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L'archivio preunitario del comune di Scarlino. Inventario

Tipologia: inventario analitico

a cura di Simonetta Soldatini

patrocinio: Comune di Scarlino

Pubblicazione: inedito, documento ad uso interno, 2018

Descrizione fisica: pp. 79

Contenuti:

Strutture istituzionali e produzione documentaria

La comunità di Scarlino nello stato di Piombino

Scarlino, che aveva fatto parte del patrimonio dei conti Alberti fin dalla metà del XII secolo, era passato nel corso del XIII secolo, attraverso acquisti di quote di diritti signorili, al nobile scarlinese Ranieri Tinacci e al conte Ildebrandino il Rosso di Sovana degli Aldobrandeschi. Tra il 1276 e il 1277 entrò nel contado pisano quando il comune di Pisa acquistò tutti i possessi e i diritti da questi signori1. Alla fine del XIV secolo, Scarlino entrò a far parte dello stato fondato nel 1399 da Gherardo d'Appiano signore di Pisa che, avendo ceduto la città a Gian Galeazzo Visconti di Milano, si era riservato il territorio piombinese e insulare e vi aveva fondato una propria signoria comprendente Piombino, l'Isola d'Elba, Montecristo, Pianosa, Buriano, Scarlino, Suvereto a cui ben presto si aggiunsero anche Valle e Montioni2. Un piccolo stato che godeva di una posizione strategica sia da un punto di vista militare che per le rendite minerarie. Con Iacopo III, nel 1465, gli Appiani ebbero il privilegio di usare il cognome degli Aragonesi e l'8 novembre 1509 gli Appiani di Aragona con Iacopo IV ebbero l'investitura imperiale con tutta una serie di privilegi3 e la massima estensione della signoria che arrivò a comprendere Piombino, Populonia, Scarlino, Suvereto, Buriano, Valle, Montioni, S. Lorenzo, Vignale, Abbazia al Fango oltre alle isole d'Elba, Pianosa e Montecristo. Ma già qualche anno più tardi questa composizione risulterà diminuita dalla perdita di parti importanti dell'Isola d'Elba. Il dominio, infatti, occupato due volte da Cosimo de Medici, prima nel 1548 e poi dal 1552 al 1557, fu restituito a Jacopo VI da Filippo II di Spagna con i capitoli del luglio 1557 con esclusione però di Portoferraio (Cosmopoli) che rimase al duca di Firenze. E con lo stesso accordo con cui Cosimo riceveva l'investitura dello Stato di Siena e si costituivano i Presidios spagnoli, lo stato piombinese, anche a fronte di una ritrovata sovranità, rimaneva sempre soggetto all'ingerenza spagnola che, oltre all'installazione di presidi di guardia a Piombino e a Scarlino, stabiliva la fortificazione dell'Elba, che avrà concretezza nel 1605 a Longone con la costruzione di una potente fortezza di diretta pertinenza spagnola, come i Presidios dell'Argentario4. Effettivamente con il predominio spagnolo in Italia, sancito con la pace di Cateau Cambresis nel 1559, sullo stato di Piombino venne sempre esercitata una forte tutela dagli Asburgo, sia nelle vesti imperiali che in quelle dei reali di Spagna. Nei vari passaggi estremi questi ebbero sempre un ruolo determinante nelle sorti del feudo piombinese, che non riuscì mai a conquistare una vera indipendenza verso l'esterno e, come è stato sottolineato, neppure un potere signorile forte all'interno del proprio territorio, soprattutto in rapporto all'affermarsi dell'oligarchia piombinese che assicurò sempre la supremazia di questa comunità rispetto alle altre5.
La signoria divenne principato con Jacopo VII6 nel 1594 per volontà dell'Imperatore Rodolfo II d'Asburgo. Con la morte prematura di Iacopo VII nel 1603 si aprì un periodo di incertezza circa la successione che, rimessa alla volontà dell'imperatore e del re di Spagna, non cadde su Carlo Appiani già proposto dai piombinesi. Di conseguenza lo stato per otto anni rimase senza sovrano, occupato dagli spagnoli e governato dal vicerè di Napoli fino al 1611. Quando le potenze tra Vienna e Madrid raggiunsero un accordo venne nominata Isabella Appiani, sorella di Jacopo VII, da sempre contrastata dai sostenitori di Carlo Appiani. Nel 1621 in uno scenario nuovamente cambiato, il nuovo Imperatore Ferdinando II investì del feudo il nuovo re di Spagna e Napoli, Filippo IV, il quale nominò principe Belisario figlio del defunto Carlo Appiani e rivale dinastico di Isabella, che fu costretta ad andarsene nel 1628. Ma anche Belisario, sia per le gravose richieste finanziarie imperiali, sullo sfondo la costosa Guerra dei Trent'anni, sia per la crisi scatenata dall'epidemia di peste tra il 1630 e il 1631 che martoriò anche il territorio di Piombino, ebbe difficoltà a prendere effettivo possesso dello stato che, anche in questo periodo, venne essenzialmente governato da luogotenenti generali nominati dalla Spagna e controllati dal viceré di Napoli fino a che, nel 1633, gli Appiani persero definitivamente il principato. Il 24 marzo 1634 l'imperatore cedette al prezzo di un milione di fiorini il principato a Niccolò Ludovisi marito di Polissena, figlia di Isabella Appiani. Niccolò, strettamente legato alla Spagna, era anche nipote del papa Gregorio XV e quindi aveva forti relazioni con Roma, dove aveva peraltro la sua vera residenza. Spodestato dal 1646 al 1650 con l'occupazione francese, Niccolò ritornò al potere nel giugno 1650 e governò il principato fino al 1664 pur non risiedendo mai nello stato, così come la seconda moglie Costanza Pamphili, che spesso comparirà nella corrispondenza con i luogotenenti generali. Alla morte di Niccolò e Costanza successe nel 1665 il figlio Giovan Battista che dovette far fronte ad una finanza disastrata per i debiti accumulati dal padre. Riflesso di questa situazione furono alcune richieste che il principe fece alle comunità tra cui quella di Scarlino alla quale chiese nel 1696 la donazione dello Stagno e la cessione della gabella del Ceppo7. Alla morte di Giovan Battista nell'agosto 1699 successe la sorella Olimpia Ludovisi che, dismessi i voti monacali, riuscì a conservare il titolo di principessa solo per pochi mesi morendo nel novembre 1700. L'anno seguente il nuovo re di Spagna Filippo V concesse il principato a Gregorio Boncompagni e a sua moglie Ippolita Ludovisi, sorella di Olimpia. Coinvolto nella guerra di successione spagnola, il principato fu invaso dalle truppe imperiali prima nel 1708 e poi nel 1714 quando ormai era cessato il predominio spagnolo sull'Italia a vantaggio di quello austriaco (pace di Rastadt). Ippolita governò fino al 1733. Alla sua morte successe la figlia Eleonora Boncompagni Ludovisi che riuscì a mantenere l'investitura, ottenendo nel 1734 la conferma del re di Spagna Filippo V, che nel frattempo aveva riconquistato i territori italiani, a patto di consentire che nel principato si stabilisse un presidio napoletano. Nel 1745 Gaetano Boncompagni Ludovisi successe alla madre fino al 1777 e, alla sua morte, il principato passò al figlio Antonio Maria Boncompagni Ludovisi che venne deposto dai francesi nel marzo 1801. Dopo un periodo transitorio di occupazione francese, il 18 maggio 1805 Napoleone Bonaparte, ormai incoronato Imperatore dei Francesi dal dicembre 1804, assegnò il principato, sempre sotto l'alto dominio della Francia, a sua sorella, la principessa Elisa Baciocchi, conferendo nello stesso tempo al marito Felice Baciocchi il titolo di principe dell'Impero. Il governo dei Baciocchi si concluse nel marzo 1814 con l'entrata in Piombino degli austriaci condotti dal generale Starhemberg.
Le vicende seguenti portarono all'annullamento dello stato di Piombino e all'inglobamento dei suoi territori nel granducato di Toscana.
La comunità di Scarlino, dalla creazione dello stato di Piombino fino alla sua soppressione con il Congresso di Vienna, rimase sempre nella sfera d'influenza di questa entità statale e delle sue forme di organizzazione istituzionale, amministrativa e giudiziaria. Non prive di riflessi sulle comunità, che di questo stato facevano parte, furono anche le vicende politiche e dinastiche delle famiglie al potere, soprattutto in un quadro generale di predominio spagnolo sull'Italia dopo la pace di Cateau Cambresis nel 1559. Un principato più volte ambito e conteso, ma straordinariamente longevo, nel quale il potere, peraltro, spesso instabile e fragile dei sovrani cercò un equilibrio nel proprio territorio visto soprattutto come fonte di reddito tra la gestione delle risorse minerarie (il ferro dell'Elba e i giacimenti di allume a Montioni) e il controllo dei beni fondiari delle comunità. Ricostruire con esattezza la forma di organizzazione del territorio statale nel suo complesso rimane non facile, anche perché ci sono molti aspetti su questo argomento non ancora sufficientemente indagati. A fronte di comunità che si governavano e amministravano con le proprie magistrature regolate dagli statuti locali riconosciuti dal potere centrale, resta non ben definito il sistema di potere centralizzato giudiziario e amministrativo e cioè quali cariche e quali ruoli erano espressi dal potere signorile oltre alle figure del governatore generale e dei governatori locali, che incrociavano direttamente il sistema delle magistrature locali. Tematiche che hanno avuto, del resto, un'attenzione relativamente recente dati i ritardi negli studi dovuti anche alla variegata collocazione documentaria subita dall'ex stato di Piombino, non solo in riferimento ai trasferimenti a Firenze in epoca granducale per opera di Antonio Fani, regio Antiquario delle Riformagioni fiorentine, di cui si dirà più avanti, ma anche per le vicende che hanno portato sia alla dispersione di parti importanti, come il nucleo documentario che avrebbe dovuto costituire l'Archivio Segreto dello stato di Piombino al tempo degli Appiani, sia alla collocazione di fondi notevoli fuori del territorio nazionale, come quelli rintracciati nell' Archivio Generale di Simancas in Spagna e negli Archivi Nazionali di Parigi8
In questo inventario cercheremo di individuare, attraverso le tipologie documentarie presenti nella comunità, quegli elementi istituzionali locali con cui la comunità si è organizzata e il loro rapporto con le strutture istituzionali centralizzate, che in linea di massima sembrano mantenersi abbastanza inalterate almeno fino alla riorganizzazione del governo dei Baciocchi.

Le istituzioni comunitative di Scarlino dagli Appiani ai Boncompagni Ludovisi

La documentazione di Scarlino, oggi conservata presso l'Archivio di Stato di Grosseto, inizia nel 1439 quando la comunità si trovava sotto la signoria di Iacopo II che, in quell'anno, dette inizio ad un processo di riforma dello statuto con cui si reggeva la comunità all'epoca. Le notizie sono contenute nel libro dei Consigli dal 1439 al 14549. Occorreva evidentemente conformare l'autonomia statutaria al potere signorile ormai consolidato. A questo scopo furono eletti dal podestà e dagli Anziani (7 ottobre) due uomini per ciascuno tra i "buoni, antichi e nati in Scarlino"e quindi dieci incaricati di "coreggere, aggiugnere et diminuire decti statuti di poi mostralli al nostro Magnifico Signore come alloro parrà e piacerà"10. Il 6 marzo 1440 congregato il pubblico parlamento nella sala di residenza del podestà venne letta una lettera del signore, scritta a Piombino il 3 marzo 1440, in cui si affermava che il podestà Arcangelo e Nichola de Prinzivalli scarlinese avevano presentato gli statuti "Li quali statuti insieme con loro e con ser Michele Tanucci habbiamo riveduti et correcti et stabiliti" per cui si ribadiva l'annullamento di ogni altra norma precedente. Oggi di tutta la produzione statutaria quattrocentesca ormai si sono perse le tracce11. Un inventario della cancelleria del 144112 conferma la presenza all'epoca di uno "Statutum domini Arcangeli" che potrebbe essere quello presentato al parlamento di Scarlino, oltre alla presenza di uno "Statutum Comunis Scharlini" e di uno "Statutum dapnorum". La struttura amministrativa che emerge dal libro dei Consigli quattrocentesco individua i soggetti istituzionali preposti al governo della comunità in questa fase. Oltre al podestà di nomina signorile vi erano gli organi locali quali gli Anziani in numero di 4, i due capitani della compagnia, il Consiglio minore composto da 6 membri, il Consiglio maggiore composto da dodici membri e il parlamento generale dei Cento. Affiancavano queste magistrature maggiori tutta una serie di magistrature minori quali il bandieraio, i sindaci degli anziani, il nunzio e il cursore del podestà, il camerario di camera, il camerario del mulino, gli stimatori dei terreni e del bestiame, gli arbitri e viari del comune, i cafaggiai, i provveditori, gli eletti sulle mura, i sindaci degli operai delle chiese, gli operai della chiesa di S. Martino, gli eletti sulle misure. Il podestà al termine del suo mandato, secondo lo statuto, doveva essere sottoposto a sindacato da parte degli organi della comunità. Una prerogativa questa che la comunità ebbe modo di rivendicare quando Paola Colonna nel luglio 144113, in un tentativo di strapotere signorile, avrebbe voluto affidare al vicario generale di Piombino, che temporaneamente aveva assunto funzioni di commissario di Scarlino, il sindacato del podestà Gaddo Gallo14. La comunità, attraverso gli ambasciatori eletti dal parlamento generale, sollevò una immediata protesta e chiese e ottenne il rispetto delle norme statutarie. L'evoluzione statutaria seguente è data dallo statuto cinquecentesco15, in cui si esprime un rafforzamento del potere signorile istituzionalizzando la figura del commissario o governatore della comunità le cui prerogative sono enunciate nelle prime due rubriche. La figura del commissario, peraltro, era già comparsa in una fase particolarmente cruciale attraversata dallo stato quando, nel luglio 1440, Baldaccio di Anghiari aveva occupato di sorpresa Suvereto16 e l'aveva saccheggiata, devastando e depredando tutto il territorio del principato. Questa situazione di guerra, che costò alla comunità di Scarlino un contributo di 600 ducati nella somma totale di 8500 fiorini pagati dal signore per il riscatto di Suvereto, portò anche all'introduzione nella comunità di un commissario con poteri militari. In questo modo si presentò il nobile Antonio Cardini da Roma nell'agosto 144017 inviato da Jacopo II annunciando la propria autorità sulle milizie, sul podestà e sul comune. Con lo statuto del 1531 redatto al tempo di Jacopo V, questa figura venne istituzionalizzata e sovrapposta a quella del podestà, che scomparve. Il commissario o governatore, come veniva denominato indistintamente nello statuto18, una volta eletto pronunciava il giuramento di fedeltà e lealtà alla comunità e al signore19. Doveva risiedere in Scarlino, presiedere ai consigli ed esercitare poteri giurisdizionali in materia di giustizia civile e criminale di primo grado coadiuvato da un notaio. Questo notaio attuario20 di nomina signorile era anche cancelliere della comunità e al suo ingresso doveva giurare nelle mani del cancelliere uscente di eseguire bene e fedelmente il proprio uffizio. La presenza del commissario a tutte le adunanze degli organi deliberativi della comunità, unita all'intervento del notaio cancelliere alla redazione di tutte le scritture, garantiva non poco il controllo signorile su tutti gli atti. Le funzioni giurisdizionali del governatore sono descritte minuziosamente in varie rubriche statutarie che insistono molto sulle procedure21. Nelle cause civili superiori alle venticinque lire il procedimento doveva essere istruito e condotto sulla base di atti scritti, dalle citazioni, alle repliche, dall'esame dei testimoni, alle sentenze. Alle parti veniva assegnato un certo tempo per procedere con le petizioni e le repliche e il governatore, una volta esaminati i testimoni, doveva concludere la causa entro trenta giorni. Su richiesta delle parti era ammesso il consiglio del Savio, cioè un parere emesso da un "consultore non sospetto ad alcuna delle parti" e in questo caso la sentenza del governatore doveva tener conto di questo consiglio. Nelle cause invece non superiori alle venticinque lire non occorrevano atti scritti e il giudice doveva procedere "senza strepito o figura di giudizio" e la causa doveva essere decisa entro dieci giorni. Per le sentenze civili definitive al di sopra delle lire venticinque era ammesso appello al signore o al suo governatore generale che aveva sede a Piombino, capoluogo del principato22. Nel processo criminale il governatore doveva procedere sopra ogni delitto commesso nel castello sia per inquisizione (processo inquisitorio) che per denuncia (processo accusatorio). L'accusato o inquisito veniva citato per mezzo del messo pubblico a comparire entro tre giorni davanti al governatore. Il reo confesso otteneva uno sgravio di pena, all'opposto il contumace veniva bandito. I crimini e le pene erano previste dallo statuto caso per caso, le sentenze dovevano essere scritte e fatte conoscere pubblicamente. Nel 1773 un'istruzione per i governatori firmata dal governatore generale Donato Fucci Mastini stabiliva che, per volere del principe al fine di essere appieno informato, nelle cause criminali non venisse emessa nessuna sentenza senza l'approvazione del suo governatore generale23. Il governatore e il notaio al termine del mandato, e prima di aver ricevuto il loro ultimo trimestre di salario, venivano sottoposti a sindacato da tre modulatori scelti dagli Anziani nel loro minor Consiglio. Il compito dei modulatori, una volta ottenuta la consegna di tutte le scritture civili e criminali da mettere in archivio, era quello di controllare eventuali violazioni degli statuti e ordini del signore nonché negligenze, estorsioni o delitti commessi anche fuori dell'ufficio, sentenze ingiuste o inique. Il sindacato durava cinque giorni durante i quali nei primi tre chiunque volesse presentare querela o petizione doveva essere ascoltato, e negli ultimi due doveva avvenire la sentenza di condanna o assoluzione24.
Espressione della comunità erano le magistrature locali costituite dagli Anziani, dai Consigli minore e maggiore e dalle magistrature inferiori25. La massima magistratura era quella degli Anziani che avevano il compito di assolvere a tutti gli affari della comunità "fare tutte le lor provisioni ordinarie per la salvezza della terra e popul di Scarlino in ordinare guardie, elleggere soprastanti, condurre medici fisici e chirusici". Erano in numero di quattro per volta e duravano in carica tre mesi. Erano imborsati annualmente in polize di quattro, estratte durante l'anno ogni tre mesi. La loro elezione aveva una complessa procedura, ovviamente non esente da ingerenze signorili che si manifestavano sia indirettamente, attraverso il controllo svolto dal governatore, che direttamente mediante approvazione. Gli Anziani uscenti dovevano riunirsi alla presenza del governatore e nominare 8 savi uomini con l'incarico di compilare una lista di 48 candidati che dovevano essere approvati dal signore o dal suo governatore approvazione del suo governatore generaleI candidati dovevano essere scarlinesi, possedere almeno 50 scudi, aver superato i venti anni ed essere "onorati, savi, atti e sufficienti". Tutti i confermati dovevano essere iscritti in polize di quattro dagli accoppiatori eletti dal signore o dal suo governatore generale. Le polize venivano imborsate ed estratte otto giorni prima della scadenza del mandato degli ultimi Anziani residenti alla presenza di questi, del governatore e del Consiglio minore. L'ufficio durava tre mesi con un salario di lire 24 ciascuno26. Una volta entrati nel loro ufficio, gli Anziani insieme al loro minor Consiglio dovevano eleggere il Consiglio maggiore che era l'organo deliberativo del comune. La procedura prevedeva di scegliere "buoni e sufficienti uomini della terra di Scarlino" che messi a scrutinio e vincendo per due terzi andavano a comporre, insieme al minor Consiglio, il Consiglio maggiore"27. Questo veniva convocato dagli Anziani nel palazzo del comune ottenuta prima la licenza del governatore. La convocazione veniva bandita ad alta voce dal messo pubblico della comunità e, nell'ora stabilita per la riunione, il suono della campanella del comune durava "per tanto tempo quanto comodamente da San Donato a San Martino andar si possa"28. Agli Anziani e al loro Consiglio minore spettava appaltare mediante asta pubblica al miglior offerente, munito di idonee garanzie, i diritti cioè le risorse della comunità29 che comprendevano sia beni che gabelle. Un libro dei bandi dei proventi della comunità dal 1600 al 164030 riporta quali fossero all'epoca : la Banditella, la bandita di Meleta, i terratici di Meleta, la scorzatura delle suvere di Meleta, la palma del comune, la gabella del ceppo31, la gabella del bestiame, il verrocchio, l'usufrutto del danno dato, l'uliveto della comunità, il provento dello stagno, l'osteria. Alcuni di questi diritti furono nel corso degli anni sottratti alla comunità per soddisfare le necessità sempre più pressanti dei principi, come la donazione dello Stagno nel 1696 chiesta dal principe Giovan Battista Ludovisi Boncompagni a cui la comunità fu costretta a cedere a patto che "chi compera lo stagnio deva far portare il pescie alla Terra di Scarlino in conformità dello Statuto"32. Lo Stagno fu infatti subito rivenduto dal principe alla famiglia Citerni33. Altri possedimenti come il Pasco Grande, il Pasco di Pian d'Alma compreso il padule e il Gualdo erano già stati donati dalla comunità tra il 1560 e il 1568 ai principi Appiani d'Aragona e poi rivenduti sempre da Giovan Battista Ludovisi Boncompagni al capitano Francesco Franceschi nel 167434. Più controverso il possesso della tenuta del Cassarello donata dalla comunità ad Alfonso figlio di Jacopo V nel 1560 a patto che non fosse mai ceduta al di fuori della famiglia, e dunque ritornata in possesso della comunità dato che figura nel 1803 come partita d'affitto a Sebastiano Lapini35. Il territorio amministrativo di Scarlino comprendeva vari punti di approdo in prossimità delle varie torri costiere (delle Civette, del Barbiere e della Troia), ma il porto principale era costituito dallo scalo di Portiglioni, mentre risultava già caduto in disuso nel cinquecento quello "Vecchio" di Meleta situato nello Stagno36. Un altro scalo importante era situato nel territorio di Follonica, che amministrativamente si ricollegava a Scarlino. Questo scalo, per un accordo concluso nel 1576 tra Jacopo VI Appiani e Francesco de Medici37, era stato inserito in un corridoio condominiale di mezzo miglio tra il confine del territorio di Massa Marittima e il mare, per consentire ai granducali lo scalo delle merci. Sul territorio esistevano vari opifici quali un mulino e una ferriera, fatti costruire dagli Appiani nella prima metà del cinquecento, che nell'accordo rimasero di assoluta spettanza di questi. Entrambi erano alimentati con l'acqua della Pecora che, deviata con una steccaia nel territorio di Massa Marittima, andava a finire in una gora. I forni di Follonica furono sempre ceduti in affitto dai signori di Piombino e potenziati dagli affittuari, tra cui anche Cosimo de Medici tra il 1557 e il 1568 quando già deteneva dal 1543 l'appalto delle miniere ferrose dell'Elba38. Ma proprio il sistema degli affitti, sfuggito di mano ai Medici per finire a mercanti genovesi sospettati anche di contrabbando di minerale di ferro e, quindi, di danneggiamento al monopolio del ferro toscano, divenne motivo di scontro e di ritorsioni. I Medici, che nel frattempo avevano riattivato nel territorio di Massa Marittima l'impianto siderurgico di Valpiana in concorrenza con quello di Follonica, presero ad ostacolare la concessione delle acque che alimentavano il funzionamento degli impianti di Follonica mettendo in atto quella che venne denominata la "guerra delle steccaie"39, un'aspra contesa che contrappose i massetani, sudditi granducali, agli scarlinesi. Anche l'accordo sulla zona condominiale, che aveva acquietato per molti anni le questioni, fu nuovamente messo in discussione all'epoca dei Boncompagni Ludovisi quando ricominciarono le vessazioni degli scarlinesi ai danni degli esecutori di giustizia massetani, contro cui rivendicavano la giurisdizione sul territorio di condominio40. Nel 1768 un promemoria del governatore di Scarlino, Francesco Camera, compilato dopo un violento scontro con gli sbirri toscani che avevano arrestato un malvivente sul terreno di condominio, ribadiva che "la giurisdizione di Follonica è sempre appartenuta e sempre appartiene al governo di Scarlino, che in tutte le occasioni l'ha esercitata senza la minima dipendenza dalla Toscana né dai paesi contigui al detto litorale come Massa, Gavorrano, Castiglione (...) tanto è vero che i bastimenti che approdano al detto scalo anche nazionali toscani e muniti di toscano passaporto hanno sempre pagato e pagano l'ancoraggio e l'approdo al Principato di Piombino e questo era un assegnamento del Governatore di Scarlino al quale poi nel 1750 per Ordine Sovrano fu tolto e aggregato alle provvisioni del Cancelliere generale, che attualmente lo gode"41. Tra le poche normative di riforma varate nel principato ci sono alcune Istruzioni del 12 giugno 1792, date al tempo di Antonio Maria Boncompagni Ludovisi e firmate dal governatore generale Donato Fucci Mastini, che sembrano soprattutto indirizzate a sollecitare una più precisa finanza comunale controllata nei limiti di spesa42. A queste segue il 30 novembre "Il Regolamento che Sua Eccellenza il Principe comanda che s'osservi indispensabilmente nella Comunità di Scarlino per la Pubblica Economia"43 in cui, quasi a ribadire una normativa scarsamente recepita, si imponeva di registrare "con tutta diligenza, chiarezza e pulizia" le entrate e le uscite della comunità in libri separati, ben legati e cartolati. Nel conto delle entrate doveva essere menzionato qualunque capitale o provento della comunità anche se non affittato, in modo da non perderne la memoria. Per ogni affitto doveva essere stipulato istrumento da conservarsi in buon ordine nel mazzo degli altri recapiti. Per le spese straordinarie gli Anziani non potevano disporre più di lire duecento all'anno e le spese fatte con questa somma dovevano essere indicate come spese straordinarie fisse. Oltre alla somma occorrente per le spese ordinarie e invariabili come salari, frutti di censi, feste comunitative e simili e l'altra di lire duecento per le spese straordinarie fisse, gli Anziani non potevano disporre di nessun'altra partita di denaro se prima non avevano ottenuto il permesso del principe o del governatore generale, nel qual caso doveva essere fatta menzione di questa licenza. Ogni tre anni veniva dal principe eletto o confermato il camerlengo al quale veniva destinato un adeguato assegnamento. Doveva ricevere i pagamenti e farli per mezzo di mandati sottoscritti dal giusdicente (governatore) pro tempore, dal capo anziano e dal cancelliere. Ogni anno il camerlengo doveva rendere conto a quei revisori stabiliti dal Consiglio davanti al giusdicente e agli Anziani formando un bilancio di cassa per vedere lo stato attivo e passivo della comunità. Il bilancio sottoscritto dal giusdicente, dagli Anziani, dal camerlengo e dai revisori doveva essere rimesso al governatore generale entro il mese di gennaio o febbraio. Il bilancio doveva essere diviso in tre classi : la prima delle spese ordinarie e invariabili; la seconda delle straordinarie fisse; la terza delle spese straordinarie fatte con i rispettivi permessi. Il governatore doveva aver cura di vigilare sull'esatta osservanza di quanto stabilito.

La comunità durante il governo dei Baciocchi

La struttura amministrativa della comunità secondo lo statuto del 1531 si mantenne essenzialmente invariata senza soluzioni di continuità fino all'assegnazione napoleonica del principato ad Elisa e Felice Baciocchi il 18 marzo 180544. Una caratteristica peculiare dello stato di Piombino fino a quel momento era stata la condizione di immobilismo giuridico con cui si erano mantenute in vigore, salvo sporadici aggiustamenti, le antiche norme comunali. Lo stato era stato lasciato dai principi in condizioni di abbandono e estrema arretratezza, con situazioni di latifondo e vincoli di natura feudale, senza aver conosciuto nessuna delle riforme che già erano state applicate nella Toscana granducale. Molti possedimenti appartenevano ancora ai numerosi enti ecclesiastici, chiese, conventi, benefici tra cui quello imponente della Vergine delle Grazie fondato dai Franceschi45, e ai luoghi pii laicali costituiti dalle tre confraternite : la compagnia del Corpus Domini o della Carità, la compagnia della Beata Vergine Assunta in Cielo detta di Santa Maria o della Madonna, la compagnia di Santa Croce46 . All'avvento dei Baciocchi il territorio di Scarlino degradato, come in generale quello dell'intero stato, dall'ampio impaludamento delle zone di pianura, dal taglio indiscriminato dei boschi, dalla viabilità disastrata, presentava un estremo bisogno di attenzioni e innovazioni e di una vasta opera di risanamento. Un certo interessamento alle condizioni economiche emerse già dal 31 marzo 1805 quando il generale Cartaux, comandante e amministratore generale dello stato di Piombino, ordinò una pubblica adunanza in cui chiese di rispondere ad alcuni quesiti relativi alle condizioni economiche della terra di Scarlino soprattutto in materia di taglio dei boschi e uso della legna e del carbone, ma anche sulle strade, sul prosciugamento del padule e sulla quantità di popolazione47 . Era l'inizio di una programmazione di interventi che il governo di Elisa cercherà di mettere in atto con una legislazione innovativa e organica che, in materia di agricoltura e foreste, darà vita al "Codice Rurale del Principato di Piombino" e al "Regolamento per l'amministrazione generale dei boschi e delle foreste", emanati entrambi nel 1808. La prima operazione di smantellamento del vecchio ordinamento si concretizzò con le disposizioni in materia emanate con decreto 27 dicembre 180548, estese allo Stato di Piombino il 9 gennaio 1806, con cui si abolivano le precedenti magistrature comunali introducendo la municipalità di tipo francese composta dal maire, un aggiunto e quattro consiglieri49 . L'anno seguente con decreto del 15 maggio 1807 di Felice Baciocchi fu stabilita una nuova organizzazione giudiziaria del principato che venne suddiviso in quattro giudicature di pace : Scarlino, Piombino, Buriano e Suvereto. Le funzioni di giudice di pace, che generalmente nella legislazione napoleonica venivano esercitate dal presidente del Cantone, nel territorio dello stato di Piombino furono esercitate dai maires50 . A loro si affidava la competenza di conoscere e giudicare per i delitti di polizia semplice commessi nel territorio comunale, nonché funzioni di polizia giudiziaria relativamente ai delitti di giustizia correzionale e di alto crimine. In materia civile la competenza era limitata a cento lire, ma se la causa non superava il valore di venti lire potevano giudicare con sentenza inappellabile. Un ulteriore grado di giudizio era costituito dal tribunale di Piombino con competenze civili e criminali superiori rispetto a quelle delle giudicature di pace, che da questo dipendevano. Era composto da un presidente e due giudici a latere e un commissario del principe che svolgeva funzioni di pubblica accusa. Le sentenze per i delitti di alto criminale erano impugnabili presso il tribunale di revisione e cassazione di Lucca. Piombino in quanto capitale del Principato divenne sede di prefettura oltre che sede del governatore generale. La soppressione degli enti ecclesiastici portò all'incameramento dei numerosi beni posseduti al Demanio, così come divennero demaniali anche i beni delle comunità in osservazione al decreto di Felice Baciocchi del 13 luglio 1807 che all'art. 1 affermava che "le proprietà delle comunità dello Stato di Piombino essendo insufficienti per il pagamento delle spese comunali sono riunite e vengono amministrate dal nostro Demanio"51 . Ben presto questi beni furono in gran parte venduti con una operazione di smobilitazione fondiaria che, senza dubbio, favorì l'ascesa come proprietari degli appartenenti a quella classe già attiva sia nell'amministrazione locale, che negli appalti dei beni e servizi comunitativi.

L'archivio della comunità di Scarlino nello Stato di Piombino

Il primo inventario delle scritture presenti presso la cancelleria di Scarlino, che è stato possibile rintracciare, è quello redatto l'8 luglio 1441 in occasione del passaggio di consegne dal notaio ser Henrico (a sua volta subentrato a ser Lucha) al successore ser Bastiano Pascucci da Camerino52: " Inventarium hoc est librorum cancellarie comunis Scharlini et iuris banci Scharlini et aliarum rerum existentium in domo habitationis notarii (...) Videlicet : unum librum videlicet presentem librum reformacionum nigrum grossum; unum librum rubeum sive iallum intritus et escitus Camerariorum comunis Scharlinii; unum librum creditorum signatum Turri; unum librum sindacatorum comunis Scharlini; unum librum processum factum a pluribus meis in officio precessoribus; unum librum condepnacionum potestatum maleficiorum signatum H; unum librum barigellorum signatum G temporibus praesentis finitum de mensibus decembris 1441; unum librum debitorum antiquarum cum alfabeto; unum librum debitorum antiquum grossum; quadernum unum in quo descripti sunt dies feriatii; unam vacchettam salis manu Pieri Jacobi Fressi; Statutum Comunis Scharlini; Statutum dapnorum; Statutum domini Arcangeli; unum librum civilium scriptum editum et compositum per me Henricum notarium; unum librum barigellorum novum signatum Luna compositum a me Henrico; unum librum processuum novum signatum Stella; unum librum novum creditorum et debitorum signatum O editum et compositum per me Henricum; unum librum novum signatum Colonna editum per me Henricum notarium in quo scribuntur condenaciones de facto et alie (...)"
Di tutta questa documentazione elencata compresi gli statuti non è rimasto altro che il libro dei Consigli su cui è stato annotato l'inventario, essendo andata perduta tutta la parte quattrocentesca dell'archivio a eccezione dell'unico altro residuo costituito da un libro di ragione53, che inizia però solo nel 148954. Gli stessi libri di Consigli, pur salvando quello anzidetto dal 1439 al 1454, presentano una grossa lacuna da questa data a tutto il '500, riprendendo soltanto nel 1599 (1600 stile piombinese) quando sull'assetto istituzionale della comunità era intervenuto, già dal 1531, un nuovo statuto. Questo per quanto riguarda la tenuta degli archivi stabiliva norme ben precise. Come l'obbligo per gli Anziani di tenere nella residenza del governatore di Scarlino una buona cassa o cassone di noce forte in cui collocare l'archivio, con tre chiavi a croce da tenere una il governatore, una il capo degli Anziani e un'altra il cancelliere del comune. Il cassone doveva essere sempre aperto alla presenza di tutti e tre. Il suo contenuto in libri e filze civili e criminali e scritture della comunità doveva essere sempre descritto in un inventario che il cancelliere doveva redigere all'entrata dei nuovi Anziani e registrare nel libro dei Consigli. Gli Anziani dovevano vigilare l'esatta registrazione fatta dal cancelliere degli atti civili e criminali in libri ben legati, nonché la registrazione in libri e filze ben legati di tutti i libelli e di tutte le altre scritture portate alla sua attenzione . Erano previste pene per il notaio e per gli Anziani in caso di non ottemperanza a queste prescrizioni. Una norma specifica dello statuto55 regolamentava la trascrizione delle lettere imponendo agli Anziani di comprare "un libro di carta mezzana con sue coperte e correggie almeno di carte dugento di foglio intiero intitolato libro de registri" in cui il cancelliere del comune doveva registrare tutte le lettere ricevute e le risposte, con pene per il cancelliere e per gli Anziani in caso di inadempienza. In ottemperanza a queste nuove norme, il libro dei Consigli del 159956 ci presenta al primo d'ottobre 1599 un inventario redatto in occasione dell'avvicendamento degli Anziani. I nuovi Anziani adunati nella chiesa di S. Donato dopo la solita messa in cui prestavano giuramento si spostavano nel palazzo dove prendevano in consegna dai vecchi le nominate scritture : "Il libro vecchio e il nuovo de consigli; il libro vecchio e il nuovo de debitori e creditori; le chiavi dell'archivio; il libro delle vendite de proventi, il libro degli stanziamenti; un registro di lettere; il libro di Antonio Orso; le borse e il sigillo del Comune; il libro degli Statuti; un mazzo di scritture del Nannetti, due quaderni di distribuzione de denari de Ricasoli del Nannetti et Cecco Vinucci; un quaderno di simil distribuzione di Pierangelo di Giuliano et Bastiano di Piero". E così ad ogni cerimonia di avvicendamento troviamo annotati inventari simili o, addirittura, più approssimativi come quello molto stringato che si trova nel libro dei Consigli57 dal 1655 al 1672 : "libro dei debitori e creditori, il presente libro dei consigli, libro della canova, il bilancio delle legne, il volume dello Statuto, il registrino, le scritture del Attolini, lettere di S.E Principe.; libro de capitoli, scritture diverse, una poliza dell'Anziani". Ad occuparsi della redazione degli atti era sempre il notaio e cancelliere eletto dal signore sia per coadiuvare il commissario nelle scritture civili e criminali, che per le scritture della comunità58. Il nuovo assetto amministrativo instaurato nel principato dai Baciocchi portò ad una radicale riorganizzazione delle strutture amministrative e giudiziarie con l'introduzione dal gennaio 1806, della municipalità francese, la mairie, di cui al paragrafo precedente. Per quanto riguarda l'organizzazione archivistica in questo periodo un decreto del 22 maggio 1807 stabiliva che gli archivi delle comunità del principato venissero riuniti nell'archivio generale della capitale59. Un provvedimento che, risultando connesso con gli effetti di una maggiore razionalità burocratico amministrativa, rispondeva anche relativamente alla certezza del diritto ad una esigenza di maggiore visibilità della documentazione messa a disposizione sia del corpo burocratico che dei cittadini. Un riscontro di quanto questa disposizione sia stata effettivamente applicata può essere dato dall' Inventario dei documenti e carte appartenenti alla Prefettura di Piombino dal 1807 al 181360 che indica, per la Comune di Scarlino, la presenza della corrispondenza del maire dal 6 gennaio 1806 al 1812 ; dei dimostrativi di entrata dal 1805 al 1807 e dei budjet di rendita e spesa dal 1807 al 1810. Attualmente, ad eccezione della corrispondenza, non risulta traccia in archivio della documentazione finanziaria di questo periodo.

La comunità di Scarlino e il suo archivio nel Granducato di Toscana

Con la restaurazione e la conseguente abolizione del principato di Piombino e l'annessione dei suoi territori al granducato di Toscana, la comunità di Scarlino seguì questa sorte. Con il motuproprio 8 febbraio 1816 fu stabilita la regolamentazione dei territori dell'ex principato. In base ad esso la comunità di Scarlino andò a costituire la nuova comunità di Scarlino e Buriano rappresentata da una magistratura composta da un gonfaloniere, due priori e sei consiglieri e rimase compresa nella circoscrizione della cancelleria di Piombino. Da un punto di vista giudiziario però il territorio di Scarlino venne sottoposto alla giurisdizione civile del tribunale di Gavorrano (sede di Podesteria ) e quello di Buriano alla giurisdizione civile del tribunale di Giuncarico (sede di Podesteria). Entrambi i territori furono sottoposti alla giurisdizione criminale del tribunale di Castiglione della Pescaia che era sede di Vicariato. Da un punto di vista amministrativo la circoscrizione di competenza per la nuova comunità di Scarlino e Buriano rimase Piombino, che nel frattempo era diventata sede di cancelleria comunitativa posta alle dipendenze dell'Ufficio dei Fossi di Pisa. L'accorpamento del materiale di Scarlino e Buriano avviene in questa fase così come il trasferimento presso la cancelleria di Piombino. Nel 1826 con motuproprio 29 novembre la comunità di Scarlino e Buriano venne scorporata dalla cancelleria di Piombino e assegnata alla cancelleria di Massa Marittima di IV classe, che già comprendeva anche le comunità di Gavorrano e Roccastrada. Questo passaggio determinò anche il trasferimento del materiale archivistico dalla cancelleria di Piombino a quella di Massa Marittima come attesta il verbale di consegna redatto il 31 dicembre 1826 e firmato dai rispettivi cancellieri e dal gonfaloniere della comunità. Al verbale è allegato l'inventario "di tutti i libri, filze di atti civili, estimi, arruoti, dazzaioli, reparti, registri, protocolli, campioni e carte relative all'amministrazione della comunità di Scarlino e Buriano" redatto dal cancelliere di Piombino il 30 dicembre 1826 su ordine del Provveditore della Camera di Soprintendenza Comunitativa di Pisa del 13 dicembre 1826 n. 166361. Nelle 392 voci contenute, che raggruppano molto spesso più di una unità archivistica, viene fornita una immagine dell'archivio all'epoca suddiviso in Protocolli, Saldi, Dazzaioli, Estimi Arruoti, Stato Civile, Statuti Antichi62, Filze d'Atti Civili Antichi, Libri d'Antica Amministrazione ed altro, Protocolli Antichi Magistrali63, Carteggio Ministeriale, Affari Contenzioni Confinazioni, Carteggio degli Anziani e fogli diversi, Affari di Chiese, Affari Diversi cioè lavori di strade, ripari e progetti intorno ai fiumi, Libri Antichi64. Dopo pochi anni, nel 1834 a partire dal 1 gennaio, con l'attivazione del nuovo catasto la comunità di Scarlino e Buriano venne soppressa e le due comunità furono scorporate perdendo di fatto la loro autonomia. Scarlino divenne frazione di Gavorrano e le sue carte rimasero nella cancelleria di Massa Marittima. Insieme a Scarlino passò al territorio di Gavorrano anche Follonica, che vi rimase solo fino al 183765. Buriano, invece, venne aggregato alla nuova comunità di Castiglione della Pescaia insieme a Tirli e Colonna (motuproprio 14 novembre 1833 relativo a Castiglione della Pescaia) con conseguente versamento delle carte alla cancelleria di Grosseto66.

Nella ricostruzione delle vicende relative agli spostamenti di carte verificatesi negli anni successivi alla restaurazione, occorre necessariamente considerare in modo particolare per le comunità facenti parte dell'ex stato di Piombino l'opera svolta da Antonio Fani, Regio Antiquario dell'Ufficio delle Riformagioni fiorentine, a cui si è accennato in precedenza. Incaricato del progetto di riordinamento degli archivi dell'ex principato di Piombino, il Fani svolse il suo principale mandato tra il 1839 e il 1842 riuscendo ad individuare in varie sedi e trasferire a Firenze gli archivi centrali del principato a cui aggiunse, in una visione più ampia della propria missione, anche l'estrapolazione e la concentrazione negli archivi fiorentini di quella parte di documentazione medievale locale residua trovata durante la sua campagna di indagine67. In relazione all'ex stato di Piombino, il progetto granducale intendeva rintracciare tutta la documentazione dell'ex stato disseminata in varie sedi per poterla esaminare e riordinare, e come fine ultimo importante poter in essa ritrovare le testimonianze più certe dei diritti dello stato e delle comunità. Si trattò di una vasta opera di ricerca documentaria per affiancare le operazioni di gestione di quei territori su cui la politica granducale si stava impegnando in opere di bonifica e di sviluppo, e che avevano provocato molte resistenze e contrapposizioni tra il sovrano, gli enti e i proprietari terrieri. Non è un caso, infatti, che i primi pressanti interrogativi già dal febbraio 1839 posti al Fani dall'Avvocato Regio Capitolino Mutti, referente del progetto insieme al Conservatore del Catasto, riguardassero proprio la gestione del territorio scarlinese, oggetto di contenziosi e usurpazioni, con richiesta di notizie sul Pascolo Grande, sulla Tenuta del Cassarello e sul Padule di Scarlino68. La serie di resoconti con cui terrà informati i suoi referenti ci permette di conoscere lo svolgimento della sua missione che, iniziata in primo luogo nell'archivio della cancelleria di Piombino, lo porterà ad indagare anche nella Camera di Soprintendenza Comunitativa di Grosseto e negli archivi delle cancellerie di Grosseto, Campiglia e Massa Marittima alla ricerca di documenti afferenti alla città e stato di Piombino confluiti per errore69. Nel suo lavoro a Piombino e nelle altre cancellerie il Fani individuò le carte prodotte dagli organi centrali di governo del Principato e ne dispose il trasferimento a Firenze all'archivio delle Riformagioni70, così come ordinò e trasferì l'archivio delle Corporazioni religiose soppresse e quello del Demanio71, lasciando nelle varie cancellerie di pertinenza gli archivi delle comunità72 e quelli dei giusdicenti. Tra i rapporti inviati a Firenze, una volta completate le visite agli archivi di Grosseto, Campiglia e Massa Marittima, vi furono anche cinque note descrittive di carte che "per la loro indole o speciale attenenza" erano da considerare in quei luoghi "indebitamente" depositate e quindi da riunire ai loro rispettivi archivi73. La terza nota riguardava in modo specifico la cancelleria di Massa Marittima, a cui si dedicò dopo aver esaminato a Grosseto l'archivio della Regia Camera e quello della cancelleria locale in cui aveva trovato l'archivio comunitativo di Buriano. A riprova della intricata collocazione delle carte il 26 marzo 1841 dalla cancelleria di Massa Marittima scrisse "Sono occupato nell'esame dell'archivio di Scarlino il quale per essere più voluminoso e in cattivissima posizione richiede certamente più fatica e tempo malgrado la nostra assiduità"74 . La lista delle estrapolazioni che verranno effettuate da questa cancelleria riguarderà varie comunità (oltre a Scarlino e Buriano anche Suvereto e Piombino) e varie tipologie documentarie che, come era avvenuto in altre cancellerie, non erano tutte strettamente attinenti all'incarico ricevuto come ad esempio lo statuto trecentesco di Massa Marittima. Ma per quanto riguarda ciò che qui interessa le estrapolazioni comprenderanno sia la parte residua della comunità di Buriano, che quella parte della documentazione scarlinese ritenuta appartenente all'archivio dell'ex principato, come risulta dall'elenco completo redatto dal cancelliere di Massa Marittima il 24 febbraio 1842 in occasione della consegna al cancelliere di Piombino che faceva da tramite75.

Nota delle carte e libri che il Signor Cancelliere della Comunità di Massa Marittima consegna al Cancelliere di Piombino in sequela alla Veneratissima Risoluzione del 17 luglio 1841 contenuta nella Ministeriale della Regia Camera di Grosseto in data 16 ottobre di detto anno di n° 542, diretta al suddetto Cancelliere di Piombino

A Cinque volumi mancanti di coperte e in parte laceri riguardanti la Comunità di Buriano come appresso
1) Libro della Badia al Fango e pascolo grande di Scarlino del 1667
2 )Frammenti di libri intitolati Civile di epoche diverse
3) Libro civile dal 1631 al 1639
4) Detto 1649 al 1650
5) Detto 1654 al 1657

B Quattro volumi con coperte lacere risguardanti la Comunità di Suvereto come
1) Libro intitolato Civile dal 1566 al 156
2) Detto del 1567
3) Detto 1567 e 1568
4) Detto dal 1607 al 1609

C Cinque volumi mancanti di coperte e in parte laceri riguardanti la Comunità di Piombino cioè
1) Libro Civile dal 1525 al 1527
2) Detto 1550 - 1552
3) Detto del 1568
4) Detto dal 1630 al 1639
5) Detto del 1653 e 1654

D Un volume contenente i Capitoli della venerabile Confraternita sotto il titolo della SS.Trinità approvati nel 1754

E Un inserto contenente tre fascetti cioè

I Lodo del 1 febbraio 1540 concernente la confinazione fra la Bandita di Meleta di Scarlino ed i Frati Monte di Muro rogato Fulvio del fu Michele dei Banti di Piombino
II Sbozzi di prospetti delle terre del Demanio nelle giurisdizioni di Scarlino e Suvereto sotto il dominio dei Principi Baciocchi
III Quadro dei terreni della Comune di Scarlino con la stima

F Tre volumi contenenti i seguenti protocolli

1) Protocollo di ser Neri da Casole dal 1355 al 1430
2) Detto di ser Antonio di Piero dal 1438 al 1462
3) Imbreviature di Strumenti dal 1420 al 1434

G Libro e carte diversi appartenenti all'Archivio dell'ex Principato di Piombino e sono i seguenti:

1) Libro di entrata e uscita del pasco grande di Scarlino dell'Eccellentissima Signora Duchessa da Bracciano dal 1657 al 1667
2) Un inserto contenente quattro fascetti cioè

I Memoria del R. Matematico Pietro Ferroni sopra il progetto di riduzione a porto del Puntone di Scarlino (ed altre carte relative) scritta nel dì 12 luglio 1807
II Progetto della Steccaia nel Fiume Pecora con pianta dimostrativa del 1809
III Relazioni e note di Ingegneri per lavori di strade nel Principato di Piombino del 1812 e 1813
IV Mappa del Padule e territorio delle Casine di Scarlino levata nel maggio 1579

3) Un inserto contenente quattro fascetti di lettere cioè

I Fascetto di lettere al Prefetto e suppliche al Principe di Piombino di epoche diverse
II Detto di lettere diverse al Governatore Ricevitore di Piombino
III Fascetto contenente carte riguardanti l'amministrazione delle foreste
IV Detto di lettere diverse al Governatore di Piombino

4) Diversi ordini e decreti notificazioni al tempo del Principe Felice Baciocchi di Lucca e Piombino

5) Una filza contenente due inserti di lettere cioè

I Inserto di lettere del Maire di Scarlino al Comandante Simeon
II Detto di lettere del Mere di Scarlino dirette al Prefetto di Piombino

6) Filza contenente i due seguenti inserti

I Inserto relativo all'elezione del Consiglio Municipale di Scarlino del 1806
II Detto di lettere del Maire di Scarlino al Prefetto di Piombino del 1810

7) Filza contenente due inserti di lettere del Maire di Scarlino al Prefetto di Piombino del 1808 e 1809

8) Detta come sopra del 1811

9) Detta come sopra del 1812

10) Detta contenente tre fascetti di lettere del Maire di Scarlino e d'altre dirette al Prefetto di Piombino dal 1813 al 1815

I 2) Libro in pergamena contenente li Statuti della terra e del Comune di Giuncarico ordinati, corretti e ampliati nel 1560

3) Libro in pergamena contenente lo Statuto della Città e popolo di Massa del 1311.

4) Libro o piuttosto filza contenente diversi statuti e frammenti di Statuti parte in pergamena, parte in carta bambagina della Città di Massa dei secoli XIII, XIV, XV (...).

Massa Marittima li 24 febbraio 1842"

Nella lista non figurano gli statuti di Scarlino poiché, all'epoca, non si trovavano più nella cancelleria di Massa Marittima, ma erano stati inviati già dal 1836 alla Regia Camera di Grosseto, che li aveva richiesti con la massima urgenza allo scopo di effettuare riscontri e raccogliere notizie76. Cosa che la cancelleria di Massa immediatamente aveva fatto inviando le due redazioni statutarie possedute, come risulta dalla lettera di accompagnamento77. Ed è proprio nella Regia Camera che il Fani li aveva rintracciati e inseriti nell'elenco della documentazione da spostare a Firenze. Nella nota I riferita al materiale rintracciato nella Regia Camera lo statuto e la sua copia vengono così descritti "11 Libro in pergamena contenente lo Statuto di Scarlino (mancante della prima carta) del 1531 con altre posteriori disposizioni e ordini fino al 1738; 12 Libro in carta straccia contenente la copia antica del suddetto statuto con altre dispositive e ordini fino al 180778". Tra il materiale della Regia Camera il Fani aveva rintracciato anche il "Libro in carta bambagina intitolato Autentico del Comune di Scarlino dal 1462 al 150979" e ne aveva disposto il trasferimento all'archivio della cancelleria di Massa sempre tramite il cancelliere di Piombino che, il 26 febbraio 1842, lo aveva preso in consegna insieme all'altra documentazione già indicata dalla nota I tra cui gli statuti di Scarlino destinati all'archivio delle Riformagioni di Firenze.
Occorre notare che, nella sua ricerca, il Fani ebbe modo di rintracciare nella cancelleria di Piombino80 anche una parte residua di documentazione della comunità di Scarlino che era stato trascurata nel trasferimento del materiale del 1826 da quella cancelleria. Dall'elenco che fece, ordinando che fosse riunita al resto della documentazione già presente a Massa Marittima, si può notare come fosse rimasta a Piombino gran parte della documentazione più antica compreso quella datata da metà '400 che vediamo ancora presente nell'inventario attuale"Nota delle carte e libri esistenti nell'archivio comunitativo di Piombino da trasmettersi ai loro rispettivi archivi A Libri e carte appartenenti alla comunità di Scarlino come appresso (all'archivio comunitario di Massa) 1) Libro (sciolto e un poco lacero) di Consigli dal 1440 - 1455; 2) Detto di Ragione dal 1489 al 1508; 3) detto di dare e avere dal 1565 al 1579; 4) detto c.s dal 1614 al 1620; 5) detto c.s. ovvero Debitori e Creditori dal 1758 al 1767; 6) Libro intitolato Civile dal 1581 al 1582; 7) Detto c.s. 1582 - 1586; 8) Detto c.s. 1584 - 1585; 9) Libro intitolato Civile dal 1585 al 1586; 10) Detto c.s. 1587; 11) Detto c.s. 1588; 12) Detto c.s. 1588 e 1589; 13) Detto c.s. 1589 - 1590; 14) Detto c. s. 1591; 15) Detto c.s. 1592 - 1593; 16) Detto c.s. 1593 - 1594; 17) Detto c.s. 1593 - 1594; 18) Detto d'inquisizione e querele dal 1592 al 1594; 19) Fascio di carte diverse; 20) Fascetto che contiene tre quaderni Registri dei mandati d'uscita del 1819 e 182281" . Dopo l'intervento del Fani, l'archivio di Scarlino rimase con quello di Gavorrano presso la cancelleria di Massa Marittima ancora per un ventennio circa. L'elenco completo del materiale archivistico di Scarlino e Gavorrano presente all'epoca si trova nell'inventario generale della cancelleria di Massa Marittima redatto nel 184582. In questo inventario le unità sono effettivamente numerate singolarmente con una segnatura manuale che trova corrispondenza nei pezzi. Le varie sezioni in cui si articola si presentano con numerazione aperta e sono così elencate: Ex Tribunale di Scarlino Atti criminali 1 - 43; Atti civili 1 - 137; Sezione non titolata 1 - 29 ; Debitori e creditori 1 - 19 bis; Consigli 1 - 22; Saldi 1 ; Bilanci di previsione 1; Dazzaioli della Prediale 1 - 8; Dazzaioli della Familiare 1 - 8; Reparto della Familiare 1; Registro Mandati 1 - 9.

L'archivio della comunità di Scarlino dall'Unità d'Italia ad oggi

Il materiale di Scarlino unito a quello di Gavorrano rimase a Massa Marittima fino alla soppressione delle cancellerie con l'Unità d'Italia (legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia 22 marzo 1865 n. 2248) e quindi restituito al comune di Gavorrano. Dopo questa data il materiale deve aver avuto una nuova inventariazione come risulta dalla cartellinatura a stampa che si sovrappone a quella manuale dell'inventario del 1845 e va a coprire i due fondi in commistione. Di questa inventariazione, eseguita probabilmente nell'ambito delle nuove leggi sulla tenuta degli archivi nel Regno d'Italia, rimane traccia soltanto in questa numerazione che approssimativamente va da 124 a 234 per gli atti civili e da 238 a 261 per gli atti relativi al criminale mentre estremamente lacunosa o pressoché perduta risulta per la comunità. La vicenda di questo materiale documentario ebbe uno sviluppo quando nell'ottobre 1962 il comune di Gavorrano depositò tutto il complesso presso l'Archivio di Stato di Grosseto, in esecuzione della delibera comunale del 16 dicembre 1961 n°16783. A questa operazione il comune di Scarlino, ricostituito dal 1960, dopo un primo parere sfavorevole (delibera 26 aprile 1962 n°8) dette il proprio assenso di fronte all'eventualità di una possibile restituzione dell' archivio alla comunità come afferma la nota del Comune di Scarlino prot. num. 3323 27 agosto 1962 in risposta alla nota della Prefettura di Grosseto n° 24943 del 18 agosto 1962. Secondo gli accordi presi, il materiale di tutto il complesso (depositato peraltro senza un elenco neppure approssimativo dei pezzi) avrebbe dovuto essere riordinato e inventariato in due fondi distinti a cura del personale dell'Archivio di Stato e quindi restituito al comune di Scarlino il materiale di sua proprietà. In realtà queste operazioni non furono mai fatte come afferma una lettera della direzione dell'Archivio di Stato al comune di Scarlino del 13 luglio 1981 (prot. 1027 VII 3/2) in cui, respingendo la richiesta di restituzione, informava essere all'epoca in corso le operazioni di revisione e rinfaldonatura di tutta la documentazione dei locali di deposito in previsione del trasloco imminente dell'Archivio di Stato nella nuova sede di piazza Socci. La revisione generale della documentazione aveva comunque evidenziato per la documentazione di Gavorrano - Scarlino una notevole discordanza tra quanto affermato nel verbale di consegna del 1962 e la quantità reale, che risultava essere di 569 unità e non di 482. Nel 1982 dopo una sommaria ricognizione operata dagli stessi interessati, il materiale di Scarlino venne separato da quello di Gavorrano rimanendo comunque in stato di disordine e privo di strumenti di corredo. Ad una nuova richiesta di restituzione avanzata dal comune di Scarlino, la direzione dell'Archivio di Stato, con lettera del 25 marzo 1983 (prot. 422 XII/3), ribadiva l'impossibilità di operare una restituzione in mancanza di un riordinamento del materiale effettuato da personale scelto dalla Soprintendenza Archivistica, ritenendo non sufficiente la sommaria separazione eseguita l'anno precedente.



Nel presente inventario la documentazione della Comunità di Scarlino è stata riordinata secondo gli attuali indirizzi della metodologia archivistica. L'archivio è stato suddiviso in due parti: Archivio della Comunità e Atti dei giusdicenti. La parte relativa all'Archivio della Comunità è suddivisa in tre sezioni corrispondenti a quelle fasi di trasformazione amministrativa in cui si sono verificati veri mutamenti istituzionali. La prima sezione riguarda la comunità di Scarlino nel principato di Piombino durante il periodo dinastico degli Appiani d'Aragona - Ludovisi - Boncompagni Ludovisi in cui la comunità si articola con il proprio apparato statutario e va dal 1439 al 1806. La seconda riguarda la comunità durante il governo dei Baciocchi in cui viene introdotta la mairie, municipalità di tipo francese, dal 1806 al 1814. La terza sezione riguarda la comunità granducale di Scarlino e Buriano (1816 - 1834) istituita a seguito dell'inglobamento dei territori dell'ex principato di Piombino nella Toscana dei Lorena.
Gli Atti dei Giusdicenti comprendono gli Atti Criminali e Civili prodotti dai commissari e governatori di Scarlino.

Archivio della Comunità

Comunità di Scarlino (1439 - 1806)

Mairie (1806 - 1814)

Comunità di Scarlino e Buriano (1816 - 1834)

Atti dei giusdicenti

Criminale (1570 - 1807)

Atti civili (1568 - 1807)

La documentazione è articolata in serie chiuse con numerazione di corda progressiva. Di ogni singola unità sono state riportate le intitolazioni originarie tratte dalla copertina o dalla costola tra virgolette, altrimenti l'intitolazione attribuita; la datazione cronica secondo lo stile comune; le antiche numerazioni tra parentesi e, in corsivo, le indicazioni sul condizionamento esterno con informazioni sullo stato di conservazione.
Per quanto riguarda le antiche numerazioni l'archivio ne presenta almeno due manuali e una a stampa. Le più antiche sono scritte manualmente direttamente sulla copertina o sempre manualmente su cartellini attaccati alla costola del pezzo. Di queste, che in alcuni casi si sovrappongono, la più recente corrisponde all'inventario in serie aperte compilato nel 1845 quando la documentazione era ancora collocata presso la cancelleria di Massa Marittima. Come già sottolineato in precedenza, di questo inventario esistono due copie una presso l'archivio storico comunale di Massa Marittima e una presso l'Archivio di Stato di Siena. Della numerazione più recente, che si sovrappone con cartellino stampato attaccato o direttamente sul pezzo o sulla busta in cartone di contenimento, invece non è stato rinvenuto alcun inventario a cui possa corrispondere.



Abbreviazioni usate:

ASF = Archivio di Stato di Firenze
ASG = Archivio di Stato di Grosseto
ASCP = Archivio Storico Comunale Piombino
ASCMM = Archivio Storico Comunale Massa Marittima
ASCS = Archivio Storico Comunale Scarlino

c./cc. = carta/ carte
cart. = cartone
cop. = copertina
cfr. = confronta
c.s. = come sopra
ind. = indice
inf. = inferiore
leg./ legg. = legato / legati
man. = manuale
perg. = pergamena
p./pp. = pagina /pagine
rub. = rubrica
s. d. = senza data
sec. / secc. = secolo / secoli
v. = verso
gen.= gennaio
feb. = febbraio
mar. = marzo
apr. = aprile
mag. = maggio
giu. = giugno
lug. = luglio
ago. = agosto
set. = settembre
ott. = ottobre
nov. = novembre
dic. = dicembre





Codifica:
Filippo Mori, novembre 2018
Paolo Santoboni, revisione, dicembre 2018