1. Inventari e conservazione nella tradizione dei
cancellieri di San Gimignano dal XVI al XIX secolo
Alla metà del XVIII secolo, e precisamente nel 1746, Pompeo Neri, l'allora
auditore della Regia Consulta (sorta di organo collegiale con autorità in campo
legislativo) chiese ai cancellieri amministrativi nei diversi comuni
l'illustrazione dei vari archivi, finalizzata, oltre che al censimento dei
medesimi, alla formazione di un unico corpo legislativo toscano, che superasse
la varietà degli ordinamenti seguiti nelle varie comunità1 . Lorenzo Rimberti, al tempo
cancelliere del comune di S. Gimignano, pur lamentando la mancanza di uno
strumento esaustivo, o meglio di un "repertorio formale", che rispondesse in
tutto al questionario posto dal Neri, soddisfece tuttavia la richiesta con
un'ampia nota sui contenuti dell'archivio della comunità2 . Tra i rilievi positivi da fare alla relazione del Rimberti,
infatti vi è la preziosa indicazione della tipologia dei documenti e dei
registri che costituivano la "cancelleria nuova" o meglio, come lui stesso la
chiama, lo "studio del cancelliere". Ambito per noi estremamente interessante,
che egli ci propone composto oltre che dagli importanti libri dell'estimo, utili
per l'imposizione dei dazi, dai libri delle gabelle, da quelli delle entrate
comunitative, dalle norme riguardanti gli "stranieri", dalle riforme, dai libri
"attenenti il macinato" e la "tassa di bestie" e da altri ancora di tipo più
manualistico, idonei specialmente, oltre che per l'attuazione dell'imposizione
fiscale, per la risoluzione dei vari affari comunitari3 . Da questa preziosa enumerazione siamo anche
informati, tra l'altro, di come il cancelliere conservasse nel proprio studio,
per ogni tipologia di registri, solo i "veglianti" contenenti cioè informazioni
e norme ancora attuali e pochi "antecedenti", quest'ultimi rimontanti indietro
di vari decenni ma dipendeva in ogni modo dalla materia trattata per un utile,
quotidiano raffronto. Nel caso degli statuti, per esempio, il Rimberti ammette
di avere ancora come "vegliante", tenuto a disposizione "ad uso di messale",
quello del 1445, che definisce, riferendosi alla scrittura, "di buon
carattere"4 . Ma non
è tutto: richiesto di individuare tutti i contenuti dell'archivio, il Rimberti
illustra, per quello che può, essendo composta di materiale definito anche in
epoche successive "in fasci e in confuso", anche la "cancelleria vecchia",
contribuendo a dare informazioni sui documenti d'archivio più antichi, in genere
anche per l'avanti scarsamente e raramente evidenziati.
Un primo accenno abbastanza ampio ai contenuti della "cancelleria vecchia" lo si
ha, infatti, solo nel 1674, (dove è indicata come il deposito dei registri
componenti l'archivio della giurisdizione del podestà (XIII - XVII secolo),
degli estimi (XIV - XVII secolo) e dei libri più antichi (XV - XVI secolo) della
banca attuaria5 . La "cancelleria vecchia", in fondo, altro non era che il deposito
del materiale più antico, o meglio in "disuso" rispetto all'attività
dell'ufficio della cancelleria. Nel 1614, a questo proposito, sappiamo della
disposizione emanata nei confronti del cancelliere di quell'anno, che venne
invitato "a mandare in cancelleria vecchia" tutti quei libri che "avesse
giudicato aversi meno da usare" e, nel medesimo tempo, a "fare nota di tutti
quelli che fossero rimasti appresso del cancelliere nella cancelleria"6 . Tuttavia, nell'epoca precedente l'inchiesta di
Pompeo Neri, tra XVI e XVIII secolo, vi era stata una ricca produzione di
inventari; esistevano infatti quelli redatti d'obbligo, come nella generalità
delle istituzioni, ad ogni nuovo incarico, trasmessi in questo caso dal
cancelliere uscente al nuovo. Anzi, a partire dalla seconda metà del '500,
allorché si delinea chiaramente la figura del cancelliere, che diviene anche il
conservatore delle scritture della comunità, ne compaiono parecchi, compilati
con regolarità sino al XIX secolo7 . È interessante
notare, a questo proposito, come si passi nel corso del tempo da elenchi di sola
consistenza, che ricalcano il modello degli inventari di masserizie (secondo un
ordine di posizione occupato dai libri in stanze, armadi, scaffali e ripiani)
con l'unica variante del risalto dato all'utilizzo, che traspare dalla priorità
attribuita a strumenti e registri di quotidiana consultazione, a note più
ragionate, che rispecchiano, già tra '5 e '600, un sia pure ancora sommario
ordinamento per materia8 . I primi inventari sangimignanesi del XVI secolo,
fisicamente, compaiono di preferenza all'interno di registri di natura
amministrativo-contabile, mentre i più antichi possono essere presenti anche in
quelli attinenti all'attività deliberativa. Solo sul finire del '600 e nel '700
appariranno come singole unità archivistiche a segnare, da una parte la
successiva e lenta maturazione della figura del cancelliere da "amministratore"
a "conservatore" della memoria comunitaria, dall'altra la sua precoce
investitura di ufficiale prescelto al censimento del patrimonio librario della
comunità. È in un libro di deliberazioni dei XV secolo che compare, infatti, una
provvisione riguardante l'inventariazione librorum et bibliotecarum conventum et
locorum de Sancto Geminiano, di cui fu ufficialmente investito, già allora,
Agostino di ser Niccolaio Bracceri "notario et cancellario"9 . Dall'osservazione dei
contenuti dei singoli inventari, che ci è stato possibile individuare e
confrontare, scaturisce inoltre la conferma di come già nel secondo Cinquecento,
il cancelliere fosse divenuto, anche a San Gimignano, il custode, per così dire,
delle scritture del settore giurisdizionale, facenti capo ai vari tribunali10 . E' da rilevare se mai, a questo proposito, come nel periodo
in questione, in parallelo alla tradizione seguita sino a quel momento di
inventariazione del solo archivio della "cancelleria nuova", si faccia ancora
solo puntuale nota dei registri della produzione più recente sia degli atti
della banca attuaria, che di quelli del podestà, senza alcun riferimento alla
parte più antica, che invece sappiamo depositata, già alla fine del XVII e nel
XVIII secolo, tra il materiale della "cancelleria vecchia". E' nel 1674, infatti
come è testimoniato nell'inventario consegnato dal cancelliere uscente ad
Alberto Papiani, il nuovo in carica allorché prende corpo e si delinea, come si
è sopra accennato, per la prima volta anche il contenuto della "cancelleria
vecchia", che il fondo dei "libri del civile e del criminale" del podestà,
insieme con quello più antico del banco attuario, sono precisamente individuati
e segnalati con l'elencazione dei nomi dei rispettivi podestà11 . La precisa notazione di nomi e
date per un fondo, come questo del giurisdizionale, sicuramente di non facile
comprensione se pensiamo che un secolo dopo il medesimo Rimberti definiva un
libro dell'estimo del 1429 "di difficile intelligenza" (e non solo, come è
probabile, per il sistema d'imposizione fiscale) fa pensare che i registri
Fossero pervenuti forniti di un indice, il medesimo che poi viene riproposto
ogni volta negli inventari successivi. 12 È nell'inventario del 1794, chiamato dal suo compilatore
proprio "indice", anzi "abbozzo dell'indice dell'archivio della Comunità", che
si inaugura finalmente un nuovo tipo di inventariazione indicizzata per materia
e non più di sola consistenza come per l'avanti13 . In
questi anni tra il 1793 e il 1794, infatti, Antonio Moggi e Giulio Mostardini
consegnano al nuovo cancelliere Luigi Fabbrini, uno strumento che poi viene
ufficialmente definito "repertorio delle materie componenti l'archivio",
assegnando per ogni materia o serie una lettera all'alfabetica di
distinzione14 . Si trattò di una formula fortunata, che non teneva più in
conto la secolare divisione tra cancelleria vecchia e nuova e che rappresentò la
base sulla quale costruirono i loro inventari i successivi cancellieri, quali
Giovanni Ducci, nel 1837, che ripeté la distinzione per serie e lettere fatta
dal Moggi, aggiungendovi varie appendici e, specialmente Francesco Mannini,
l'ultimo dei "cancellieri del censo" nel 1858-59, che provvide a redigere, come
lui stesso lo definì, un inventario "rinnovato", dove viene a combinarsi
l'antico sistema di inventariazione, secondo la consistenza dei vari locali (tre
stanze in tutto) con opportuni raggruppamenti per materia, il tutto
contraddistinto da lettere, singole e poi raddoppiate e triplicate a seconda
della stanza di conservazione15 .
L'inventario del Mannini rispondeva anch'esso ad una nuova interpellanza di
censimento, venuta un secolo dopo quella di Pompeo Neri e seguita alle
informazioni, che negli anni 1849-1850 (fu soddisfatta nel particolare la
curiosità di un ambasciatore del governo piemontese sulla consistenza degli
archivi del granducato) erano state richieste ancora una volta sull'archivio
comunale di San Gimignano nell'ottica, sempre la medesima, della messa a punto
di un quadro regionale sulla situazione degli archivi comunali16 . Del resto, gli interventi di tipo censuale
rappresentano come già nel passaggio al governo lorenese la costante anche del
governo postunitario, ugualmente desideroso di uniformare, conservare,
approfondire, nell'attesa del consolidamento del potere, la conoscenza della
propria storia, a partire da quella testimoniata dalle antiche memorie
scritte. Riguardo alla conservazione, infine, dei fondi attinenti all'Opera
dell'insigne collegiata, a quella della Madonna dei lumi, al Collegio Mainardi e
al Monte Pio, istituzioni sottoposte sin dall'origine al controllo e
all'amministrazione comunale, essa compare ad esclusione del Mainardi che
perviene in epoca posteriore già nei primi inventari del '5-'600 fra il
materiale presente in "cancelleria nuova": i libri, anche in questo caso gli
ultimi in ordine di tempo, delle deliberazioni e, in genere, quelli delle
"ragioni" delle diverse opere17 . Un'analisi più vasta e approfondita del materiale che
le riguarda compare infatti solo nel 1793 col cancelliere Fabbrini, in un'epoca,
quella delle soppressioni leopoldine, in cui tali "luoghi pii" certo destavano,
a livello di pubblica amministrazione, un rinnovato interesse, se non altro
forse per via della necessità, loro richiesta, di dimostrare origini e intenti
per la salvaguardia del patrimonio18 . Diversa è
la storia della conservazione del fondo Mainardi, anch'esso sottoposto sino
dall'origine ad un controllo e ad una congiunta amministrazione col comune ma
depositato all'intero comprese le memorie della famiglia Mainardi e le scritture
pertinenti l'attività solo dal 1858, visto che compare per la prima volta tra le
aggiunte fatte all'inventario di quell'anno dal medesimo Mannini.
2. All'indomani dell'Unità: le indagini
sull'interezza del patrimonio documentario
Alla fine del XIX secolo, nel 1897, a seguito di una sollecitazione, venuta
questa volta dal mondo degli studiosi, sensibilizzati alla ricerca sui documenti
d'archivio, si pose nuovamente il problema, riguardo alla documentazione
sangimignanese, di una sua più ampia descrizione e conoscenza. In
quest'occasione venne chiesta infatti dalla Commissione per gli Studi sugli
Archivi Comunali, di cui facevano parte, tra gli altri, lo storico Ludovico
Zdekauer e il bibliotecario di San Gimignano Ugo Nomi, una relazione, affidata
successivamente ad un esperto, Pietro Berti, sul patrimonio documentario del
comune19 . Il Berti, rilevata l'antichità e l'importanza del materiale
archivistico, sollevò il problema della completezza o meno delle serie indicate
dal Mannini, avviando un'indagine sulla possibilità della presenza di unità
archivistiche di produzione sangimignanese presso archivi di altre città.
Tale problema della ricerca oltre le mura sangimignanesi dei manoscritti
provenienti dall'archivio comunale e da quelli di privati cittadini, impegnò a
lungo e a diversi livelli bibliotecari, archivisti e studiosi fino a produrre
dai primi del '900 elenchi rimasti presso che completi sino ad oggi sulla natura
e consistenza della documentazione trasmessa per alterne vicende
(politico-istituzionali, di studio e di recupero) agli Archivi di Stato di
Firenze e Siena. Rientrano in questo ambito, per esemplificare, la
relazione compilata nel 1911 dal sacerdote Enrico Castaldi, succeduto al
proposto Ugo Nomi - secondo la tradizione che vede ricoprire non di rado, dopo
il 1865, la carica di archivista dai vari ecclesiastici locali, individuati
quali eruditi redatta a seguito di una interpellanza municipale20 . Seguono a vari anni di distanza le note di Giovanni Cecchini
(1939), di Sandro De' Colli (1956), di Giulio Prunai (1963), archivisti e
storici, chiamati nuovamente nella loto veste di specialisti, questa volta, a
far luce ma anche, infine, a rassicurare sulla quasi totale integrità
dell'archivio comunale e dei fondi ad esso nel tempo aggregati21 . Il Cecchini, in particolare, dimostrò, da una
parte, l'inutilità di molto del materiale ritenuto mancante scartato in più e
varie revisioni dall'altra, la copertura di molte delle lacune, denunciate già
dal Mannini, proprio con le unità archivistiche presenti negli archivi senesi e
fiorentini. A suo avviso, molte memorie sangimignanesi erano state inviate
a Firenze (città dominante dal XIV secolo), come duplicati (i catasti per
esempio), mentre a Siena (dove lui stesso aveva provveduto ad inviare, sia pure
per motivi di recupero e di regestazione, oltre 1300 pergamene prodotte tra il
XII e il XIX secolo), la gran parte del materiale risultato mancante era giunta
per motivi successivi di riorganizzazione e competenze territoriali22 .
Per quanto riguarda tale problema, nell'attuale riordino si è cercato di dare
ogni volta puntuale indicazione in nota delle unità archivistiche presenti negli
archivi sopracitati, compresi quelli passati alla medesima biblioteca comunale,
ugualmente ricca, come è noto, di preziosi manoscritti. Tuttavia si può
dire, riassumendo, che a Firenze sono presenti nel fondo del Diplomatico 451
pergamene (diritti comunali, diplomi imperiali, privilegi diversi) confluite,
come pare possibile, alla metà del XIV secolo, al tempo della sottomissione il
fondo delle Carte di San Gimignano (oltre 300 pezzi, attinenti ai vari uffici e
organi comunali), costituitosi dalla raccolta, anch'essa presente nell'archivio
fiorentino, delle cosiddette Carte strozziane, più alcuni antichi Statuti sia
del comune che del Monte Pio e il Catasto del 1427, intesi quali duplicati
inviati alla città dominante. A Siena sono invece segnalati gli Estimi (XIV-XVII
secolo) e gli Atti del civile dal XVI secolo, quest'ultimi probabilmente
depositati dopo la riforma dell'amministrazione della giustizia del 1838 che
vide Siena impegnata in un'ampia riorganizzazione23 .
3. L'attuale inventariazione. Note di
lavoro
L'attuale inventariazione, compiuta oltre un secolo dopo il "rinnovamento"
operato nel 1858, è il prodotto anzitutto di un'attenta revisione delle
indicazioni che dei fondi e delle serie, erano state fatte dagli ultimi
cancellieri sangimignanesi a cominciare dal Moggi, dal Mostardini, dal Ducci e,
infine, dal medesimo Mannini. A questo puntuale riscontro è seguita la loro
sistemazione secondo il metodo di ricomposizione, generalmente riconosciuto
idoneo per il riordino degli archivi. Avuto riguardo alle scansioni
cronologiche comunemente accettate dagli archivisti, perché significative per le
variazioni prodotte nelle scritture della comunità ai vari livelli, si è
procurato di discernere il materiale documentario relativo all'attività
deliberativa dei diversi organi comunitari, cui si è dato la precedenza
nell'impianto delle varie sezioni, da quello proprio all'attività
amministrativo-fiscale. Primo risultato di notevole importanza è stata la
sistemazione di circa oltre centocinquanta pezzi, presenti in un fondo
miscellaneo, che sono andati ad integrare varie serie nei diversi settori ma
principalmente quello relativo alle tassazioni, all'amministrazione, alla
cancelleria e persino al fondo del giurisdizionale24 . Operata questa prima sommaria distinzione
all'interno delle scritture comunitarie, si è venuto ritagliando in modo quasi
spontaneo quell'ambito, cui si è più volte accennato e che costituiva anche
fisicamente un luogo a sé, più volte nominato dai medesimi ufficiali, investiti
della sua conservazione, amministrazione e inventariazione: la cancelleria. Tale
naturale separazione dei documenti attinenti alla cancelleria è stata senza
dubbio una delle operazioni più rivelatrici, significative e di maggior
soddisfazione del riordino per via della coincidenza, cui raramente anche il
metodo di ricomposizione storica rende giustizia, tra luogo di conservazione e
competenze. La sola visione, infatti, dei documenti che la componevano, fa
intendere e rende ragione, dando la possibilità di rappresentarcela anche
visivamente, di un'attività frenetica, di appoggio e di saldatura tra i vari
organi e poteri comunitari. Tra gli aspetti più interessanti di questo
fondo segnaliamo, ancora una volta, la presenza dei registri, i "veglianti",
tenuti ad uso di campioni, per le imposizioni, per i prezzi, le fiere, i
mercati, per le norme comunitarie in senso lato, come pure le raccolte di
lettere, di suppliche, rigorosamente vagliate e ordinate, insieme ad ogni altro
documento sfuso, a formare un "archivio" nell'archivio, quello degli affari
comunitari, ricomposto dal cancelliere-conservatore che, tuttavia, raccoglieva
intorno a sé anche i registri contabili per la quotidiana memoria di entrate e
spese e, infine, per la responsabilità che gliene derivava, i medesimi
inventari, di cui si è abbondantemente parlato, attestanti principalmente libri
e arredi di proprietà dell'intera comunità. Non meno significativa è
apparsa inoltre, nel corso del lavoro, l'enucleazione delle scritture prodottesi
nel periodo del governo francese che assorbono, nella dilatazione amministrativa
che ne derivò, l'antico ufficio della cancelleria comunitaria, e che si
caratterizzano con rinnovamenti di tipo anagrafico-statistico, militare,
normativo, tali da trasmettere in molti settori un retaggio perenne, durato sino
ai giorni nostri. Nel periodo 1814-1865, nel passaggio, attraverso la fase
della Restaurazione, dallo stato regionale a quello postunitario, si nota a
livello amministrativo una diversa articolazione delle scritture, che tuttavia
si riscontra anche negli altri enti pubblici, semplificate nella rilevazione
analitica e tendenti invece a una produzione maggiore di documenti di sintesi.
Una considerazione a parte, per lo sviluppo che ne derivò, meritano anche le
scritture dell'arruolamento militare, che riscuotono dopo l'unità un interesse
primario. La cancelleria, perno dell'amministrazione comunale nel periodo
del principato mediceo e del governo lorenese, riappare tuttavia ancora, sia
pure notevolmente ridimensionata, principalmente come luogo di conservazione,
probabilmente, anche di consultazione di editti e circolari, di annotazioni
anagrafiche, di deposito ufficiale di relazioni e perizie, dove si è persa
l'antica funzione della "competenza d'ufficio" verso quella di "luogo di
tramite", di "passaggio burocratico". Riguardo alle scritture delle opere
pie (Insigne Collegiata e Madonna dei lumi) e degli altri enti di beneficenza
(Monte Pio e Collegio Mainardi) amministrati dal Comune, l'inventariazione è
stata condotta ponendo attenzione anzitutto, anche qui, alle scritture prodotte
dall'attività deliberante per procedere a quelle della soddisfazione degli
obblighi strettamente legata, là dove esiste, al patrimonio, pervenuto per via
ereditaria, dell'attività caratterizzante e, infine, a quelle
dell'amministrazione. Le caratteristiche delle scritture relative
all'attività deliberante e al settore amministrativo-contabile ripercorrono, in
questo caso, come è ovvio, data l'amministrazione congiunta operata dal comune,
in gran parte i medesimi schemi delle scritture della comunità25 . Solo nel caso del Collegio Mainardi si è posto il
problema della distinzione tra scritture private attinenti all'archivio della
famiglia fondatrice e scritture dell'istituzione. Il termine ultimo
cronologico della documentazione di tali fondi, rispecchia quello della chiusura
effettiva dell'attività dei vari enti produttivi o quantomeno quello della fine
della loro amministrazione come pare il caso della Collegiata da parte del
comune, di poco seguente la legge del 1890, che regolava ulteriormente,
avviandoli nella generalità dei casi alla conclusione del loro secolare operato,
i cosiddetti "luoghi pii", specie quelli non completamente identificabili con
associazioni laiche e non permutabili rispetto al fine dell'attività come del
resto avverrà per pochi di loro, in Istituzioni di Pubblica Assistenza e
Beneficenza26 . Il Collegio Mainardi, infatti, considerata la natura
essenzialmente laica della fondazione e il fine educativo della medesima,
rimarrà in vita sino al 1946, termine cronologico ultimo della documentazione
pervenuta e coincidente col difficile periodo della ripresa dell'attività in
seguito agli eventi della seconda guerra mondiale. A proposito di tale fondo,
tuttavia, è da precisare che è sicuramente presente nel 1911, al momento in cui
il responsabile dell'archivio e della biblioteca, Enrico Castaldi, lo nomina
nella sua relazione, indicandone la particolare ricchezza e preziosità, ma non
lo è più nel 1939 per via della sua restituzione al Collegio. Nel 1963, a quasi
vent'anni dalla sua chiusura, riappare definitivamente, questa volta, nella
perizia, una delle ultime, che dell'archivio storico del comune sangimignanese
fece Giulio Prunai27 . Venendo al fondo del giurisdizionale, si
è già detto, relativamente alla sua conservazione tra le scritture comunitarie,
come esso appaia indicato già negli inventari della fine del '500 e del primo
'600, almeno per quanto riguarda i registri "veglianti", tenuti sottomano dal
cancelliere e di come a partire dal 1674, appaiano puntualmente indicati tra il
materiale documentario della cancelleria vecchia, con riferimenti al cronologico
e ai podestà, anche i registri più antichi (dal XIII secolo), nominati
congiuntamente a quelli dell'altra corte di Giustizia sangimignanese, la banca
attuaria, i cui registri si conservano a partire dai primi decenni del
Quattrocento28 . Il
riordino del giurisdizionale, ha convogliato nell'ambito dell'economia del
presente lavoro di inventariazione non poche energie, per la mole e la complessa
tipologia delle scritture, sia per via della confusione provenuta nei secoli ma,
principalmente, per via della progressiva perdita di comprensione, a livello di
conservazione comunitaria, dell'antica natura dell'attività giurisdizionale29 . Gli antichi
inventari, e per essi i cancellieri che li compilavano, trascurano difatti la
caratteristica di autonomia dell'antica amministrazione della giustizia
sangimignanese, attivata nell'ambito della podesteria sia in materia civile che
criminale, dando indicazioni relative alla sola giurisdizione civile, mentre
ricordano invece la tradizionale corte di giustizia locale dei notai
attuari. Da qui la ricerca di conferme, oltre quelle accreditate da vari
studiosi, ricavate anzitutto dai libri dell'attività giurisdizionale medesima e
poi, come è detto puntualmente nell'introduzione che è stata curata per questa
serie nel presente inventario, cui rimandiamo, attraverso il conforto degli
statuti della comunità. La confluenza, tranne poche eccezioni, della materia
civile e criminale nei medesimi registri, aveva complicato i tentativi di
comprensione dei cancellieri prima e degli archivisti postunitari poi (tale
confusione permane sino quasi ai giorni nostri), che si erano limitati alla
lettura dei titoli sulla coperta dei registri, tralasciando contenuti e anche
incipit comunque indicativi e ad essi corrispondenti30 L'amministrazione della
giustizia risulta infatti godere a San Gimignano per tutto il basso Medioevo (il
primo registro è del 1246) e la prima età moderna una larga autonomia, che si
realizza nell'amministrazione civile e criminale della giustizia da parte del
podestà. A fianco del tribunale podestarile, per le cause minori e con
competenze solo civili, funziona sicuramente dal 1432, cui corrisponde il primo
registro di scritture, il tribunale dei notai attuari, detto anche banca
attuaria, con competenze territoriali, facenti capo alle due contrade
sangimignanesi di San Giovanni e di San Matteo31 . A
proposito della giurisdizione vigente a San Gimignano, Elena Fasano Guarini
parla, infatti, all'epoca di Cosimo I di "podesteria sciolta", simile a quella
di Prato e Colle, con competenze sia civili che criminali nella propria
circoscrizione e non dipendente da nessuna altra sede32 .
Ancora Augusto Antoniella ed Elisabetta Insabato parlano ugualmente, per il
basso Medioevo, di competenze dei podestà sia in campo civile che criminale,
mantenute anche in seguito alla sottomissione, avvenuta nel 1354, a Firenze33 . Tuttavia nel 1543, l'anno seguente la riforma di Cosimo I a
carico delle varie magistrature toscane, la distinzione tra registri del civile
e registri del criminale del tribunale podestarile appare ormai netta34 . Nell'Archivio di San Gimignano è rimasto però solo il settore
riguardante i registri delle cause criminali che, a seguito dell'istituzione del
magistrato delle bande, per la salvaguardia dei privilegi dei militari, sarà
distinto a partire da questa data in "descritti" per l'ambito militare e "non
descritti" per il restante. Le cause civili, a proseguire da quest'epoca, si
trovano depositate presso l'Archivio di Stato di Siena. Di contro sono presenti
nell'Archivio del Comune di San Gimignano tutti i registri della corte locale
della banca attuaria, che proseguono sino al 1772, anno in cui, con la creazione
della circoscrizione giurisdizionale del vicariato, tale attività e relativa
produzione di scritture avrà termine. Nel 1784, abolito anche il vicariato,
la circoscrizione sangimignanese diverrà podesteria di secondo grado con
competenze solo civili, posta sotto il vicariato di Colle, cui spetta da questo
momento l'esercizio del criminale. Con l'annessione della Toscana all'impero
francese, nel 1808, San Gimignano diviene poi una delle "giudicature di pace",
comprese nell'ambito territoriale del tribunale di prima istanza di Siena, con
competenze civili e criminali inferiori, rispetto a quest'ultimo. Con la
restaurazione, la città ritorna, sia per la giurisdizione civile piena che per
quella criminale minore, sotto il vicariato di Colle, a sua volta sottoposto
alla "rota" civile di Siena e, dal 1838, al ripristinato tribunale senese di
prima istanza. Infine, a partire dal 1848, scomparsi definitivamente i vicariati
e le podesterie, viene istituita anche a San Gimignano, divenuta insieme a
Colle, sede di delegazione di governo, una pretura con competenze civili e
criminali35 . L'importanza ai tini della
ricerca storica in genere oltre che per quella specifica dell'amministrazione
della giustizia nelle varie epoche in San Gimignano e nel suo contado, del fondo
del suo giurisdizionale, completo a partire dal XIII secolo in ogni sua parte,
appare evidente non solo ai cultori della materia ma anche a tutti i ricercatori
di storia sociale, del costume, della mentalità, che intuiscono la ricca messe
di notizie che vi si raccoglie da secoli. Va da sé che tutti i contenuti
dell'archivio storico del comune di San Gimignano sono di tale evidente
importanza, già testimoniata nel tempo dalla produzione di studi di notevole
livello, da ricevere dal presente inventario solo l'aggiunta di una attesa
conferma. Un lavoro di questa portata, intrecciato negli anni con eventi
diversi, non ultimo il trasloco dell'archivio nella nuova sede, non può andare
esente da pochi ma sentiti ringraziamenti. Un cenno di particolare gratitudine è
dovuto dai curatori alla dott.ssa Sandra Pieri della Sovrintendenza Archivistica
di Firenze, che ha appoggiato la prima importante fase di riordino, al dott.
Giuseppe Picone, a Fabrizio Cherici e, infine, al prof. Giuliano Catoni che ha
facilitato le operazioni conclusive dell'inventariazione.
Lucia Sandri