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Comune di Lucignano

Sede: Lucignano (Arezzo)

Date di esistenza: sec. XIII -

Intestazioni: Comune di Lucignano, Lucignano (Arezzo), sec. XIII -

Storia amministrativa:

Le vicende di Lucignano fino alla sottomissione a Firenze e all'istituzione della podesteria nel 1385

La terra di Lucignano, ricordata in un documento dell'XI secolo dell'Abbazia di Agnano in Valdambra, fece parte dei possedimenti del vescovado aretino fino al momento in cui venne in possesso di Siena, nel 1289, dopo la battaglia di Campaldino1.
Assieme a Monte San Savino, Foiano, Laterina ed Anghiari, passò poi sotto la sovranità del Comune di Arezzo che, negli anni successivi all'instaurazione della signoria del vescovo Guido Tarlati nel 1321, realizzò la sua massima espansione territoriale, estendendo il suo dominio sul Valdarno meridionale, il Pratomagno, il basso Casentino, la Valtiberina, la Valdichiana e la Valdambra2. Ricondotta nell'ambito del contado aretino, di cui venne a costituire la punta avanzata nei confronti dello Stato senese, Lucignano fu ricompresa - insieme a Foiano e Monte San Savino sempre in Valdichiana, Laterina nel Valdarno, ed Anghiari - fra quelle terre di confine per le quali Arezzo, secondo lo statuto del 1327, previde la possibilità di nominare, all'occorrenza, podestà locali in deroga al principio dell'accentramento delle competenze giudiziarie nelle mani dei rettori cittadini. L'elezione di tali podestà, che avrebbero potuto giudicare nel civile fino al limite di quaranta soldi e applicare multe fino a dieci, appare, in realtà, soprattutto una previsione per assicurare maggiore funzionalità all'amministrazione piuttosto che un provvedimento mirato a garantire più efficacemente il controllo dei territori di frontiera3. Del resto la morte del Tarlati, avvenuta in quello stesso anno, la ripresa della conflittualità all'interno del Comune e gli esiti negativi della guerra combattuta, negli anni 1335 - 1336, contro Perugia e Firenze, comportarono per Arezzo un ridimensionamento del proprio contado ed in particolare la perdita di alcune fiorenti comunità tra cui la stessa Lucignano che, insieme a Monte San Savino, Foiano ed Anghiari, passò per otto anni sotto la sovranità del Comune di Perugia4.
Durante quel periodo Lucignano fu obbligata a rendere omaggio alla nuova dominante inviando a Perugia, per la festa del beato Ercolano, tre rappresentanti con il compito di presentare, in segno di sottomissione, un palio, una coppa e cento lire cortonesi5.
In realtà Lucignano, così come Monte San Savino, rimase fuori dall'orbita aretina più a lungo del periodo previsto, come dimostra anche un frammento di statuto datato 1348, il cui quarto libro è introdotto dalla seguente formula:

In nomine Domini amen. Ad honorem et reverentiam omnipotentis Dei et beate Marie Virginis, beati Michaelis Arcangeli, beati Felicis, beatorum Johannis Batiste et evangeliste, beati Francisci, beati Blaxii, beato rum Laurentii, Iusti et Martini patronorum et defensorum Comunis terre et districtus Lucignani et beatorum Donati et Illariani et beato rum Hercolani et Constantii, patrono rum et defensorum comunis et populi civitatis magnifice Perusine, et omnium sanctorum et sanctarum Dei; et ad honorem et reverentiam sancte romane Ecclesie eiusque pastoris et ad honorem et pacificum statum Comunis et populi civitatis Perusii et statum bonum, pacificum et tranquillum Comunis terre e1 districtus Lucignani et singularum persona rum eiusdem ac habitantium ibidem6.

Il codice7, molto frammentario, permette solo parzialmente di ricostruire l'organizzazione istituzionale di Lucignano in quel momento. Organo principale della comunità doveva essere la magistratura dei due defensores, cui era demandata la nomina dei settanta consiglieri (rinnovati ogni sei mesi) che andavano a costituire il Consiglio generale, competente a deliberare, a maggioranza dei due terzi, per affari fino a 25 lire o, a maggioranza assoluta, per affari più importanti. Per poter essere nominati consiglieri i Lucignanesi dovevano avere compiuto venticinque anni e non avere consanguinei residenti nel Consiglio in carica8.
I difensori si occupavano anche dell'elezione dei grasceri, che stabilivano il prezzo di vendita del grano e degli altri cereali9, dei sindaci, degli ospitalieri e dei due consoli dei mercanti, competenti in materia di controversie sorte in ambito mercantile10. I difensori erano, inoltre, i responsabili del rinnovo degli statuti e procedevano all'occorrenza all'elezione dei dieci statutari e del loro notaio11, Designavano, inoltre, venticinque persone fra cui procedere all'estrazione del camarlingo del Comune, in carica per due mesi alla volta12.
Nel periodo seguente, la successione delle vicende del castello di Lucignano non è sempre chiara13. Il Comune fu, in diversi periodi, sottomesso a Siena e a Firenze, mostrando di privilegiare generalmente i rapporti con il Comune di Siena, probabilmente nel tentativo di sottrarsi al meno gradito controllo aretino. In particolare nel 1362 gli uomini di Lucignano, volendo vivere in buoni rapporti con il Comune di Siena, si impegnarono a non accogliere nel proprio territorio nessun ribelle senese ed a punirlo nel caso avesse commesso qualche reato nella loro giurisdizione14. La fine del dominio perugino nel 1370, a seguito della ribellione della città umbra nei confronti della Chiesa, riportò Lucignano sotto l'influenza di Siena15.
Il 12 ottobre 1370 gli uomini del castello di Lucignano nominarono, infatti, Ambrosio di Menchino Neri come proprio procuratore per sottomettere il castello al Comune di Siena16 suscitando così l'opposizione degli Aretini, interessati a sostituirsi completamente a Perugia nel controllo della Valdichiana. Durante l'anno 1370 e per buona parte del 1371 si susseguirono i contatti tra il Comune di Siena, la Chiesa, nella persona del legato cardinale Anglico, le città di Arezzo e Firenze per definire il possesso di Lucignano17. In ragione della propria posizione di cardine, infatti, Lucignano rappresentava per le tre città toscane un'acquisizione fondamentale che interessava in generale anche la Chiesa per i riflessi che la realtà toscana proiettava nel complesso equilibrio politico che si andava costruendo in Italia centrale nel corso del Trecento18.
Alla fine di ottobre la mutata situazione politica conseguente alla morte di Urbano V ed alla pace stipulata dal nuovo pontefice Gregorio XI con Bernabò Visconti, portarono alla costituzione di una lega per la difesa dei territori pontifici che comportò una tregua di quattro anni tra Arezzo e Siena e consentì a quest'ultima di mantenere il controllo sul castello di Lucignano19.
Il 25 ottobre 137120 furono, finalmente, stipulati i capitoli della sottomissione di Lucignano a Siena. La sottomissione prevedeva per Lucignano l'obbligo di servire nell'esercito a richiesta della dominante che si riservava, inoltre, di nominare un podestà, cittadino senese e popolare (in carica per sei mesi a partire dal maggio successivo), dotato di merum et mixtum imperium e competenza sia in materia civile che criminale, da esercitarsi sulla base delle norme stabilite dagli statuti cittadini vigenti, andati purtroppo perduti. Al Comune di Lucignano, dal canto suo, spettava l'elezione di un cancelliere, notaio del Comune, e di un notaio particolare preposto alla Curia del danno dato21.
Quest'ultima si configurava come un tribunale particolare, competente a giudicare i reati di danneggiamento delle proprietà private e pubbliche, delle coltivazioni e dei boschi sia da parte delle persone che da parte degli animali. Nei casi meno gravi i colpevoli erano puniti con semplici ammende previste dagli statuti; nei casi più gravi, invece, la giurisdizione poteva passare al giudice criminale che istruiva un vero e proprio procedimento secondo le norme del diritto penale22.
Il Comune, sempre in base alle capitolazioni, era anche obbligato a donare a Siena, per la festa della Madonna d'agosto, un cereum magnum fogliatum secundum magnitudinem et similitudinem ceri Montalcini e a mandare quindici massai con un cero di una libra per ciascuno; a comprare il sale da Siena (dai doganieri del sale) al prezzo di venti soldi senesi per staio e ad indicare il luogo per la costruzione di fortificazioni per la difesa di Lucignano, secondo le richieste di un Commissario da eleggersi a cura e a spese del Comune di Siena. Lucignano era tenuta, altresì, a versare 300 fiorini d'oro alla Biccherna di Siena, in due rate da pagarsi all'inizio dei mesi di gennaio e di luglio.
Lucignano, insieme ad altri territori della Valdichiana, fu reinserita nel contado aretino solo nel 1385, quando, a seguito dell'occupazione di Arezzo da parte del De Coucy, Firenze aggiunse la città e il suo contado al proprio dominio23.
Fra l'ottobre ed il novembre 1385 si regolò, con una serie di provvedimenti, l'organizzazione del contado di Arezzo, ma soltanto il 25 ottobre del 1386, in seguito di un lodo pronunciato dal Comune di Bologna, quale arbitro della contesa in corso tra Firenze e Siena, quest'ultima ottenne un risarcimento per le spese sostenute in quelle terre e cedette effettivamente a Firenze il possesso di Lucignano24.
L'11 dicembre 138625 furono redatti i capitoli di sottomissione che previdero l'istituzione di una podesteria, comprendente, oltre al Comune di Lucignano, il castello ed il territorio di Marciano, dove esisteva, almeno a partire dal XV secolo, un banco di giustizia civile retto da un ufficiale della corte del podestà di Foiano e, precedentemente, di Civitella26.
La redazione di nuovi statuti, ordinati dalle capitolazioni27 e rogati dal notaio Pietro Angelini da Lucignano, venne portata a termine nel mese di settembre 1388 ed il 21 dello stesso mese vennero nominati i riformatori fiorentini con il compito di correggerli ed approvarli entro il dicembre successivo, con l'intesa che, nel frattempo, sarebbero rimasti in vigore i vecchi28. Entrambe le redazioni statutarie sono andate perdute, ma il funzionamento della comunità in quei primi anni di soggezione a Firenze può in parte essere desunto dal contenuto delle capitolazioni.
In esse vennero definite le quantità e le modalità di pagamento delle contribuzioni imposte al Comune che venne esentato, per dieci anni, da tutti i dazi e dalle imposte consuete in cambio del versamento di una quota fissa pari a 300 fiorini d'oro l'anno per il primo triennio ed a 500 l'anno per il settennio successivo. Per dieci anni il Comune di Lucignano poté disporre dell'importo delle pene pecuniarie comminate all'interno del suo territorio e normalmente destinate alla dominante, ed, inoltre, degli introiti dei pedaggi e delle gabelle. Lucignano era altresì obbligata a comprare il sale da Firenze nella misura di 400 staia, al prezzo di 3 lire e 15 soldi per staio, a commerciare solo con Firenze e il suo distretto, a donare un palio di velluto ogni anno alla chiesa di S. Giovanni29.
Oltre al podestà fiorentino e alla sua famiglia (comprendente sei famigli e due donzelli), erano presenti presso il Comune un cancelliere ed un notaio del danno dato, da scegliersi tra i notai abitanti all'interno del contado o del distretto di Firenze, entrambi svincolati dall'autorità del podestà fiorentino30.
Il 4 gennaio del 1385 era stato istituito anche un vicariato31 che doveva contribuire, sul piano politico, a garantire la sicurezza dei territori dell'ex contado aretino. La sua sede venne fissata a Monte San Savino e la sua circoscrizione comprese anche i territori di Lucignano, Foiano e Civitella32. Nel 1388 la sede del Vicariato venne spostata a Lucignano33 ma tale organizzazione del territorio, sia sotto il profilo amministrativo che giudiziario, fu di breve durata poiché, già nel 1390, Lucignano, a conclusione della guerra combattuta contro Firenze a fianco dei Visconti, venne riannessa alla Repubblica di Siena. L'area di competenza fiorentina si restrinse pertanto alle sole podesterie di Monte San Savino, Civitella (poi sottoposta alla giurisdizione criminale del capitano di Arezzo a partire dal 148834) e Foiano mentre il vicario, la cui presenza veniva, tra l'altro, a contrastare con le norme degli statuti e dei capitoli, non venne più nominato.
Al di là dell'aspetto giudiziario del problema, le podesterie ed il vicariato assunsero, nell'organizzazione generale del territorio, anche la funzione di organismi di decentramento amministrativo in quanto, ponendosi come strutture associative delle comunità incluse nel territorio di competenza, garantivano il funzionamento del complesso sistema fiscale fiorentino, provvedendo alla ripartizione e alla riscossione dei tributi e delle gabelle dovute alla dominante dalle diverse comunità, a titolo di spese universali., Il contingente globale delle diverse imposizioni, assegnato dal governo centrale alla podesteria veniva ripartito sulla base degli estimi, tra i diversi Comuni, cui spettava di effettuare la ripartizione fra gli abitanti35.
Sul piano generale il processo giunse poi a maturazione nel corso del Quattrocento con la progressiva stabilizzazione del numero delle podesterie e dei vicariati, con l'istituzione delle figure dei sindaci come magistratura di raccordo tra le due istituzioni, ed infine con la creazione a livello centrale dei Cinque conservatori del contado e del distretto di Firenze (1419 - 1420).

La sottomissione alla Repubblica di Siena (1390 - 1554)

Le cronache raccontano che nel 1390, durante la fase di espansione dello Stato visconteo verso la Toscana, i Lucignanesi posero il loro territorio sotto la protezione di Gian Galeazzo Visconti, cui si era alleata Siena in funzione antifiorentina. Lucignano venne quindi occupata dalle milizie milanesi e senesi ed entrò a far parte del contado di Siena36. Il 13 maggio fu infatti nominato un procuratore per sottomettere Lucignano alla repubblica di Siena, cosa che avvenne il 4 giugno successivo37. Una nuova sottomissione sembra essere intervenuta nel 1404, anche se di essa non è stato rintracciato il testo. In ogni caso Lucignano avrebbe continuato a far parte dello Stato di Siena fino alla conquista di quest'ultimo da parte di Cosimo I38. La comunità assoggettata fu obbligata a pagare un censo annuo al Comune di Siena39 ed a prelevare il sale dalla dominante al prezzo di 30 soldi per staio. Alle spese per la riparazione e la manutenzione delle mura del castello, venne, tuttavia, destinata una parte delle somme dovute, a titolo di contribuzione, al Comune di Siena40.
La giurisdizione civile e criminale all'interno del contado di Siena era esercitata in generale dai podestà preposti al governo delle podesterie, esistenti, in genere, nell'ambito dei capitanati. Anche a Lucignano venne insediato un podestà senese, come previsto già nelle capitolazioni del 1371, riconfermate da quelle stipulate il 18 agosto 144041 e successivamente convalidate per altri otto anni nel 1448 e nel 146742. Si può pertanto accertare la continuità della residenza a Lucignano di un podestà, la cui presenza è peraltro ribadita dallo statuto senese del 154543 che ne prevedeva l'alternanza semestrale e l'entità della "familia", composta da un giudice, da un notaio, da due domicelli e altri inservienti44.
Se da un lato il podestà di nomina centrale - dotato di poteri sia giurisdizionali che di controllo - rappresentò il vertice istituzionale della comunità, la gestione amministrativa venne garantita in larga misura da ufficiali e organi collegiali espressi in ambito locale. Pur tenendo conto di un contesto suscettibile di frequenti mutamenti, si può affermare che gli organi preposti al governo del Comune fossero costituiti da un Consiglio generale, da un Consiglio minore e da un consesso ristretto composto di tre priori o difensori. Un assetto non molto diverso, a quanto sembra, da quello già individuato nel periodo della dipendenza da Perugia: ne è conferma il fatto che lo statuto già ricordato del 1348, conservato all'Archivio di Stato di Firenze, è con ogni probabilità lo stesso in vigore nel periodo perugino, adattato alla nuova situazione con la semplice rasura del nome della precedente dominante e di alcune parti non più utilizzabili.
Per il periodo successivo, immediatamente precedente al rientro di Lucignano nello Stato fiorentino, qualche notizia si può desumere da un registro di deliberazioni degli anni 1552 - 1553. Al vertice dell'amministrazione comunale era il Consiglio generale di un uomo per casa che si riuniva periodicamente alla presenza del commissario senese. I consiglieri eleggevano due consultori che, a loro volta, dovevano provvedere alla nomina di una serie di ufficiali preposti alla manutenzione, all'approvvigionamento e alla difesa del castello. L'organo di governo era costituito da tre priori, eletti per scrutinio da una rosa di ventiquattro persone appartenenti al Consiglio generale, sulle cui proposte veniva chiamato a decidere il Consiglio stesso. I priori (di due successive magistrature) nominavano inoltre sei riformatori che andavano a formare un organismo di dodici uomini, addetti alla riforma degli uffici45.
Le riunioni consiliari di quegli anni si svolsero presso la chiesa di S. Francesco in quanto il palazzo comunale era stato danneggiato nella recente guerra con i Fiorentini46.

Il rientro nello Stato fiorentino e l'istituzione del Commissariato di Lucignano (1553 - 1559)

Nel febbraio 1553, nel corso della guerra che opponeva Firenze a Siena, Lucignano fu prima conquistata dall'esercito imperiale alleato di Firenze47, quindi occupata, nel dicembre dello stesso anno, dalle truppe franco - senesi e, infine, riconquistata dai Fiorentini, nell'agosto 1554, dopo la vittoria di Scannagallo48. Gli avvenimenti politici e militari si susseguirono, durante la guerra, in maniera abbastanza convulsa con conseguenze contraddittorie sul piano amministrativo. Il registro di deliberazioni già ricordato49, evidenzia come il popolo lucignanese si fosse sottoposto spontaneamente a Cosimo I fin dagli inizi del 1553, sottoscrivendo appositi capitoli che, tuttavia, non ebbero possibilità di applicazione, dal momento che il commissario senese di Valdichiana, Marcantonio Piccolomini, nel corso del mese di luglio ripristinò la propria autorità su Lucignano, ottenendo, al termine di una processione partita dalla chiesa di San Francesco, il giuramento di sudditanza di tutti i capofamiglia del Comune. Il commissario annullò infatti qualsiasi statuto, capitolo o pattuizione approvata da Cosimo I e ripristinò tutte le vecchie magistrature fra cui il Consiglio generale di un uomo per casa. Nella stessa occasione venne ridotto a cinquanta il numero dei consiglieri e modificato anche il meccanismo di scelta dei priori, la cui nomina sarebbe dovuta avvenire mediante estrazione di sette polizze contenenti ciascuna sei nomi. I quarantadue imborsati, cui dovevano aggiungersi i sei massari, avrebbero garantito la presenza bimestrale di sei priori per un periodo complessivo di quattordici mesi50.
La riforma operata non produsse, a sua volta, effetti poiché nel 1554 Lucignano rientrò nei confini dello Stato fiorentino. I capitoli, rogati a Firenze il 2 ottobre da Lelio Torelli da Fano e da Bernardo Giusti da Colle - rispettivamente primo segretario e segretario di Cosimo - perfezionarono intese precedenti, intervenute fra le due parti il 18 aprile 1553 e il 19 agosto 155451. Probabilmente, in considerazione della sua antica soggezione a Firenze, appena avvenuta la conquista di Siena da parte di Cosimo, si era provveduto a staccare Lucignano dallo Stato nuovo senese con l'intenzione di farlo rientrare a pieno titolo in quello vecchio fiorentino. Le prime rubriche dei capitoli, contenuti in copia in un registro membranaceo dell'archivio comunale, stabilirono che anche Lucignano, come gli altri territori del dominio, era tenuto ad offrire un cero di almeno 15 libre nel giorno della festa alla chiesa di S. Giovanni di Firenze e a pagare 60 fiorini all'anno al camarlingo del Monte52.
Le magistrature comunali erano competenti a decidere autonomamente sulle proprie tasse e sulle entrate in genere e ad eleggere un ufficiale del danno dato53.
A Lucignano avrebbe dovuto insediarsi un podestà, con competenza su una circoscrizione territoriale coincidente con quella del Comune, coadiuvato da un giudice e da un cavaliere54. Fino al 1559, tuttavia, Lucignano fece parte, insieme ad altri Comuni della Valdichiana già sottoposti alla Repubblica di Siena, di un apposito Commissariato fiorentino, comprendente le terre di Lucignano, Sinalunga, Torrita, Rigomagno, Scrofiano, Farnetella, Serre, Petroio, Poggio S. Cecilia, Rapolano, Trequanda, Montisi e Montefollonico ed il cui titolare venne nominato direttamente da Cosimo I55. L'estensione del Commissariato dovette però mutare nel corso della sua pur breve esistenza in quanto, successivamente, ne risulta esclusa Sinalunga in cui vece figura Castel Mozzo56.
Dalla documentazione conservata presso l'Archivio comunale non emerge nessuna indicazione precisa sulla sede del Commissariato; tuttavia il fatto che le filze degli atti civili e criminali del periodo relativo fossero conservate, fin dall'inizio, nella Cancelleria di Lucignano, induce a pensare, sulla scorta di una prassi generale in tal senso, che qui fosse anche il capoluogo del Commissariato e, quindi, la sede del commissario che, del resto, viene sempre indicato negli atti come commissario di Lucignano57.

Il periodo della Podesteria di Lucignano (1559 - 1570)

L'attuazione dei capitoli sottoscritti restò sospesa fino all'11 febbraio 1559 quando, istituita finalmente la podesteria58, si insediò a Lucignano il primo podestà fiorentino59.
L'istituzione comportò il distacco definitivo di Lucignano dallo "stato nuovo" di Siena che, dopo l'annessione al Ducato mediceo, subì una riorganizzazione completa ed ebbe forme giuridiche ed assetti amministrativi che lo differenziarono, in qualche modo, dallo stato vecchio, costituito dal restante dominio fiorentino60.
A Lucignano, il podestà, conformemente a quanto previsto dai capitoli, ebbe l'autorità di giudicare le cause civili senza limite di valore, e quelle penali fino all'esercizio dello ius sanguinis. Oltre alle incombenze di natura giudiziaria, nel suo ruolo di rappresentante fiorentino in periferia, il podestà era chiamato a svolgere anche una serie di compiti di natura amministrativa, fungendo da collegamento tra gli organi centrali fiorentini e gli ufficiali periferici (camarlinghi, rettori, notai, ecc.). In particolare il podestà sovrintendeva all'esazione della gabella sulla macellazione della carne (istituita il 3 marzo 155261) e di quella sulla macinazione della farina (istituita l'8 ottobre 155262). Specifiche competenze gli erano riservate anche in materia annonaria: si occupava infatti dell'approvvigionamento del grano in periodi di carestia e del controllo sulla produzione e sui prezzi di alcuni generi di prima necessità. In quanto vertice gerarchico delle amministrazioni locali gli era poi affidato il controllo sull'attività del Comune e partecipava, a tal fine, alle sedute degli organismi collegiali, rivedeva i libri contabili dei camarlinghi, controllava le operazioni di imborsazione e tratta dei vari ufficiali locali che, come stabilito nei capitoli, dovevano avvenire ogni due anni. Per queste operazioni il podestà era coadiuvato dal cancelliere che, nominato direttamente dal principe, doveva redigere i verbali relativi alle operazioni di riforma degli uffici63.
Di nuove redazioni statutarie non si trova traccia fino al 1572, anche se è probabile che, nel frattempo, la vita amministrativa non fosse regolata in maniera molto diversa. Dall'analisi delle deliberazioni sappiamo che la gestione degli affari del Comune era demandata al Magistrato e al Consiglio generale, formato dal gonfaloniere, dai sei priori e da un numero variabile di consiglieri.
Negli stessi anni in cui Lucignano tornava a far parte dello Stato fiorentino Firenze procedette ad una parziale riorganizzazione della struttura amministrativa e giurisdizionale dello Stato con l'intento di sottoporre le amministrazioni locali ad un controllo più severo. A questo proposito ricordiamo l'obbligo, a partire dal 1546, di depositare una copia degli statuti presso l'Ufficio delle Riformagioni e, soprattutto, l'istituzione della magistratura dei Nove conservatori del dominio e della giurisdizione, incaricati del controllo delle amministrazioni periferiche. In questa stessa direzione va vista anche la creazione progressiva, a partire dagli anni Settanta del Cinquecento, di una rete di cancellerie cui era preposto un cancelliere di nomina centrale, incaricato della supervisione di tutta la gestione economica dei Comuni, sottratta ai podestà64.
Con le capitolazioni stipulate nel 1554 venne anche stabilito che il Comune di Lucignano continuasse ad eleggere un ufficiale del danno dato65. Gli statuti che disciplinavano la materia, rogati nel 1569 dal notaio Pier Felice Bruni, vennero redatti dagli statutari Francesco Landini, Francesco Picconi e Mariano di Girolamo Bruni, dopo che Lucignano fu rientrata, a tutti gli effetti, all'interno dello Stato fiorentino. Fu così stabilito che l'ufficiale del danno dato avesse piena autorità di giudicare i reati di danneggiamento fino a 5 soldi di valore e che potesse, inoltre, disporre la riparazione di fonti, vie, ponti, fiumi e fossati, servendosi dell'opera di quattro soprastanti (due per la parte di sopra e due per la parte di sotto) eletti dai difensori del Comune con il compito specifico di far eseguire i lavori che l'ufficiale del danno dato ordinava loro66. Il notaio era coadiuvato da due stimatori, scelti dal Consiglio generale entro una rosa di sei candidati, proposti dai priori e da venticinque guardie segrete, elette direttamente dai priori stessi67.

Il periodo del Vicariato di Valdichiana (1570 - 1772)

Terminata, nel 1570, l'infeudazione di Monte San Savino ai dal Monte, venne nuovamente istituito un Vicariato di Valdichiana, comprendente le Podesterie di Lucignano, Monte San Savino e Foiano68. L'istituzione del Vicariato di fatto abrogò i capitoli del 1386 e ridefinì le competenze di vicari e podestà, in conformità con l'evoluzione della legislazione in materia di giustizia. Il Vicariato cominciò a funzionare nel 1571 con l'insediamento del primo vicario, Niccolò Federighi, che prese dimora a Monte S. Savino il primo gennaio. Contestualmente venne nominato un podestà che si stabilì, invece, a Lucignano innescando così un meccanismo che prevedeva la residenza alternativa dei vicari di Valdichiana per sei mesi a Monte San Savino (gennaio - giugno) e per gli altri sei mesi a Lucignano (luglio - dicembre), ferma restando la loro giurisdizione criminale sull'intero vicariato e quella civile sulla sola podesteria di residenza. La singolarità del meccanismo trovava il suo punto d'equilibrio nella nomina parallela di un solo podestà che andava a ricoprire, semestralmente, la sede lasciata scoperta dal vicario, esercitandovi la sola giurisdizione civile.
Per l'amministrazione del vicariato in quanto organismo territoriale, un gruppo di riformatori, nominato dal Magistrato dei nove conservatori, procedeva trimestralmente alla formazione di "borse" dalle quali erano "estratti" sei soprassindaci (due per ogni podesteria), componenti il Consiglio, e un camarlingo generale. Fra le competenze dei soprassindaci figurava quella di deliberare la ripartizione, fra le tre podesterie, delle spese relative al funzionamento del vicariato. Il camarlingo generale si occupava della riscossione dalle singole comunità sia delle quote di partecipazione alle spese del vicariato, sia delle imposizioni dovute dalle comunità stesse a Firenze. Le funzioni, affidate in un primo momento al camarlingo di Monte San Savino, furono successivamente svolte da un camarlingo apposito69.
Il vicario, preposto, nella sua veste di ufficiale fiorentino, a dirigere e controllare l'organizzazione e il funzionamento dell'ente, riceveva il giuramento dei soprassindaci, presiedeva le riunioni del Consiglio, assicurando l'osservanza degli statuti di vicariato e della legislazione fiorentina, presenziava alle imborsazioni e alle estrazioni degli ufficiali, tutelava in generale gli interessi di Firenze. Al vicario furono affidati anche compiti di coordinamento della riscossione delle nuove imposte del macinato e del sigillo delle carni, introdotte dallo Stato toscano agli inizi della seconda metà del Cinquecento, e di sorveglianza sullo stato delle carceri e sulla condizione delle strade. In quegli stessi anni, per l'attuarsi della politica accentratrice di Cosimo I, accanto al vicario e ai podestà, e progressivamente in sostituzione di quelli, si affiancarono altri ufficiali incaricati del controllo delle comunità e del coordinamento con il potere centrale: primo fra tutti il cancelliere. Si avviò in quegli anni il processo di separazione tra il vicariato in quanto organismo amministrativo locale e la figura del vicario, ufficiale fiorentino, che, al termine del processo stesso, avrebbe mantenuto le sole prerogative giurisdizionali e di ordine pubblico.
Durante la lunga vita del Vicariato di Valdichiana, a fronte di cambiamenti che riguardarono l'estensione territoriale e la nomina dei giusdicenti70, non si registrarono mutamenti sostanziali nella vita del Comune, le cui istituzioni continuarono a funzionare, semplicemente sottoposte alla vigilanza o del podestà o del vicario.
Nel 1572 vennero approvati i nuovi statuti di Lucignano71. La loro redazione era cominciata nel 1569, ma l'approvazione fu ritardata allo scopo di adeguare il testo alla nuova realtà istituzionale. Nella formula di approvazione si fa, infatti, esplicito riferimento all'esistenza del vicario di Valdichiana e al nuovo titolo granducale di Cosimo. Tale testo, predisposto dagli statutari Pietro di Biagio Bonastri e a Giovanbattista di Angelo Lambardi, regolò, insieme con le riforme periodiche elaborate nel corso del tempo, la vita del Comune fino all'entrata in vigore della riforma leopoldina.
Era previsto che gli statutari del Comune radunassero, ogni due anni nel corso del mese di ottobre, un'assemblea di almeno cento cittadini, scelti "un uomo per casa" fra coloro che avessero compiuto i venticinque anni d'età, per provvedere periodicamente alla nomina dei titolari degli uffici o, come si diceva, alla "riforma" degli uffici stessi.
All'interno di questo consesso, ed alla presenza di un notaio, venivano scelti, mediante doppia votazione, sei riformatori che dovevano procedere all'elezione dei componenti il Consiglio generale ed a quella dei priori, costituenti l'organo di governo comunale, dotato di funzione propositiva dei provvedimenti da sottoporre all'approvazione del Consiglio generale, rappresentativo dell'intera comunità72. Altre decisioni potevano essere prese da organismi più ristretti, costituiti, di volta in volta, da almeno quattro priori e da quattro Collegi, composti di sei consiglieri ciascuno73.
Spettava ai priori di proporre, fra i componenti del Consiglio generale, rose di candidati per l'elezione dei titolari di una quantità di uffici particolari del Comune: i tre rettori dell'ospedale, i tre rettori della Fraternita di S. Maria della Misericordia, i quattro operai della Madonna della Quercia e i relativi camarlinghi; i tre sindacatori del camarlingo comunale e del vicario; il camarlingo dei pegni; i due stimatori del danno dato; i quattro sensari responsabili dei beni mobili della comunità74.
Gli stessi priori eleggevano invece direttamente i sei ufficiali delle strade e fiumi, i due soprastanti per ciascun fiume e fonte del Comune, le venticinque guardie segrete per il danno dato e i due operai della chiesa di S. Francesco75. Era demandato ai priori anche il compito di formare annualmente apposite polizze in cui venivano descritte, in gruppi di venti con l'aggiunta di una persona in grado di leggere e scrivere, persone artigianalmente qualificate, di età compresa tra i quindici e i sessanta anni, fra i quali estrarre gli affidatari dei lavori decisi dal Comune. I priori proponevano, inoltre, al Consiglio generale il nome del candidato all'ufficio di camarlingo ed i nomi per l'elezione, a maggioranza, del maestro di scuola, del medico e dell'ospedaliere dell'Ospedale di S. Anna76. Procedevano, infine, alla selezione dei notai in possesso dei requisiti per l'elezione a cancelliere, incaricato di occuparsi delle scritture e dei libri della comunità77. Tutti gli ufficiali, sia quelli nominati direttamente dai priori, sia quelli eletti per scrutinio dal Consiglio, restavano in carica per un anno, con la sola eccezione del messo del Comune e della corte di giustizia, il cui mandato era semestrale78.
Tra le riforme apportate nel tempo al testo statutario originario, appare di particolare rilievo quella del 1578 con la quale venne istituito un ufficio sopra le cose extraordinarie cui fu preposto un ufficiale addetto al controllo dei pesi e delle misure, abilitato a denunciare al giusdicente tutti coloro che contravvenivano alla normativa in materia79.
Una riforma successiva del 1584, introdusse delle modificazioni nei criteri per l'accesso alla carica di riformatore e per la residenza nell'assemblea di un uomo per casa, entro la quale venivano eletti gli ufficiali. Mentre venne confermata l'età minima richiesta, di venticinque anni per accedere alle cariche pubbliche, fu introdotto come ulteriore requisito, il possesso di un allibramento di almeno 5 soldi di beni immobili. Venne anche abbassato il numero minimo dei partecipanti richiesto per la validità delle sedute del Consiglio generale, che restò fissato da allora in ottanta presenti80. Furono, inoltre, aboliti i Collegi, precedentemente deputati a deliberare insieme ai priori, sicché tutto il potere deliberativo venne concentrato nel Consiglio generale e nei priori. Vennero infine aggiunti due stimatori dei pegni (in carica per un anno) che avevano il compito di determinare il valore dei beni affidati al depositario per la successiva vendita all'incanto da parte del camarlingo81.
Con una legge del giugno 157082 venne ordinato a tutti i Comuni di procedere alla redazione di statuti del danno dato di eleggere dei campai con il compito di vigilare e denunciare tali danni per i quali il notaio criminale era competente ad emettere le condanne ed a comminare le pene83. Il Comune di Lucignano, che aveva provveduto pochi mesi prima a tale operazione84, attese fino al 1583 prima di procedere alla formulazione di un nuovo testo, contenente anche le disposizioni per i sindaci e gli altri ufficiali.
Della denuncia dei danneggiatori dovevano occuparsi alcuni ufficiali, estratti in numero variabile da una borsa contenente i nomi di tutti i proprietari ed affittuari di beni immobili. In occasione della prima seduta utile del Consiglio generale, gli ufficiali rimettevano al cancelliere delle polizze chiuse con l'indicazione dei danneggiatori individuati o indiziati. Spettava, poi, al cancelliere formare un elenco, contenente i nominativi di coloro che figuravano più frequentemente nelle polizze, da sottoporre, almeno una volta ogni tre anni, al Consiglio perché assumesse, a scrutinio segreto, le decisioni relative alloro giudizio, trasmettendole per il procedimento, insieme con l'indicazione del numero dei votanti e con l'esito del voto, al cancelliere della curia.
Nel 1688, i reati di danneggiamento, perseguiti con procedure abbreviate e sommarie del tipo indicato, furono assimilati ai furti con conseguente inasprimento delle pene che potevano essere ulteriormente aggravate dal giudice competente nel caso in cui il danno fosse stato accompagnato dall'abbattimento di recinzioni e da violenze nei confronti del proprietario o dell'affittuario del bene immobile.
La curia del danno dato venne abolita nel 1772 a seguito della generale riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie e dell'amministrazione della giustizia, attuata da Pietro Leopoldo85.
Strettamente connessa con quella esercitata dai rettori fiorentini risultava, inoltre, l'attività giurisdizionale svolta dal Banco attuario civile di Lucignano. Riconducibile, non diversamente da quanto si rileva in altri casi, ad epoche precedenti alla soggezione a Firenze, il banco si configurava come un tribunale civile di originaria emanazione comunitativa, lasciato sussistere dalla dominante, e tale in teoria da individuare uno spazio di giurisdizione riservata, sottratta in qualche modo al giudice ordinario. Nello specifico la distinzione di giurisdizione - poi eliminata a livello generale da Pietro Leopoldo nel 1772 - era più apparente che reale. Dall'esame delle filze degli atti civili del banco risulta infatti che anche questa giurisdizione era esercitata dal podestà o dal vicario, per cui la documentazione relativa fu divisa, per ciascun anno, in filze intitolate, a seconda del semestre, all'uno o all'altro rettore. I processi celebrati di fronte al banco civile si caratterizzavano per il valore, generalmente esiguo, della cosa giudicata e per la composizione della corte, dove le funzioni "a latere", esercitate nel tribunale ordinario dal cavaliere, erano svolte dal cancelliere comunitativo, il cui nome figura spesso, nel frontespizio delle filze, accanto a quello del giusdicente. La documentazione fa fede dell'esistenza del banco solo per il periodo compreso tra il 1570 e il 1582 e presenta comunque una discontinuità che, per quanto ascrivibile in qualche misura a dispersioni intervenute, sembra conseguente ad una discontinuità di funzionamento della magistratura.
Il lavoro di riorganizzazione dello Stato toscano, intrapreso a partire dagli anni della Reggenza lorenese ed ampiamente attuato sotto il governo del granduca Pietro Leopoldo, comportò anche la riforma dei tribunali di giustizia86, in base alla quale il territorio dello Stato fu riorganizzato in nuovi vicariati e podesterie. Lucignano fu dichiarato Vicariato maggiore comprendente la Podesteria di Foiano e quella di Marciano, dove l'antico ufficialato di giustizia era stato elevato al rango di podesteria autonoma87.
Il vicario di Lucignano esercitò, come era ormai consuetudine, la giurisdizione criminale su tutto il territorio del vicariato e quella civile sul Comune e sui luoghi vicini, comunque non compresi nelle due podesterie della circoscrizione. Limitate furono le competenze del nuovo vicario nel campo del controllo sull'amministrazione comunitativa di Lucignano; tali competenze, infatti, nel corso del tempo erano progressivamente passate dai giusdicenti ai cancellieri e, per loro tramite, al Magistrato dei Nove conservatori. Al vicario restò attribuito soltanto il compito di controllare, di concerto con i cancellieri, lo stato delle strade e dei fiumi88.



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