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Comunità di Cerreto

Sede: Cerreto Guidi (Firenze)

Date di esistenza: 1570 - 1774

Intestazioni: Comunità di Cerreto, Cerreto Guidi (Firenze), 1570 - 1774

Storia amministrativa:

La sostituzione [delle nuove figure dei "cancellieri fermi"] ai cancellieri comunali tradizionali fu attuata senza un provvedimento formale a partire dagli anni settanta del '500 e cominciando dalle comunità più periferiche del dominio, alcune delle quali non mancarono di ribellarsi a questa novità, adducendo particolari privilegi ottenuti dalla Repubblica fiorentina al momento della sottomissione.1

Le proteste non sortirono però alcun effetto e la sostituzione dei nuovi cancellieri, ai vecchi poteva dirsi ultimata nel maggio 1575 quando furono emanate le Istruzioni per i cancellieri.2

La dislocazione dei cancellieri dei Nove ricalcò all'inizio quella dei podestà e pertanto ad ogni sede podestarile fu destinato un cancelliere. Questo semplice fatto costituì già di per sé per la nostra zona un motivo di rottura con il passato, quando le due comunità di Vinci e Cerreto Guidi avevano avuto ciascuna un proprio cancelliere; invece dal 16 settembre 1570, data di elezione di Marco Mellini da Vicchio di Mugello a cancelliere della podesteria di Vinci e Cerreto, dovettero servirsi dello stesso.3

Come sede della cancelleria fu scelta, non si sa in base a quali considerazioni, Cerreto e questo non mancò di suscitare le rimostranze degli amministratori di Vinci, i quali dapprima chiesero di poter continuare a servirsi di un loro scrivano e poi, davanti al diniego dei Nove, chiesero di far risiedere il cancelliere nel proprio comune, adducendo di rappresentare i 5/3 (sic!) dell'intera podesteria, ma anche questa istanza andò incontro alla stessa sorte.4

Il nuovo cancelliere di Cerreto, cui la comunità, oltre la quota di stipendio, dovette provvedere anche la casa, si recò nella sede assegnatagli accompagnato da precise, ancorché schematiche, istruzioni da parte dei Nove: sua prima preoccupazione doveva essere quella di far inventariare tutti i registri e le scritture esistenti presso la sede comunale, poi effettuare il rinnovo delle cariche comunitative, nonché verbalizzare tutte le sedute del consiglio comunale e redigerne le deliberazioni approvate5 ed effettivamente, se vogliamo trarre qualche indicazione da questo caso, la presenza del cancelliere dei Nove si tradusse davvero in maggiore efficienza nella prassi amministrativa e nella tenuta delle scritture. Poco dopo gli fu affidata anche la gestione amministrativa dei luoghi pii (compagnie religiose, ospedali, ecc.)6 ed in breve di ogni altro ente esistente nel territorio della podesteria.

Progressivamente, sulla base di ordini inviatigli volta per volta dal Magistrato dei Nove, il cancelliere comunitativo divenne il vero deus ex machina di tutta l'amministrazione locale e finì per sottrarre al giusdicente gran parte delle funzioni di carattere amministrativo che aveva esercitato fino a quel momento: il rinnovo delle cariche comunitative, la revisione dei bilanci dei camarlinghi, le complesse e numerose operazioni che richiedeva la ripartizione e la riscossione della tassa sul macinato, il censimento periodico dei beni e delle entrate delle comunità e luoghi pii. La superiorità gerarchica del podestà nei confronti degli amministratori locali, ivi compreso il cancelliere (gli ordini del governo centrale continuarono fino al tardo '600 ad essere indirizzate al podestà) rimase pertanto un fatto più onorifico che sostanziale.

La capillare presenza dei cancellieri rappresentava però una spesa non indifferente per le popolazioni locali, tanto che alcune comunità in precedenza avevano scelto, a scopo di risparmio, di utilizzare come attuario uno dei notai della "famiglia" del giusdicente locale.7 Per alleviare questo onere, alcuni decenni dopo l'istituzione delle cancellerie comunitative si cominciò a ridurne il numero, accorpando più podesterie sotto la competenza del medesimo cancelliere. Come già era avvenuto per la creazione delle cancellerie, anche la cancellazione di alcune sedi avvenne senza un provvedimento formale e un po' alla spicciolata: man mano che alcune sedi rimanevano vacanti non si provvedeva a ricoprirle e si sottoponeva la circoscrizione rimasta sguarnita alla competenza del cancelliere di una sede vicina. Questo processo che portò il numero delle cancellerie comunitative da 66, quante ne abbiamo potute contare nel 1575, a 46 (nel 1647)8 interessò anche la podesteria di Vinci e Cerreto che il 15 luglio 1634 fu aggregata alla cancelleria comunitativa di Empoli, cui in precedenza erano già state riunite anche le podesterie di Montelupo e Lastra a Signa.9Non si trattò di una decisione improvvisa, dal momento che quando nel 1632 i rappresentanti del comune di Cerreto avevano chiesto l'autorizzazione a spendere scudi 8 l'anno per cinque anni per la pigione dell'abitazione del cancelliere, l'avevano ricevuta solo per tre anni.10Mancano studi ed indicazioni precise in merito, ma credo di non andar lontano dal vero mettendo in rapporto la diminuzione delle cancellerie con la necessità di bilanciare le spese straordinarie derivanti dall'epidemia di peste del 1630;11inoltre la riduzione del loro numero fu probabilmente solo uno degli aspetti di una generale riorganizzazione delle cancellerie, sfociato nell'emanazione di nuove Istruzioni per i cancellieri nel 1636.

Dal 1634 e per quasi due secoli la vita amministrativa della podesteria di Cerreto e Vinci si svolse sotto l'egida del cancelliere di Empoli, il quale era costretto a recarsi di frequente a Vinci, Cerreto, Vitolini e nelle altre località sulla riva destra dell'Arno per redigere le scritture e controllare i bilanci, servendosi di una barca per attraversare il fiume, dal momento che il primo ponte che univa le due parti della sua circoscrizione fu costruito soltanto in pieno Ottocento.

La fine della dinastia medicea nel 1737 e l'inizio del periodo della cosiddetta "reggenza lorenese" non portò con sé alcun mutamento istituzionale di rilievo a livello di amministrazione locale; in questo periodo c'è se mai da rilevare il compimento di numerose inchieste su vari settori della società, i cui risultati fecero da base per il successivo riformismo leopoldino. Queste inchieste misero sotto gli occhi dei fiduciari della nuova dinastia occhi non offuscati dall'abitudine e dall'attaccamento ad antiche tradizioni tutti gli anacronismi e le contraddizioni di un apparato amministrativo e giudiziario risalente, nelle sue grandi linee, ai secoli XIVXV. In particolare destò meraviglia il sistema di conferire gli uffici per estrazione a sorte, anche se ormai questa pratica era limitata a quelli di minore importanza, e il fatto che ai rettori delle podesterie e vicariati, che avevano come compito precipuo l'amministrazione della giustizia, non fosse richiesta alcuna competenza tecnico-professionale, cosa che indurrà qualcuno del nuovo establishment a definirli "giudici idioti".

Per svecchiare questa situazione fu emanata dal granduca Pietro Leopoldo la Riforma dei tribunali provinciali del 10 luglio 1771. In base ad essa vicari e podestà dovevano essere selezionati (e non più estratti a sorte) mediante esami di idoneità tra coloro che avevano compiuto regolari corsi di studi giuridici e senza più l'anacronistico requisito della cittadinanza fiorentina.12 Questa basilare riforma fu seguita di lì a poco (30 settembre 1771) da una completa riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie che ampliò il numero dei vicariati e ridusse quello delle podesterie. Per quanto riguarda la podesteria di Vinci e Cerreto fu abolita la residenza alternata e fu stabilita come unica sede del podestà Cerreto, con il solo obbligo per il podestà di recarsi a Vinci ogni domenica, per amministrarvi la giustizia. Per il penale fu sottoposta al neoistituito vicariato di Empoli.

Trattandosi di una podesteria minore, ai podestà di Cerreto Guidi non era richiesta la laurea in legge, ritenendosi sufficiente la qualifica di notaio civile, che si conseguiva con un curriculum di studi abbreviato, rispetto alla laurea, ma era pur sempre un progresso rispetto al tempo dei "giudici idioti".

Questa connotazione professionale, insieme all'abolizione del requisito della cittadinanza fiorentina portò ad un completo rinnovamento dei podestà, che da allora in poi cominciarono piuttosto ad essere reclutati tra gli ex appartenenti alla "famiglia" dei giusdicenti fiorentini. I nuovi podestà rimanevano in carica per tre anni e non per un solo semestre, come accadeva prima, e pertanto all'unica filza di atti vari, detta "civile" tout court, in cui si estrinsecava l'operato dei predecessori, si ebbero, per ciascun podestà, diverse filze, di solito composte dalla riunione di atti omogenei; si affermò infatti il metodo di archiviazione per fascicolo e non più mediante la registrazione delle diverse fasi di un procedimento in quaderni diversi, procedura che rendeva assai difficoltoso ricostruire a posteriori le varie pratiche.


Soggetti produttori collegati:
Nuova comunità di Cerreto, Cerreto Guidi (Firenze), 1774 - 1808 (successore)