L'articolo 18 della legge comunale del 1865 dava ai comuni facoltà di
imporre dazi, tasse e sovrimposte ai tributi statali. Una legge del 18641 aveva abolito le diverse imposte vigenti
negli stati pre-upitari ed istituito l'imposta fondiaria e di ricchezza mobile, a
cui si aggiunse nel 1865, quella sui fabbricati2. La legge del 3 luglio 1864 istituì il dazio governativo su
bevande, alcolici, carne ecc. I comuni potevano, inoltre, imporre dazi sui generi
sottoposti alle tasse statali o dazi propri su generi affini, dazi interni da
applicarsi all'atto della vendita al minuto. Nel 1866, i comuni poterono applicare
l'imposta sul valore locativo delle abitazioni e nel 1868 l'imposta di famiglia e
quella sul bestiame. L'imposta di famiglia e quella sul valore locativo furono
abolite da una legge del 1923, entrata in vigore nel 1925. Questa legge dava ai
comuni anche la facoltà di sostituirle con un'addizionale sull'imposta
complementare, istituita nello stesso anno, oppure su autorizzazione del Ministero
delle finanze, con un'imposta generale e progressiva sul reddito. Nel 1925 fu
istituita l'imposta comunale sui redditi delle industrie, dei commerci, delle arti e
delle professioni, che prendeva il posto della sovrimposta sui redditi di ricchezza
mobile, la cui facoltà di riscossione era stata devoluta ai comuni3. Nel 1930, poi, i dazi di consumo vennero aboliti
con una legge che autorizzava i comuni alla riscossione di imposte di consumo sui
generi già sottoposti a dazio4.