Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

AST | Recupero e diffusione degli inventari degli archivi toscani
Menu di navigazione
Home » Visualizza scheda inventario

Colonna con sottomenu di navigazione


Complessi archivistici

Soggetti produttori

Contenuto della pagina


L'Archivio storico del Comune di Cerreto Guidi

31 - Provincia di Firenze. Collana Cultura e Memoria

Tipologia: inventario analitico

a cura di Veronica Vestri

patrocinio: Provincia di Firenze

Pubblicazione: Firenze, L. S. Olschki, 2004

Descrizione fisica: pp. XLIV, 174

Collezione: Cultura e Memoria, 31

Numeri: ISBN - 88-222-5356-6

Contenuti:

Nel percorso di conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale e della storia di una comunità, un punto fondamentale è costituito senz'altro dalla conservazione della sua memoria.
È nell'ottica del recupero, della conservazione e della valorizzazione della nostra memoria collettiva che l'Amministrazione Comunale ha voluto fermamente rendere conoscibile il patrimonio documentario custodito nell'Archivio Storico Comunale.
La pubblicazione dell'inventario quindi metterà a disposizione di tutti uno strumento attraverso il quale potrà essere meglio ricostruita, conosciuta, divulgata e valorizzata la storia della nostra comunità. Uno strumento che contribuisce a far avvicinare lo storico, lo studioso, l'appassionato, il cittadino a documenti necessari per la ricostruzione del passato, soprattutto se letti insieme e messi a confronto con le altre fonti di conoscenza storica artistiche, archeologiche, architettoniche presenti sul territorio.
Con l'auspicio di garantire a chiunque lo voglia la possibilità di poter conoscere la storia da vicino attraverso i documenti custoditi nell'Archivio Storico, con grande soddisfazione portiamo a conoscenza di tutti le testimonianze documentarie che, da questo momento in poi, saranno sempre meno "segrete" e sempre più conoscibili.

Il Sindaco
Luca Fanciullacci



Nella seconda metà del secolo XIII il territorio di Cerreto Guidi conobbe un importante mutamento politico: tra il 1254 ed il 1275, questo castello, con altri fortilizi circonvicini, insieme ai quali avevano formato il sistema difensivo del medio Valdarno verso la Valdinievole ed alcuni dei quali erano già in rovina all'epoca di questi avvenimenti, passò definitivamente dalla giurisdizione feudale dei conti Guidi al comune di Firenze, venendo inglobato nel contado fiorentino1.

Il contado di Firenze, l'area di più antico e diretto dominio della città, che fino alla fine del secolo XVIII conserverà notevoli differenze giuridiche e politiche con il distretto, si identificava in larga misura con il territorio delle diocesi di Firenze e Fiesole2 e pertanto proprio in questa zona costituiva un'enclave, incuneandosi nelle diocesi di Lucca e di Pistoia; questo fatto, la caratteristica cioè di territorio di confine, conservata per molti decenni, è alla base di una certa "fluidità" di istituzioni, nonché dell'incrociarsi sul territorio di Cerreto di molteplici circoscrizioni diverse che la ponevano in relazione, per le varie necessità, di volta in volta con diversi centri amministrativi. Questi aspetti complicano notevolmente l'assetto politicoamministrativo del territorio, rendendone talvolta problematica la ricostruzione e lasciando, nonostante la disanima di molta e varia documentazione, alcuni punti oscuri.

Il Comune di Firenze, impegnato nella sua lotta contro la giurisdizione feudale, lasciò per molto tempo ai territori del contado, che veniva man mano inglobando, l'antica organizzazione in pivieri e popoli, di origine ecclesiastica, che affondava le sue radici nell'Alto Medioevo. Il popolo corrispondeva al territorio di una parrocchia; l'insieme delle parrocchie suffraganee della stessa pieve formava un piviere.3 Per questo territorio possiamo constatare in concreto questa organizzazione attraverso una fonte di natura ecclesiastica coeva all'assoggettamento a Firenze: le Rationes decimarum del 1260 e poi del 1276 77, cioè i ruoli delle Decime ecclesiastiche che ogni parrocchia o popolo era tenuto a pagare alla santa Sede.4 Secondo questa fonte il territorio di Cerreto coincideva con il piviere di san Leonardo, appartenente alla diocesi di Lucca, alla quale rimase unito, com'è noto, fino al 1622; altri popoli della zona, che di lì a poco troveremo amministrativamente uniti a Cerreto, erano allora compresi in altri pivieri e altre diocesi: ad esempio i popoli di san Bartolomeo a Sovigliana, santa Maria a Petroio e santa Maria a Pagnana Mina (oggi Spicchio) facevano parte del piviere di sant'Andrea a Empoli e della diocesi di Firenze, mentre il piviere di san Giovanni in Greti, con i popoli di san Donato, di santa Croce a Vinci, di Vitolini, Faltognano, ecc. erano compresi nella diocesi di Pistoia.

Non troviamo invece menzionato il piviere di san Leonardo a Cerreto Guidi in una fonte coeva a carattere civile, il Libro di Montaperti del 1260, contenente l'elenco dei tributi in grano dovuti a Firenze, allora impegnata nella guerra contro Siena, dai vari popoli allora compresi nel suo dominio.5 I motivi di questa lacuna possono essere diversi: l'incompletezza della fonte, che lamenta delle mancanze proprio in coincidenza con il sesto di san Pancrazio, la circoscrizione cittadina cui presumibilmente era stato unito il piviere di Cerreto (mentre vi sono compresi i popoli di Sovigliana, Spicchio e Petroio, che, essendo uniti al piviere di Empoli, erano aggregati al sesto di Oltrarno), ma potrebbe anche trattarsi del fatto che questo territorio era stato ceduto a Firenze soltanto pochi anni prima e che quindi la giurisdizione fiorentina non vi era ancora pienamente consolidata.

Dunque, nel secolo XIII, tanto le fonti ecclesiastiche che quelle civili concordano nell'individuare nel popolo la circoscrizione amministrativa di base, la cellula di un sistema che nelle sue implicazioni amministrative rimase vitale fino alle riforme leopoldine, mentre per quelle religiose è in larga misura ancora vigente.

Per quanto atteneva all'organizzazione interna, l'assetto del popolo era molto semplice: poiché i popoli rurali erano in genere costituiti da poche decine di famiglie, le questioni più importanti erano discusse dall'assemblea dei capifamiglia, istituto di democrazia diretta attestato per alcuni popoli più marginali o per quelli che avevano conservato proprietà comuni, fino al pieno settecento;6 l'assemblea dei capifamiglia eleggeva poi il rettore, i cui compiti principali erano la distribuzione delle quote di Estimo, o coefficiente d'imposta, tra i capi famiglia del rispettivo popolo7 e la sorveglianza sull'ordine pubblico, con conseguente denuncia alla corte penale competente dei reati commessi entro i confini del proprio territorio.8 Le competenze fiscali dei rettori derivavano dal fatto che il popolo era responsabile in solidum del pagamento del contingente d'imposta assegnatogli dalla Città dominante, la quale poi si disinteressava di come la distribuzione tra i contribuenti veniva effettuata; questo delicatissimo compito veniva pertanto svolto dai rettori che si basavano sulla conoscenza diretta della capacità contributiva delle varie famiglie, salvo sempre il diritto di chi si sentiva ingiustamente aggravato di fare ricorso agli ufficiali fiorentini.9 Le competenze in campo fiscale dei rettori dei popoli si esaurirono, per quanto riguarda il contado fiorentino, nel 1427, allorché con l'introduzione del Catasto, furono adottati criteri più oggettivi per il calcolo del coefficiente d'imposta ed ogni contribuente divenne direttamente responsabile di fronte al Fisco, senza più la mediazione del popolo e del suo rettore; tuttavia per alcune località del contado, per le quali si sono conservate le fonti documentarie prodotte, si è potuta verificare la sopravvivenza di importanti competenze dei rettori sulla gestione economica dei rispettivi popoli fino alle riforme leopoldine degli ultimi decenni del 700.10 Per quanto attiene invece alla funzione di denuncia dei reati commessi entro i confini del popolo, che nei comuni più grandi veniva svolto da appositi "sindaci dei malefizi", il compito dei rettori dei popoli fu ulteriormente potenziato durante il regno di Cosimo I de' Medici.11

Se inizialmente è presumibile che non vi fosse differenza di organizzazione tra un popolo e l'altro, almeno a partire dalla seconda metà del '200 si cominciano a trovare fonti fiorentine che designano alcuni centri di questa parte del contado fiorentino, tra cui Cerreto, con la qualifica di comune, segno che si erano dati un'organizzazione più complessa, che prevedeva organismi rappresentativi e magistrature di vertice. Tale evoluzione fu certamente determinata dal maggior numero di abitanti che rendeva poco praticabile la democrazia diretta, ma la causa prima che indusse gli abitanti di alcune località a dotarsi di un'organizzazione interna più articolata e complessa è stata individuata nel fenomeno dell'incastellamento, ovvero nella costruzione della cinta muraria, talvolta voluta dagli stessi abitanti, ma più spesso decisa dai feudatari o comuni che detenevano la giurisdizione sulla zona. Le mura prevedevano la presenza di una guarnigione armata, richiedevano spese di gestione e di manutenzione, a loro volta implicanti la presenza di organismi decisionali, capaci di imporre tributi alla popolazione, procedure e istituzioni regolati da Statuti elaborati localmente o stabiliti dalla città dominante.

Non è possibile conoscere la data di costruzione della più antica cerchia muraria di Cerreto, che fino dal secolo XI è designato nelle fonti con il termine di castrum;12 dopo la dedizione a Firenze, si ha notizia del fatto che il 14 settembre 1336, dopo che la fortezza era stata per breve tempo espugnata dalle truppe di Mastino Della Scala, la Signoria di Firenze ordinò la costruzione di una nuova cinta muraria della lunghezza di 1300 braccia, alta braccia 15 e spessa due, con otto torri lungo il perimetro.13 A presidiare le fortificazioni di Cerreto è documentata nello stesso periodo la presenza di un castellano, scelto semestralmente tra i cittadini fiorentini ed equipaggiato con dieci fanti ed un cavallo.14 Le notizie sulla presenza del castellano cessano tuttavia negli anni immediatamente successivi, segno che la fortezza non era più presidiata, dato anche il fatto che l'ulteriore espansione territoriale di Firenze verso Nord e verso Ovest rendeva meno strategicamente importante la posizione di Cerreto Guidi.15

Come si è detto, per molto tempo il comune di Firenze, impegnato nel suo poderoso sforzo espansionistico, non sembrò interessato a dare una nuova e più omogenea organizzazione ai centri ed ai territori che man mano venivano ad aggregarsi al suo dominio, accontentandosi di inviarvi saltuariamente, in caso di bisogno, un presidio militare o più semplicemente un rappresentante della città dominante. Ai primi anni del secolo XIV risale invece la prima coerente organizzazione data da Firenze al suo dominio, tramite l'istituzione delle leghe, che presumibilmente interessò tutto il territorio allora sotto la giurisdizione fiorentina e che prevedeva per la prima volta la presenza stabile di un rappresentante della città, nella veste di capitano della lega, nelle principali località del dominio. La lega era istituto principalmente militare, in quanto era la circoscrizione di base che doveva fornire al Comune un certo contingente di milizie popolari, da affiancare, in caso di guerra, ai soldati di professione; svolgeva inoltre importanti funzioni di tutela dell'ordine pubblico.16 Questa istituzione, come il nome lascia supporre, riuniva sotto un capitano diversi comuni, popoli e pivieri contigui per territorio. Non si hanno notizie dirette sull'istituzione delle leghe, alle quali i riferimenti nelle fonti cominciano con il 1308,17 né suda loro struttura nel periodo delle origini. Le prime notizie a questo proposito sono quelle contenute nella più antica redazione a noi pervenuta degli Statuti fiorentini e risalenti al 1322. In essi, nella rubrica LXXX del libro V dello Statuto del Capitano del Popolo, intitolata "De iuramento ligarum comitatus et districtus Florentie" si parla diffusamente delle leghe, dei loro compiti, dei loro rappresentanti e capitani.18 Le leghe vengono anche enumerate, insieme al salario spettante ai vari capitani, ma tutta questa rubrica risulta pesantemente corretta e rimaneggiata nel corso delle revisioni subite dallo stesso Statuto nel 1324 e 1325 e pertanto di difficile interpretazione: sembra comunque di capire che Cerreto era allora unita in lega con Vinci e con altri luoghi vicini sotto un unico capitano, cittadino fiorentino eletto semestralmente con un salario di settanta lire. Nelle revisioni successive, dirette evidentemente a ridurre il numero dei capitani e le spese per il loro salario, la lega di Vinci e Cerreto rimase in essere, ma si stabilì che il capitano, invece di un salario prestabilito, ricevesse un compenso giornaliero di 40 soldi, per i soli giorni in cui fosse stato effettivamente presente nel territorio della sua giurisdizione, il numero dei quali non poteva essere inferiore a dieci al mese.19

Una successiva riorganizzazione del sistema delle leghe fu operata nel 1332 da parte di ufficiali eletti appositamente dalla Signoria di Firenze "super reformando et ordinando ligas in comitatu" e portò all'accorpamento della lega di Cerreto e Vinci con quella di Capraia, a formare un organismo territorialmente più esteso che riuniva sotto un medesimo capitano i comuni di Capraia, Vinci, Musignano, Colligonzi, Colle alla Pietra, i popoli della pieve di san Leonardo a Cerreto, e di quelli di sant'Iacopo a Campostreda, san Lorenzo a Linari e san Giusto a Musignano, insieme alla quarta parte degli uomini di Calappiano. A questa lega così allargata veniva contestualmente attribuita una somma d'Estimo pari a lire 3763.20 Questo fatto rende plausibile l'ipotesi che la nuova organizzazione fosse stata ideata soprattutto per motivi fiscali, tanto più che nel provvedimento di elezione degli ufficiali, oltre a ribadire i doveri delle leghe e dei loro capitani in materia di ordine pubblico, si fa esplicito riferimento alla necessità che "...comitatini et distrectuales Florentie obediant communi Florentie maxime in factionibus et aliis oneribus.. .", ovverosia alla corretta esazione delle imposte. Vi si fa inoltre riferimento a compiti di sorveglianza e cooperazione per l'estinzione degli incendi.

L'articolazione territoriale delle leghe, quale risulta dalla riforma del 1332 ora esaminata, viene riprodotta pedissequamente nelle successive redazioni degli Statuti fiorentini, da quella del 1355, passando per quella del 1408 1409, fino all'ultima del 1415, anche se ormai, alla data di queste ultime due compilazioni, il sistema delle leghe era stato soppiantato dall'organizzazione per podesterie e vicariati.

Podesterie e vicariati rappresentavano, come il nome suggerisce, le circoscrizioni territoriali in cui si trovavano ad operare rispettivamente i podestà ed i vicari; ma mentre questi ufficiali erano stati sporadicamente presenti in varie località del dominio fiorentino lungo tutto il secolo XIV, il fatto nuovo collocabile tra l'ultimo quarto del secolo ed i primi due decenni del successivo fu il loro stabilizzarsi e la fissazione dei rispettivi ambiti territoriali di competenza.

Podestà e vicari erano i rappresentanti del governo centrale (Signoria di Firenze e poi, dal pieno secolo XVI in poi, governo granducale), inviati nel territorio ad esercitarvi le funzioni connesse con la iurisdictio (funzione di governo, amministrazione della giustizia, ecc.); più connotati in senso politico, i podestà venivano inviati nei principali centri del dominio, più a carattere militare la competenza dei vicari (non a caso i primi vicari di cui si ha notizia erano dei connestabili21) si esercitava di solito su un'intera provincia; per la loro configurazione, che almeno all'inizio poneva l'accento più sulla rappresentanza politica e sulla difesa dell'ordine pubblico, che sulle funzioni giudiziarie, non era richiesta a questi ufficiali alcuna preparazione tecnico-giuridica, mentre l'appartenenza alla classe dirigente fiorentina, l'affidabilità politica e la contiguità con il governo della Dominante erano requisiti imprescindibili.

La saltuaria presenza di un podestà fiorentino a Cerreto, in genere dietro richiesta degli stessi abitanti alla Signoria di Firenze, è documentata lungo tutto il secolo XTV. Si trattò in questo primo periodo di una presenza che non interferiva con il sistema di organizzazione del territorio per popoli, pivieri e leghe; al contrario la provvisione dell'agosto 1376 che istituiva nuovi podestà in varie località del contado, tra cui anche Vinci e Cerreto, diceva espressamente che questi ufficiali avrebbero dovuto assumere le funzioni che nell'ordinamento fiorentino erano prima attribuite ai capitani delle leghe.22 In questo modo i podestà, da allora in poi scelti con il sistema dell'estrazione a sorte e non più eletti o nominati al bisogno dal governo fiorentino, diventano una presenza stabile e non occasionale e le circoscrizioni territoriali su cui esercitano le competenze, insieme a quelle più ampie costituite dai vicariati, divengono maghe di una rete che di lì a poco coprirà tutto il dominio fiorentino.

Pinaccio di Simone Strozzi fu il primo podestà di Cerreto eletto con il nuovo sistema per un semestre a partire dal 19 febbraio 1377; egli doveva esercitare le sue competenze a Cerreto, Colligonzi e Colle alla Pietra, mentre a Vinci veniva destinato un altro podestà. Quello di Cerreto doveva portare con sé un piccolo gruppo di collaboratori formato da un notaio e da due famigli, oltre ad un cavallo per gli spostamenti; gli era destinato un salario di trecento lire per il semestre in cui sarebbe rimasto in carica, pagabili con il provento delle multe e condanne pecuniarie e facendo sborsare l'eventuale disavanzo dagli abitanti della circoscrizione, secondo la rata dell'estimo assegnata a ciascun capofamiglia. Al podestà di Vinci era stata invece assegnata una "famiglia" composta da un notaio, quattro famigli ed un cavallo, con un salario semestrale di lire 350.

Questi podestà, oltre alla generale rappresentanza politica, dovevano amministrare la giustizia civile, decidendo cause fino a cinque lire di valore e perseguire i malfattori e punire i reati per cui era prevista una pena pecuniaria fino allo stesso valore. Dovevano inoltre adoperarsi per la cattura dei malviventi, sorvegliare sull'ordine pubblico e sul buono stato delle fortificazioni.

Da allora in poi i podestà fiorentini si succedettero semestralmente a Cerreto, come negli altri luoghi deputati a capoluogo di podesteria, mentre la circoscrizione territoriale loro affidata si dovette dotare di un apparato amministrativo per essere in grado di corrispondere il salario all'ufficiale fiorentino e di ripartirne la spesa tra gli abitanti. Fu per questo motivo che nacquero i vari consigli di podesteria, cui i comuni e i popoli compresi nel territorio inviavano i loro rappresentanti e la complessa gerarchia di camarlinghi incaricati di riscuotere dai contribuenti quanto necessario al mantenimento delle corti podestarili, alla costruzione e manutenzione dei palazzi pretori con l'annesso carcere, al salario dei vari cancellieri, messi, guardie, custodi, ecc., che la presenza del podestà rendeva necessari e furono redatti gli Statuti che regolavano tutti questi aspetti.

In molti casi le circoscrizioni podestarili ricalcarono i confini dell'antica lega, per cui nelle fonti coeve i due termini podesteria e lega divennero intercambiabili; non fu questo però il caso del territorio che qui ci interessa: l'antica lega di Capraia, di cui Cerreto aveva fatto parte nel periodo precedente al 1376, fu smembrata a formare almeno tre podesterie: Capraia, Vinci e Cerreto; quest'ultima risultò composta, oltre che dal comune omonimo, da quelli di Colligonzi e di Colle alla Pietra.

Un'altra notevole differenza tra il caso qui esaminato ed altre località del contado fiorentino riguarda la produzione statutaria: innanzi tutto molti centri anche vicini, come Colligonzi e Vinci, possono annoverare redazioni statutarie trecentesche, mentre per Cerreto Guidi la più antica redazione statutaria pervenuta non risale che al 1412;23 inoltre gli Statuti di Cerreto non certificano l'esistenza di un organismo federativo, ma regolano soltanto le istituzioni del comune di Cerreto ed i loro rapporti con il podestà fiorentino: si tratta cioè di Statuti di comune e non di podesteria, mentre le altre componenti territoriali della stessa podesteria, Colligonzi e Colle alla Pietra, erano dotate di Statuti separati e di un proprio "organico" di stipendiati, le cui competenze non valicavano i confini del rispettivo comune.24 Gli Statuti di Vinci del 1418 invece, tanto per fare un esempio territorialmente vicino, prevedevano l'esistenza di un consiglio di podesteria, formato dai rappresentanti dei comuni di Vinci, Vitolini e del popolo di Faltognano;25 inoltre se Colligonzi e Colle alla Pietra erano circoscrizioni territoriali composite, risultando formata la prima di cinque popoli e di quattro la seconda, il comune di Cerreto risultava invece formato da un singolo popolo, quello della pieve di san Leonardo, essendo stati evidentemente gli altri popoli elencati sotto lo stesso piviere nelle Rationes decimarum in parte soppressi ed in parte confluiti in altre aggregazioni.26

In base agli Statuti del 1412 al vertice del comune di Cerreto c'erano due Capitani di parte guelfa, coadiuvati da 10 consiglieri, i quali con altri venticinque consiglieri aggiunti formavano il consiglio generale, depositario della rappresentanza di tutto il comune. Da essi si evince che la competenza del podestà di Cerreto era stata portata fino a cento lire e che, oltre alla "famiglia" che doveva portare con sé ai sensi della legislazione fiorentina, era coadiuvato da alcuni ufficiali a carico del comune. Ma l'articolazione territoriale della podesteria di Cerreto, con l'organico dei suoi impiegati e le relative spese di funzionamento, piuttosto che dagli Statuti, possono essere più efficacemente colte da un'eccezionale fonte documentaria risalente al 1418.

In quel periodo la repubblica fiorentina, che fino ad allora aveva lasciato una relativa autonomia alle comunità soggette, istituì un'apposita commissione di cinque cittadini "super correctionem et resecationem expensarum comunitatum", allo scopo cioè di studiare il modo di comprimere le spese delle comunità del contado. Questa commissione, destinata a trasformarsi di lì a poco in una magistratura stabile per il controllo delle spese comunitative, con il nome di "Cinque conservatori del contado fiorentino", attuò prima di tutto un'indagine conoscitiva su quali erano le voci fisse di spesa delle varie circoscrizioni territoriali del contado fiorentino (popoli, comuni, podesterie, vicariati), i cui risultati sono giunti fino a noi e costituiscono una fonte preziosissima di informazioni.27

Innanzi tutto accanto alla voce "podesteria di Cerreto" compare l'annotazione "non fa in legha", cosa che interviene a confermare quanto era emerso dall'esame dagli Statuti del 1412, ovverosia la mancanza di una struttura federativa (consiglio di podesteria), nonché di ufficiali addetti a tutta la circoscrizione. La podesteria di Cerreto pertanto ha come struttura amministrativa soltanto la somma degli "organici" delle sue varie componenti territoriali: di esse il comune di Cerreto, oltre agli organismi rappresentativi (capitani e consiglieri), era dotato di un camarlingo, di due messi, di un sindaco dei malefici, di un campanaio, di un notaio con funzioni di cancelliere e di amministratore del "danno dato"(il settore giudiziario che si occupava dei danneggiamenti alle colture e che era rimasto di pertinenza delle comunità). Da questo documento, come del resto da un'annotazione presente negli Statuti del 1412, veniamo a sapere che in quest'epoca il podestà non risiedeva nel palazzo comunale, anche se lo utilizzava per tenervi udienza, ma abitava in una casa di proprietà della compagnia della Vergine Maria, con un canone annuale di dodici lire, a carico degli abitanti della podesteria.

Di un camarlingo, di un messo che fungeva anche da campanaio, di un sindaco dei malefici e delle prestazioni occasionali di un notaio, per redigere le scritture necessarie, si valeva anche il comune di Colligonzi, il quale però, risultando composto dai cinque popoli di santa Maria a Colligonzi, santa Maria a Pagnana Mina (oggi Spicchio), san Bartolomeo a Sovigliana, san Donato in Greti e san Martino a Petroio, poteva contare anche sui cinque camarlinghi dei rispettivi popoli; analogamente il comune di Colle alla Pietra disponeva di un sindaco dei malefici, di un messo e occasionalmente di un notaio per le scritture, mentre non vi era un camarlingo del comune, bensì soltanto i camarlinghi dei quattro popoli che lo componevano; di questi i primi due, santo Stefano a Codiano e santa Maria a Gonfienti (oggi Bassa) avevano un camarlingo ed una guardia campestre ciascuno, mentre gli altri, san Leonardo al Colle e san Bartolomeo a Gavena, non disponevano di alcuno stipendiato fisso.

La compagine territoriale della podesteria di Cerreto rimase sostanzialmente stabile fino alle riforme settecentesche ed oltre, come del resto l'organico, anche se alcune figure professionali, prima tra tutte quella del cancelliere, subirono profondi cambiamenti con l'andare del tempo, come vedremo meglio in seguito.

Il podestà di Cerreto, secondo un'evoluzione che interessò in generale tutto il dominio fiorentino, perse con l'andar del tempo la maggior parte delle sue connotazioni politiche e si identificò sempre di più con il giudice ordinario in materia civile del territorio di sua competenza; analogamente i vicari conobbero una parallela evoluzione che li portò a divenire i giudici penali ordinari della propria circoscrizione che ordinariamente comprendeva più podesterie; non esisteva alcun rapporto gerarchico fra i due ruoli, entrambi affidati per tutto il periodo precedente alle riforme leopoldine a cittadini fiorentini abili agli uffici maggiori, tanto che la stessa persona poteva essere nel corso della sua vita chiamata a ricoprire più volte indifferentemente l'uno e l'altro dei due incarichi. Gli unici tecnici della situazione, coloro che erano in grado di istruire un processo, civile o penale, e di redigerne gli atti erano i notai della "famiglia" che ciascun vicario o podestà era tenuto a portare con sé in ufficio e che assistevano il giusdicente nell'esercizio delle sue funzioni, in un ruolo a mezza strada tra il cancelliere di tribunale e il giudice "a latere". Inizialmente questi notai venivano liberamente scelti dal giusdicente, al quale erano legati da un rapporto sostanzialmente privatistico; a partire dal 1570 si affermò su di loro un controllo sempre più forte da parte degli organi del governo centrale.28

La podesteria di Cerreto fu compresa nel 1394 nella circoscrizione penale del vicario di San Miniato.29 Com'era consuetudine nei territori di confine o di conquista recente, in cui c'era più necessità di sorvegliare sull'ordine pubblico e di prevenire lo sconfinamento di banditi e ribelli, la Signoria di Firenze aveva istituito un vicario a San Miniato fino dall'assoggettamento di questo comune nel 1370,30 ma allora non c'era stato motivo di estendere le competenze di questo ufficiale essenzialmente, come si è già detto, il compito di rappresentare e consolidare il dominio fiorentino su territori di recente conquista ad un centro di antica e comprovata fedeltà a Firenze, com'era Cerreto.31 Le cose cambiarono di li a pochi decenni, quando i vicari, subendo un processo evolutivo analogo a quello dei podestà, anche se cronologicamente sfalsato di circa mezzo secolo, andarono a configurarsi come i giudici penali ordinari del 1423 che attribuì loro la competenza anche sui reati comuni e non più soltanto su quelli di natura politica,32 ma probabilmente questo provvedimento rappresentò il culmine di un'evoluzione cominciata almeno dagli anni novanta del secolo XIV, periodo in cui i vicari fanno la loro comparsa anche nel contado. Il comune di Cerreto fu uno dei primi casi in cui la competenza dei vicari (in quanto magistratura ordinaria e non più straordinaria), sconfina nel contado. Una Provvisione approvata dai consigli opportuni del comune di Firenze in data 5 febbraio 1394,33 prendendo atto che nel comune di Cerreto erano stati commessi e si commettevano continuamente "scelera et delicta satis orrenda", dispose che da allora in poi ed in perpetuo su questo territorio si estendesse la competenza del vicario del Valdarno di Sotto o di San Miniato. Purtroppo la situazione in cui versano gli archivi criminali non ci consente nemmeno di tentare di individuare di quali delitti e crimini si sia trattato, ma non c'è dubbio, mancando qualsiasi riferimento "alla difesa della libertà e del pacifico stato della Repubblica fiorentina" (un vero e proprio topos nei provvedimenti concernenti l'ordine pubblico) che si sia trattato di reati comuni e non politici. In ogni caso comincia con il 1394 lo stretto rapporto tra la podesteria di Cerreto ed il vicariato di San Miniato, destinato a protrarsi fino al 1771.

La podesteria di Vinci che, come si è detto, comprendeva, oltre al comune omonimo, anche quello di Vitolini ed il popolo di Faltognano, rimase esclusa, come del resto la maggior parte del contado, dall'aggregazione ad un vicariato fino al 1415. Sul contado si estendeva infatti la competenza delle magistrature fiorentine: Podestà, Capitano del popolo ed Esecutore degli ordinamenti di Giustizia, che in momenti di emergenza vennero affiancati da ufficiali forestieri itineranti, esclusivamente destinati al contado e che assunsero nel tempo vari nomi: difensori del contado, bargelli, vicari generali; talvolta, come si è già detto in precedenza, si preferiva far presidiare le zone più a rischio da podestà e vicari fiorentini temporaneamente eletti a questo scopo.

Nel 1415 invece, quando, per completare la rete delle podesterie e dei vicariati che da allora in poi coprirà a maghe regolari tutto il dominio fiorentino, fu istituito, insieme ad altre circoscrizioni, il vicariato della Valdelsa con sede a Certaldo, la podesteria di Vinci vi fu compresa, insieme a molte altre, a formare una compagine territoriale che dalle mura di Firenze si estendeva fino a Poggibonsi.34

Questa rete di vicariati e podesterie subì una completa riorganizzazione nel 1424,35 allo scopo di razionalizzare la distribuzione sul territorio dei giusdicenti e di ridurne il numero, per alleviare l'onere finanziario derivante dal pagamento dei loro stipendi. Per effetto di questi provvedimenti la podesteria di Cerreto fu unita con quella di Vinci sotto un unico podestà, ma questo non significò la fusione delle due circoscrizioni, che anzi rimasero ben distinte, ciascuna con i propri organi rappresentativi e soprattutto con i propri Statuti, che continuarono ad essere aggiornati ed approvati fino alle riforme leopoldine; anzi gli Statuti che l'ormai unico podestà di Vinci e Cerreto si trovava a dover applicare erano almeno cinque: uno per il comune di Cerreto, uno per quello di Colligonzi, uno per Vinci, uno per Vitolini ed uno per Faltognano,36 salvo se altri ne esistevano che non sono pervenuti fino a noi. Fu stabilito che il podestà risiedesse a Vinci, ma che uno dei notai della sua "famiglia", il cui numero era stato con l'occasione portato a due, risiedesse stabilmente a Cerreto, mentre le altre località dovevano ricevere la visita del podestà o del notaio una volta ogni una o due settimane. Anche il salario del podestà fu aumentato a 500 lire ogni semestre, mentre prima, quando i podestà erano due, la somma dei loro stipendi era di lire 650 al semestre, con un risparmio evidente; nonostante questo, il provvedimento del 1424 seminò molto scontento e fece nascere fra i due centri del medio Valdarno una forte rivalità, destinata a sopirsi, se pure lo fu, soltanto in epoca postunitaria con il ritorno ad una perfetta parità.

Dopo l'unione delle due podesterie, ci fu bisogno di un ulteriore accomodamento, in quanto esse fino a quel momento erano aggregate per il penale a due diversi vicariati; pertanto si decretò il 28 novembre 1424 il passaggio anche della podesteria di Vinci sotto il vicariato del Valdarno di sotto, per quanto atteneva alla giustizia penale, rimanendo invece compresa in quello della Valdelsa per quanto riguardava l'"economico".37

Gli abitanti di Cerreto Guidi non furono per nulla contenti di aver perso il loro podestà e cominciarono a spedire ambasciatori alla Signoria di Firenze perché ritornasse sulla propria decisione, asserendo di essere "male serviti", data la distanza del paese dalla sede podestarile ed alla fine ottennero, con la Provvisione del 25 febbraio 147538 che i podestà risiedessero alternativamente a Vinci ed a Cerreto. Sembrava una decisione salomonica, ma se questo nuovo provvedimento scontentò gli abitanti di Vinci, non per questo quelli di Cerreto rimasero soddisfatti, tanto che ricominciarono ad inviare ambasciatori a Firenze a sostenere l'assunto che il podestà di Vinci e Cerreto "manere debet et moram facere in castro Cerreti Guidi".39 I rappresentanti del comune di Vinci dovettero fare altrettanto, tanto che una nuova Provvisione del 27 agosto 1482 stabilì che i podestà di Vinci e Cerreto scegliessero liberamente dove risiedere.40

La questione non finì nemmeno con questo provvedimento e gli anni successivi sono punteggiati da altre deliberazioni, ognuna delle quali contraddiceva la precedente e di cui è difficile dar conto con precisione.41 Sembra tuttavia che il provvedimento del 1545 che ripristinava la residenza alternata sia stato quello definitivo,42 anche se un esame accurato della documentazione superstite lascia dei dubbi sul fatto che sia stato rigidamente osservato.

Tutti gli atti emanati dal podestà erano scritti da quello dei due notai della sua "famiglia" che rimaneva presso di lui ed era definito nelle fonti contemporanee "miles socius" o "cavaliere", mentre l'altro notaio, che amministrava la giustizia nel centro non coperto dal podestà, era detto "ufficiale di banco"e "banco di giustizia", "banco di ragione" o "bancus iuris" veniva chiamata la sua sede. La responsabilità degli atti prodotti era comunque del podestà, ma le cognizioni tecniche, la teoria e la prassi giudiziaria erano invece bagaglio esclusivo di questi notai, che costituivano l'ossatura burocratica di podesterie e vicariati, come del resto delle amministrazioni comunitative ed anche di molti organi del governo centrale.

Il podestà, almeno dall'ultimo quarto del secolo XIV, si configurava, come si è detto, oltre che come rappresentante del governo centrale, come giudice civile ordinario per gli abitanti della podesteria;43 in realtà questo ruolo era limitato dal privilegio dei cittadini fiorentini (tra le principali famiglie del patriziato cittadino che detenevano importanti interessi economici nella zona di Cerreto Guidi si possono annoverare gli Adimari, i Gaddi, i Borgherini, gli Alessandri e poi gli stessi Medici) di essere giudicati soltanto da tribunali cittadini e dall'estendersi al contado della competenza di alcune magistrature, competenti a giudicare controversie di natura particolare (le Arti, il tribunale di Mercanzia, i Nove Conservatori del Dominio, ecc.). A ciò si aggiunga il fatto che un particolare settore giudiziario, quello dei danneggiamenti alle colture (il cosiddetto "danno dato") rimase per secoli di pertinenza delle comunità, che lo esercitavano di solito per mezzo di un notaio direttamente stipendiato da loro; nel caso di Cerreto Guidi la competenza sul danno dato veniva cumulata dal cancelliere del comune, in margine alla sua attività di attuario.

Queste limitazioni, insieme al fatto che la maggior parte delle controversie nate tra gli abitanti della podesteria erano di valore irrisorio e si risolvevano in via pregiudiziale, mediante il ricorso ad arbitrati, spiega l'esiguo numero di atti civili fra i documenti prodotti dai singoli podestà. La stragrande maggioranza dell'attività di questi ultimi consisteva infatti negli atti esecutivi, ovverosia nel costringere, anche mediante sequestri e pignoramenti, i debitori morosi a pagare i loro debiti, tanto verso privati ("Esecutivo privato" si chiama questa branca dell'attività podestarile), che nei confronti di pubbliche amministrazioni; questi ultimi debiti venivano ulteriormente distinti secondo che si trattasse di debiti verso camarlinghi locali ("Pubblico di podesteria") o nei confronti di magistrature fiorentine ("Pubblico di Firenze"). Altra gravosa funzione del podestà era quella di dare esecuzione agli ordini che gli venivano da Firenze: attuare le "comandate", ossia le prestazioni di lavoro obbligatorie cui gli abitanti della podesteria erano tenuti per l'esecuzione di opere ritenute di pubblica utilità; eseguire censimenti di tutti gli abitanti, come avvenne nel 1551, o di specifiche categorie produttive, o di raccolti e produzioni particolari; effettuare visite ispettive alle carceri, agli ospedali, ai mulini.

Mentre in alcune podesterie più importanti il podestà aveva anche una più o meno estesa competenza criminale,44 a Cerreto, in quanto sede di podesteria minore, al podestà spettava soltanto la punizione di piccole infrazioni, come la disobbedienza, l'oltraggio a pubblico ufficiale, il danneggiamento di pubblici edifici e poco altro.

Per i reati veri e propri si ricorreva al vicario di San Miniato, il quale, come si è già detto, non aveva in linea di principio alcuna superiorità gerarchica sui podestà della sua circoscrizione, ma di fatto, per poter esercitare le sue funzioni, doveva spesso inviare ordini ai podestà (ordini di cattura, di sequestro, ecc.); ai vicari talvolta, in quanto titolari di una circoscrizione più vasta, venivano inviati gli ordini del governo centrale con l'ordine di diramarli alle varie corti podestarili.

Il podestà poi, oltre che come rappresentante del governo centrale e come giusdicente, si presentava con un altro aspetto: quello di vertice gerarchico degli organismi di autogoverno locale: i verbali delle riunioni consiliari non mancano mai di sottolineare come il consiglio generale del comune si riunisce "di licentia et consenso" del podestà; quest'ultimo inoltre effettuava, prima degli anni settanta del '500, la revisione dei bilanci consuntivi o saldi dei camarlinghi, nonché tutte le operazioni connesse con il rinnovo delle cariche comunitative. Lo stretto rapporto esistente tra podestà ed amministrazione locale è sottolineato dal fatto che egli dovesse giurare all'inizio del suo mandato di osservare gli Statuti e che alla fine il suo operato fosse sottoposto a revisione da parte di sindaci locali. Gli organi deliberativi delle comunità presumibilmente non avevano in origine precisi limiti di spesa e facevano erogare le somme necessarie al camarlingo comunitativo, attingendo alle entrate del comune (consistenti quasi esclusivamente in canoni di beni immobili concessi a livello) e suddividendo il disavanzo tra gli abitanti in base alle quote dell'estimo. Con il 1419 fu invece istituita la magistratura dei Cinque Conservatori del contado, appositamente destinata al controllo delle spese comunitative, che dapprima fissò una volta per tutte il budget di ogni singola circoscrizione (dai popoli ai vicariati) e poi stabilì che le spese straordinarie dovevano essere preventivamente approvate dalla stessa magistratura. Con l'instaurazione del principato tale controllo sulle amministrazioni locali si fece più stretto e fu affidato al Magistrato dei Nove Conservatori del dominio fiorentino e della giurisdizione, che sostituì i Cinque nel 1560. Per rendere più efficiente il controllo sulle comunità e razionalizzare l'intero sistema, unificando, per quanto possibile le procedure, il nuovo magistrato cominciò a sostituire ai vari cancellieri locali, che le comunità si erano fino ad allora scelte autonomamente, dei cancellieri nominati dal governo centrale, destinati a rimanere nella sede assegnata per un periodo pluriennale: furono questi i cosiddetti "cancellieri fermi", chiamati così in contrasto con i loro predecessori, in genere soggetti a veloce rotazione, come in genere tutte le cariche comunitative.45 Oltre a questa "lunga durata" essi si distinguevano dagli attuari dei comuni per il fatto che erano alle strette dipendenze non delle amministrazioni locali ma del magistrato che su di esse esercitava la tutela, tanto che vengono talvolta chiamati dalle fonti contemporanee "cancellieri dei Nove", benché ricevessero stipendio ed alloggio dalle popolazioni locali; per il resto essi avevano la stessa connotazione professionale dei predecessori, in quanto, se escludiamo alcune sedi più importanti cui veniva destinato un dottore in legge, la stragrande maggioranza delle cancellerie fu affidata a dei notai "forestieri", cioè originari di altre comunità, come del resto, almeno a Cerreto, era accaduto anche in precedenza.46

La sostituzione di queste nuove figure ai cancellieri comunali tradizionali fu attuata senza un provvedimento formale a partire dagli anni settanta del '500 e cominciando dalle comunità più periferiche del dominio, alcune delle quali non mancarono di ribellarsi a questa novità, adducendo particolari privilegi ottenuti dalla Repubblica fiorentina al momento della sottomissione.47

Le proteste non sortirono però alcun effetto e la sostituzione dei nuovi cancellieri, ai vecchi poteva dirsi ultimata nel maggio 1575 quando furono emanate le Istruzioni per i cancellieri.48

La dislocazione dei cancellieri dei Nove ricalcò all'inizio quella dei podestà e pertanto ad ogni sede podestarile fu destinato un cancelliere. Questo semplice fatto costituì già di per sé per la nostra zona un motivo di rottura con il passato, quando le due comunità di Vinci e Cerreto Guidi avevano avuto ciascuna un proprio cancelliere; invece dal 16 settembre 1570, data di elezione di Marco Mellini da Vicchio di Mugello a cancelliere della podesteria di Vinci e Cerreto, dovettero servirsi dello stesso.49

Come sede della cancelleria fu scelta, non si sa in base a quali considerazioni, Cerreto e questo non mancò di suscitare le rimostranze degli amministratori di Vinci, i quali dapprima chiesero di poter continuare a servirsi di un loro scrivano e poi, davanti al diniego dei Nove, chiesero di far risiedere il cancelliere nel proprio comune, adducendo di rappresentare i 5/3 (sic!) dell'intera podesteria, ma anche questa istanza andò incontro alla stessa sorte.50

Il nuovo cancelliere di Cerreto, cui la comunità, oltre la quota di stipendio, dovette provvedere anche la casa, si recò nella sede assegnatagli accompagnato da precise, ancorché schematiche, istruzioni da parte dei Nove: sua prima preoccupazione doveva essere quella di far inventariare tutti i registri e le scritture esistenti presso la sede comunale, poi effettuare il rinnovo delle cariche comunitative, nonché verbalizzare tutte le sedute del consiglio comunale e redigerne le deliberazioni approvate51 ed effettivamente, se vogliamo trarre qualche indicazione da questo caso, la presenza del cancelliere dei Nove si tradusse davvero in maggiore efficienza nella prassi amministrativa e nella tenuta delle scritture. Poco dopo gli fu affidata anche la gestione amministrativa dei luoghi pii (compagnie religiose, ospedali, ecc.)52 ed in breve di ogni altro ente esistente nel territorio della podesteria.

Progressivamente, sulla base di ordini inviatigli volta per volta dal Magistrato dei Nove, il cancelliere comunitativo divenne il vero deus ex machina di tutta l'amministrazione locale e finì per sottrarre al giusdicente gran parte delle funzioni di carattere amministrativo che aveva esercitato fino a quel momento: il rinnovo delle cariche comunitative, la revisione dei bilanci dei camarlinghi, le complesse e numerose operazioni che richiedeva la ripartizione e la riscossione della tassa sul macinato, il censimento periodico dei beni e delle entrate delle comunità e luoghi pii. La superiorità gerarchica del podestà nei confronti degli amministratori locali, ivi compreso il cancelliere (gli ordini del governo centrale continuarono fino al tardo '600 ad essere indirizzate al podestà) rimase pertanto un fatto più onorifico che sostanziale.

La capillare presenza dei cancellieri rappresentava però una spesa non indifferente per le popolazioni locali, tanto che alcune comunità in precedenza avevano scelto, a scopo di risparmio, di utilizzare come attuario uno dei notai della "famiglia" del giusdicente locale.53 Per alleviare questo onere, alcuni decenni dopo l'istituzione delle cancellerie comunitative si cominciò a ridurne il numero, accorpando più podesterie sotto la competenza del medesimo cancelliere. Come già era avvenuto per la creazione delle cancellerie, anche la cancellazione di alcune sedi avvenne senza un provvedimento formale e un po' alla spicciolata: man mano che alcune sedi rimanevano vacanti non si provvedeva a ricoprirle e si sottoponeva la circoscrizione rimasta sguarnita alla competenza del cancelliere di una sede vicina. Questo processo che portò il numero delle cancellerie comunitative da 66, quante ne abbiamo potute contare nel 1575, a 46 (nel 1647)54 interessò anche la podesteria di Vinci e Cerreto che il 15 luglio 1634 fu aggregata alla cancelleria comunitativa di Empoli, cui in precedenza erano già state riunite anche le podesterie di Montelupo e Lastra a Signa.55Non si trattò di una decisione improvvisa, dal momento che quando nel 1632 i rappresentanti del comune di Cerreto avevano chiesto l'autorizzazione a spendere scudi 8 l'anno per cinque anni per la pigione dell'abitazione del cancelliere, l'avevano ricevuta solo per tre anni.56Mancano studi ed indicazioni precise in merito, ma credo di non andar lontano dal vero mettendo in rapporto la diminuzione delle cancellerie con la necessità di bilanciare le spese straordinarie derivanti dall'epidemia di peste del 1630;57inoltre la riduzione del loro numero fu probabilmente solo uno degli aspetti di una generale riorganizzazione delle cancellerie, sfociato nell'emanazione di nuove Istruzioni per i cancellieri nel 1636.

Dal 1634 e per quasi due secoli la vita amministrativa della podesteria di Cerreto e Vinci si svolse sotto l'egida del cancelliere di Empoli, il quale era costretto a recarsi di frequente a Vinci, Cerreto, Vitolini e nelle altre località sulla riva destra dell'Arno per redigere le scritture e controllare i bilanci, servendosi di una barca per attraversare il fiume, dal momento che il primo ponte che univa le due parti della sua circoscrizione fu costruito soltanto in pieno Ottocento.

La fine della dinastia medicea nel 1737 e l'inizio del periodo della cosiddetta "reggenza lorenese" non portò con sé alcun mutamento istituzionale di rilievo a livello di amministrazione locale; in questo periodo c'è se mai da rilevare il compimento di numerose inchieste su vari settori della società, i cui risultati fecero da base per il successivo riformismo leopoldino. Queste inchieste misero sotto gli occhi dei fiduciari della nuova dinastia occhi non offuscati dall'abitudine e dall'attaccamento ad antiche tradizioni tutti gli anacronismi e le contraddizioni di un apparato amministrativo e giudiziario risalente, nelle sue grandi linee, ai secoli XIVXV. In particolare destò meraviglia il sistema di conferire gli uffici per estrazione a sorte, anche se ormai questa pratica era limitata a quelli di minore importanza, e il fatto che ai rettori delle podesterie e vicariati, che avevano come compito precipuo l'amministrazione della giustizia, non fosse richiesta alcuna competenza tecnico-professionale, cosa che indurrà qualcuno del nuovo establishment a definirli "giudici idioti".

Per svecchiare questa situazione fu emanata dal granduca Pietro Leopoldo la Riforma dei tribunali provinciali del 10 luglio 1771. In base ad essa vicari e podestà dovevano essere selezionati (e non più estratti a sorte) mediante esami di idoneità tra coloro che avevano compiuto regolari corsi di studi giuridici e senza più l'anacronistico requisito della cittadinanza fiorentina.58 Questa basilare riforma fu seguita di lì a poco (30 settembre 1771) da una completa riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie che ampliò il numero dei vicariati e ridusse quello delle podesterie. Per quanto riguarda la podesteria di Vinci e Cerreto fu abolita la residenza alternata e fu stabilita come unica sede del podestà Cerreto, con il solo obbligo per il podestà di recarsi a Vinci ogni domenica, per amministrarvi la giustizia. Per il penale fu sottoposta al neoistituito vicariato di Empoli.

Trattandosi di una podesteria minore, ai podestà di Cerreto Guidi non era richiesta la laurea in legge, ritenendosi sufficiente la qualifica di notaio civile, che si conseguiva con un curriculum di studi abbreviato, rispetto alla laurea, ma era pur sempre un progresso rispetto al tempo dei "giudici idioti".

Questa connotazione professionale, insieme all'abolizione del requisito della cittadinanza fiorentina portò ad un completo rinnovamento dei podestà, che da allora in poi cominciarono piuttosto ad essere reclutati tra gli ex appartenenti alla "famiglia" dei giusdicenti fiorentini. I nuovi podestà rimanevano in carica per tre anni e non per un solo semestre, come accadeva prima, e pertanto all'unica filza di atti vari, detta "civile" tout court, in cui si estrinsecava l'operato dei predecessori, si ebbero, per ciascun podestà, diverse filze, di solito composte dalla riunione di atti omogenei; si affermò infatti il metodo di archiviazione per fascicolo e non più mediante la registrazione delle diverse fasi di un procedimento in quaderni diversi, procedura che rendeva assai difficoltoso ricostruire a posteriori le varie pratiche.

Una ulteriore riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie si ebbe nel 1784 quando la podesteria di Cerreto fu staccata dal vicariato di Empoli ed aggregata a quello di Fucecchio.

Alle riforme giudiziarie leopoldine fece seguito quella delle amministrazioni commutative che si articolò nell'emanazione di un "Regolamento generale per le comunità del Contado" del 1774 (cui tennero dietro altri regolamenti generali per le varie zone in cui si era fino ad allora articolato lo stato-mosaico dei granduchi di Toscana), seguito da tanti regolamenti particolari quante erano le comunità.59 Nonostante l'accorgimento di emanare un regolamento particolare per ogni comunità, la riforma tendeva ad uniformare l'assetto istituzionale ed il funzionamento delle amministrazioni locali, che da allora in poi differirono soltanto per il numero dei componenti del magistrato comunitativo e del consiglio, nonché per l'ammontare della tassa di redenzione che prese il posto del vecchio dazio comunitativo, come diremo meglio in seguito. Veniva con questa riforma a cessare la distinzione tra contado e distretto, erano abrogati gli Statuti locali e con questi la complessa gerarchia tra popoli, comuni, comunelli, terre, ville e quanto altro aveva reso lento e complesso il funzionamento delle amministrazioni locali nel periodo precedente , nonché i particolari privilegi risalenti in molti casi al XTV secolo che alcune comunità continuavano a rivendicare.

In base al suo Regolamento particolare, emanato in data 24 maggio 1774, la nuova comunità di Cerreto Guidi assorbì il territorio degli ex comuni di Colligonzi, Colle alla Pietra, Vinci e Vitolini, nonché del popolo di Faltognano.60Aboliti i vari organi rappresentativi di questi, la nuova comunità doveva essere amministrata da un Magistrato Comunitativo formato da un gonfaloniere e quattro rappresentanti e da un consiglio di diciannove deputati, uno per ognuna delle componenti territoriali che aveva concorso a formare la nuova circoscrizione comunale. Potevano essere membri del magistrato e del consiglio tutti i possidenti del territorio comunale, ovunque fossero residenti (altra importante novità rispetto al passato, in cui gli Statuti locali escludevano rigidamente dalle cariche comunitative chi non fosse "allibrato" nel comune) ed anche rappresentanti di enti (opere pie laicali, ospedali, ecc.), purché possedessero beni immobili entro il territorio comunale. Come corollario di questa normativa si rese necessario l'impianto su basi più razionali di un nuovo Catasto e l'affidamento di esso alla responsabilità delle amministrazioni locali, attraverso l'opera dei cancellieri comunitativi. Anche in epoca leopoldina la comunità di Cerreto rimase affidata alle cure del cancelliere comunitativo di Empoli.

La Riforma comunitativa del 1774 rinnovò profondamente anche il sistema fiscale: a parte la tassa sul macinato e la Decima che continuavano ad avere reti separate di esazione, la contribuzione diretta nel contado si era basata sul dazio comunitativo, un'imposta formata di varie voci, diverse da una comunità all'altra, ma che aveva come nucleo fondamentale il "chiesto dei Nove",61ovvero una somma di denaro variabile da un anno all'altro, con cui il Magistrato dei Nove Conservatori si faceva rimborsare dalle amministrazioni locali quanto aveva speso nel loro interesse durante il precedente esercizio finanziario (lavori stradali, spese militari, costruzione di opere pubbliche, stipendi di ufficiali, ecc.). Questa somma veniva ripartita tra le comunità interessate in base alla "massa estimale", cioè alla somma delle quote di estimo di ogni singolo contribuente abitante entro i confini comunali. Questa quota era per i mezzadri agganciata al valore con cui il fondo da ciascuno lavorato era iscritto nei ruoli della Decima, cioè l'imposta sui beni immobili di origine tardo-quattrocentesca; per gli artigiani, commercianti e braccianti consisteva in una cifra forfettaria (di solito due lire per le prime due categorie, una lira per la terza); soltanto chi veniva riconosciuto "miserabile" era esente dalla contribuzione. Secondo l'ammontare del "chiesto", cui venivano aggiunte le altre "voci", come le spese pagate direttamente a livello locale, ogni contribuente era chiamato a pagare una frazione o più spesso un multiplo della cifra con cui era iscritto all'Estimo. Il compito di redigere i ruoli del dazio (come del resto anche quelli della tassa sul macinato e delle imposizioni straordinarie) era compito del cancelliere comunitativo, mentre le riscossioni e le relative scritture contabili erano pertinenza del camarlingo.

La riforma comunitativa sostituì il dazio con una tassa di redenzione pagata in misura fissa dai mezzadri, artigiani ecc. (per la determinazione della somma, era stata fatta una media delle annate precedenti); quel che mancava a raggiungere il fabbisogno stimato (il pagamento della tassa era preventivo e non a titolo di rimborso, come era stato il dazio), veniva diviso tra i possidenti.

Queste furono per sommi capi le più importanti ripercussioni a livello di amministrazione locale del riformismo leopoldino. Per trovare un altro periodo altrettanto denso di innovazioni e oltretutto concentrate in un piccolissimo lasso di tempo occorre giungere al cosiddetto "periodo francese" (1808-1814).

In realtà il periodo di influenza dei Francesi sull'Italia e sulla Toscana era cominciato oltre un decennio prima del trattato di Fontainebleau del 27 ottobre 1807 e del Senatoconsulto del 24 maggio 1808, ma furono questi ultimi a determinare, mediante l'annessione diretta della Toscana all'impero francese, bruschi e profondi cambiamenti sull'assetto istituzionale del Granducato, sia a livello di governo centrale che di istituzioni periferiche.62

Il territorio della Toscana fu diviso, seguendo l'organizzazione amministrativa vigente in Francia, in tre dipartimenti: dell'Amo, dell'Ombrone e del Mediterraneo con capoluoghi rispettivamente Firenze, Siena e Livorno, cosa che determinò per Firenze la perdita del molo di capitale; ogni dipartimento fu a sua volta suddiviso in circondari e questi in municipalità. A livello di dipartimento operava una prefettura, da cui dipendevano varie sottoprefetture, una per ogni circondario; infine a ciascuna sottoprefettura facevano capo le municipalità, più frequentemente designate con il termine francese di mairies. A capo di ogni amministrazione locale c'era un maire, che a differenza del gonfaloniere di cui aveva preso il posto, si configurava come funzionario del governo, piuttosto che come membro dell'amministrazione locale, tanto è vero che veniva nominato dal Prefetto del dipartimento. Egli era il vero ed il solo responsabile dell'amministrazione del comune, tanto della gestione economica che del mantenimento dell'ordine pubblico, tanto che, in caso di bisogno, poteva valersi della forza pubblica; era coadiuvato da un aggiunto, con funzioni di supplenza negli impegni di minore importanza e da un segretario, con funzioni di attuario, carica a cui furono solitamente chiamati gli ex cancellieri comunitativi del precedente regime; esisteva poi un consiglio comunale con un numero variabile di membri, in proporzione al numero degli abitanti, con funzioni puramente consultive.

Data l'estensione e la complessità delle funzioni affidate ai maires, la loro presenza divenne capillare sul territorio e pertanto fu molto aumentato, rispetto al passato, il numero delle amministrazioni comunali: il territorio del comune di Cerreto Guidi, quale era stato determinato dal regolamento leopoldino del 1774, fu pertanto suddiviso in due mairies, una con capoluogo Vinci ed una con capoluogo Cerreto: a quest'ultima rimasero soltanto cinque popoli sui diciannove della precedente organizzazione; i quattordici rimanenti, compresi i cinque popoli della lega di Colligonzi che sempre erano stati uniti a Cerreto, entrarono invece a far parte del territorio comunale di Vinci. Entrambe le mairiés erano comprese nel Dipartimento del Mediterraneo,con capoluogo Livorno, nell'ambito del quale facevano capo al circondario di Pisa.

Per quanto attiene all'ordinamento giudiziario, podesterie e vicariati furono soppressi dall'amministrazione francese ed i tribunali ordinari furono stabiliti, a livello di dipartimento per il penale, a livello del circondario per il civile. Il "volto locale della giustizia" sotto la dominazione francese fu rappresentato dai giudici di pace, che amministravano soltanto la bassa giurisdizione civile ed il danno dato. Per quanto attiene a questo settore, le due comunità di Vinci e Cerreto rimasero accorpate in una medesima giudicatura di pace, con sede a Cerreto Guidi.

I Francesi si insediarono nei ruoli-chiave dell'amministrazione centrale, ma a livello di periferia lasciarono ampio spazio al ceto burocratico formatosi sotto la dinastia lorenese: pertanto per il ruolo di giudice di pace si scelsero di solito ex podestà o ex vicari per le località maggiori, ex notai di tribunale per i centri minori, come nel caso di Cerreto Guidi, ove fu eletto giudice di pace il "locale" Vincenzo Puccioni.63 Per il ruolo di maire si fece ampio ricorso a notabili locali, anche se proprio a Cerreto Guidi è da segnalare una delle poche eccezioni a questa regola: Gaetano Arman de Gros, maire dal 1809 al 1811; con il suo successore Vincenzo Maggi, residente a Cerreto Guidi, si ritornò invece alla regola generale.64

Anche il sistema fiscale fu profondamente cambiato: al posto del dazio o tassa di redenzione e della tassa sul macinato, si misero l'imposta fondiaria, quella personale, la tassa sulle porte e finestre (che colpiva il lusso delle abitazioni) e la tassa sulle patenti; furono ripristinati anche i dazi di consumo o octrois e quelli doganali. Per riscuotere le imposte, al posto dei camarlinghi, furono istituiti dei percettori a vita, che non ricevevano uno stipendio, ma una percentuale sul riscosso.

Furono estesi alla Toscana il servizio di Stato civile e la leva militare obbligatoria, funzioni a carico delle amministrazioni locali.

Alla fine della parentesi francese, coincidente per la Toscana con la convenzione di Parma del 20 aprile 1814, il principe Rospigliosi, plenipotenziario del granduca Ferdinando III, avrebbe voluto che tutto tornasse come era stato prima del 1808, ma per molti aspetti ciò non fu possibile, anche perché il periodo francese, con le sue luci ed ombre, aveva impresso all'amministrazione toscana una notevole spinta in avanti e istituzioni come lo Stato civile e la leva militare non poterono essere abrogate, come del resto furono proseguite ed infine portate a termine le operazioni per il Catasto generale toscano, il primo catasto particellare dell'età moderna.65

Anche in questi nuovi settori un posto di rilievo ebbero i cancellieri comunitativi (anche se, per quanto riguarda lo Stato civile dei cattolici, un ruolo di primo piano fu riassegnato ai parroci), dopo il periodo di eclissi coincidente con il periodo francese, che li aveva ridotti a semplici attuari alle dipendenze dei maires.

In considerazione delle nuove e rilevanti responsabilità che ai cancellieri derivavano dalla tenuta e dall'aggiornamento degli atti catastali, nonché dalla distribuzione delle varie imposte che direttamente (tassa prediale) o indirettamente (tassa di famiglia, che dal 1815 aveva sostituito l'anacronistica tassa sul macinato e tassa per i lavoratori e artigiani) si basavano sulla capacità contributiva dei singoli, venne loro conferito il titolo di "ministri del censo".

Il moltiplicarsi dei compiti e delle responsabilità dei cancellieri e l'aumentato numero di amministrazioni comunitative, originato dal fatto che le nuove comunità create dai Francesi furono confermate dal governo granducale, consigliarono l'istituzione in diversi luoghi di uffici staccati di cancelleria, ove operava un "aiuto cancelliere", sotto la supervisione del cancelliere principale. Queste motivazioni determinarono l'istituzione di un aiuto-cancelliere anche a Cerreto, in quanto alla Restaurazione il cancelliere comunitativo di Empoli si era trovato a doversi occupare di ben sei comunità (durante il periodo francese era stata ripristinata la comunità di Vinci e creata ex novo quella di Capraia); all'aggravio di lavoro si aggiungeva poi la difficoltà, in certi periodi dell'anno, di raggiungere col barchino le località sulla riva destra dell'Arno. Fu così che a Cerreto fu inviato dal 181866 come aiuto cancelliere un certo Niccolò Damiani, che, alle dipendenze dal cancelliere di Empoli, svolgeva mansioni del tutto analoghe a questo, limitatamente alle tre comunità di Cerreto, Vinci e Capraia, mantenendo con il principale una fitta e minuziosa corrispondenza.

Tale situazione si mantenne fino al 1838, quando l'ufficio staccato di Cerreto fu elevato a normale cancelleria comunitativa, con competenza sulle medesime tre comunità.

Il cancelliere comunitativo aveva tuttavia con il periodo francese perso per sempre l'esclusività della funzione di trait d'union tra le amministrazioni locali e gli organi del governo centrale; con la Restaurazione, benché tornassero in vita il magistrato comunitativo, il consiglio ed il gonfaloniere, quest'ultimo rimase com'era stato il maire di nomina governativa e gli furono affidate nuove funzioni e responsabilità. Egli, in quanto non più "organico" all'amministrazione locale, ma elemento esterno ad essa, poteva sospendere la validità delle delibere comunitative, già approvate dal magistrato e dal consiglio. Egli divenne la vera cinghia di trasmissione a livello locale degli ordini governativi. Per questo motivo prese corpo dalla Restaurazione in poi negli archivi comunali la serie del "Carteggio del gonfaloniere", che prima non esisteva, in quanto tutti gli ordini e le comunicazioni tra centro e periferia passavano per l'unico canale costituito dal cancelliere comunitativo.

Per quanto riguarda l'ordinamento giudiziario, con il 1814 tornarono in vita le podesterie ed i vicariati, secondo una dislocazione analoga a quella del periodo leopoldino, ovverosia, per la nostra zona, la podesteria di Cerreto, comprendente anche il territorio comunale di Vinci e sottoposta, per il penale, al vicariato di Fucecchio.

Questa aggregazione era stata dettata da motivi logistici - la sempre ribadita difficoltà di comunicazione tra località situate sulle rive opposte dell'Amo - e queste stesse motivazioni determinarono l'aggregazione di Cerreto a Fucecchio, anche in occasione dell'istituzione di nuove circoscrizioni amministrative, come l'ufficio del Bollo, l'Ingegnere di circondario67 e la Divisione di posta.

L'organizzazione giudiziaria ereditata dal periodo leopoldino rimase pressoché invariata fino alla Riforma del 1838, che ridusse drasticamente le competenze dei vicari a favore dei Tribunali di I Istanza e sancì la divisione del Granducato in governi e commissariati, ognuno dei quali comprendente più podesterie; queste ultime erano distinte in varie categorie, pur senza rapporto gerarchico tra di loro; la podesteria di Cerreto di terza classe rimase aggregata, insieme a quella di Castelfranco di Sotto, al vicariato di Fucecchio, dipendente dal governo di Firenze. Questa riforma che, tra le altre cose, segnò la soppressione della podesteria di Montelupo, determinò il distacco daña podesteria di Cerreto dei popoli di Petroio, Sovigliana e Spicchio, compresi nel territorio comunale di Vinci, ed il loro accorpamento al vicariato di Empoli. 68

Con questa riforma ai podestà era attribuita la competenza suñe cause civili fino a quattrocento lire di valore e, indipendentemente dal valore, suñe cause di lavoro; gh furono affidati inoltre gh atti relativi a tutele e curatele e confermati i compiti di polizia giudiziaria, che già svolgevano in forza deñe disposizioni del 1784 e 1814.

Una riforma di ampio respiro, amministrativa e giudiziaria insieme, si ebbe con la legge del 9 marzo 1848, che segnò la definitiva scomparsa dei vicari e dei podestà; il territorio del granducato fu diviso in sette compartimenti di Prefettura, ognuno dei quali ripartito in vari circondari di Sottoprefettura, i quali, a loro volta, erano suddivisi in Delegazioni di governo. Nei capoluoghi di circondario vennero istituiti i Tribunali, mentre al livello inferiore le Preture, la cui dislocazione ricalcò approssimativamente quella delle podesterie. I pretori divennero giudici minori, tanto nel civile che nel penale, ufficiali di polizia giudiziaria ed anche, nei luoghi ove, come a Cerreto, non esisteva la Delegazione di governo, di polizia amministrativa (passaporti, porti d'arme, ecc.), garanti dell'ordine pubblico e delle condizioni igienico-sanitarie. Per assolvere a questi compiti il pretore comandava la forza pubblica (Guardia civica). A Cerreto Guidi fu pertanto istituita una Pretura dipendente dal Tribunale di San Miniato. Questo stato di cose durò fino all'annessione della Toscana al Regno d'Italia, che comportò profondi mutamenti istituzionali, al fine di omogeneizzare, per quanto possibile, l'apparato amministrativo e giudiziario dei vari stati preunitari.

Con Regio decreto 2637 del 14 dicembre 1865 la Pretura di Cerreto fu abolita ed il territorio delle due comunità di Cerreto e Vinci accorpato alla Pretura di Empoli. Questo provvedimento segnò anche il trasferimento a Empoli degli atti giudiziari, che, da allora in poi seguirono le sorti dell'archivio della Pretura di Empoli, insieme al quale furono poi versati all'archivio comunale. Dal punto di vista delle amministrazioni locali l'atto che segnò il passaggio tra comune preunitario e il suo omologo postunitario fu la promulgazione del corpo legislativo "Per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia" del 22 marzo 1865 n. 2248, il quale conteneva anche la prima "Legge comunale e provinciale" del nuovo regno.69 Il territorio dello stato risultò in base ad essa diviso in provincie (cui facevano capo le prefetture), circondari (cui facevano capo le sottoprefetture), mandamenti e comuni. Risultava abolita la figura del cancelliere comunitativo, che tanta importanza aveva rivestito per le amministrazioni locali nei suoi circa tre secoli di esistenza: le singole comunità divennero enti a sé stanti incardinate nei circondari e nei mandamenti: nel caso di Cerreto, come si è già detto, il circondario fu quello di S. Miniato, dipendente dalla Prefettura di Firenze fino al 1927, quando questa circoscrizione intermedia fu abolita; il mandamento quello di Empoli.

Questo complesso di norme fu il fondamento della vita amministrativa dei nuovi comuni, di cui dettava norme per l'elezione dei consigli e per il funzionamento degli altri organismi, indicava le fonti di finanziamento e stabiliva le procedure amministrative. Altre leggi comunali furono approvate negli anni seguenti che apportarono dei cambiamenti, anche significativi, ma la struttura rimase essenzialmente quella fissata nel 1865.

Occorre dire, per quanto riguarda il comune di Cerreto Guidi in epoca postunitaria, che il suo territorio rimase sostanzialmente invariate rispetto al periodo precedente. C'è da segnalare, negli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia, un certo numero di progettate variazioni, che tuttavia rimasero senza esito: al 1865 risale, ad esempio, il disegno di aggregare Cerreto Guidi alla provincia di Pisa, che rimase sulla carta per la fiera opposizione degli abitanti;70 questi ultimi ed i loro amministratori si fecero invece promotori negli anni successivi di reiterate richieste alla Prefettura di far diventare Cerreto Guidi capoluogo di mandamento (e quindi sede di pretura), ma non conseguirono alcun risultato;71 nel 1869 chiesero allora di essere distaccati dal mandamento di Empoli, per essere aggregati a quello di Fucecchio, ma, non avendo ottenuto alcun risultato, nel 1870 reiterarono la richiesta; 72 infine nel 1875 reagirono ed in parte riuscirono a bloccare il tentativo del comune di Fucecchio di annettersi le frazioni di Bassa, Gavena, Ripoli e Poggio Tempesti.73

Per quanto attiene alle competenze, al comune spetta, com'è noto, corrispondere ad esigenze primarie dei cittadini, come l'istruzione, l'igiene pubblica, la viabilità, l'assistenza, la regolamentazione del commercio e del mercato, nonché funzioni delegate dal governo nazionale, come lo Stato civile, l'arruolamento militare e le elezioni, le une e le altre debitamente rispecchiate nella documentazione prodotta. Il capo dell'amministrazione locale, il sindaco, è stato di nomina regia fino alla riforma dell'ordinamento comunale operata nel 1888 dal governo Crispí, mentre il consiglio comunale era eletto dai cittadini. Dopo il 1888 il sindaco fu eletto dal consiglio comunale fino al periodo fascista. Nel 1926 infatti fu emanato un nuovo Regolamento comunale che prevedeva al vertice dell'amministrazione locale un Podestà di nomina governativa. Dopo la caduta del fascismo, nel 1944, si tornò al sindaco eletto dal consiglio comunale durata fino alla soglia dei nostri giorni, quando è stata prevista l'elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini. Se la costituzione formale ha subito poche variazioni, non così si può dire della base sociale che si esprimeva attraverso le elezioni comunali: dall'elezione censuaría dell'800 al suffragio universale maschile del governo Giolitti al suffragio universale del dopoguerra, passando per l'oscuro periodo del fascismo. Altro mutamento rilevante è il progressivo attenuarsi della tutela esercitata dallo stato sulle amministrazioni locali attraverso le Prefetture fino all'istituzione delle regioni ed all'affermazione delle autonomie locali dei nostri giorni.

La scomparsa delle cancellerie comunitative dopo il 1865, insieme ai molteplici e bruschi mutamenti di quegli anni, ebbe profonde e quasi sempre nefaste conseguenze sugli archivi storici comunali, come dimostra anche il caso dell'archivio di Cerreto, le cui vicende risultano, più ancora di quelle di altri archivi comunali, strettamente dipendenti da quelle della rispettiva cancelleria comunitativa: non sembra infatti semplice coincidenza il fatto che le serie documentarie tuttora conservate prendano avvio dal 1570, la stessa data dell'arrivo a Cerreto del primo cancelliere dei Nove, Marco Meliini da Vicchio di Mugello, al quale si deve anche il primo inventario dell'archivio comunitativo.

Innanzi tutto egli, probabilmente insoddisfatto di come venivano registrati gli atti amministrativi, fece iniziare nuovi registri per le deliberazioni e per i saldi del camarlingo comunitativo e poi, seguendo a puntino le relative Istruzioni ricevute dai Nove Conservatori del Dominio, a pochi giorni di distanza dal suo arrivo a Cerreto, compilò di sua mano un elenco dei pochi documenti che allora costituivano l'archivio comunale:

Campione dove si descrivano e' beni del comune
Libro dove si saldano le ragioni de' camarlinghi
Libro de'proventi et fitti del comune
Libro de' partiti del Comune fin' al tempo di ser Giovanni [Mazzini, predecessore del Mellini ed ultimo cancelliere assunto direttamente dall'amministrazione locale]
Libro de'partiti nuovamente compero
Libro del riscontro dell'entrate et uscite del camarlingo la carta [topografica] del comune

Dopo l'enumerazione di poche filze di atti civili, distinte con il nome del podestà e con l'anno di carica del medesimo, si elencano ancora:

Un libro di leggi e et bandi et comandamenti di strade 2 fasci e mazzi di scritture sciolte
un libraccio vecchio di ragione senza coperta
un libraccio antico di partiti
XXX (trenta) capretti [cioè fogli di pergamena] rigati per li Statuti un libro di sententie di danno dato

Quest'arida e piuttosto generica Usta di documenti è in realtà molto significativa, anche se più in virtù delle assenze che delle presenze di documenti. Per quanto attiene all'archivio comunale propriamente detto - quello di cui abbiamo riportato la descrizione - esso si identificava con l'insieme dei registri correnti, mentre di quelli esauriti ne restavano soltanto due e, stando al Mellini, in pessime condizioni di conservazione; tutto il resto, la documentazione di almeno centocinquant'anni di vita dell'amministrazione locale era andato disperso nelle case e negli studi notarili dei cancellieri precedenti e dei vari camarlighi commutativi.

Non meglio andavano le cose per quel che riguardava gli atti giudiziari: dal 1376, anno di nascita della podesteria di Cerreto, si erano succeduti in questa carica non meno di trecento podestà (la carica era semestrale, ma in certi periodi era stata prolungata ad un anno) e di tale attività plurisecolare rimanevano al tempo di ser Marco soltanto ventidue filze di altrettanti podestà, comprese nell'arco cronologico 1508-1569, più altre due filze mutile. La maggior parte di queste filze - o almeno la maggior parte di quelle che tuttora sopravvivono - sono formate dai soli atti riguardanti il comune di Cerreto. La residenza alternata dei podestà faceva sì che per ogni semestre si producessero due gruppi di documenti, emanati uno dal podestà, l'altro dal notaio di banco di stanza nella sede non coperta dal podestà, dei quali uno per il comune di Cerreto, l'altro per il comune di Vinci (talvolta si formava un terzo incartamento per Colligonzi, ma spesso gli atti relativi a questo comune erano uniti a quelli dell'uno o dell'altro dei comuni principali). Allo spirare del mandato ciascuno dei due gruppi di documenti veniva consegnati al successore - podestà o notaio di banco che fosse - in modo da portare a compimento quanto lasciato in sospeso da chi li aveva preceduti. Quando anche i successori avevano concluso il loro mandato, gli atti del semestre precedente venivano consegnati al cancelliere e rilegati insieme a formare una sola filza che, munita di coperta in pergamena recante il nome e l'arme del podestà, veniva riposta nell'archivio della cancelleria.

Il fatto che la maggior parte delle filze dei podestà elencati da ser Marco Mellini contenga solo gli atti relativi al comune di Cerreto ci induce a pensare che fosse esistito a Vinci prima del 1570 un deposito parallelo di atti giudiziari, poi disperso.

Dal Mellini in poi la prassi della consegna per inventario dell'archivio comunitativo da un cancelliere all'altro sembra essere stata generalmente rispettata: ne fa fede il grande numero di elenchi e ricevute che tuttora si conservano nell'archivio comunale; tuttavia la genericità, la reticenza, l'incompletezza - talvolta perfino la contraddittorietà - di molti di questi documenti non ci consentono di delineare con sicurezza le vicende posteriori dell'archivio.

E certo comunque che la soppressione della cancelleria comunitativa di Cerreto, avvenuta nel 1634, non comportò immediatamente il trasferimento a Empoli dell'archivio, anche se in realtà la prassi e la normativa concordavano nel richiedere la conservazione degli archivi dei vari enti tutelati dai Nove Conservatori presso il cancelliere comunitativo competente per territorio. E nostro assunto si basa su un inventario del 12 marzo del 1684 che invece di riportare, come molti inventari precedenti, intitolazioni assolutamente generiche ("Inventario di libri e scritture attenenti alla cancelleria di Cerreto Guidi" oppure "Inventario di libri et scripture che io [...] cancelliere ho ricevuto in consegna da [...] mio antecessore"), esce dall'ambiguità con l'intitolazione: "Inventario de'civili che si ritrovano nell'archivio di Cerreto Guidi"; tuttavia niente si dice rispetto alla documentazione comunitativa.

Al 1746 risale poi la relazione del cancelliere comunitativo di Empoli Sebastiani Lami sugli archivi da lui tutelati in risposta al noto questionario inviato in tutte le cancellerie comunitative dall'auditore granducale Pompeo Neri.

Nel formulare la sua risposta ad una domanda specifica contenuta nel questionario, in data 7 giugno 1746 il Lomi elenca con precisione tra i "Libri che si conservano nell'archivio della cancelleria di Empoli", 308 filze di "Civili" relativi alla podesteria di Vinci e Cerreto, oltre a decimini, saldi e libri di deliberazioni, di cui si dà il totale senza specificare l'ente produttore.74

Questa affermazione del Lomi è del resto in linea con quanto oggi si sa sulle cancellerie comunitative, il fatto che fungevano da veri archivi di deposito per tutti gli enti esistenti sul territorio di loro competenza;75 tuttavia altrettanto inequivocabile è il fatto che al 1684 almeno le filze dei "Civili" si trovavano a Cerreto e che ancora o di nuovo vi si trovavano nel 1772-73, data di una perizia per lavori di miglioria al palazzo pretorio: i lavori richiesti dagli amministratori di Cerreto e approvati dall'organo di tutela, che allora era la Camera delle Comunità, riguardavano la costruzione di un tramezzo nella sala delle udienze per collocarvi tutti i "Civili stati fabbricati in questo tribunale fino al presente", fino ad allora conservati stipati ed ammucchiati in un grosso armadio.76

La presenza a Cerreto degli atti giudiziari relativi alla podesteria di Cerreto-Vinci trova riscontro in un inventario di documenti presenti presso il cancelliere di Empoli stilato in quello stesso torno di tempo, ove, relativamente a Cerreto, vengono elencati, solo agli Statuti, i registri dei saldi e dei dazzaioli, oltre - eloquentemente - alle "chiavi dell'archivio di Cerreto".

Più analitico un altro inventario della stessa cancelleria di Empoli stilato nel 1787, ove le unità archivistiche vengono elencate per comunità di appartenenza; relativamente a Cerreto vi compaiono: "quarantasette libbri dazzaioli, tredici libbri delle soppresse compagnie [religiose laicali] di Cerreto, una filza di portate di fidecommissi, un libro intitolato Campione di beni della comunità di Vinci, cinquantadue libri intitolati saldi e partiti della comunità, campione di beni della comunità, un libbro campione di strade".

Questo inventario, pur scarno e generico, sembra elencare la totalità della documentazione che allora costituiva l'archivio delle due comunità di Cerreto e Vinci, riunite per effetto della Riforma comunitativa del 1774 ed è una ulteriore riprova del fatto che gli atti giudiziari non erano a Empoli, ma a Cerreto, cosa che fa sorgere qualche dubbio sul vero significato da dare all'affermazione di Sebastiano Lomi del 1746.

Inequivocabilmente spostati da Cerreto gli atti giudiziari lo furono invece durante il periodo della dominazione francese, allorché un'apposita ordinanza della Giunta di Toscana emanata il 5 settembre 1808 stabilì che gli atti prodotti dagli antichi vicari e podestà fossero concentrati presso la cancelleria del Tribunale di Prima Istanza del rispettivo capoluogo. Le disposizioni di questa ordinanza in alcuni casi furono prontamente recepite e messe in esecuzione; in altri ebbero bisogno di essere reiterate e chiarite. 77 Non sappiamo quale fu il caso di Cerreto; l'unico fatto certo è che i "Civili" presero effettivamente la via di Pisa, capoluogo del Dipartimento del Mediterraneo, di cui il territorio di Cerreto faceva parte, e che poi ritornarono alla loro antica sede dopo la conclusione della parentesi napoleonica, nel marzo 1815.

Sempre in questo stesso periodo, con il ritorno dei vicari e dei podestà nelle rispettive sedi, si rese necessaria una vera e propria campagna di restauri e migliorie ai palazzi pretori, usciti malconci dall'esperienza napoleonica, durante la quale erano stati spesso usati per acquartierare le truppe. Inoltre il nuovo regolamento emanato nel 1815 dal restaurato governo granducale, dando maggior ribevo e nuove funzioni alla figura del gonfaloniere, richiedeva anche che nei palazzi pretori vi fosse un ambiente a lui riservato.

Per questi motivi il 9 maggio 1817 i rappresentanti del comune di Cerreto chiesero ed ottennero di poter prendere in affitto due locali a terreno, di proprietà Maggi e contigui al palazzo pretorio e poi, con opportune ristrutturazioni, renderli comunicanti con il palazzo stesso, da adibire uno ad archivio e l'altro a stanza di udienza del gonfaloniere.

Quando poi nel 1818 vi fu istituita una sede staccata del cancelliere comunitativo di Empoli, affidata ad un aiuto cancelliere, anche gran parte dell'archivio comunale, fino ad allora conservato ad Empoli, fece ritorno a Cerreto e fu necessario sistemarlo.

L'anno successivo il materiale documentario concernente il comune di Vinci fu trasportato in questa località, riconfermata sede di amministrazione comunitativa.

Un altro fatto significativo fu il trasferimento a Cerreto nel 1846 di parte del carteggio del cancelliere comunitativo di Empoli relativo al periodo 1785-1818.

Il cancelliere comunitativo, come si è già detto, era divenuto fino dalla sua istituzione il vero e proprio deus ex machina delle amministrazioni locali da lui vigilate per conto dei Nove Conservatori del Dominio. La sua presenza e la sua attività davano adito a diverse serie documentarie: innanzi tutto egli redigeva di sua mano alcuni tipi di scritture di diretta emanazione delle comunità, come le deliberazioni, i dazzaioli, ecc.; poi produceva documentazione inerente alle funzioni da lui svolte su delega del governo centrale: atti catastali e, dopo il 1815, atti di Stato civile e relativi alla leva militare; infine, come conseguenza del ruolo di cerniera del cancelliere tra governo centrale ed amministrazioni locali, era andata strutturandosi presso le varie sedi di cancelleria, almeno a partire dalla seconda metà del secolo XVII, la serie che oggi chiamiamo "Carteggio del cancelliere". Essa è di solito composta da filze molto voluminose in cui sono confluiti, senza un ordine che non sia quebo stabilito da un'approssimativa cronologia, le lettere e le circolari inviate dai vari organi del governo centrale, gb atti che il cancelliere redigeva sia per conformarsi agli ordini sia per adempiere ai suoi compiti nei confronti delle comunità: reparti di imposizioni (tassa sul sale, tassa sul macinato), verbali di visite di fiumi e fossi, atti relativi alle elezioni abe cariche comunitative, ecc. Con gli anni ottanta del '700 poi, seguendo una prassi troppo generalizzata per essere frutto di decisione spontanea, i cancellieri cominciarono ad archiviare questi atti in filze diverse, a seconda della comunità cui si riferivano; nel nostro caso, ad esempio, il cancelliere di Empoli per uno stesso torno di anni formava quattro filze nel periodo precedente al dominio francese, quando le comunità vigilate erano quattro e sei filze nel periodo successivo al 1814.

Fu facile pertanto, dopo che nel 1838 Cerreto era tornata ad essere sede di cancelleria a sé stante, scegliere le filze del carteggio del cancelliere recanti sulla costola la dicitura "Cerreto Vinci" ed inviarle nel rispettivo archivio. Non conosciamo le motivazioni che spinsero gli amministratori di quel periodo a smembrare una serie che per tanti motivi, sia teorici che pratici, avrebbe dovuto rimanere indivisa; possiamo soltanto immaginare che si sia trattato dei soliti motivi di risparmio di spazio che tante perdite irreparabili hanno prodotto nei nostri archivi - non solo quelli locali - nei secoli XVIII-XIX e che vi abbia pesato la perdita di contatto con un periodo storico che l'intermezzo francese e i profondi cambiamenti amministrativi avvenuti di conseguenza facevano apparire molto più remoto dei pochi decenni effettivamente trascorsi.

Insieme alle undici filze del carteggio di cui si è detto, ne furono versate alcune altre contenenti la corrispondenza dell'aiuto cancelliere di Cerreto con il cancelliere di Empoli del periodo 1818-26.

Anche alle unità archivistiche riunite successivamente all'archivio di Cerreto Guidi fu esteso un ordine topografico per armadi (contraddistinti con una lettera dell'alfabeto) e numero di corda, inaugurato, a quanto sembra, nel 1796 e poi mantenuto fino alle soglie del periodo postunitario.

Nel 1865 poi l'abolizione della pretura di Cerreto Guidi e la riunione della sua circoscrizione alla pretura di Empoli fece sì che tutto l'archivio giudiziario fosse trasportato a Empoli e che poi, insieme a quello della pretura di Empoli passasse all'archivio di quest'ultimo comune, anche se, com'è noto, trattandosi di documentazione prodotta da organi statali, avrebbe in teoria dovuto essere versata all'Archivio di Stato di Firenze. Per quanto riguarda l'archivio della comunità, l'abolizione del cancelliere comunitativo e soprattutto i rilevanti mutamenti conseguenti all'annessione della Toscana al Regno d'Italia produssero, da un lato un'emorragia di documenti verso nuovi uffici dell'amministrazione (agenzia delle Tasse e Ufficio tecnico Erariale), ma inaugurarono per ciò che rimase nell'archivio locale un periodo di incuria e forse di scarti volontari di documentazione.

Per quanto attiene alla documentazione del comune postunitario, la già menzionata legge del 1865 non dava alcuna indicazione sulla organizzazione e l'archiviazione di documenti e pertanto ogni amministrazione si regolò a suo modo; il vuoto normativo si protrasse fino al 1897, quando una circolare del Ministero dell'Interno, cui ancora faceva capo l'amministrazione archivistica, decretò la registrazione obbligatoria di ogni atto ricevuto o spedito dai comuni nel Protocollo della corrispondenza e la sua classificazione in categorie. Ognuna delle categorie, stabilite dal Ministero in numero di quindici, corrispondeva ad un settore dell'attività comunale (Igiene e Sanità, Lavori pubblici, ecc.) e tale classificazione doveva corrispondere alla concreta organizzazione materiale degli atti. Questa classificazione che, con opportune modifiche è rimasta in vigore fino ai giorni nostri, ha interessato, per quanto riguarda Cerreto Guidi, soltanto la serie "Carteggio ed Atti", organizzata in fascicoli, ognuno dei quali corrispondenti ad un affare trattato. Serie autonome sono state costituite con documenti di natura specifica (protocolli delle deliberazioni, bilanci preventivi, conti consuntivi, ecc.).

Le serie sono "aperte", ovvero la numerazione ricomincia dall'inizio per ognuna di esse e ciò allo scopo di consentirne l'accrescimento progressivo, come si conviene all'archivio di un ente ancora attivo e destinato a produrre ogni anno nuova documentazione; ciò non manca di causare problemi di spazio perché in coda ad ogni serie è necessario lasciare spazio libero per i nuovi documenti che verranno ad aggiungersi negli anni successivi.

Negli atti comunali si trova traccia di almeno due interventi effettuati sull'archivio: nel 1946 e nel 1955, ma sembra che il relativo inventario, se pure fu redatto, non sia giunto fino a noi. L'unico inventario di cui si è trovato traccia - e non "in loco", bensì all'Archivio di Stato di Firenze - risale al 1968 e comprende i documenti comunali pre e postunitari fino al 1923; questo inventario, sebbene divida la documentazione in due sezioni, corrispondenti all'archivio preunitario ed a quello postunitario, dà alle unità archivistiche un'unica numerazione di catena, considerando la cosiddetta "sezione separata" un archivio chiuso e non più suscettibile di accrescimento. Al contrario la presente organizzazione rispetta il criterio delle serie aperte, nel modo prima accennato.

Fanno parte integrante dell'archivio comunale di Cerreto Guidi i documenti dell'Opera della pieve di san Leonardo, della compagnia religiosa laicale della Vergine Maria, detta "dei Bianchi" e di altri pii sodalizi, le cui rendite furono ereditate dalla prima in occasione della soppressione delle compagnie religiose effettuata dal granduca Pietro Leopoldo nel 1784.

Tavola cronologica

1308 (circa): istituzione della lega
1332: aggregazione alla lega di Capraia
1376: istituzione del podestà
1395: sottoposizione al vicariato di San Miniato
1412: prima redazione statutaria
1424: accorpamento con la podesteria di Vinci; residenza del podestà fissata a Vinci; Cerreto Guidi diviene sede di banco di giustizia.
1474: si decreta la residenza alternata dei podestà
1482: si decreta la residenza facoltativa
1505: si ristabilisce la residenza alternata
1513: si ristabilisce la residenza facoltativa
1545: si stabilisce definitivamente la residenza alternata
1570: istituzione del cancelliere dei Nove Conservatori
1574: nuova redazione statutaria
1634: abolizione del cancelliere dei Nove Conservatori; aggregazione alla cancelleria comunitativa di Empoli.
1772: abolizione della podesteria di Vinci e aggregazione di questo territorio alla podesteria di Cerreto Guidi; sottoposizione al vicariato di Empoli.
1774: nuovo regolamento comunitativo; abolizione del comune di Vinci ed aggregazione del relativo territorio al comune di Cerreto Guidi.
1784: scorporo dal vicariato di Empoli ed aggregazione a quello di Fucecchio
1808: inizio della dominazione francese: sostituzione della mairie alla comunità e del giudice di pace al podestà; perdita del territorio di Vinci, ove viene ripristinata un'amministrazione locale autonoma.
1814: restaurazione del podestà e dell'amministrazione comunitativa; perdita definitiva del territorio di Vinci, confermato in capoluogo di comune.
1818: istituzione di un aiuto cancelliere, sottoposto al cancelliere comunitativo di Empoli
1848: soppressione della podesteria ed erezione della pretura, dipendente dal tribunale di San Miniato; ripristino della cancelleria comunitativa autonoma.
1865: abolizione della cancelleria comunitativa e della pretura; il territorio di Cerreto Guidi è accorpato alla pretura di Empoli.

Vanna Arrighi



La denominazione dei fondi preunitari è seguita dall'indicazione degli estremi cronologici delle unità archivistiche.

Per la parte preunitaria i fondi sono indicati in maiuscolo; le serie in neretto alto basso; le sottoserie in neretto corsivo alto basso; le unità in tondo alto basso.

Per la parte postunitaria le serie sono indicate in maiuscolo; le sottoserie in neretto alto basso; ulteriori partizioni in maiuscoletto; le unità in tondo alto basso.

Nella descrizione delle unità archivistiche sono stati adottati i seguenti criteri:

- la data dei documenti redatti prima del 1750 è stata riportata allo stile moderno;
- il titolo originale è stato riportato in carattere corsivo;
- le date indicate nei titoli originali dei singoli pezzi non sempre corrispondono a quelle reali che sono invece indicate nella scheda;
- gli atti preunitari sono stati numerati progressivamente e accanto alla nuova numerazione è riportato il numero antico, posto entro parentesi tonda;
- gli atti postunitari sono numerati in serie aperte;
- per i registri della sezione preunitaria si è dato indicazioni delle legature solo quando sono in pergamena e del numero di carte e pagine solo se numerate.

Nella descrizione delle unità archivistiche sono state usate le seguenti abbreviazioni e sigle:

c., cc. = carta, carte
cat. = categoria
cl. = classe
n., nn. = numero, numeri
p., pp. = pagina, pagine
r = recto
s.d. = senza data
v = verso

Silvia Nannipieri ha curato, in collaborazione con Cecilia Asso, la prima schedatura del materiale archivistico, completata da Veronica Vestri con le serie non prese in considerazione e con altri pezzi rinvenuti successivamente; sempre Veronica Vestri ha seguito il riordinamento del fondo e la pubblicazione di questo inventario. Paolo Santini ha curato la descrizione del fondo a stampa.

Il progetto di riordinamento complessivo è stato elaborato, di concerto con la Soprintendenza archivistica per la Toscana, da Vanna Arrighi.

Si ringrazia la dottoressa Gabriela Todros della Soprintendenza archivistica per la Toscana per la gentile collaborazione prestata durante la prima fase di riordinamento.

Si ringraziano per la collaborazione Paolo Santini e Melania Minacci.

Le curatrici ringraziano per la preziosa collaborazione la Soprintendenza archivistica per la Toscana; la dottoressa Laura Beconcini dell'Ufficio Cultura e tutto il personale del Comune di Cerreto Guidi che a diverso titolo ha reso possibile la realizzazione dell'inventario e dei lavori che lo hanno preceduto.

Si ringrazia inoltre la Provincia di Firenze che ha sostenuto il progetto di riordino e la pubblicazione di questo volume.

Si ringrazia il personale della cooperativa Nouvelles frontieres.



Parte prima

Archivio preunitario

Atti della Podesteria di Cerreto

Statuti

Atti civili

Comunità di Cerreto poi Nuova comunità di Cerreto

Deliberazioni

Campione dei beni della comunità

Campione di Strade comunitative

Reparti

Dazzaioli

Decimino e teste

Dazzaioli, teste e livelli

Possidenti, Lavoratori, Testanti

Possidenti

Lavoratori e Testanti

Imposizioni straordinarie

Saldi del Camarlingo

Saldi della Comunità

Saldi dei popoli

Mairie di Cerreto

Atti del Consiglio Comunale

Copialettere

Affari

Stato civile

Nascite

Morti

Matrimoni

Atti vari di stato civile

Atti vari

Giudicatura di pace

Comunità restaurata

Deliberazioni

Carteggio del gonfaloniere

Atti magistrali

Copialettere

Circolari

Campione di strade

Stato civile

Arruolamento militare

Guardia nazionale

Imborsazioni ed elezioni

Imposizioni

Campioni e livelli

Tassa di famiglia

Dazio

Imposizioni straordinarie

Saldi e bilanci

Mandati

Mandati

Documenti di corredo

Cancelleria comunitativa di Cerreto

Carteggio del cancelliere

Atti e negozi del cancelliere di Empoli relativi alla comunità di Cerreto

Atti e negozi dell'aiuto cancelliere di Empoli relativi alla comunità di Cerreto

Atti della ripristinata Cancelleria di Cerreto Guidi

Inventari di mobili e masserizie. Inventari d'archivio

Atti catastali

Atti vari

Altri comuni

Enti pii

Compagnia e Spedale della Beata Vergine detta dei Bianchi

Opera di San Leonardo

Congregazione del S. Rosario al Poggio alla Malva

Carte Braccini

Leggi e bandi

Parte seconda

Archivio postunitario del Comune di Cerreto Guidi (1865-1956)

I. Protocolli della Giunta

1. Deliberazioni della giunta

2. Registri delle ordinanze

II. Protocolli del Consiglio

III. Notificazioni

1. Registri degli atti notificati dal messo comunale

2. Registri degli atti notificati dagli uscieri o inservienti comunali

IV. Atti magistrali

V. Protocolli della corrispondenza

1. Protocolli delle Circolari

VI. Carteggio ed atti o carteggio generale

VII. Bilanci preventivi

VIII. Conti consuntivi

IX. Allegati al conto consuntivo

X. Registri delle assegnazioni, giornali e mastri

XI. Affari patrimoniali

XII. Liste elettorali

XIII. Leva militare

1. Liste di leva

2. Ruoli matricolari

3. Liste dei riformati

4. Carteggio di affari militari

XIV. Pubblica istruzione

XV. Ufficio tecnico

XVI. Affari relativi al lavoro

XVII. Stato Civile

1. Registri degli atti di nascita

2. Registri degli atti di matrimonio

3. Registri degli atti di morte

4. Indici decennali degli atti di nascita, morte e matrimonio

5. Indici decennali degli atti di cittadinanza

XVIII. Anagrafe

XIX. Censimenti

XX. Corpo musicale del Comune

XXI. Disciplina del commercio

XXII. Imposta di consumo

XXIII. Varie

Parte terza

Archivi aggregati

Congregazione di carità poi Ente comunale di assistenza

Opera Nazionale Maternità e Infanzia

Colonia marina

Giudice conciliatore



Codifica:
Michela Molitierno, settembre - dicembre 2014
Paolo Santoboni, revisione, dicembre 2014