panciatichi,
esponente della famiglia allora egemone nel governo del comune pistoiese, alleata
dei fiorentini, fu confermato in tale compito su petizione dei comuni della
Montagna, "cum salario, famiglia et equo habitis temporibus retroactis", per
difendere quegli stessi comuni dagli attacchi della fazione avversa capeggiata dai
Cancellieri
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. Quella che inizialmente sembrava una carica straordinaria a
carattere militare, finalizzata alla difesa della Montagna, si trasformò in seguito
in una magistratura regolare dalla durata trimestrale, eletta col sistema
dell'imborsazione e di pari livello di quella del podestà di Serravalle
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. Una deliberazione del 19 giugno 1353 fissava in
un trimestre il periodo della carica, in un cavallo e sei famigli la dotazione di
uomini e mezzi e in 70 lire il livello dello stipendio. Mentre il podestà di
Serravalle aveva al seguito un notaio, il Capitano della Montagna Superiore ne era
privo, potendo comunque esercitare un limitato potere giudiziario, con un massimale
di pena di 10 lire. Nel 1361 la ratificazione nei Consigli dei "Capitula Capitanei
Montanee"
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ci rivelano chiaramente la
crescita dei poteri del magistrato: competenza nelle cause civili e criminali fino a
25 lire, un notaio al seguito, dieci famigli "a uno panno vestitos", un salario di
140 lire, la residenza fissa a Lizzano, al cui vicario doveva essere consegnato, al
termine dell'ufficio, il libro dei processi civili e criminali tenuto dal notaio. I
comuni sottoposti a questa giurisdizione, che si affiancava evidentemente a quella
dei podestà dei comuni suddetti, erano rappresentati da Lizzano, Cutigliano,
Popiglio, Piteglio, Mammiano, San Marcello e Gavinana. Forse per questa accresciuta
potenza i capitani avrebbero dovuto appartenere, a partire dal 23 settembre
1362
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, alle famiglie magnatizie
di Cancellieri, Panciatichi, Lazzari, Taviani, Rossi e Ricciardi, 8 rappresentanti
dei quali dovevano essere imborsati per l'estrazione. L'elemento estratto e la sua
famiglia avrebbero avuto il divieto della rielezione per i successivi tre mesi. Il
salario, dovuto dagli abitanti della Montagna al Capitano, doveva essere prima
depositato presso il camerario del comune, che lo avrebbe trasferito all'incaricato.
Con la presumibile abolizione, nel 1366, delle podesterie dei comuni della Montagna
superiore, deducibile dalla mancanza negli elenche delle cariche comunali dei
relativi podestà, il Capitano rimase probabilmente l'unica autorità politica,
militare e giudiziaria del territorio
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.
La carica, detenuta fino al 14 ottobre del 1373 da ufficiali
pistoiesi, dopo quella data passò, nel corso di una serie di riforme attuate dai
governanti di Firenze e tendenti a privare progressivamente il comune di Pistoia del
proprio contado e dell'autonomia politica ed amministrativa
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, nelle mani di cittadini
fiorentini. La durata della carica fu estesa a sei mesi e la dotazione in uomini e
mezzi finanziari venne ulteriormente incrementata fino a comprendere due notai,
venti armati ed uno stipendio di 250 lire, metà del quale da pagarsi da parte dei
comuni soggetti e metà dal comune di Pistoia. I compiti del Capitano consistevano
nella difesa militare, nell'amministrazione della giustizia e nel controllo sul
pagamento delle tasse
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. In particolare egli godeva della "piena balìa e giurisdizione" su
ladri, omicidi e sbanditi residenti nei comuni della Montagna superiore, il cui
territorio comprendeva: il castello di Piteglio, il castello di Sicurana (presso
Popiglio), territorio e comune di Popiglio, castello e comune di Mammiano, castello
e comune di San Marcello, castello e comune di Gavinana, castel di Mura, comune di
Lizzano e comune di Cutigliano. La sua residenza fu spostata a Cutigliano, dove
venne costruito un apposito palazzo pretorio, che nel 1382 era così descritto: "In
comuni Cutigliani est domus, sive palatium pro habitatione capitanei Montanee
superioris, construnctam ad sufficientiam pro dicta habitatione prope plateam dicti
comunis Cutigliani"
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. Ma, come afferma il cronista Fioravanti
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, a partire dal 1377 essa si sarebbe
alternata ogni quattro mesi rispettivamente a Lizzano, Cutigliano e San Marcello,
notizia che è confermata, almeno a partire dal 1455, dallo statuto quattrocentesco
del Capitano della Montagna
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. Da questo statuto, cominciato nel 1412 al tempo
del capitano Lorenzo di Bernardo Cigliamochi, con aggiunte e correzioni fino al
1509, e da quello fiorentino del "popolo e del comune"
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, edito nel 1402, emerge un panorama decisamente più ampio del potere
e delle facoltà del Capitano della Montagna. Sappiamo che il suo personale fu
allargato a 24 persone: 2 notai, 2 donzelli, 20 famigli fra i quali 3 balestrieri, e
3 cavalli. Il suo stipendio ascendeva sempre alla somma di lire 250, metà della
quale doveva essere pagata dai comuni della Montagna a lui sottoposti. Grazie
all'elenco dei rappresentanti "...comunium et universitatum Montanee Pistorii",
incaricati delle riforme statutarie, possiamo dedurre i confini del territorio
sottoposto al Capitano, che comprendeva i comuni di Popiglio, Cutigliano, Lizzano,
San Marcello, Mammiano, Crespole, Piteglio, Gavinana, Calamecca, Lanciole. I limiti
d'intervento in materia civile erano sempre circoscritti alle cause con pena massima
di lire 10; nessuna notizia si ha invece a proposito delle competenze criminali, che
pure sono contemplate dallo statuto.
Intorno all'elezione del camarlingo del
capitano, un'importante carica dalla durata semestrale, si scontrarono gli interessi
e le rivalità delle fazioni dei Panciatichi e dei Cancellieri, così come avveniva
per il sorteggio delle cariche comunali. Per ovviare ai disordini originatisi dalle
liti, fu deciso che il camarlingo venisse eletto dagli uomini del comune nel quale
risiedesse in quel momento il Capitano, ma che fosse una volta di parte cancelliera
e una volta di parte panciatica. A proposito del Consiglio generale della Montagna,
del quale abbiamo notizia nel secolo XV, sappiamo che esso era spesso composto da
"homines inhabiles et non intelligentes" e si rivelava per questo inefficace
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; per accrescerne il livello
qualitativo si obbligarono i comuni a istituire borse apposite dalle quali si
potesse estrarre un valido consigliere di durata semestrale. Dalla formazione delle
borse per l'elezione dei rappresentanti da inviare al Consiglio generale si
confermano i confini della giurisdizione del Capitanato: Cutigliano, Lizzano, San
Marcello, Popiglio, Gavinana, Mammiano, Crespole, Piteglio, Calamecca e Lanciole.
Nel febbraio del 1509 il Consiglio era composto da 11 rappresentanti, fra i quali il
solo Cutigliano poteva vantarne due.
Dal 1512, forse per un fatto di sangue
come narrano le cronache, ma più probabilmente in seguito alla perdita d'importanza
di Lizzano come centro strategico, la residenza del Capitano si sarebbe avvicendata
per sei mesi a Cutigliano e per sei mesi a San Marcello, con una pratica mantenutasi
per oltre due secoli e mezzo, fino all'estinzione dell'ufficio nel 1772.
Con
l'avvento del granducato mediceo si ebbe in campo giudiziario un ridimensionamento
degli organici dei giusdicenti periferici e un accentramento delle competenze
giudiziarie, anche se si continuava a dare formalmente spazio alle autonomie locali
e alle leggi particolari comunitative
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; in questo senso, in conseguenza della
legge del 13 febbraio 1545, il capitano della Montagna di Pistoia poteva contare
soltanto su due notai, quattro birri e un cavallo. Un'ulteriore riforma del 4
febbraio 1575 estese la durata della carica da sei mesi ad un anno, sostituendo
ufficialmente alla pratica del sorteggio la nomina diretta, già invalsa del resto da
qualche decennio
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. Dagli statuti del
1548
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la struttura amministrativa del Capitanato
appare nella sua veste pressoché definitiva: al Consiglio generale, composto dai
consiglieri, o dai vicari, dei comuni, spettava il compito di eleggere il
cancelliere del capitano, con compiti di notaio e di scrivano, e il depositario, o
camarlingo. Gli stessi vicari erano obbligati a scegliere le guardie campestri e
presentare i rapporti sui malefici commessi nel proprio comune.
Grazie alla
sopravvivenza presso l'Archivio di Stato di Firenze degli Statuti civili e criminali
del 1559, veniamo a conoscenza dei limiti della giurisdizione del capitano in
materia criminale durante l'epoca moderna. Il tetto massimo di pena pecuniaria che
egli poteva infliggere ascendeva a lire 50, applicabile a coloro che bestemmiavano e
a coloro che inquinavano fiumi da trota. Le sue competenze giudiziarie riguardavano
danneggiamenti a persone e a proprietà, infrazioni ai regolamenti comunali su
boschi, coltivazioni e prodotti di prima necessità, mancate applicazioni degli
obblighi amministrativi per i rettori comunali.
Dalla copia degli statuti
criminali, redatta nel 1631 e giacente nell'archivio di San Marcello, emerge il
rituale politico che si svolgeva intorno al capitano, ai suoi magistrati ed alle
sedi di residenza, ovvero le "Consuetudini e i riti antichi e moderni"
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. Sappiamo così che intorno al 10 aprile, o
"secondo i tempi", mentre il capitano dimissionario andava a farsi sindacare a
Pistoia, quello entrante doveva presentarsi al vicario di Cutigliano con i suoi
ufficiali, consegnando la lettera della Pratica Segreta, che il cancelliere doveva
leggere nella pieve di San Bartolomeo, davanti a tutto il popolo. Alla presenza del
Consiglio generale il capitano doveva poi giurare di osservare le leggi del
Capitanato. Gli uffici del camarlingo e dei messi della Montagna si rinnovavano il 1
maggio; in particolare il camarlingo, coadiuvato da ragionieri eletti, era
incaricato di versare ai Nove conservatori le tasse universali, quelle dei cavalli e
dei bargelli, sotto il controllo della Pratica Segreta, e di riscuotere dai
camarlinghi particolari dei comuni le quote loro spettanti.
Soggetti produttori:
Capitanato della Montagna di Pistoia, Cutigliano e
San Marcello Pistoiese (Pistoia), 1559 - 1772