Sede: Lucignano (Arezzo)
Date di esistenza: sec. XIII -Intestazioni: Comune di Lucignano, Lucignano (Arezzo), sec. XIII -
Storia amministrativa:
Le vicende di Lucignano fino alla sottomissione a Firenze e all'istituzione della podesteria nel 1385
La terra di Lucignano, ricordata in un documento dell'XI secolo dell'Abbazia di
Agnano in Valdambra, fece parte dei possedimenti del vescovado aretino fino al
momento in cui venne in possesso di Siena, nel 1289, dopo la battaglia di
Campaldino1.
Assieme a Monte San Savino, Foiano, Laterina
ed Anghiari, passò poi sotto la sovranità del Comune di Arezzo che, negli anni
successivi all'instaurazione della signoria del vescovo Guido Tarlati nel 1321,
realizzò la sua massima espansione territoriale, estendendo il suo dominio sul
Valdarno meridionale, il Pratomagno, il basso Casentino, la Valtiberina, la
Valdichiana e la Valdambra2. Ricondotta nell'ambito
del contado aretino, di cui venne a costituire la punta avanzata nei confronti dello
Stato senese, Lucignano fu ricompresa - insieme a Foiano e Monte San Savino sempre
in Valdichiana, Laterina nel Valdarno, ed Anghiari - fra quelle terre di confine per
le quali Arezzo, secondo lo statuto del 1327, previde la possibilità di nominare,
all'occorrenza, podestà locali in deroga al principio dell'accentramento delle
competenze giudiziarie nelle mani dei rettori cittadini. L'elezione di tali podestà,
che avrebbero potuto giudicare nel civile fino al limite di quaranta soldi e
applicare multe fino a dieci, appare, in realtà, soprattutto una previsione per
assicurare maggiore funzionalità all'amministrazione piuttosto che un provvedimento
mirato a garantire più efficacemente il controllo dei territori di frontiera3. Del resto la morte del Tarlati, avvenuta in quello stesso anno,
la ripresa della conflittualità all'interno del Comune e gli esiti negativi della
guerra combattuta, negli anni 1335 - 1336, contro Perugia e Firenze, comportarono
per Arezzo un ridimensionamento del proprio contado ed in particolare la perdita di
alcune fiorenti comunità tra cui la stessa Lucignano che, insieme a Monte San
Savino, Foiano ed Anghiari, passò per otto anni sotto la sovranità del Comune di
Perugia4.
Durante quel periodo Lucignano fu obbligata a rendere omaggio
alla nuova dominante inviando a Perugia, per la festa del beato Ercolano, tre
rappresentanti con il compito di presentare, in segno di sottomissione, un palio,
una coppa e cento lire cortonesi5.
In realtà Lucignano, così come
Monte San Savino, rimase fuori dall'orbita aretina più a lungo del periodo previsto,
come dimostra anche un frammento di statuto datato 1348, il cui quarto libro è
introdotto dalla seguente formula:
In nomine Domini amen. Ad honorem et reverentiam
omnipotentis Dei et beate Marie Virginis, beati Michaelis Arcangeli, beati
Felicis, beatorum Johannis Batiste et evangeliste, beati Francisci, beati
Blaxii, beato rum Laurentii, Iusti et Martini patronorum et defensorum Comunis
terre et districtus Lucignani et beatorum Donati et Illariani et beato rum
Hercolani et Constantii, patrono rum et defensorum comunis et populi civitatis
magnifice Perusine, et omnium sanctorum et sanctarum Dei; et ad honorem et
reverentiam sancte romane Ecclesie eiusque pastoris et ad honorem et pacificum
statum Comunis et populi civitatis Perusii et statum bonum, pacificum et
tranquillum Comunis terre e1 districtus Lucignani et singularum persona rum
eiusdem ac habitantium ibidem6.
Il codice7, molto frammentario, permette solo
parzialmente di ricostruire l'organizzazione istituzionale di Lucignano in quel
momento. Organo principale della comunità doveva essere la magistratura dei due
defensores, cui era demandata la nomina dei settanta consiglieri (rinnovati ogni sei
mesi) che andavano a costituire il Consiglio generale, competente a deliberare, a
maggioranza dei due terzi, per affari fino a 25 lire o, a maggioranza assoluta, per
affari più importanti. Per poter essere nominati consiglieri i Lucignanesi dovevano
avere compiuto venticinque anni e non avere consanguinei residenti nel Consiglio in
carica8.
I difensori si occupavano anche dell'elezione dei
grasceri, che stabilivano il prezzo di vendita del grano e degli altri cereali9, dei sindaci, degli ospitalieri e dei due consoli dei mercanti,
competenti in materia di controversie sorte in ambito mercantile10. I difensori
erano, inoltre, i responsabili del rinnovo degli statuti e procedevano
all'occorrenza all'elezione dei dieci statutari e del loro notaio11, Designavano, inoltre, venticinque persone fra cui procedere
all'estrazione del camarlingo del Comune, in carica per due mesi alla volta12.
Nel periodo seguente, la successione delle vicende del castello di
Lucignano non è sempre chiara13. Il Comune fu, in diversi periodi,
sottomesso a Siena e a Firenze, mostrando di privilegiare generalmente i rapporti
con il Comune di Siena, probabilmente nel tentativo di sottrarsi al meno gradito
controllo aretino. In particolare nel 1362 gli uomini di Lucignano, volendo vivere
in buoni rapporti con il Comune di Siena, si impegnarono a non accogliere nel
proprio territorio nessun ribelle senese ed a punirlo nel caso avesse commesso
qualche reato nella loro giurisdizione14. La fine del dominio perugino nel 1370, a seguito della
ribellione della città umbra nei confronti della Chiesa, riportò Lucignano sotto
l'influenza di Siena15.
Il 12 ottobre 1370 gli uomini del castello di Lucignano
nominarono, infatti, Ambrosio di Menchino Neri come proprio procuratore per
sottomettere il castello al Comune di Siena16 suscitando così l'opposizione degli Aretini, interessati a
sostituirsi completamente a Perugia nel controllo della Valdichiana. Durante l'anno
1370 e per buona parte del 1371 si susseguirono i contatti tra il Comune di Siena,
la Chiesa, nella persona del legato cardinale Anglico, le città di Arezzo e Firenze
per definire il possesso di Lucignano17. In ragione della propria posizione di cardine, infatti, Lucignano
rappresentava per le tre città toscane un'acquisizione fondamentale che interessava
in generale anche la Chiesa per i riflessi che la realtà toscana proiettava nel
complesso equilibrio politico che si andava costruendo in Italia centrale nel corso
del Trecento18.
Alla fine di
ottobre la mutata situazione politica conseguente alla morte di Urbano V ed alla
pace stipulata dal nuovo pontefice Gregorio XI con Bernabò Visconti, portarono alla
costituzione di una lega per la difesa dei territori pontifici che comportò una
tregua di quattro anni tra Arezzo e Siena e consentì a quest'ultima di mantenere il
controllo sul castello di Lucignano19.
Il 25 ottobre 137120 furono, finalmente, stipulati i capitoli della sottomissione
di Lucignano a Siena. La sottomissione prevedeva per Lucignano l'obbligo di servire
nell'esercito a richiesta della dominante che si riservava, inoltre, di nominare un
podestà, cittadino senese e popolare (in carica per sei mesi a partire dal maggio
successivo), dotato di merum et mixtum imperium e competenza sia in materia civile
che criminale, da esercitarsi sulla base delle norme stabilite dagli statuti
cittadini vigenti, andati purtroppo perduti. Al Comune di Lucignano, dal canto suo,
spettava l'elezione di un cancelliere, notaio del Comune, e di un notaio particolare
preposto alla Curia del danno dato21.
Quest'ultima si configurava come un tribunale particolare,
competente a giudicare i reati di danneggiamento delle proprietà private e
pubbliche, delle coltivazioni e dei boschi sia da parte delle persone che da parte
degli animali. Nei casi meno gravi i colpevoli erano puniti con semplici ammende
previste dagli statuti; nei casi più gravi, invece, la giurisdizione poteva passare
al giudice criminale che istruiva un vero e proprio procedimento secondo le norme
del diritto penale22.
Il Comune, sempre in base alle capitolazioni, era
anche obbligato a donare a Siena, per la festa della Madonna d'agosto, un cereum
magnum fogliatum secundum magnitudinem et similitudinem ceri Montalcini e a mandare
quindici massai con un cero di una libra per ciascuno; a comprare il sale da Siena
(dai doganieri del sale) al prezzo di venti soldi senesi per staio e ad indicare il
luogo per la costruzione di fortificazioni per la difesa di Lucignano, secondo le
richieste di un Commissario da eleggersi a cura e a spese del Comune di Siena.
Lucignano era tenuta, altresì, a versare 300 fiorini d'oro alla Biccherna di Siena,
in due rate da pagarsi all'inizio dei mesi di gennaio e di luglio.
Lucignano,
insieme ad altri territori della Valdichiana, fu reinserita nel contado aretino solo
nel 1385, quando, a seguito dell'occupazione di Arezzo da parte del De Coucy,
Firenze aggiunse la città e il suo contado al proprio dominio23.
Fra l'ottobre ed il novembre 1385 si regolò, con una serie di provvedimenti,
l'organizzazione del contado di Arezzo, ma soltanto il 25 ottobre del 1386, in
seguito di un lodo pronunciato dal Comune di Bologna, quale arbitro della contesa in
corso tra Firenze e Siena, quest'ultima ottenne un risarcimento per le spese
sostenute in quelle terre e cedette effettivamente a Firenze il possesso di
Lucignano24.
L'11 dicembre
138625 furono redatti i capitoli di sottomissione che previdero
l'istituzione di una podesteria, comprendente, oltre al Comune di Lucignano, il
castello ed il territorio di Marciano, dove esisteva, almeno a partire dal XV
secolo, un banco di giustizia civile retto da un ufficiale della corte del podestà
di Foiano e, precedentemente, di Civitella26.
La
redazione di nuovi statuti, ordinati dalle capitolazioni27 e rogati dal
notaio Pietro Angelini da Lucignano, venne portata a termine nel mese di settembre
1388 ed il 21 dello stesso mese vennero nominati i riformatori fiorentini con il
compito di correggerli ed approvarli entro il dicembre successivo, con l'intesa che,
nel frattempo, sarebbero rimasti in vigore i vecchi28. Entrambe le redazioni
statutarie sono andate perdute, ma il funzionamento della comunità in quei primi
anni di soggezione a Firenze può in parte essere desunto dal contenuto delle
capitolazioni.
In esse vennero definite le quantità e le modalità di pagamento
delle contribuzioni imposte al Comune che venne esentato, per dieci anni, da tutti i
dazi e dalle imposte consuete in cambio del versamento di una quota fissa pari a 300
fiorini d'oro l'anno per il primo triennio ed a 500 l'anno per il settennio
successivo. Per dieci anni il Comune di Lucignano poté disporre dell'importo delle
pene pecuniarie comminate all'interno del suo territorio e normalmente destinate
alla dominante, ed, inoltre, degli introiti dei pedaggi e delle gabelle. Lucignano
era altresì obbligata a comprare il sale da Firenze nella misura di 400 staia, al
prezzo di 3 lire e 15 soldi per staio, a commerciare solo con Firenze e il suo
distretto, a donare un palio di velluto ogni anno alla chiesa di S. Giovanni29.
Oltre al podestà fiorentino e alla sua famiglia
(comprendente sei famigli e due donzelli), erano presenti presso il Comune un
cancelliere ed un notaio del danno dato, da scegliersi tra i notai abitanti
all'interno del contado o del distretto di Firenze, entrambi svincolati
dall'autorità del podestà fiorentino30.
Il 4 gennaio del 1385 era
stato istituito anche un vicariato31 che doveva contribuire, sul
piano politico, a garantire la sicurezza dei territori dell'ex contado aretino. La
sua sede venne fissata a Monte San Savino e la sua circoscrizione comprese anche i
territori di Lucignano, Foiano e Civitella32. Nel 1388 la
sede del Vicariato venne spostata a Lucignano33 ma tale
organizzazione del territorio, sia sotto il profilo amministrativo che giudiziario,
fu di breve durata poiché, già nel 1390, Lucignano, a conclusione della guerra
combattuta contro Firenze a fianco dei Visconti, venne riannessa alla Repubblica di
Siena. L'area di competenza fiorentina si restrinse pertanto alle sole podesterie di
Monte San Savino, Civitella (poi sottoposta alla giurisdizione criminale del
capitano di Arezzo a partire dal 148834) e Foiano mentre il vicario, la cui presenza veniva, tra
l'altro, a contrastare con le norme degli statuti e dei capitoli, non venne più
nominato.
Al di là dell'aspetto giudiziario del problema, le podesterie ed il
vicariato assunsero, nell'organizzazione generale del territorio, anche la funzione
di organismi di decentramento amministrativo in quanto, ponendosi come strutture
associative delle comunità incluse nel territorio di competenza, garantivano il
funzionamento del complesso sistema fiscale fiorentino, provvedendo alla
ripartizione e alla riscossione dei tributi e delle gabelle dovute alla dominante
dalle diverse comunità, a titolo di spese universali., Il contingente globale delle
diverse imposizioni, assegnato dal governo centrale alla podesteria veniva ripartito
sulla base degli estimi, tra i diversi Comuni, cui spettava di effettuare la
ripartizione fra gli abitanti35.
Sul piano generale il
processo giunse poi a maturazione nel corso del Quattrocento con la progressiva
stabilizzazione del numero delle podesterie e dei vicariati, con l'istituzione delle
figure dei sindaci come magistratura di raccordo tra le due istituzioni, ed infine
con la creazione a livello centrale dei Cinque conservatori del contado e del
distretto di Firenze (1419 - 1420).
La sottomissione alla Repubblica di Siena (1390 - 1554)
Le cronache raccontano che nel 1390, durante la fase di espansione dello Stato
visconteo verso la Toscana, i Lucignanesi posero il loro territorio sotto la
protezione di Gian Galeazzo Visconti, cui si era alleata Siena in funzione
antifiorentina. Lucignano venne quindi occupata dalle milizie milanesi e senesi ed
entrò a far parte del contado di Siena36. Il 13 maggio fu infatti
nominato un procuratore per sottomettere Lucignano alla repubblica di Siena, cosa
che avvenne il 4 giugno successivo37. Una nuova
sottomissione sembra essere intervenuta nel 1404, anche se di essa non è stato
rintracciato il testo. In ogni caso Lucignano avrebbe continuato a far parte dello
Stato di Siena fino alla conquista di quest'ultimo da parte di Cosimo I38. La comunità assoggettata fu
obbligata a pagare un censo annuo al Comune di Siena39 ed a prelevare il sale dalla dominante al
prezzo di 30 soldi per staio. Alle spese per la riparazione e la manutenzione delle
mura del castello, venne, tuttavia, destinata una parte delle somme dovute, a titolo
di contribuzione, al Comune di Siena40.
La giurisdizione civile e criminale all'interno del contado
di Siena era esercitata in generale dai podestà preposti al governo delle
podesterie, esistenti, in genere, nell'ambito dei capitanati. Anche a Lucignano
venne insediato un podestà senese, come previsto già nelle capitolazioni del 1371,
riconfermate da quelle stipulate il 18 agosto 144041 e successivamente convalidate per altri otto anni nel 1448
e nel 146742. Si può pertanto
accertare la continuità della residenza a Lucignano di un podestà, la cui presenza è
peraltro ribadita dallo statuto senese del 154543 che ne prevedeva l'alternanza semestrale e l'entità della "familia",
composta da un giudice, da un notaio, da due domicelli e altri inservienti44.
Se da un lato il podestà
di nomina centrale - dotato di poteri sia giurisdizionali che di controllo -
rappresentò il vertice istituzionale della comunità, la gestione amministrativa
venne garantita in larga misura da ufficiali e organi collegiali espressi in ambito
locale. Pur tenendo conto di un contesto suscettibile di frequenti mutamenti, si può
affermare che gli organi preposti al governo del Comune fossero costituiti da un
Consiglio generale, da un Consiglio minore e da un consesso ristretto composto di
tre priori o difensori. Un assetto non molto diverso, a quanto sembra, da quello già
individuato nel periodo della dipendenza da Perugia: ne è conferma il fatto che lo
statuto già ricordato del 1348, conservato all'Archivio di Stato di Firenze, è con
ogni probabilità lo stesso in vigore nel periodo perugino, adattato alla nuova
situazione con la semplice rasura del nome della precedente dominante e di alcune
parti non più utilizzabili.
Per il periodo successivo, immediatamente
precedente al rientro di Lucignano nello Stato fiorentino, qualche notizia si può
desumere da un registro di deliberazioni degli anni 1552 - 1553. Al vertice
dell'amministrazione comunale era il Consiglio generale di un uomo per casa che si
riuniva periodicamente alla presenza del commissario senese. I consiglieri
eleggevano due consultori che, a loro volta, dovevano provvedere alla nomina di una
serie di ufficiali preposti alla manutenzione, all'approvvigionamento e alla difesa
del castello. L'organo di governo era costituito da tre priori, eletti per scrutinio
da una rosa di ventiquattro persone appartenenti al Consiglio generale, sulle cui
proposte veniva chiamato a decidere il Consiglio stesso. I priori (di due successive
magistrature) nominavano inoltre sei riformatori che andavano a formare un organismo
di dodici uomini, addetti alla riforma degli uffici45.
Le
riunioni consiliari di quegli anni si svolsero presso la chiesa di S. Francesco in
quanto il palazzo comunale era stato danneggiato nella recente guerra con i
Fiorentini46.
Il rientro nello Stato fiorentino e l'istituzione del Commissariato di Lucignano (1553 - 1559)
Nel febbraio 1553, nel corso della guerra che opponeva Firenze a Siena, Lucignano fu
prima conquistata dall'esercito imperiale alleato di Firenze47, quindi occupata, nel dicembre dello stesso anno,
dalle truppe franco - senesi e, infine, riconquistata dai Fiorentini, nell'agosto
1554, dopo la vittoria di Scannagallo48. Gli avvenimenti politici e militari si susseguirono, durante la
guerra, in maniera abbastanza convulsa con conseguenze contraddittorie sul piano
amministrativo. Il registro di deliberazioni già ricordato49, evidenzia
come il popolo lucignanese si fosse sottoposto spontaneamente a Cosimo I fin dagli
inizi del 1553, sottoscrivendo appositi capitoli che, tuttavia, non ebbero
possibilità di applicazione, dal momento che il commissario senese di Valdichiana,
Marcantonio Piccolomini, nel corso del mese di luglio ripristinò la propria autorità
su Lucignano, ottenendo, al termine di una processione partita dalla chiesa di San
Francesco, il giuramento di sudditanza di tutti i capofamiglia del Comune. Il
commissario annullò infatti qualsiasi statuto, capitolo o pattuizione approvata da
Cosimo I e ripristinò tutte le vecchie magistrature fra cui il Consiglio generale di
un uomo per casa. Nella stessa occasione venne ridotto a cinquanta il numero dei
consiglieri e modificato anche il meccanismo di scelta dei priori, la cui nomina
sarebbe dovuta avvenire mediante estrazione di sette polizze contenenti ciascuna sei
nomi. I quarantadue imborsati, cui dovevano aggiungersi i sei massari, avrebbero
garantito la presenza bimestrale di sei priori per un periodo complessivo di
quattordici mesi50.
La riforma operata non produsse, a sua
volta, effetti poiché nel 1554 Lucignano rientrò nei confini dello Stato fiorentino.
I capitoli, rogati a Firenze il 2 ottobre da Lelio Torelli da Fano e da Bernardo
Giusti da Colle - rispettivamente primo segretario e segretario di Cosimo -
perfezionarono intese precedenti, intervenute fra le due parti il 18 aprile 1553 e
il 19 agosto 155451. Probabilmente, in considerazione
della sua antica soggezione a Firenze, appena avvenuta la conquista di Siena da
parte di Cosimo, si era provveduto a staccare Lucignano dallo Stato nuovo senese con
l'intenzione di farlo rientrare a pieno titolo in quello vecchio fiorentino. Le
prime rubriche dei capitoli, contenuti in copia in un registro membranaceo
dell'archivio comunale, stabilirono che anche Lucignano, come gli altri territori
del dominio, era tenuto ad offrire un cero di almeno 15 libre nel giorno della festa
alla chiesa di S. Giovanni di Firenze e a pagare 60 fiorini all'anno al camarlingo
del Monte52.
Le magistrature comunali erano competenti
a decidere autonomamente sulle proprie tasse e sulle entrate in genere e ad eleggere
un ufficiale del danno dato53.
A Lucignano avrebbe dovuto
insediarsi un podestà, con competenza su una circoscrizione territoriale coincidente
con quella del Comune, coadiuvato da un giudice e da un cavaliere54. Fino al 1559, tuttavia, Lucignano fece parte, insieme ad altri
Comuni della Valdichiana già sottoposti alla Repubblica di Siena, di un apposito
Commissariato fiorentino, comprendente le terre di Lucignano, Sinalunga, Torrita,
Rigomagno, Scrofiano, Farnetella, Serre, Petroio, Poggio S. Cecilia, Rapolano,
Trequanda, Montisi e Montefollonico ed il cui titolare venne nominato direttamente
da Cosimo I55. L'estensione del Commissariato dovette però mutare nel
corso della sua pur breve esistenza in quanto, successivamente, ne risulta esclusa
Sinalunga in cui vece figura Castel Mozzo56.
Dalla documentazione conservata
presso l'Archivio comunale non emerge nessuna indicazione precisa sulla sede del
Commissariato; tuttavia il fatto che le filze degli atti civili e criminali del
periodo relativo fossero conservate, fin dall'inizio, nella Cancelleria di
Lucignano, induce a pensare, sulla scorta di una prassi generale in tal senso, che
qui fosse anche il capoluogo del Commissariato e, quindi, la sede del commissario
che, del resto, viene sempre indicato negli atti come commissario di Lucignano57.
Il periodo della Podesteria di Lucignano (1559 - 1570)
L'attuazione dei capitoli sottoscritti restò sospesa fino all'11 febbraio 1559
quando, istituita finalmente la podesteria58, si insediò a Lucignano il primo podestà
fiorentino59.
L'istituzione comportò il distacco definitivo di Lucignano
dallo "stato nuovo" di Siena che, dopo l'annessione al Ducato mediceo, subì una
riorganizzazione completa ed ebbe forme giuridiche ed assetti amministrativi che lo
differenziarono, in qualche modo, dallo stato vecchio, costituito dal restante
dominio fiorentino60.
A Lucignano, il
podestà, conformemente a quanto previsto dai capitoli, ebbe l'autorità di giudicare
le cause civili senza limite di valore, e quelle penali fino all'esercizio dello ius
sanguinis. Oltre alle incombenze di natura giudiziaria, nel suo ruolo di
rappresentante fiorentino in periferia, il podestà era chiamato a svolgere anche una
serie di compiti di natura amministrativa, fungendo da collegamento tra gli organi
centrali fiorentini e gli ufficiali periferici (camarlinghi, rettori, notai, ecc.).
In particolare il podestà sovrintendeva all'esazione della gabella sulla
macellazione della carne (istituita il 3 marzo 155261) e di quella sulla macinazione della farina
(istituita l'8 ottobre 155262). Specifiche competenze gli erano riservate anche in materia
annonaria: si occupava infatti dell'approvvigionamento del grano in periodi di
carestia e del controllo sulla produzione e sui prezzi di alcuni generi di prima
necessità. In quanto vertice gerarchico delle amministrazioni locali gli era poi
affidato il controllo sull'attività del Comune e partecipava, a tal fine, alle
sedute degli organismi collegiali, rivedeva i libri contabili dei camarlinghi,
controllava le operazioni di imborsazione e tratta dei vari ufficiali locali che,
come stabilito nei capitoli, dovevano avvenire ogni due anni. Per queste operazioni
il podestà era coadiuvato dal cancelliere che, nominato direttamente dal principe,
doveva redigere i verbali relativi alle operazioni di riforma degli uffici63.
Di nuove redazioni statutarie non si trova traccia fino
al 1572, anche se è probabile che, nel frattempo, la vita amministrativa non fosse
regolata in maniera molto diversa. Dall'analisi delle deliberazioni sappiamo che la
gestione degli affari del Comune era demandata al Magistrato e al Consiglio
generale, formato dal gonfaloniere, dai sei priori e da un numero variabile di
consiglieri.
Negli stessi anni in cui Lucignano tornava a far parte dello Stato
fiorentino Firenze procedette ad una parziale riorganizzazione della struttura
amministrativa e giurisdizionale dello Stato con l'intento di sottoporre le
amministrazioni locali ad un controllo più severo. A questo proposito ricordiamo
l'obbligo, a partire dal 1546, di depositare una copia degli statuti presso
l'Ufficio delle Riformagioni e, soprattutto, l'istituzione della magistratura dei
Nove conservatori del dominio e della giurisdizione, incaricati del controllo delle
amministrazioni periferiche. In questa stessa direzione va vista anche la creazione
progressiva, a partire dagli anni Settanta del Cinquecento, di una rete di
cancellerie cui era preposto un cancelliere di nomina centrale, incaricato della
supervisione di tutta la gestione economica dei Comuni, sottratta ai podestà64.
Con le capitolazioni
stipulate nel 1554 venne anche stabilito che il Comune di Lucignano continuasse ad
eleggere un ufficiale del danno dato65. Gli statuti che disciplinavano
la materia, rogati nel 1569 dal notaio Pier Felice Bruni, vennero redatti dagli
statutari Francesco Landini, Francesco Picconi e Mariano di Girolamo Bruni, dopo che
Lucignano fu rientrata, a tutti gli effetti, all'interno dello Stato fiorentino. Fu
così stabilito che l'ufficiale del danno dato avesse piena autorità di giudicare i
reati di danneggiamento fino a 5 soldi di valore e che potesse, inoltre, disporre la
riparazione di fonti, vie, ponti, fiumi e fossati, servendosi dell'opera di quattro
soprastanti (due per la parte di sopra e due per la parte di sotto) eletti dai
difensori del Comune con il compito specifico di far eseguire i lavori che
l'ufficiale del danno dato ordinava loro66. Il notaio era coadiuvato da due stimatori, scelti dal
Consiglio generale entro una rosa di sei candidati, proposti dai priori e da
venticinque guardie segrete, elette direttamente dai priori stessi67.
Il periodo del Vicariato di Valdichiana (1570 - 1772)
Terminata, nel 1570, l'infeudazione di Monte San Savino ai dal Monte, venne
nuovamente istituito un Vicariato di Valdichiana, comprendente le Podesterie di
Lucignano, Monte San Savino e Foiano68. L'istituzione del Vicariato di
fatto abrogò i capitoli del 1386 e ridefinì le competenze di vicari e podestà, in
conformità con l'evoluzione della legislazione in materia di giustizia. Il Vicariato
cominciò a funzionare nel 1571 con l'insediamento del primo vicario, Niccolò
Federighi, che prese dimora a Monte S. Savino il primo gennaio. Contestualmente
venne nominato un podestà che si stabilì, invece, a Lucignano innescando così un
meccanismo che prevedeva la residenza alternativa dei vicari di Valdichiana per sei
mesi a Monte San Savino (gennaio - giugno) e per gli altri sei mesi a Lucignano
(luglio - dicembre), ferma restando la loro giurisdizione criminale sull'intero
vicariato e quella civile sulla sola podesteria di residenza. La singolarità del
meccanismo trovava il suo punto d'equilibrio nella nomina parallela di un solo
podestà che andava a ricoprire, semestralmente, la sede lasciata scoperta dal
vicario, esercitandovi la sola giurisdizione civile.
Per l'amministrazione del
vicariato in quanto organismo territoriale, un gruppo di riformatori, nominato dal
Magistrato dei nove conservatori, procedeva trimestralmente alla formazione di
"borse" dalle quali erano "estratti" sei soprassindaci (due per ogni podesteria),
componenti il Consiglio, e un camarlingo generale. Fra le competenze dei
soprassindaci figurava quella di deliberare la ripartizione, fra le tre podesterie,
delle spese relative al funzionamento del vicariato. Il camarlingo generale si
occupava della riscossione dalle singole comunità sia delle quote di partecipazione
alle spese del vicariato, sia delle imposizioni dovute dalle comunità stesse a
Firenze. Le funzioni, affidate in un primo momento al camarlingo di Monte San
Savino, furono successivamente svolte da un camarlingo apposito69.
Il vicario, preposto, nella sua veste di ufficiale
fiorentino, a dirigere e controllare l'organizzazione e il funzionamento dell'ente,
riceveva il giuramento dei soprassindaci, presiedeva le riunioni del Consiglio,
assicurando l'osservanza degli statuti di vicariato e della legislazione fiorentina,
presenziava alle imborsazioni e alle estrazioni degli ufficiali, tutelava in
generale gli interessi di Firenze. Al vicario furono affidati anche compiti di
coordinamento della riscossione delle nuove imposte del macinato e del sigillo delle
carni, introdotte dallo Stato toscano agli inizi della seconda metà del Cinquecento,
e di sorveglianza sullo stato delle carceri e sulla condizione delle strade. In
quegli stessi anni, per l'attuarsi della politica accentratrice di Cosimo I, accanto
al vicario e ai podestà, e progressivamente in sostituzione di quelli, si
affiancarono altri ufficiali incaricati del controllo delle comunità e del
coordinamento con il potere centrale: primo fra tutti il cancelliere. Si avviò in
quegli anni il processo di separazione tra il vicariato in quanto organismo
amministrativo locale e la figura del vicario, ufficiale fiorentino, che, al termine
del processo stesso, avrebbe mantenuto le sole prerogative giurisdizionali e di
ordine pubblico.
Durante la lunga vita del Vicariato di Valdichiana, a fronte
di cambiamenti che riguardarono l'estensione territoriale e la nomina dei
giusdicenti70, non si registrarono mutamenti
sostanziali nella vita del Comune, le cui istituzioni continuarono a funzionare,
semplicemente sottoposte alla vigilanza o del podestà o del vicario.
Nel 1572
vennero approvati i nuovi statuti di Lucignano71. La loro redazione era cominciata nel 1569, ma l'approvazione
fu ritardata allo scopo di adeguare il testo alla nuova realtà istituzionale. Nella
formula di approvazione si fa, infatti, esplicito riferimento all'esistenza del
vicario di Valdichiana e al nuovo titolo granducale di Cosimo. Tale testo,
predisposto dagli statutari Pietro di Biagio Bonastri e a Giovanbattista di Angelo
Lambardi, regolò, insieme con le riforme periodiche elaborate nel corso del tempo,
la vita del Comune fino all'entrata in vigore della riforma leopoldina.
Era
previsto che gli statutari del Comune radunassero, ogni due anni nel corso del mese
di ottobre, un'assemblea di almeno cento cittadini, scelti "un uomo per casa" fra
coloro che avessero compiuto i venticinque anni d'età, per provvedere periodicamente
alla nomina dei titolari degli uffici o, come si diceva, alla "riforma" degli uffici
stessi.
All'interno di questo consesso, ed alla presenza di un notaio, venivano
scelti, mediante doppia votazione, sei riformatori che dovevano procedere
all'elezione dei componenti il Consiglio generale ed a quella dei priori,
costituenti l'organo di governo comunale, dotato di funzione propositiva dei
provvedimenti da sottoporre all'approvazione del Consiglio generale, rappresentativo
dell'intera comunità72. Altre decisioni potevano essere
prese da organismi più ristretti, costituiti, di volta in volta, da almeno quattro
priori e da quattro Collegi, composti di sei consiglieri ciascuno73.
Spettava ai priori di proporre, fra i componenti del
Consiglio generale, rose di candidati per l'elezione dei titolari di una quantità di
uffici particolari del Comune: i tre rettori dell'ospedale, i tre rettori della
Fraternita di S. Maria della Misericordia, i quattro operai della Madonna della
Quercia e i relativi camarlinghi; i tre sindacatori del camarlingo comunale e del
vicario; il camarlingo dei pegni; i due stimatori del danno dato; i quattro sensari
responsabili dei beni mobili della comunità74.
Gli
stessi priori eleggevano invece direttamente i sei ufficiali delle strade e fiumi, i
due soprastanti per ciascun fiume e fonte del Comune, le venticinque guardie segrete
per il danno dato e i due operai della chiesa di S. Francesco75. Era demandato ai
priori anche il compito di formare annualmente apposite polizze in cui venivano
descritte, in gruppi di venti con l'aggiunta di una persona in grado di leggere e
scrivere, persone artigianalmente qualificate, di età compresa tra i quindici e i
sessanta anni, fra i quali estrarre gli affidatari dei lavori decisi dal Comune. I
priori proponevano, inoltre, al Consiglio generale il nome del candidato all'ufficio
di camarlingo ed i nomi per l'elezione, a maggioranza, del maestro di scuola, del
medico e dell'ospedaliere dell'Ospedale di S. Anna76.
Procedevano, infine, alla selezione dei notai in possesso dei requisiti per
l'elezione a cancelliere, incaricato di occuparsi delle scritture e dei libri della
comunità77. Tutti gli ufficiali, sia quelli nominati
direttamente dai priori, sia quelli eletti per scrutinio dal Consiglio, restavano in
carica per un anno, con la sola eccezione del messo del Comune e della corte di
giustizia, il cui mandato era semestrale78.
Tra le riforme
apportate nel tempo al testo statutario originario, appare di particolare rilievo
quella del 1578 con la quale venne istituito un ufficio sopra le cose extraordinarie
cui fu preposto un ufficiale addetto al controllo dei pesi e delle misure, abilitato
a denunciare al giusdicente tutti coloro che contravvenivano alla normativa in
materia79.
Una riforma
successiva del 1584, introdusse delle modificazioni nei criteri per l'accesso alla
carica di riformatore e per la residenza nell'assemblea di un uomo per casa, entro
la quale venivano eletti gli ufficiali. Mentre venne confermata l'età minima
richiesta, di venticinque anni per accedere alle cariche pubbliche, fu introdotto
come ulteriore requisito, il possesso di un allibramento di almeno 5 soldi di beni
immobili. Venne anche abbassato il numero minimo dei partecipanti richiesto per la
validità delle sedute del Consiglio generale, che restò fissato da allora in ottanta
presenti80. Furono, inoltre, aboliti i
Collegi, precedentemente deputati a deliberare insieme ai priori, sicché tutto il
potere deliberativo venne concentrato nel Consiglio generale e nei priori. Vennero
infine aggiunti due stimatori dei pegni (in carica per un anno) che avevano il
compito di determinare il valore dei beni affidati al depositario per la successiva
vendita all'incanto da parte del camarlingo81.
Con una legge del giugno 157082 venne ordinato a tutti i
Comuni di procedere alla redazione di statuti del danno dato di eleggere dei campai
con il compito di vigilare e denunciare tali danni per i quali il notaio criminale
era competente ad emettere le condanne ed a comminare le pene83. Il Comune di Lucignano, che aveva provveduto pochi mesi
prima a tale operazione84, attese fino al 1583 prima di procedere
alla formulazione di un nuovo testo, contenente anche le disposizioni per i sindaci
e gli altri ufficiali.
Della denuncia dei danneggiatori dovevano occuparsi
alcuni ufficiali, estratti in numero variabile da una borsa contenente i nomi di
tutti i proprietari ed affittuari di beni immobili. In occasione della prima seduta
utile del Consiglio generale, gli ufficiali rimettevano al cancelliere delle polizze
chiuse con l'indicazione dei danneggiatori individuati o indiziati. Spettava, poi,
al cancelliere formare un elenco, contenente i nominativi di coloro che figuravano
più frequentemente nelle polizze, da sottoporre, almeno una volta ogni tre anni, al
Consiglio perché assumesse, a scrutinio segreto, le decisioni relative alloro
giudizio, trasmettendole per il procedimento, insieme con l'indicazione del numero
dei votanti e con l'esito del voto, al cancelliere della curia.
Nel 1688, i
reati di danneggiamento, perseguiti con procedure abbreviate e sommarie del tipo
indicato, furono assimilati ai furti con conseguente inasprimento delle pene che
potevano essere ulteriormente aggravate dal giudice competente nel caso in cui il
danno fosse stato accompagnato dall'abbattimento di recinzioni e da violenze nei
confronti del proprietario o dell'affittuario del bene immobile.
La curia del
danno dato venne abolita nel 1772 a seguito della generale riorganizzazione delle
circoscrizioni giudiziarie e dell'amministrazione della giustizia, attuata da Pietro
Leopoldo85.
Strettamente connessa con quella esercitata dai rettori
fiorentini risultava, inoltre, l'attività giurisdizionale svolta dal Banco attuario
civile di Lucignano. Riconducibile, non diversamente da quanto si rileva in altri
casi, ad epoche precedenti alla soggezione a Firenze, il banco si configurava come
un tribunale civile di originaria emanazione comunitativa, lasciato sussistere dalla
dominante, e tale in teoria da individuare uno spazio di giurisdizione riservata,
sottratta in qualche modo al giudice ordinario. Nello specifico la distinzione di
giurisdizione - poi eliminata a livello generale da Pietro Leopoldo nel 1772 - era
più apparente che reale. Dall'esame delle filze degli atti civili del banco risulta
infatti che anche questa giurisdizione era esercitata dal podestà o dal vicario, per
cui la documentazione relativa fu divisa, per ciascun anno, in filze intitolate, a
seconda del semestre, all'uno o all'altro rettore. I processi celebrati di fronte al
banco civile si caratterizzavano per il valore, generalmente esiguo, della cosa
giudicata e per la composizione della corte, dove le funzioni "a latere", esercitate
nel tribunale ordinario dal cavaliere, erano svolte dal cancelliere comunitativo, il
cui nome figura spesso, nel frontespizio delle filze, accanto a quello del
giusdicente. La documentazione fa fede dell'esistenza del banco solo per il periodo
compreso tra il 1570 e il 1582 e presenta comunque una discontinuità che, per quanto
ascrivibile in qualche misura a dispersioni intervenute, sembra conseguente ad una
discontinuità di funzionamento della magistratura.
Il lavoro di
riorganizzazione dello Stato toscano, intrapreso a partire dagli anni della Reggenza
lorenese ed ampiamente attuato sotto il governo del granduca Pietro Leopoldo,
comportò anche la riforma dei tribunali di giustizia86, in base alla quale il
territorio dello Stato fu riorganizzato in nuovi vicariati e podesterie. Lucignano
fu dichiarato Vicariato maggiore comprendente la Podesteria di Foiano e quella di
Marciano, dove l'antico ufficialato di giustizia era stato elevato al rango di
podesteria autonoma87.
Il
vicario di Lucignano esercitò, come era ormai consuetudine, la giurisdizione
criminale su tutto il territorio del vicariato e quella civile sul Comune e sui
luoghi vicini, comunque non compresi nelle due podesterie della circoscrizione.
Limitate furono le competenze del nuovo vicario nel campo del controllo
sull'amministrazione comunitativa di Lucignano; tali competenze, infatti, nel corso
del tempo erano progressivamente passate dai giusdicenti ai cancellieri e, per loro
tramite, al Magistrato dei Nove conservatori. Al vicario restò attribuito soltanto
il compito di controllare, di concerto con i cancellieri, lo stato delle strade e
dei fiumi88.
Soggetti produttori collegati:
Comunità di Lucignano, Lucignano (Arezzo), 1775 - 1808
(successore)
Deputazione del Governo provvisorio di Lucignano, Lucignano (Arezzo),
1799
(generico)
Vicariato di Valdichiana, 1570 - 1772
(generico)
Complessi archivistici prodotti:
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