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Comunità di Ortignano

Livello: fondo

Estremi cronologici: 1585 - 1776

Consistenza: 23 unità

Il 20 marzo del 1350 gli uomini di Ortignano 1, "considerato di non poter vivere in pace e sperando di conseguirla sotto la protezione del Comune di Firenze", si riunirono in parlamento nella piazza del castello e deliberano di sottomettere a Firenze "il castello, la corte, il distretto di Ortignano in perpetuo, col mero e misto imperio" 2; lo stesso fecero gli uomini di Giogatoio e di Uzzano.

Il 24 marzo i due sindaci ser Franciscus quondam Ugolini per i comuni di Ortignano e Giogatoio e Paganuccius quondam Manardi per Uzzano sottomisero quelle terre al Comune di Firenze alla presenza dei Priori delle Arti, del Gonfaloniere di giustizia e di sei degli otto Ufficiali dei castelli.

I Capitoli sottoscritti in quell'occasione stabilivano che Ortignano, Giogatoio e Uzzano formavano un unico comune col nome di Valle fiorentina, con potestà di fare statuti da approvarsi dai Priori delle Arti, dal Gonfaloniere di giustizia e dagli Ufficiali dei castelli, tale comune era sottomesso al podestà della Montagna fiorentina, che vi doveva tenere un notaio e un armigero, per i quali gli uomini del nuovo comune dovevano pagare cento lire a semestre. Il podestà aveva piena giurisdizione nelle cause civili e criminali secondo gli statuti del comune, eccettuati i malefici la cui cognizione spettava ai rettori di Firenze.

A questi uomini era accordata un'esenzione per cinque anni dalle "gabelle e gravezze reali e personali del comune di Firenze (...) salvo fare eserciti e cavalcate e la gabella delle porte di Firenze" 3. Infine era concesso "che tutte le persone di quei luoghi siano considerate come popolani e del popolo del Contado fiorentino, in tutto e per tutto, ma specialmente, se qualche magnate della città o Contado fiorentino lo offendesse nella persona o nella roba" 4.

Nel 1365 i Priori fiorentini eliminarono l'esenzione concessa per gabelle e gravezze e deliberarono anche che l'estimo del comune della Valle fiorentina fosse rivisto dagli ufficiali dell'estimo del contado 5.

La difficoltà, però, a pagare a Firenze di volta in volta le singole gravezze, spinse gli uomini della Valle fiorentina a chiedere di pagare "per via di tassa" in un'unica volta 6; i Priori nel giugno del 1388 7 deliberarono che pagassero lire 250 l'anno per cinque anni in luogo delle imposte ordinarie dell'estimo del contado, delle gabelle del macello, dei cogni del vino e del vino al minuto e per qualunque altra imposta straordinaria sull'estimo, comprendendovi anche quello da pagare "pro pontibus et ponticellibus" 8. Queste 250 lire non comprendevano, invece, l'offerta del cero per San Giovanni, il salario del podestà, la gabella dei contratti, quella delle porte di Firenze, il "fare eserciti e cavalcate" e l'obbligo di comprare cinquanta staia di sale a lire quattro lo staio 9.

Non abbiamo ulteriori notizie sull'evoluzione della tassazione della comunità della Valle fiorentina per i decenni successivi fino al 1452, anno in cui inizia una documentazione, conservata nell'archivio di Bibbiena 10 e composta da nove filze, intitolate "Camerlingato del Casentino" 11, in cui sono registrate le tasse pagate agli Ufficiali del Monte di Firenze, dal 1452 al 1512, da alcune comunità della vallata casentinese, tutte conquistate da Firenze intorno alla metà del XIV secolo e cioè Bibbiena, Soci e Farneta, la Valle fiorentina, Romena e Raggiolo. Queste comunità si trovano registrate, a volte, in queste filze, anche sotto la denominazione di piviere di Gropina 12, piviere e lega esistenti con questo nome sull'altro fianco del Pratomagno, quello rivolto verso il Valdarno. Data la delicatezza della situazione geo-politica di queste comunità, racchiuse tra i possessi aretini e quelli feudali dei conti Guidi, Firenze all'atto di sottomissione riconobbe loro il privilegio di essere aggregate al contado, per cui i loro abitanti dovevano essere considerati "popolari e del popolo del Contado fiorentino", e quindi, come tali sottoposti all'estimo del contado; data, però la loro lontananza da Firenze, per liberarle "dalle molestie degli esattori e dalla noia dei viaggi" 13 venne loro concesso o al momento della sottomissione, come nel caso di Bibbiena, o dietro richiesta, come nel caso di Ortignano, di pagare con un'unica tassa tutte le imposte e gabelle, tassa che andava pagata al Monte di Firenze.

Quando poi venisse istituito il camerlingato del Casentino per riscuotere queste tasse non è facile stabilirlo, perché di questo camerlingato non si è trovata altra traccia 14. Potrebbe essere possibile anche la data del 1427, anno dell'attuazione della riforma fiscale fiorentina, probabilmente, prima della fine della signoria dei conti Guidi (1441), perché se guardiamo la carta geografica del Casentino vediamo che le comunità di questo camerlingato con i loro territori formavano una fascia che si sviluppava quasi ininterrottamente su tre lati (sud-est-nord) intorno a quella signoria feudale.

In ogni modo dal 1452 questo camerlingato esisteva e aveva a Bibbiena il proprio centro, perché gli Ufficiali del Monte avevano dato l'incarico della riscossione di queste tasse al camerlingo di Bibbiena, e questo spiegherebbe il motivo per cui le nove filze si trovano nell'archivio di quella comunità.

Quindi la Valle fiorentina e la comunità di Raggiolo erano sottoposte a livello giudiziario a Castel San Niccolò, ma con un proprio "banco" autonomo, mentre a livello fiscale facevano riferimento a Bibbiena. D'altra parte queste due comunità continuarono anche successivamente ad avere un situazione particolare, infatti, pur sottoposte al podestà di Castel San Niccolò 15, avevano ottenuto fin dalla loro sottomissione un proprio "banco" e avevano a livello fiscale una completa autonomia, riscuotendo ognuna in proprio sia il dazio di podesteria che la tassa di macine. Situazione, come vedremo che verrà confermata anche dalla riforma leopoldina che riconoscerà loro dignità di comunità.

La comunità della Valle fiorentina era una federazione di più comunelli, tutti fortificati: Ortignano, Giogatoio, Uzzano, Civitella secca, Giogalto, posti sul fianco casentinese del Pratomagno, praticamente la vallata del torrente Teggina. Tra questi Ortignano era il più importante, perché vi doveva risiedere l'ufficiale del podestà, ma non aveva particolare supremazia sugli altri all'interno delle magistrature comunitative.

I primi statuti, che abbiamo, risalgono al 1394 16. Essi stabilivano che a capo del comune vi fosse un consiglio, formato da otto uomini, eletti di sei mesi in sei mesi dal consiglio in scadenza 17. Questi otto "buoni uomini" dovevano essere veri guelfi, amanti dell'onore e delle istituzioni del Comune di Firenze e della Parte guelfa e "toto tempo eorum officio observare et mantenere dicta et singula pacta" fatti tra il Comune di Firenze e il comune della Valle fiorentina 18.

Oltre al consiglio dei "buoni uomini" vi era un altro consiglio detto degli aggiunti, che doveva essere eletto come il precedente e durava in carica sei mesi 19. Il primo consiglio all'inizio del mandato doveva eleggere cinque rettori e sindaci, uno per ciascuno dei cinque comunelli: Ortignano, Giogatoio, Civitella, Uzzano e Giogalto e un camerlingo generale del comune 20.

L'attività riformatrice non fu molto vivace nel corso del 1400, quando si ebbero solo due riforme riferite a problemi di pasture e bestie. Invece, nei primi decenni del XVI secolo, dopo alcuni rinnovi dei vecchi statuti, vi furono varie riforme. Nel 1517 21 fu dato incarico a tre deputati per rivedere principi e procedure del civile, in particolare i capitoli I e III, che riguardavano il notaio del podestà di Castel San Niccolò, delegato a rendere giustizia nel comune e con cui chiaramente erano sorti dei problemi, tanto che nella riforma si ribadiva l'obbligo per tale notaio di risiedere a Ortignano e di non potersene allontanare senza il permesso del consiglio. Richiamandolo anche al rispetto delle procedure "nelle cause civili cioè richiami, staggine, protesti, comandamenti et altri atti civili debba procedere secondo gli ordini dei sig. Cinque del contado (...) si come si procede alla corte del podestà di Castel San Niccolò et come s'è proceduto in detto luogo e per il passato et così ne piati civili (...) proceda secondo gli statuti di Castel San Niccolò nostro capo" 22.

Per quanto riguarda il consiglio sembrerebbe che, in realtà, nel corso del Quattrocento vi fossero state delle innovazioni, in particolare, l'introduzione dell'elezione per tratta e l'eliminazione della presenza in ogni consiglio di due consiglieri di quello procedente, sistema, invece, che in questa riforma venne ripristinato "che per lo avvenire restino due de' consiglieri vecchi con li nuovi et con loro si ragunino con la medesima autorità: et dove se ne trae otto se ne tragga sei et dua de vecchi restino" 23 "et si cominci Ortignano e San Piero ne resti d'ogni membro, uno per questi sei mesi e per li altri di poi seguenti ne restino per la Villa e uno per Casole e Uzzano" 24. Come in ogni comunità formata da più comunelli, infatti, anche il consiglio di Ortignano era composto dai rappresentanti dei castelli e ville che lo formavano: due per Ortignano, San Piero, Giogalto e per la Villa, uno per la Badia a Tega, Casole e Uzzano 25, estratti dalle rispettive borse 26.

Al consiglio così eletto spettava di mettere all'incanto il mulino, il vincitore dell'incanto diventava conduttore del mulino e a lui spettava di pagare, entro i tempi dovuti, tutte le tasse che la comunità doveva a Firenze e cioè le duecento lire da dare al Monte in sostituzione della tassa sull'estimo e il cero per la festa di San Giovanni, in cambio gli si garantiva che tutti gli abitanti della comunità si sarebbero serviti di detto mulino, ad esclusione dei mesi di luglio e agosto, quando la scarsità d'acqua impediva la molitura 27.

Sempre il consiglio degli otto doveva mettere all'incanto in marzo anche la gabella del macello e in ottobre quella del vino. Doveva inoltre eleggere "con partito" un depositario per riscuotere la parte delle condanne spettanti al comune e tenere conto in un quaderno "di chi riceve et ad chi paga et la parte del comune pagata a requisizione del consiglio et l'altra a volontà di chi s'aspettasse" 28.

Sempre agli otto rappresentanti spettava l'elezione di due arbitri et stimatori che dovevano, su richiesta, valutare e stimare ogni tipo di danno, con l'indicazione anche delle pene 29. In questa riforma non si fa alcun accenno agli aggiunti, che sembrano quindi a questa data non esistere più, ma due anni dopo, il 20 nov. 1519 30, li troviamo riuniti con il consiglio degli otto per fare nuovi capitoli, anche se per l'ultima volta.

Il riferimento, che la riforma del 1517 aveva fatto agli statuti di Castel San Niccolò per alcune parti della giurisdizione civile, provocò ben presto dei contrasti tra le due comunità, perché, come spiegano gli statutari nell'introduzione dei nuovi statuti del 1528, gli uomini di Castel San Niccolò pretendevano che quelli della Valle fiorentina contribuissero alle spese ordinarie e straordinarie del loro comune "con dire voi godere li nostri statuti e avete a concorrere che sete nostri huomini, il che è falso perché gli uomini della Valle fiorentina, comune di Ortignano vennero prima a devozione et sudditi dei fiorentini che quelli di Castel San Niccolò, come si può vedere dal libbro delle Riformagioni della città di Firenze e furono di poi messi per membra della podesteria di Castel San Niccolò, Montagna fiorentina e non per uomini degli uomini di quivi, con peso di aver a concorrere solamente a pagare certa rata del salario del podestà di detto luogo" 31. Per togliere ogni possibile equivoco, gli statutari ordinavano che il notaio mandato dal podestà di Castel San Niccolò dovesse seguire solo lo "statuto presente e dove questo mancasse deve ricorrere in tutto e per tutto allo statuto di Firenze e non a quelli di S. Niccolò" 32.

Il nuovo statuto del 1528 non apportava, invece, cambiamenti significativi alla struttura amministrativa, ma per la prima volta indicava dei requisiti ben precisi per accedere agli uffici: per essere imborsati nelle borse dei vari uffici bisognava essere uomini di quel comune e abitarvi almeno da ventidue anni, avere "di lira almeno uno denaio o più" 33 e non essere debitori del comune, né condannati. Inoltre era posto il divieto a partecipare agli uffici a più membri di una stessa famiglia: il primo estratto dava divieto agli altri. Non si specificava, invece, la ripartizione degli uffici tra i vari comunelli "s'osservi nel trarre etiam li altri offitiis del detto comune da imborsarsi come sopra in modo che Ortignano, Giugatoio, Villa, Badia a Tega, Casale, Giungalto, San Piero in Frassino e Uzzano membri di detto comune abbino la parte loro, come s'è osservato sino qui" 34.

A capo della comunità vi era sempre il consiglio, formato da otto consiglieri, di cui sei nuovi e due vecchi che avevano "pienissima autorità circa le faccende di detto comune e a essi si aspetti il governo" 35, un mese prima della scadenza del loro mandato i consiglieri dovevano estrarre dalle borse apposite tutti gli altri ufficiali del comune e cioè il sindaco dei malefizi, gli arbitri, i ragionieri del camerlingo e del conduttore del mulino, i sindaci del notaio e i "festaioli".

L'ufficio del camerlingo doveva essere messo all'incanto ogni sei mesi, con l'obbligo di dare due mallevadori e di stare a sindacato alla fine del suo ufficio 36, mentre per il cancelliere si dava mandato al podestà, riservandosi la comunità solo il diritto di fissare il salario 37. Il cancelliere era obbligato a tenere tutte le scritture "metterle, scriverle et notarle per ordine sul registro a ciò deputato et etiam sia tenuto e debba di detta sua cancelleria et di ogni altra cosa stare a sindacato sotto li sindachi (...) del detto comune tre dì continui et ultimi dell'uscita sua, secondo gli ordini della città di Firenze" 38. Con l'istituzione, poi, delle cancelliere comunitative e dei cancellieri "fermi" come emanazione del magistrato dei Nove 39, Ortignano non ebbe più un proprio cancelliere, ma fu sottoposto a quello di Castel San Niccolò 40.

Un capitolo a parte era poi riservato alla festa della Santissima Trinità, per celebrare la quale il consiglio doveva eleggere quattro uomini, detti "festioli" che dovevano pensare ad organizzare la festa nella chiesa di Santa Margherita a Ortignano, con il pranzo per il notaio, i consiglieri, il camerlingo e i preti intervenuti 41. Nel corso del Cinquecento si ebbero ancora numerose riforme, ma rivolte esclusivamente ai problemi di conduzione dei beni della comunità, dalla fine del secolo poi non furono più eletti i riformatori, ma in genere erano gli otto governatori con gli uomini del comune, uno per casa, che si riunivano per fare le riforme, che nel Seicento si limitavano esclusivamente se concedere o meno i pascoli alle capre.

Il registro 547 si chiude con una frase che rivela quello che doveva essere il vivere in quelle povere comunità: "A dì 25 marzo 1724 Alessandro Brandini giurò factis di non voler più tornare a Ortignano essendoci stato per sua cattiva disgrazia l'anno 1723 e 1724" 42.