Colonna con sottomenu di navigazione
Contenuto della pagina
Guida al patrimonio storico
Tipologia: guida
a cura di Ilaria Pescini
patrocinio: Regione Toscana
Pubblicazione: Firenze, Regione Toscana, 2011
Descrizione fisica: pp. 290
Collezione: Archiversi - Gli universi degli archivi, 1
Contenuti:
Il ruolo degli archivi tra memoria e diritti: la visione di Regione Toscana
La Guida al patrimonio storico della Giunta Regionale Toscana, che con la pubblicazione di questo volume diviene finalmente strumento pubblico, accoglie il censimento dei fondi storici dei nostri archivi. Questi archivi, ancora sconosciuti ai più, costituiscono per l'Amministrazione regionale, e per l'intera società civile, un vero e proprio capitale informativo di cui andiamo particolarmente orgogliosi. Le carte che Regione Toscana conserva sono un punto di riferimento essenziale, una fonte primaria per studiare e comprendere l'evoluzione del nostro territorio e le scelte amministrative compiute nei decenni dai soggetti che vi hanno operato. Le amministrazioni regionali, istituzioni giovani che nel 2010 hanno celebrato il loro quarantennale, sono da oggi ufficialmente responsabili di importanti archivi storici; in maniera esplicita quindi detengono un rilevante patrimonio culturale, anche di tipo documentario, del quale deve essere garantita la piena fruizione da parte della collettività, e al quale va rivolto un impegno costante per la sua valorizzazione, così come per gli altri beni culturali. Regione Toscana sostiene con determinazione il diritto alla conoscenza, tanto che lo ha dichiarato nel proprio Statuto, e lo ha ribadito nelle leggi che danno piena conoscibilità degli archivi ai cittadini. Questa pubblicazione rappresenta quindi un ulteriore passo nel percorso di apertura dell'amministrazione poiché offre uno strumento indispensabile a quanti siano interessati a conoscerne meglio il funzionamento e la storia. Sfogliando le schede di questa Guida gli specialisti saranno in grado di ricostruire un disegno istituzionale e di ripercorrere decenni di storia amministrativa; gli amministratori potranno comprendere analogie e differenze con il modo di operare di oggi; ed infine ogni cittadino potrà ritrovare echi del suo passato. Attraverso le descrizioni del funzionamento degli uffici che hanno operato sul territorio toscano negli ultimi cento anni, rivive un tessuto amministrativo che ci aiuta a comprendere la complessità ma anche la continuità del modo di governare e di operare della pubblica amministrazione. In un'epoca nella quale è sempre più difficile comunicare e condividere il ruolo portante dell'amministrazione pubblica, questa Guida offre una viva percezione di quanto sia difficile, ma affascinante, gestire i tanti e diversi aspetti di una comunità. Sono i documenti che testimoniano il modo in cui i soggetti hanno operato e le scelte che hanno fatto; è attraverso i documenti e gli archivi che, nelle nostre società democratiche, si realizzano e si tutelano i diritti individuali e quelli collettivi. Parole talvolta abusate come semplificazione, accesso, trasparenza acquistano un senso laddove si concretizzino in azioni chiare, comprensibili e non strumentali. E noi crediamo che questa pubblicazione lo sia, e lo è ancora di più nella misura in cui si inserisce nello sforzo che Regione Toscana sta facendo per organizzare e gestire nel modo più economicamente sostenibile e più efficace possibile il proprio patrimonio documentale. Se da un lato presentiamo uno strumento che descrive solo archivi di tipo tradizionale risalenti ad epoche in cui era ancora impensabile il ruolo che le nuove tecnologie avrebbero giocato dall'altro non possiamo non sottolineare come la sfida più importante che Regione Toscana oggi ha fatto propria sia quella di costruire un unico sistema documentale, fatto di archivi antichi, contemporanei e del futuro. Cartacei o informatici, analogici o digitali, gli archivi sono la colonna vertebrale di una amministrazione: essi sostengono l'azione quotidiana ma ci permettono anche una migliore comprensione del presente e una più efficiente programmazione del futuro. Se oggi intendiamo tutelare la memoria digitale, è perché siamo ormai ben consapevoli del valore dei documenti e degli archivi, fonte insostituibile a cui attingere, attraverso la quale ricostruire una identità collettiva, da studiare e da valorizzare per lasciare ai posteri una traccia che racconti chi siamo stati.
Stella Targetti vicepresidente della Giunta Regionale Toscana
Il patrimonio archivistico della Regione Toscana: storia e ruolo di un archivio di concentrazione
A quaranta anni dalla istituzione della Regione Toscana, in un momento in cui le amministrazioni regionali stanno scegliendo di assumere, anche sul fronte della conservazione della memoria, un ruolo centrale, inedito, di coordinamento sempre più determinante, è parso particolarmente significativo mettere un primo punto fermo proprio sulle fonti che gli archivi regionali toscani conservano. Si tratta di fonti, in questo caso, di tipo tradizionale che permetteranno di avviare gli studi e di ricostruire la recente memoria di questi ultimi quaranta anni di storia amministrativa. Dal punto di vista tecnico questo punto fermo non poteva che realizzarsi nella pubblicazione di uno strumento di descrizione del patrimonio storico documentale dell'amministrazione: passaggio obbligato e quasi ovvio per chi di mestiere si occupi di conservazione di archivi, dato che è altrettanto ovvio che conservare significhi soprattutto "serbare e illustrare"1 , descrivere, mettere a disposizione e far conoscere. La scelta di pubblicare una guida cartacea, di tipo tradizionale, in una fase in cui le attenzioni della comunità scientifica degli archivisti, e più in generale le modalità di diffusione di informazioni di ogni genere, sono sempre più rivolte alla diffusione e pubblicazione in rete e all'uso di sistemi informatici territoriali, regionali o nazionali, è stata solo dettata da esigenze legate allo stato di avanzamento dei lavori. Non possiamo negare, tuttavia, che continui ad avere anche un fascino e un significato di concretezza la pubblicazione di uno strumento di tipo tradizionale che, come questo, è frutto di un lavoro collettivo, tutto interno al gruppo che per Regione Toscana gestisce gli archivi regionali; un lavoro che si è sviluppato negli ultimi anni e che solo in minima parte rende conto di un enorme sforzo volto alla conoscenza di un ricchissimo e quanto mai variegato patrimonio documentale. Non l'unico sforzo ma, per ciò che concerne l'archivio storico, un primo risultato visibile ai più e che finalmente trova una veste e una forma pubblica, dopo tanti anni di elaborazione discontinua, 2 interrotta quotidianamente da priorità di carattere gestionale e da esigenze amministrative soverchianti. Questa guida è un frutto che il gruppo stesso considera intermedio, solo un primo strumento di diffusione e di comunicazione, ma anche, soprattutto, una prima fase di conoscenza. Non vogliamo certo dire, con questo, che si tratti di strumento che riteniamo poco maturo nei contenuti, anzi, a giudizio di chi ne ha coordinato i lavori, si tratta di un mezzo per guidare l'accesso agli archivi senz'altro non esaustivo ma sufficientemente compiuto nelle scelte e nella qualità e quantità dei dati. Lavorare sugli archivi di una amministrazione pubblica, soprattutto di grandi dimensioni e di così recente formazione, come quelli di una regione, significa dover privilegiare non tanto e non solo la parte che più sta a cuore all'archivista, quella della conservazione, degli archivi storici appunto, ma prima di tutto rispondere alle esigenze dell'amministrazione stessa e di tutti gli uffici che, producendo archivi, si interfacciano continuamente con una struttura che centralmente abbia il compito di coordinarne le funzioni documentali. L'impossibilità, in questa fase storica, di avere le risorse e gli strumenti che si renderebbero necessari per una efficiente ed efficace gestione degli archivi di una grande amministrazione, rende inevitabile dover imporre priorità forti e determinanti sulle attività e sul modo di condurle. E dobbiamo ammettere che le priorità - emergendo da un insieme ricchissimo di aspetti che sono tipici di un sistema complesso, trasversale e multidirezionale quale quello documentale e archivistico di una amministrazione pubblica - sono sempre meno dirette alle fasi di conservazione e di trattamento del patrimonio storico. Questo per motivi dettati senz'altro dalle urgenze sul versante degli archivi correnti che, negli ultimi anni, stanno subendo una tale trasformazione da richiedere sforzi continui di riflessione, ma anche, è inutile negarlo, da una scarsa sensibilità delle nostre amministrazioni e da una scarsa propensione a voler investire risorse e professionalità in un ambito che invece, altamente specializzato e rivolto prevalentemente all'esterno, richiederebbe maggiori attenzioni. Il forte passaggio culturale che ha investito in questi ultimi decenni la pubblica amministrazione italiana e che l'ha portata a programmare e a valutare la propria azione amministrativa in termini di efficacia ed efficienza, ha fatto sì che l'interesse verso gli archivi intesi come sistema documentale in formazione, quello che più facilmente e quasi istintivamente per tutti, anche per coloro che sono privi di conoscenze tecniche, è collegato al funzionamento della PA abbia portato l'archivio ad essere riconosciuto nel suo ruolo di funzione dell'ente e come parte fondante dell'intero sistema informativo di una amministrazione. Si stenta ancora, purtroppo, a riconoscere invece questo stesso ruolo all'intero sistema archivistico, a creare quelle connessioni logiche immediate tra archivio in formazione e archivio formato (storico e deposito), riconoscendo ad entrambe le fasi "la capacità di garantire e alimentare la memoria dell'organizzazione ed integrarsi con tutte le altre funzioni organizzative per la documentazione e le informazioni di cui dispone" 3. Le nostre amministrazioni dovranno sempre più prendere coscienza del ruolo sociale degli archivi, riconoscendone quel posto centrale che essi occupano in un sistema democratico, di partecipazione e di centralità dell'individuo e dei suoi diritti rispetto allo Stato e all'amministrazione pubblica: "condizione per la trasparenza, strumenti per amministrazioni efficienti; garanzia per la tutela e l'esercizio concreto dei diritti; supporto affinché coloro che governano possano prendere decisioni informate e responsabili e dare conto del proprio operato quando è richiesto" 4. Come giustamente afferma Federico Valacchi 5 nel saggio pubblicato in questo stesso volume, all'interno delle amministrazioni pubbliche, tanto più all'interno delle regioni "le pressanti problematiche archivistiche" che "si manifestano sul versante corrente e di deposito", hanno preso il sopravvento, rispetto alla analisi e allo studio degli archivi storici. E soprattutto, negli ultimi anni, il fenomeno della dematerializzazione del sistema documentale, in tutte le sue sfaccettature, è stato al centro dell'attenzione degli archivisti, lasciando in penombra gli aspetti della conservazione e della descrizione degli archivi storici" 6. Ma se è "indiscutibile che la capacità dell'archivista-record manager di interpretare e guidare correttamente la formazione dell'archivio discenda dalle sue conoscenze sugli archivi tradizionali già formati, se non addirittura storici"7 , è vero al contrario quindi, che un lavoro di questo tipo prelude ad una sensibilità che non può non riverberarsi positivamente sull'analisi e la progettazione dei sistemi di dematerializzazione degli archivi. E' innegabile infatti che aver lavorato alla produzione della guida e di altri strumenti, e aver quindi studiato e riflettuto sui fondi archivistici che qui sono descritti, ha significato senz'altro elaborare e affinare delle conoscenze che sono applicabili anche agli archivi in fase di formazione presso gli uffici regionali, capirne le motivazioni e il giusto contesto funzionale nonché il ruolo sociale oltre quello amministrativo. Per chi operi sull'intero sistema documentale, lo ribadiamo, l'impegno e l'esperienza rivolti ai complessi archivistici già formati, al di là dei risultati visibili sugli archivi storici, è un'esperienza indispensabile, estremamente formativa e soprattutto in grado di fornire chiavi di lettura che sono quelle che correttamente dobbiamo poi applicare agli archivi in formazione, anche a quelli in fase di dematerializzazione. La visione unica dell'archivio inteso come sistema, la visibilità complessiva e trasversale sull'intero ciclo di vita degli archivi e sulle caratteristiche delle sue singoli fasi, aiutano a formare una precisa coscienza e ad individuare strumenti certi e significativi per interpretare e guidare anche la fase di produzione e formazione che oggi è senz'altro quella più complessa e che, con urgenza, si impone sulle altre.
Ulteriore caratteristica degli archivi delle regioni, che ne aumenta la complessità, è senz'altro l'inevitabile convivenza e sovrapposizione tra nuclei che, secondo le categorie tradizionali potremmo attribuire alle due diverse fasi degli archivi di deposito e degli archivi storici. Questa vischiosità è frutto senz'altro della giovane età dell'amministrazione, della presenza, anche nei fondi più antichi, di un forte valore amministrativo oltre che di un valore storico e della commistione, ancora in gran parte irrisolta, tra articolazioni documentarie conservate presso le strutture e articolazioni connesse che già invece hanno rilevanza di archivi storici. Se da un lato ciò offre un'ulteriore ricchezza e un enorme vantaggio laddove si voglia favorire la lettura trasversale del sistema, ma anche più semplicemente offrire uno spaccato oltremodo significativo del ruolo degli archivi nel loro complesso, dall'altro la mole e l'incombenza di attività tecnico-gestionali e le risposte impellenti dovute all'amministrazione, impongono di rivolgere l'attenzione più spesso alle esigenze degli archivi di deposito. In questo quadro estremamente complesso e stimolante la pubblicazione di questa guida è anche un modo, per quanto parziale, di fare un bilancio di un decennio di attività svolte sugli archivi, ed è in particolare un primo risultato pubblico di imponenti lavori di descrizione del materiale conservato, che hanno preso avvio quasi dieci anni fa e che, per prima cosa, hanno portato ad una ricognizione complessiva della documentazione conservata sugli oltre 16 chilometri dell'archivio unico regionale 8. La compresenza inevitabile di fondi che, solo con intransigente osservanza dei principi archivistici, potremmo attribuire a due diverse fasi di vita dell'archivio deposito e storico, e crea qualche complessità di carattere gestionale, garantisce anche all'operatore di doversi misurare continuamente con entrambe le dimensioni ed imparare a leggere nell'una le chiavi interpretative dell'altra. Molti dei fondi descritti in questa guida, pur avendo carattere ed età di fondi storici hanno ancora una duplice valenza e sono indefinibili dal punto di vista della collocazione logica nell'una o nell'altra fase di articolazione del sistema: la scelta di attribuzione dei fondi all'archivio storico che abbiamo esercitato nella costruzione della guida non era pertanto l'unica possibile. Semmai, riflettendo sui tempi di permanenza nella fase del deposito e di trasferimento logico alla fase di definitiva conservazione storica, si nota come la cesura non sia così netta e anzi sia talmente labile da ridefinirsi a seconda del punto di vista e del peso che si voglia dare ad un fattore piuttosto che ad un altro. La prima difficoltà che abbiamo incontrato è stata proprio quella di definire quindi l'oggetto o gli oggetti di analisi e descrizione, capire cioè quali fondi dovessero entrare a far parte di un elenco che avrebbe costituito il contenuto della guida stessa. Questo strumento, così come appare oggi pubblicato, è frutto, potremmo dire, di un lavoro fatto per approssimazioni successive, di livelli di conoscenza che si andavano via via approfondendo, di oscillazioni tra selezioni e arricchimenti, fino a quando le informazioni sono state ricomposte e strutturate secondo un modello descrittivo di cui più avanti renderemo conto. E dal momento che, abbiamo detto, si è trattato di un lavoro collettivo, è interessante sottolineare come lo sforzo sia stato non solo e non tanto quello di raccogliere informazioni e dati e di organizzarli, quanto quello di guidare una riflessione condivisa che si arricchiva di diverse esperienze sorte sul campo e infine quello di fornire strumenti per la elaborazione delle schede descrittive, stimolando così una crescita professionale attraverso, è proprio il caso di dirlo, un "training on the job" continuo, quale momento formativo e didattico tutt'altro che strutturato ma dal quale raccogliamo una comune soddisfazione 9.
Gli archivi dell'amministrazione regionale: l'attività dei gruppi di lavoro e la fase di concentrazione
Benché gli archivi delle regioni siano ben poco noti e ben poco descritti, 10 non si può dire che, nei quattro decenni intercorsi ormai dalla istituzione delle regioni, non ci sia stata una attività rivolta, in maniera più o meno sistematica e continuativa, agli archivi, alla loro formazione, al recepimento dei fondi provenienti dallo Stato, alla gestione e alla regolamentazione del protocollo e degli archivi correnti 11. Istituite all'inizio degli anni Settanta le regioni a statuto ordinario, previste dalla Costituzione agli articoli 114-133 come enti autonomi con propri poteri e funzioni, ebbero l'attribuzione di numerose competenze sulle materie elencate dalla Costituzione repubblicana 12, ed ereditate a seguito della soppressione di uffici o di enti statali. Con le prime deliberazioni del luglio 1970, il Consiglio regionale toscano appena eletto 13, istituì l'ufficio di Presidenza e, oltre ad eleggere il proprio Presidente, stabilì il numero dei componenti della Giunta e ne elesse il Presidente e gli assessori 14. Le vere e proprie funzioni amministrative sulle materie trasferite dallo Stato alle regioni15 ebbero inizio tuttavia con l'aprile del 1972, 16 ben dopo la definizione della struttura operativa della Regione Toscana, dettata, come si è detto, con una deliberazione del Consiglio regionale del 1970 17. A fronte di un ruolo che, come abbiamo detto, fu definito e determinato ben presto per gli organi politici, gli uffici furono strutturati secondo un organigramma destinato ad arricchirsi ed articolarsi moltissimo ma a modificarsi ben poco nel disegno logico che rispose, fin dall'inizio, all'articolazione delle competenze e delle funzioni. In questi primi anni gli archivi regionali furono esclusivamente quelli che si andavano formando tramite gli atti ed uno scarso carteggio. Le competenze attribuite alle regioni furono definite, tra il 1972 e il 1977, tramite una serie di decreti presidenziali: è nel 1977 che le regioni ordinarie poterono effettivamente iniziare ad operare secondo i settori organici individuati nelle grandi partizioni "Ordinamento e organizzazione amministrativa", "Servizi sociali", "Sviluppo economico", "Assetto e utilizzo del territorio" 18. In base a queste quattro grandi partizioni di materie, furono articolate le funzioni e quindi anche gli uffici e gli archivi ereditati dalle amministrazioni regionali. Fin dal momento della istituzione della Regione Toscana fu avviata una rigorosa attività di regolamentazione e controllo e di predisposizione di strumenti per la valutazione, selezione e descrizione degli archivi nascenti e di quelli che stavano arrivando dallo Stato, grazie anche alla definizione di un ufficio con competenza sugli archivi 19. Pochi anni dopo l'inizio dell'attività vera e propria della nuova amministrazione che ereditò dallo Stato competenze, personale, alcune sedi di uffici e, naturalmente, la documentazione relativa alle funzioni trasferite prese avvio, infatti, un vivace lavorio intorno agli archivi. Alla fine degli anni Settanta risale, oltre che il coordinamento di tutti gli uffici della Giunta regionale sul fronte delle regole di gestione documentale da parte di un ufficio centralizzato detto "Archivio generale", anche una proficua e costante collaborazione con la Sovrintendenza archivistica per la Toscana, finalizzata alla gestione delle attività di trasferimento degli archivi di provenienza statale. Si elaborò in quegli anni, e si affinò via via, l'esperienza dei gruppi di lavoro, attuati in Regione Toscana su tutte le materie e che costituirono un vero e proprio strumento operativo con caratteristiche assolutamente innovative e sperimentali 20. Il gruppo di lavoro sugli archivi regionali, coordinato dall'archivista degli uffici della Giunta regionale, e che vedeva appunto la partecipazione di funzionari della Sovrintendenza, era composto anche dai funzionari competenti sulle varie materie che di volta in volta si avvicendavano in base all'ambito di intervento 21. L'esperienza dei gruppi di lavoro segnò in maniera determinante quella fase e aprì la strada ad un metodo di lavoro rimasto, in qualche misura, nella memoria organizzativa odierna dell'amministrazione. I "Gruppi interdipartimentali di lavoro per la gestione degli archivi regionali" nati nel 1976 e divenuti operativi l'anno successivo, furono nominati per due anni, secondo la composizione ricordata poco fa, e vennero poi ad assumere un carattere permanente 22. I compiti assegnati furono elencati nell'atto istitutivo e furono quelli di "curare e predisporre piani di studio per il miglioramento del servizio archivistico", fornire collaborazione agli uffici regionali sulla "conduzione e gestione dell'archivio", acquistare "attrezzature archivistiche" e "curare le operazioni di scarto". L'attività prese avvio preoccupandosi della conservazione materiale dei fondi e predisponendo interventi sui locali e sulle strutture ed eliminando gli atti inutili a fini storici e amministrativi. In particolare i primi gruppi si occuparono, per mandato della Giunta, degli archivi del CoReCo, dell'Ispettorato compartimentale agrario, dell'Ispettorato regionale delle foreste, della Direzione compartimentale dei trasporti in concessione, della Soprintendenza ai beni librari, del Medico e del Veterinario provinciale, dei Geni civili, dell'Ispettorato agricoltura e dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste. Col passare degli anni, e soprattutto prendendo coscienza delle difficoltà e dello scarso riguardo con cui solitamente venivano gestiti gli archivi, l'attività dei gruppi si rivolse spesso anche alla realizzazione di riordinamenti sommari e alla redazione di elenchi di consistenza che consentissero il trasferimento di complessi non disorganici di documenti e fossero in qualche modo utilizzabili anche ai fini della ricerca interna ed esterna. Peraltro questi team operarono avendo come punto di riferimento due circolari che la Direzione generale degli archivi, allora dipendente dal Ministero dell'interno, emanò per dare indicazioni univoche alle Sovrintendenze archivistiche e agli Archivi di Stato coinvolti, per le proprie competenze, nelle operazioni di trasferimento 23. In particolare gli archivi furono trasferiti dallo Stato alle regioni secondo due diversi criteri, a seconda che venissero trasferite solo le funzioni (e in questo caso passavano alle regioni solo le pratiche correnti, cioè "gli atti concernenti le funzioni amministrative relativi ad affari non ancora esauriti", accompagnate da elenchi descrittivi) o se, insieme alle funzioni, venissero trasferiti in forza alle regioni, interi uffici (in questo caso "la consegna avviene mediante elenchi descrittivi in cui sono distinti gli atti inerenti le funzioni trasferite" da quelli "inerenti alle attività delegate"). I gruppi di lavoro, vere e proprie strutture organizzative mobili, si occuparono quindi di molteplici aspetti della gestione degli archivi, relazionandosi con tutti gli uffici per il controllo della documentazione corrente, per la predisposizione dei titolari di classificazione ma anche per l'organizzazione degli scarti. Della loro attività e del ruolo svolto rimane traccia importante nelle relazioni di chiusura anno che il coordinatore presentava regolarmente alla Giunta Regionale rendicontando in maniera puntuale sul lavoro effettuato.
Ma l'aspetto su cui ci interessa soffermare l'attenzione in questa occasione è senz'altro quello della attività rivolta in maniera sistematica alla "salvaguardia di quegli archivi coinvolti nel processo di trasformazione amministrativa" in atto e quindi a quegli archivi che già ricoprivano in nuce una "funzione culturale" 24. Nello studio della storia archivistica dei vari fondi, presente nelle schede di questa guida, compare in maniera evidente il risultato di quella attività che Augusto Antoniella definì come "obiettivo qualificante" dei gruppi che si operarono per "intervenire su ogni organismo amministrativo implicato nel processo, al fine di assicurare la sopravvivenza del suo archivio (ricomponendone la struttura e assicurandone la conservazione), avendo a mente la duplice esigenza di garantire l'integrità dei fondi esistenti e di trasferirne la custodia a quegli enti che ereditavano (in virtù delle leggi statali e regionali) l'organismo come tale o le sue competenze."25 Dalle carte che si conservano in archivio sulle attività dei Gruppi di lavoro si rileva che dovette trattarsi di un impegno poderoso ma altrettanto strutturato e che riguardò non solamente gli archivi degli "organismi" di cui la Regione "ereditava in prima persona le attribuzioni, ma anche tutti quelli nella cui trasformazione essa entrava semplicemente come elemento regolativo nella fase del trasferimento dei beni (e degli archivi) ad altri enti territoriali" 26. A seguito dei decreti presidenziali del 1972 furono costituiti ben 60 gruppi di lavoro sugli archivi, di cui 51 ebbero come obiettivo quello di recuperare la documentazione di ex uffici statali.27 Le attività dei primi gruppi che iniziarono ad operare riguardarono gli ambiti di competenze individuati dai dpr via via emanati nel 1972 ed in particolare, nell'ordine: circoscrizioni comunali e polizia locale urbana e rurale (dpr 1/1972), acque minerali e termali, cave, torbiere e artigianato (dpr 2/1972), assistenza scolastica, musei e biblioteche (dpr 3/1972), assistenza sanitaria ed ospedaliera (dpr 4/1972), tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale, linee di navigazione e porti lacuali (dpr 5/1972), turismo e industria alberghiera (dpr 6/1972), fiere e mercati (dpr 7/1972), urbanistica, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale (dpr. 8/1972), beneficenza pubblica (dpr 9/1972), istruzione artigiana e professionale (dpr 10/1972), agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle acque interne (dpr 11/1972). 28 Si andò quindi ad operare e gli esempi sono il frutto della lettura delle relazioni dei gruppi sugli archivi della Sovrintendenza regionale ai beni librari, degli Uffici dei medici provinciali, degli Uffici dei veterinari provinciali, della Direzione compartimentale della motorizzazione civile e dei trasporti, dell'Ispettorato del porto di Pisa, degli Uffici provinciali del genio civile, del Provveditorato alle Opere pubbliche, dell'Ispettorato regionale e degli Ispettorati provinciali delle foreste, dell'Ispettorato agrario compartimentale, dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste e infine dell'Ufficio distrettuale delle foreste di Piancastagnaio. In una prima fase i lavori furono orientati alla risoluzione dei problemi di collocazione, reperimento e sistemazione dei locali, delle scaffalature e attrezzature varie, ma, immediatamente dopo l'opera di concentrazione, si provvide, in maniera sistematica, alla effettuazione di scarti e alla redazione di alcuni sommari elenchi di consistenza. 29 In una relazione del 1978 si legge "non si è potuti arrivare a indicazioni definitive circa la consistenza quantitativa e qualitativa degli archivi esaminati, dato anche il generale stato di disordine in cui gli archivi in questione si trovano" 30. Malgrado questo la Sovrintendenza archivistica, che fu parte integrante e attiva dei gruppi di lavoro, ribadì più volte l'utilità di tali gruppi che mettevano a sua disposizione dati e informazioni necessarie all'attività di vigilanza e ne ribadì il ruolo, poiché essa non era "in possesso di nessun dato precedente su questi archivi già soggetti alla competenza delle commissioni di sorveglianza" 31. In questa fase di avvio dei lavori furono recuperati e trasferiti gli "archivi correnti e di deposito degli ex uffici statali, in sostanza tutte le pratiche e i documenti fino a quarant'anni addietro alla data di trasferimento degli uffici". Il dpr 616 del 24 luglio 1977 dettagliava, all'articolo 17, le materie oggetto del trasferimento, e l'articolato della legge ne distribuiva con precisione competenze e funzioni. Particolare attenzione fu rivolta quindi agli archivi degli enti pubblici nazionali soppressi con sedi operative in Toscana e le cui competenze passarono alla Regione. I gruppi di lavoro valutata l'importanza dei fondi, per evitarne lo smembramento, decisero di trasferirli interamente presso l'archivio generale della Giunta, pur non avendo ancora la Regione deciso se tali enti pubblici "si dovranno mantenere come uffici regionali autonomi, se le loro funzioni saranno assorbite completamente dagli uffici regionali esistenti o se verranno in parte delegate agli enti locali". Si trattò degli archivi dell'Ente nazionale per la protezione morale del fanciullo (ENPMF), dell'Opera nazionale pensionati d'Italia (ONPI), dell'Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani (ENAOLI), dell'Opera nazionale invalidi di guerra (ONIG), dell'Ente nazionale assistenza lavoratori (ENAL), della Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto, dell'Istituto nazionale dei ciechi "Vittorio Emanuele II" di Firenze, dell'Istituto di incremento ippico, dell'Ente mostra mercato dell'artigianato di Firenze, dell'Ente nazionale artigianato e piccole industrie (ENAPI), degli Utenti motori agricoli (UMA), dell'Opera nazionale combattenti (ONC), dei Consorzi per la tutela della pesca. Molti di questi sono poi rimasti patrimonio degli archivi storici della Giunta regionale. 32 Questa scelta si rivelò determinante e consentì, non solo che gli archivi venissero conservati unitamente e non fossero smembrati, ma impedì addirittura che "venissero almeno in parte distrutti subito dopo l'abolizione degli enti", data l'assenza totale di "disposizioni precise contenute nella legge"33 . Fin da subito però si decise che i fondi archivistici di enti le cui competenze erano già nel novero di quelle da trasferirsi o delegarsi agli enti locali passassero direttamente a questi ultimi con riguardo ad evitarne smembramenti: fu il caso, ad esempio, degli archivi delle Aziende dello Stato per le foreste demaniali. Il trasferimento dei vari fondi, sommariamente descritti ma soprattutto liberati delle pratiche sottoposte a scarto,34 avvenne per tranche successive e attraverso l'individuazione di luoghi di concentrazione intermedi presso i quali furono temporaneamente collocati fondi di diversa provenienza, attraverso interventi volti soprattutto ad assicurarne la sopravvivenza e ad evitarne la dispersione. Uno di questi luoghi di concentrazione fu individuato in alcuni locali a Marina di Massa dove, fin dal 1979, giunsero numerosi fondi archivistici, per primo quello della Gioventù italiana che vi furono conservati fino all'allestimento dell'archivio generale della Giunta regionale a metà degli anni Ottanta. La scelta dei locali fu dettata da motivi meramente pratici: si trattava dei locali che erano stati sede dell'ufficio stralcio della Comunità protetta profughi di Marina di Massa e erano sufficientemente capienti da poter accogliere una certa quantità di documentazione; inoltre, facendo capo ad un'unica persona la dirigenza dell'ente Gioventù italiana e quella della Comunità protetta profughi, risultò evidentemente automatico trattare la documentazione in maniera uniforme. Approfittando della capienza dei locali fu inoltre trasferita da Firenze a Massa documentazione prodotta dalla stessa Regione Toscana. Questa convivenza tra fondi diversi è stata causa, come si è potuto verificare proprio in occasione della redazione delle schede della guida, di qualche confusione nella attribuzione di unità archivistiche all'uno o all'altro fondo in occasione del trasferimento all'archivio centrale regionale.
Per risolvere il problema primario dell'allestimento del luogo di conservazione degli archivi regionali si avviò, fin dal 1980, "la ricerca di sedi per la concentrazione di archivi morti". Con i primi anni Ottanta il problema della collocazione degli archivi si era fatto insostenibile e se ne chiedeva una soluzione urgente: "la documentazione è collocata in innumerevoli depositi, tutti stracolmi, in gran parte non ordinata. La situazione è diventata ancor più grave dopo la diffida formale dei Vigili del fuoco di Firenze, di usare, come archivio, gli ampi locali del sottosuolo dei palazzi A e B di via di Novoli 26, per inidoneità dei locali stessi".35 Dalla relazione annuale del 1980 si evince che gran parte dei fondi archivistici erano stati trasferiti presso la sede degli uffici regionali, nei sottosuoli, e che ne urgeva uno spostamento in locali idonei e dedicati: "una sede dignitosa e funzionale da adibire ad archivio di deposito e archivio storico dell'Amministrazione regionale". I locali destinati a divenire sede dell'archivio regionale furono acquistati all'inizio del 1985 e debitamente attrezzati. Con il 1986 entrarono quindi in funzione i nuovi locali d'archivio dell'Osmannoro, gli stessi che attualmente ospitano gli archivi regionali, e vi si iniziò a trasferire il primo nucleo di archivio storico costituito, inizialmente, dalle "976 buste" provenienti da Marina di Massa. Si andò così a costituire quella che fu definita la sezione degli "archivi morti", di quegli archivi cioè provenienti dagli enti che avevano terminato la loro attività amministrativa e che erano stati soppressi.36 In quell'anno il gruppo di lavoro incaricato della gestione dell'archivio e della individuazione delle "modalità per il trasferimento della documentazione e primo impianto della struttura archivistica regionale" stabilì che fossero trasferiti e conservati nei nuovi locali dell'Osmannoro: -gli archivi della Giunta regionale e di tutti gli organismi regionali centrali compresi quelli trasferiti con i decreti delegati del 1972; -gli archivi degli organismi regionali periferici ubicati nella provincia di Firenze, e, su richiesta, quelli ubicati nelle altre province toscane; -gli archivi di enti soppressi le cui funzioni sono state delegate agli enti locali, ma i cui documenti conservano un interesse amministrativo e storico per la Regione.
L'archivio storico, presso il quale furono collocati fondi sufficientemente ordinati e sui quali erano già stati effettuati i necessari scarti, fu logicamente articolato nelle due sezioni degli "archivi degli enti soppressi" e della "separata sezione d'archivio (ex art. 30 dpr 1409/1963) per la documentazione regionale". Contestualmente all'allestimento dei locali e al trasferimento dei primi fondi storici furono stabiliti anche i criteri di trasferimento e le fasi di intervento, dall'imballaggio fino all'ordinamento e alla redazione di uno "stato di consistenza". 37 Tra il 1986 e il 1987 furono trasferiti all'Osmannoro, se pure senza trovare una precisa collocazione, i fondi Gioventù Italiana, Comunità protetta profughi, CPIT, ERTAG, Soprintendenza archivistica per i beni librari, Ente Mostra artigianato. A dicembre del 1988, con l'archivio ormai operativo sotto ogni punto di vista, i locali dell'Osmannoro ospitavano complessivamente 36.783 faldoni di documenti. L'archivio si compose quindi dei fondi che i gruppi di lavoro erano andati analizzando secondo un modus operandi che prendeva le mosse dalle norme che sopprimevano enti che operavano sul territorio regionale trasferendo le loro competenze e consegnando quindi anche i loro archivi alla Regione Toscana. E' interessante notare, come si ricava dalle relazioni dei gruppi, che un primo problema con cui ci si dovette misurare nell'analizzare i fondi in corso di trasferimento alla Regione, fu la precisa individuazione, sul piano giuridico, di ciò che effettivamente risultasse di competenza regionale. Infatti molti dei fondi su cui i gruppi si trovarono a lavorare comprendevano anche documentazione più vecchia di quaranta anni e che perciò poteva essere versata agli archivi di Stato territorialmente competenti: 38 la Regione si trovò quindi ad ereditare, di fatto ma non di diritto, archivi che erano in realtà di competenza dello Stato. Il problema si pose, in maniera eclatante, per gli uffici del Genio civile 39. Certamente, da quello che si è visto sul modo di operare dei gruppi di lavoro e a seguito delle scelte compiute anche in relazione alla collocazione fisica della documentazione via via trattata, gli archivi che oggi si conservano portano i segni di quei passaggi che senz'altro incisero sul modo in cui i diversi fondi sono andati sedimentandosi. Inoltre, fin dall'allestimento dell'archivio generale dell'amministrazione, i locali ospitarono anche gli archivi prodotti dagli uffici regionali che, al momento dell'effettivo utilizzo dell'archivio nella seconda metà degli anni Ottanta, operavano già da oltre un decennio e avevano prodotto quindi documentazione che, non più necessaria all'attività quotidiana, iniziò ad essere versata all'archivio centrale. Si arricchirono così i fondi prodotti dagli uffici regionali la cui composizione si intreccia con i fondi storici tanto che non sempre è possibile separare gli uni dagli altri. Quella duplice articolazione, tra fondi "morti" e fondi regionali, fu del resto la prima grande suddivisione individuata dall'archivista responsabile che descrisse l'archivio come logicamente articolato nelle due grandi sezioni "archivi degli enti soppressi" e "separata sezione", che sono poi, potremmo dire, le due articolazioni riprodotte in questa guida. L'archivio regionale si è andato quindi costituendo per acquisizioni successive e ha assunto la tipica configurazione di un archivio di concentrazione nel quale i vari fondi hanno, e hanno avuto fin dall'inizio della loro riunione, una propria autonomia. Non si può parlare dunque di un semplice archivio di una amministrazione poiché i materiali conservati sono frutto dell'attività di una molteplicità di soggetti e di un processo di sedimentazione non univoco e lineare. Fin dalla sua istituzione l'archivio della Regione Toscana fu percepito correttamente come un iper-archivio la cui conformazione di archivio di concentrazione registra anche una vicenda istituzionale, conservando fondi prodotti non solo dall'Amministrazione regionale ma da molti altri soggetti autonomi. E, ad oltre trenta anni dalla istituzione delle regioni, un ulteriore riassetto dello Stato e una nuova rivisitazione della distribuzione delle competenze attribuite in maniera univoca o concorrente a Stato e regioni, ha fatto rivivere, agli archivi, una nuova fase di assestamento ancora in accrescimento e revisione.40 La riforma del titolo V della Costituzione ha portato alle regioni, a partire dal 2000, molti fondi archivistici che, se pure acquisiti in epoca molto recente, sono stati collocati presso l'archivio generale e sono entrati a far parte del suo patrimonio storico. 41
L'archivio della riforma fondiaria: la sezione distaccata della Grancia
Negli anni Novanta, durante la fase di commissariamento dell'Ente toscano di sviluppo agricolo e forestale (ETSAF), 42 fu deciso di concentrare tutti gli archivi relativi alla riforma agraria in Maremma in un'unica sede che fu individuata nella fattoria di Grancia presso Grosseto, già proprietà dell'Ente e passata quindi tra le proprietà della Regione Toscana. La costituzione dell'archivio fu definita all'interno di due leggi e l'archivio, inaugurato nel giugno 2000, fu subito aperto al pubblico.43 I locali di Grancia arrivarono definitivamente alla Regione Toscana unitamente agli archivi conservati nel 2000 e da allora l'archivio costituisce una sezione distaccata dell'archivio centrale che ha sede a Firenze. Anche la sezione della Grancia si configura di per sé come un archivio di concentrazione i cui fondi furono riuniti in quella sede nel corso di alcuni anni, man mano che gli uffici che avevano amministrato i territori della Maremma venivano soppressi. Sono stati quindi negli anni collocati presso la Grancia i fondi dell'Ente Maremma, compresi gli archivi degli uffici dei centri di colonizzazione e quelli provenienti dagli uffici provinciali di Siena, Grosseto, Livorno e Pisa. Al nucleo documentario originario si sono poi aggiunti, a partire dall'estate del 2000, i fondi ETSAF, sede centrale di Firenze e uffici periferici di Siena e Grosseto e Opera Nazionale Combattenti (ONC) relativa alle aziende di Coltano e di Alberese. La sezione quindi si è andata costituendo attraverso la riunione di fondi di amministrazioni che, con competenze analoghe, si sono succedute nel tempo sul territorio maremmano con la funzione di realizzare le opere di bonifica e di riforma agraria: tali fondi sono quindi andati a costituire un archivio di concentrazione che potremmo definire tematico e che senz'altro conserva carte che testimoniano della storia economica e sociale della Maremma toscana e alto laziale.
La guida ai fondi storici: scelte e criteri descrittivi
La decisione di intervenire sugli archivi storici dell'amministrazione per descriverne caratteristiche e contenuti ha significato, prima di tutto, definire un perimetro che individuasse l'insieme delle fonti all'interno delle quali ritenevamo necessario muoverci. Data la natura degli archivi regionali che poco sopra abbiamo tentato di definire, si è posta immediata la difficoltà di selezionare materiali e fondi da descrivere individuando un criterio il più possibile rigoroso e pertinente. Innanzitutto si è deciso di rinunciare alla descrizione di fondi che, frutto di enti strumentali, emanazione diretta della Regione Toscana, fossero prodotto di soggetti ancora attivi e che quindi non avessero il requisito minimo per poter essere considerati fondi chiusi. L'unico discrimine stabilito è stato perciò quello di descrivere fondi prodotti da soggetti ormai inattivi e da uffici soppressi: tali soggetti sono stati scelti indipendentemente dal fatto che fossero antecedenti la Regione, coevi ad essa o addirittura emanazione regionale; criterio guida è stato quello di individuare fondi archivistici che avessero una identità tale da poter essere sommariamente riordinati e descritti come chiusi, e distinguendoli da quelli che invece portavano ancora in sé le caratteristiche di fondi aperti, che avrebbero continuato ad arricchirsi e a modificarsi nella struttura e nelle relazioni interne. Sono stati pertanto descritti sia archivi vecchi di quaranta anni o più e quindi rispondenti alla classica definizione di archivio storico, quella dei fondi che legittimamente possono andare a costituire la separata sezione44 d'archivio, sia archivi le cui carte si prolungano ad anni anche molto recenti ma frutto di soggetti non più esistenti. Tra questi ultimi sono presenti sia fondi antichi e chiusi in epoca recente (il quarantennio non ha costituito pertanto un discrimine vero e proprio) ad esempio il Corpo delle miniere45 sia fondi contenenti documentazione recente ma ormai definiti nella conformazione ad esempio l'Agenzia per l'impiego per la Toscana. 46 I fondi descritti possono quindi sommariamente essere distinti in tre tipi, in relazione alla istituzione e soppressione dei soggetti che li hanno prodotti: soggetti antecedenti la nascita della Regione e soppressi con la sua istituzione; soggetti antecedenti la nascita della Regione ma soppressi in epoca regionale, alcuni anche in anni molto recenti; enti strumentali, nati con la Regione e per sua emanazione ma che hanno già terminato di operare e i cui fondi non verranno incrementati.47 Nel corso degli anni l'esperienza di lavoro sugli archivi ci ha permesso di verificare che una netta distinzione tra fondi storici e fondi non storici non ha ancora raggiunto una articolazione certa e un sicuro radicamento in un archivio come quello della Regione dove la cesura, che impone la distinzione nei due ambiti storico e deposito, è solitamente individuata solo per comodità di gestione. La questione si è posta per la natura stessa dei complessi archivistici che si conservano nell'archivio della Regione Toscana in quanto essi sono ancora spesso conservati così come vennero organizzati al momento del loro arrivo in Regione e, come si potrà vedere in alcune schede, le commistioni tra fondi sono molteplici e non del tutto risolvibili se non attraverso una puntuale inventariazione. Inoltre, al di là del trascorso quarantennio, molti di quei fondi, che pure abbiamo voluto considerare storici, sono continuamente consultati dalle strutture perché il valore giuridico e amministrativo delle carte che essi conservano è ancora imponente e perché il loro portato informativo è decisamente determinante per le scelte che ancora oggi l'amministrazione si trova a compiere. Inoltre i soggetti cui essi fanno riferimento sono spesso soggetti soppressi in anni molto recenti e per i quali quindi i complessi percorsi di sedimentazione potranno apportare ulteriori modificazioni nella struttura e nelle relazioni tra i fondi.48 A più riprese poi si è cercato di capire se e come utilizzare un criterio di periodizzazione restituendo in qualche misura le riflessioni che hanno guidato la scelta dei fondi da descrivere, evitando altresì un'elencazione indistinta di fondi che non poteva non apparire confusa: il tentativo compiuto in una prima fase, di ordinare i fondi descritti in maniera pedissequamente cronologica evitando una periodizzazione, dava luogo infatti ad elenchi assolutamente poco significativi, indistinti e ancor più immotivati. Una periodizzazione si è quindi rivelata indispensabile come ulteriore chiave di lettura e elemento funzionale alla descrizione e alla comprensione, il che ci ha fatto accettare il rischio di imporre alla complessità dell'insieme archivistico una articolazione definita sulla base di cesure meramente istituzionali che tuttavia, per la storia dei materiali descritti, hanno rivestito un momento di rottura importante. Si poneva infatti il problema di comprendere quale fosse la periodizzazione giusta per rendere conto dei tanti passaggi e per limitare le sovrapposizioni che ogni cesura temporale avrebbe comportato: l'articolazione più "naturale" e l'unica possibile ci è sembrata quella, già accennata, che divideva i fondi precedenti alla nascita della Regione da quelli prodotti invece da soggetti istituiti successivamente al 1970 e magari per volontà ed emanazione della stessa Regione Toscana. Si deve ammettere che la periodizzazione adottata è la più ovvia e generalizzabile, la più immediatamente intuibile e dettata proprio dal ruolo del soggetto conservatore, di cui si vanno a descrivere gli archivi. Malgrado però così ovvia e generalizzabile questa cesura ha rilevato qualche contraddizione e sovrapposizione e si è infatti verificato che molti fondi si sono trovati immancabilmente a cavallo tra i due periodi nei quali si distinguono due momenti fondamentali cui abbiamo riferito due tipologie di soggetti produttori e quindi di fondi archivistici: fondi storici (intendendo quindi i fondi prodotti da soggetti preesistenti la Regione) e fondi di epoca regionale. Il contenuto degli archivi documenta, come sempre anche nel nostro caso, un susseguirsi di attività che si svolgono secondo tempi che non coincidono con quelli delle cesure istituzionali individuate, qualunque siano le scelte effettuate. Esperienze fondamentali in questo ambito, che sono ormai guida e punto di riferimento costante per chi si voglia cimentare con lavori di questo tipo più o meno importanti, ci hanno insegnato che la scelta, in ogni caso arbitraria, costituisce tuttavia una chiave di lettura utile, soprattutto se effettuata con la consapevolezza dei limiti che la caratterizzano. 49 La nascita della Regione quindi è stata assunta come criterio periodizzante fondamentale, pur nella consapevolezza che questa cesura istituzionale non sempre aveva dato luogo ad una cesura amministrativa vera e propria. Certo, l'innestarsi del nuovo soggetto istituzionale, seppure su una realtà funzionante che continuava ad operare, aveva creato modifiche non solo nell'operatività, ma soprattutto nel modo di aggregarsi delle competenze di cui i fondi dell'archivio di deposito regionale e non tanto i fondi storici rendono conto testimoniando una vischiosità archivistica che non ha tenuto conto, né avrebbe potuto farlo, della cesura legata alla soppressione o alla istituzione, più o meno contestuale, di soggetti diversi. La mole che in alcuni casi risulta ancora considerevole e risalente di archivi conservati presso le sedi degli uffici regionali, ci fa pensare che qualche fondo storico sia naturalmente aggregato alle carte prodotte dagli uffici regionali e che, neppure durante i sopralluoghi, sia stato possibile evidenziarlo e quindi definirne eventualmente i confini e l'autonomia rispetto ai fondi regionali con cui potrebbe averlo confuso una tipica complessità sedimentativa. 50 Se dobbiamo infatti denunciare qualche mancanza in questa guida, questa riguarda in realtà tali ipotetiche lacune. Per questo motivo alcuni fondi archivistici di cui conosciamo l'esistenza non compaiono tra i fondi di questa guida: la storia della loro sedimentazione infatti non ci ha permesso, con le conoscenze che abbiamo dell'archivio e gli strumenti a nostra disposizione, di distinguere aggregati storici da insiemi documentali prodotti su medesime competenze da uffici regionali e anzi, ad oggi, questi aggregati costituiscono un unicum indistinto con i fondi prodotti dagli uffici regionali. Ci riferiamo ad esempio alle carte del Provveditorato alle opere pubbliche, della Sovrintendenza ai beni architettonici, ad alcune articolazioni del Ministero dei trasporti. Allettante ma altrettanto complessa e rischiosa, ci era sembrata la scelta di introdurre una distinzione per macro-materie di riferimento, indicizzando così i fondi e raggruppandoli in relazione alle competenze attribuite ai loro soggetti produttori. Il tentativo avrebbe dato luogo a non poche contraddizioni e incertezze soprattutto rispetto ai soggetti di istituzione regionale e ad altri, anche antecedenti, che, se pure istituzionalmente attribuibili ad un ambito, esercitavano le loro attività su settori non perfettamente e univocamente definibili. Infine si è riflettuto sul significato di distinguere i diversi luoghi fisici di conservazione che avrebbero potuto offrire un ulteriore chiave di lettura e quindi costituire un ulteriore criterio di aggregazione delle descrizioni. La prima grande distinzione riguarda i due depositi principali, l'uno nato negli anni Ottanta come sede unica di concentrazione dei fondi archivistici ereditati o di diretta produzione regionale, il così detto Archivio generale, l'altro ereditato dalla Regione Toscana nel 2000 come sede di concentrazione degli archivi della riforma fondiaria e divenuto sezione distaccata di quello generale, l'Archivio della Grancia. Inoltre alcuni fondi antichi sono ancora conservati presso gli uffici regionali: si tratta di rari casi generalmente legati all'arrivo presso gli uffici regionali in anni recenti (quasi sempre dopo la riforma del titolo V della Costituzione). Infine la guida presenta alcuni casi di fondi che sono logicamente unici ma conservati presso sedi diverse: è il caso del fondo molto articolato e complesso del Corpo delle miniere la cui documentazione storica è conservata in parte presso la sede centrale (la sezione relativa all'ufficio di Firenze) e in parte a Grosseto con due diverse dislocazioni: in misura minore nella sezione distaccata dell'archivio di Grancia ed infine presso la sede dell'ufficio regionale che del Corpo delle miniere ha ereditato le funzioni. Queste situazioni, rarissime peraltro, sono dettate dall'uso ancora fortemente amministrativo che gli uffici regionali fanno delle pratiche chiuse di quei fondi. Di entrambi questi "esercizi" di attribuzione dei fondi a grandi nuclei, rendiamo conto negli indici allegati al volume che, abbiamo pensato, possono fornire ulteriori chiavi di accesso 51. Altrettanto complessa, e in questo caso anche dolorosa, è stata la decisione, non sempre conseguenza della delimitazione appena illustrata, che si è dovuta prendere su ciò che avremmo dovuto lasciar fuori dalla guida e quindi non descritto e pertanto non conosciuto: senz'altro la "lacuna" più corposa è quella degli archivi storici degli uffici dei Geni civili. Questi uffici, giunti alle Regioni fin dalla loro istituzione, sono andati notevolmente modificandosi nell'articolazione territoriale, nelle competenze e quindi nella denominazione; fino a qualche anno fa ancora molti uffici regionali conservavano la documentazione storica di epoca statale che negli ultimi anni, sia perché stimolata da un nuovo governo organizzato degli archivi, sia perché effettivamente molte pratiche si sono chiuse anche in epoche così recenti, è stata invece per gran parte versata ai competenti Archivi di Stato. Solo alcuni uffici toscani conservano ancora documentazione che avrebbe potuto rientrare nei casi precedenti e quindi essere descritta con una scheda di questa guida (tra questi Lucca, Pisa, Grosseto, Siena e Massa). In realtà è sembrato più interessante e significativo, data anche la quantità e l'importanza degli archivi di quegli uffici e la presenza di documentazione molto risalente nel tempo per tutti i territori, lasciar fuori la loro descrizione da questo progetto per rinviare ad un progetto complessivo e monotematico di conoscenza e valorizzazione. Un progetto che potrebbe quindi essere condotto trasversalmente, ci auguriamo, anche in collaborazione con gli Archivi di Stato toscani. La realizzazione della guida è stata un'utile occasione per definire bene il patrimonio conservato nelle due sedi degli archivi regionali e per prendere coscienza dei vari fondi soprattutto perché in una prima fase, finalizzata all'individuazione degli oggetti da descrivere, si è provveduto ad una schedatura sommaria, qualche volta all'individuazione di materiale da sottoporre a scarto, ma soprattutto alla registrazione dei fondi storici, alla definizione dei confini tra di essi e al rilevamento di lacune o sovrapposizioni. Le schede, che si è cercato di rendere uniformi nella tipologia e nella rappresentazione delle informazioni, descrivono in maniera esauriente i fondi articolati nelle due grandi partizioni di "fondi storici" e "fondi di epoca regionale"; all'interno delle due partizioni si è optato per un ordine alfabetico che, per quanto possa sembrare banale, non obbliga ad una gerarchizzazione dei fondi tra loro: qualunque altra scelta, come abbiamo visto, avrebbe finito per escluderne altre altrettanto coerenti, creando grandi o piccole sbavature tra un gruppo ed un altro. Ci si è limitati, nella maggior parte dei casi, a rilevare le serie che compongono i vari fondi, analizzandone però la composizione quantitativa (in alcuni casi si è riusciti a restituire un'articolazione in sottoserie) e temporale. Le serie sono descritte quasi sempre in maniera analitica anche a costo di registrare qualche incongruenza. In particolare i fondi di epoca regionale e in alcuni casi anche i fondi storici non ancora inventariati conservano documenti che probabilmente dovranno essere sottoposti a scarto ma che si è preferito descrivere per due ordini di motivi. Il primo perché ci è parso interessante riprodurre un quadro compiuto di ciò che si conserva in un archivio di concentrazione regionale, rinviando poi alla pubblicazione degli inventari la descrizione di quello che sarà il fondo che effettivamente verrà conservato illimitatamente nel tempo; il secondo perché abbiamo avuto modo di verificare che in alcuni casi, proprio durante le operazioni di inventariazione e quindi di analisi puntuale della costituzione e conformazione del fondo, può capitare di ritenere necessario conservare materiale che, se pure scartabile, va a coprire lacune informative o temporali interne al fondo stesso. Per ciò che ha riguardato le modalità di recupero dei dati e delle informazioni e soprattutto la scelta circa la rappresentazione delle singole schede, il lavoro ha preso avvio con l'utilizzo di una scheda descrittiva che abbiamo fedelmente articolato sulla base della struttura ISAD 52. Si è cioè strutturata una scheda cartacea articolata nelle 5 aree previste dagli standard e dai loro campi e che è stata il punto di riferimento per tutti coloro che si accingevano a descrivere un fondo. Il metodo un po' scolastico, e forse eccessivamente pedante, ha però permesso un rilevamento delle informazioni completo, uniforme e normalizzato. Naturalmente il modello ISAD, punto di partenza ormai imprescindibile per chiunque si voglia accingere a descrivere degli archivi, ha suggerito la struttura di analisi all'interno della quale ci siamo mossi, ma è poi stato rielaborato in maniera finalizzata ad una rappresentazione utile e semplificata. Le schede quindi si presentano con una struttura uniforme e forniscono informazioni non ridondanti, attribuite in maniera univoca a livello pertinente, e, ci pare, in maniera chiara e coerente, rispondente alla realtà che si andava descrivendo più che al modello teorico. Si è cercato cioè di rispettare sì il modello e lo schema dello standard ma ripulendolo ogni volta in base alla peculiarità del fondo la cui descrizione non necessariamente dava luogo ad una scheda del tutto sovrapponile alla precedente, neppure nella tipologia di informazioni 53. Abbiamo cioè applicato il modello di rilevamento dei dati e delle informazioni alle esigenze reali individuando poi un nuovo modo per rappresentarli: è solo la restituzione tipografica tuttavia che conserva la distinzione tra le aree delle ISAD e l'articolazione interna ad ognuna 54. I fondi sono descritti in una maniera che ci è sembrata sufficientemente compiuta: ad una fase di inventariazione archivistica si rinvia ovviamente per una conoscenza e quindi una descrizione più approfondita e più dettagliata sia del complesso archivistico sia delle notizie relative al contesto. Così come ad una fase di lavoro più approfondito sui singoli fondi55 si rinvia per la risoluzione di piccole contraddizioni, ripetizioni, lacune non motivate, interpolazioni non risolte. Come ci immaginiamo, per i motivi esposti in altri punti di questa introduzione alla guida, si potrà rendere necessaria una integrazione ai suoi contenuti: da un lato il lavoro in archivio e sugli archivi delle varie strutture regionali potrà riservare nuove scoperte e dall'altro sappiamo che alcune acquisizioni non sono ancora avvenute ma sono previste dai piani di sviluppo dell'archivio stesso 56. In attesa di una pubblicazione on-line che più facilmente e secondo i nuovi modelli di comunicazione e diffusione degli strumenti e delle informazioni, possa rendere noto e disponibile ai più la descrizione del ricco patrimonio storico degli archivi della Giunta regionale toscana, vorremmo augurarci che la nostra Amministrazione possa trovare la forza e la lungimiranza di rispondere in maniera più adeguata dell'attuale alla domanda che Augusto Antoniella si poneva all'inizio della esperienza dei gruppi di lavoro regionali e cioè "quale potrà essere la funzione culturale di archivi recuperati, riordinati sommariamente e alloggiati in locali idonei, in mancanza di strutture che assicurino l'accesso e l'assistenza per la ricerca"57. Anche se, ci preme ribadirlo, l'archivio regionale da sempre, e ancora di più nell'ultimo decennio, ha cercato, facendosi carico di oggettive difficoltà gestionali, di dare una risposta concreta al suo ruolo di strumento di memoria, di conoscenza e di trasparenza, e la pubblicazione di questa guida cartacea costituirà senz'altro un ulteriore punto di partenza e un reale strumento di accesso ai fondi storici. Questa guida descrive le fonti per la storia del nostro territorio che, già lo sappiamo, saranno punto di riferimento importante per la ricerca storica.
Ilaria Pescini
La descrizione archivistica al servizio della valorizzazione di un sistema complesso di fonti
La pubblicazione di descrizioni archivistiche, risultato di un rigoroso e approfondito lavoro sul campo, continua a costituire un evento da salutare con soddisfazione, soprattutto in una fase in cui troppo spesso istanze molto complesse, che derivano dalle radicali trasformazioni in atto nei modelli di produzione e gestione documentaria, sembrano in qualche modo mettere sullo sfondo la questione del confronto concreto con gli archivi reali, facendo prevalere nel lavoro archivistico approcci orientati più a progettare le modalità di organizzazione e restituzione dei contenuti che a costruire contenuti solidi e affidabili. C'è stato e c'è il rischio, insomma, che, in una stagione caratterizzata da un intenso dibattito sul rapporto tra tecnologie dell'informazione e descrizione archivistica (accompagnato peraltro da investimenti non banali e non sempre utilizzati in maniera razionale), soprattutto nell'ambito degli archivi storici si finisca con il trascurare l'oggetto reale della descrizione, "il peso della carta", dimenticando che nei nostri archivi resta ancora molto materiale da descrivere, riordinare ed inventariare. Gli interventi sul campo (e i relativi finanziamenti) sembrano suscitare minori entusiasmi delle riflessioni su soluzioni sempre più raffinate di restituzione delle informazioni archivistiche. Questa tendenza di ordine generale si manifesta in maniera ancora più accentuata quando si prendano in considerazione gli archivi delle Regioni, che sono stati a lungo "archivi immaginati", in qualche modo più o meno inconsciamente assimilati ad altrettanti Moloch la cui fama sinistra ha contribuito a scoraggiare molte velleità di confronto concreto con la loro ricchezza e complessità. Malgrado non manchino negli ultimi anni segnali di una relativa inversione di tendenza è rimasto in sostanza vero, almeno per quanto concerne la produzione di strumenti archivistici affidabili ed esaustivi e almeno per quanto riguarda la complessa dimensione storica di queste aggregazioni documentarie, quanto scriveva nel 1996 Isabella Zanni Rosiello, sottolineando il disinteresse per gli archivi delle Regioni 58. Un nervo scoperto in questo atteggiamento mi sembra poi quello che potremmo definire il "paradosso della valorizzazione", che vede le stesse regioni disinteressate ai propri fondi archivistici parte attiva nelle politiche di sostegno agli archivi sul territorio, sia pure con soluzioni e risultati qualitativamente piuttosto diversificati. Sicuramente, almeno in una fase iniziale, ha avuto il suo peso un atteggiamento quasi di maniera e di lunga durata, per effetto del quale l'archivistica italiana tende in qualche modo a trascurare sistemi documentari ritenuti di formazione "troppo" recente, con un processo analogo a quello verificatosi a suo tempo per gli archivi delle Amministrazioni provinciali. E' altrettanto vero, poi, che le pressanti problematiche archivistiche che per questa tipologia di soggetto produttore si manifestano sul versante corrente e di deposito, hanno inevitabilmente finito col prendere il sopravvento, come dimostrano anche gli obiettivi che si è posto il progetto "Archivi delle Regioni" 59, cui oltre ai rappresentanti delle regioni hanno collaborato anche l'Amministrazione archivistica e l'ANAI. I risultati concreti di questa attività di analisi e studio sembrano ancora piuttosto rarefatti ma resta il fatto che almeno per quanto concerne gli archivi correnti e di deposito uno sforzo è stato compiuto e dei modelli di riferimento sono stati creati. Inoltre, in alcuni casi proprio dalle regioni e sempre sul versante degli archivi in formazione sono giunti contributi importanti in termine di modelli di gestione e, soprattutto, riflessioni e azioni in merito al tema della produzione e conservazione di archivi informatici60 . In linea di massima, dunque, è per molti versi comprensibile che l'impegno profuso nel tentativo di razionalizzare la gestione di questa tipologia archivistica abbia finito col metterne in secondo piano la significativa dimensione storica. Ma se si osserva il fenomeno in un'ottica più ampia occorre subito sottolineare l'esigenza di porre rimedio a questo tipo di approccio, evidenziando la forte valenza storica e culturale che "già" caratterizza nel loro complesso molti di questi "iper archivi" e ne fa veri e propri istituti di concentrazione che raccolgono sedimentazioni documentarie ben più articolate e complesse dei "semplici" archivi delle regioni intese come soggetti produttori autonomi. D'altra parte parlare di valorizzazione degli archivi risulta talvolta fare ricorso ad un armamentario di maniera che poco aggiunge alla dimensione concreta se non si cala la bontà delle intenzioni in un contesto predisposto a garantire tutte le condizioni necessarie a mettere in atto attività concrete e sostenibili. Il termine valorizzazione definisce infatti una categoria/obiettivo di assoluta preminenza nell'ambito di ogni tipologia archivistica ed assume una connotazione qualitativa ancora più netta nel caso delle Amministrazioni pubbliche che hanno o dovrebbero avere nella loro mission complessiva uno spirito di servizio agli utenti ancora più accentuato, proprio in funzione del loro ruolo pubblico. Ma se "valorizzare" non deve rimanere un concetto vuoto occorre che si creino le condizioni per garantire le due componenti essenziali di una efficace politica di valorizzazione: una solida rete di servizi costruita intorno alle risorse e la effettiva disponibilità delle risorse in termine di contenuti accessibili. Per quanto concerne il primo aspetto, strettamente collegato alla gestione di politiche culturali che sembrano nel nostro paese sempre più incerte e affannate, ci sarebbe molto, forse troppo, da dire e ci limiteremo allora a sottolineare l'esigenza di una reale complementarietà tra i diversi soggetti istituzionali a sostegno di politiche di rete orientate alla gestione attiva degli archivi e dei servizi che intorno ad essi ruotano. Questa dimensione "logistica" senz'altro di grande importanza deve però poter fare affidamento sulla solidità della dimensione "contenutistica" perché è del tutto evidente che qualsiasi polo di valorizzazione, per quanto ben congegnato, risulta di scarsa utilità se privo di elementi da valorizzare. Questo disallineamento tra strutture e contenuti determina squilibri che troppo spesso si ritorcono contro gli utenti e, di riflesso, contro le istituzioni archivistiche. Il termine valorizzazione, infatti, almeno sul terreno del rapporto tra comunicazione e contenuti, evoca spesso anche concetti e comportamenti svincolati dalla dimensione squisitamente archivistica e si confonde, in una malaugurata sincope scientifica, culturale e politica, con iniziative di marketing, preferibilmente tecnologico. Non sono rari i casi, allora, in cui i contenitori, talvolta anche ben realizzati, prevalgono drammaticamente sui contenuti senza che si capisca in cosa risieda "il valore" aggiunto di tanti progetti. Si rischia in questi casi che il mezzo prevalga sui fini, assecondando una strisciante pigrizia digitale che si traduce in uno scarso entusiasmo nell'affrontare progetti orientati innanzitutto a descrivere gli archivi nella loro complessa e faticosa dimensione concreta.
Il Modello descrittivo
Chi pratica gli archivi e non si limita a "valorizzarli" superficialmente, sa invece bene che non c'è conservazione, tutela e valorizzazione senza descrizione e che la descrizione è fatta di faticoso e talvolta ingrato lavoro sul campo. In archivistica, almeno quando si guardi alla complessità di sistemi documentari tanto articolati e profondi, non si scappa dal confronto con le carte. Se, come sembra indubitabile, la valorizzazione è soprattutto comunicazione l'unico percorso per valorizzare passa attraverso la raccolta sistematica delle informazioni e la loro elaborazione e organizzazione secondo modelli comunicativi adeguati. Questo, in ultima analisi, è anche il messaggio che proviene dall'ormai ventennale riflessione intorno agli standard di descrizione. E proprio gli standard, e ISAD in particolare, a cui talvolta ci richiama in maniera troppo generica, ancor prima di entrare nel merito dei contenuti hanno sentito il bisogno di definire la descrizione archivistica come "l'elaborazione di un'esatta rappresentazione di una unità di descrizione e delle parti che eventualmente la compongono attraverso la raccolta, l'analisi, l'organizzazione e la registrazione di informazioni che permettano di identificare, gestire, localizzare ed illustrare il materiale documentario e il contesto ed i sistemi di archiviazione che lo hanno prodotto. Il termine indica anche il risultato di tale processo" 61. Come è noto, questo processo, sempre secondo ISAD(G), è finalizzato a identificare ed illustrare il contesto e il contenuto della documentazione archivistica per promuoverne l'accessibilità. E' insomma del tutto evidente che la valorizzazione (cioè la comunicazione strutturata di "informazioni archivistiche") parte dalla conoscenza dei contesti e dei contenuti, cioè, lo ripetiamo, dal confronto con le peculiarità delle realtà concrete della sedimentazione documentaria.
Il primo elemento forte che emerge dalla lettura di uno strumento come quello con cui abbiamo a che fare in questa sede è proprio quello di una altrettanto forte volontà di aderenza reale agli standard che si è tradotta in prima battuta nell'elaborazione di modelli e strategie di rilevamento ricchi e complessi ma mai ridondanti. Del resto proprio gli standard e ancora gli standard ci dicono che gli obiettivi della descrizione si conseguono "creando accurate e appropriate rappresentazioni ed organizzandole secondo modelli prestabiliti". Gli standard insomma, e anche questo lo sappiamo bene, non sollevano chi li applica negli specifici contesti di riferimento dal riflettere in merito a quelle che sono le esigenze reali della descrizione ed impongono comunque uno sforzo preventivo di analisi orientato proprio alla definizione di quei "modelli prestabiliti" funzionali al proprio progetto e, al tempo stesso, pienamente compatibili (ma meglio sarebbe dire integrabili) con quelli adottati in altri sistemi descrittivi. Torneremo ad affrontare questo aspetto più avanti ma è opportuno sottolineare fin d'ora che in questa attenta valutazione di ciò che è specifico e come tale non deve andare perduto e di ciò che invece è generale e deve garantire le opportune integrazioni risiede quella possibilità di "fare sistema" di cui tanto spesso si parla. Il "sistema", in una realtà archivistica tanto complessa come quella italiana, non può essere creato dall'alto per imposizione teistica di architetture e modelli descrittivi ma deve essere ragionevole mediazione tra le peculiarità dei singoli ambiti conservativi e l'esigenza di ricondurre il particolare al generale, nella consapevolezza che tanti dettagli locali possano assumere insospettabili valenze quando li si raccordi realmente gli uni agli altri. Quello che si è fatto in questa guida, senza nessun intento encomiastico da parte di chi scrive, è stato allora proprio applicare rigorosamente le filosofie degli standard per riuscire in qualche modo a domare una notevole complessità archivistica, creando i presupposti per una reductio ad unum o, quanto meno, per una lettura necessariamente integrata e trasversale delle diverse realtà conservative rappresentate e, soprattutto, creando i presupposti per la realizzazione di strumenti di accesso di particolare efficacia e particolarmente congeniali alla futura integrazione in quel "sistema" di cui si diceva sopra. Il primo fondamentale pregio di questo strumento va visto allora proprio nella progettazione intelligente e soprattutto "adeguata" di quei "modelli prestabiliti", progettazione che ha adattato le indicazioni necessariamente generali degli standard ad un modello concreto di rappresentazione, attento sì alle indicazioni di carattere generale, ma, soprattutto, all'esigenza di una comunicazione strutturata e accessibile. Un modello descrittivo sintetico ed efficace, mirato non tanto ad accondiscendere a generici schemi di riferimento quanto ad evidenziare i "pieni" informativi", sacrificando ad essi l"applicazione bigotta dello standard laddove non la si ritenesse funzionale al modello di comunicazione adottato. Tutto questo in una fase in cui la proliferazione degli standard descrittivi e/o di formato sembra manifestare più che una evoluzione o una piena maturazione del processo di normalizzazione uno stato di disagio che rischia una volta di più di sottrarre energie preziose all'applicazione sul campo di criteri descrittivi condivisi. Insomma, se da un lato appare sacrosanto continuare a riflettere in maniera sempre più analitica sulla standardizzazione delle molte componenti della descrizione archivistica, dall'altro sembra anche lecito tentare di evitare di inseguire modelli di standard finalizzati a sé stessi dove, quasi in una nemesi filologica, il simbolo dello "stendardo" finisce con l'oscurare le truppe che lo seguono.
I fondi archivistici
Questo sforzo di analisi descrittiva rigorosa, puntuale e finalizzata risulta ancor più necessario in presenza di contesti conservativi tanto complessi quanto quelli rappresentati in questa guida. Vale subito la pena di sottolineare, infatti, una caratteristica di fondo di quel particolarissimo soggetto archivistico che è l'ente regione, sospeso tra l'esigenza di metabolizzare una memoria pregressa, ereditata da soggetti che l'hanno cronologicamente preceduta e quella di integrare nel suo corpo funzionale memoria e competenze di soggetti che viene lentamente sostituendo sul territorio, dando conto al tempo stesso, come vedremo, della propria forte articolazione (frammentazione?) interna e delle sue conseguenze archivistiche. L'eccezionalità di questo contesto archivistico è stata colta di recente ancora da Isabella Zanni Rosiello partendo proprio da alcune considerazioni di Ilaria Pescini che, in sostanza, individuano nei responsabili archivistici di questo articolato sistema documentario un punto di contatto tra diverse percezioni dell'archivio "in cui le funzioni di archivista conservatore sembrano influenzare quelle di record manager" con tutto quello che ne consegue62 .
Come abbiamo già avuto modo di accennare parlare genericamente di Archivio della Regione Toscana significa individuare non tanto la produzione documentaria di un determinato soggetto istituzionale, quanto, almeno in prima battuta, un istituto di concentrazione all'interno del quale confluiscono fondi archivistici di diversa natura, origine e provenienza. La prima fondamentale distinzione da introdurre è quella tra fondi "storici", figli di soggetti produttori di cui la Regione ha ereditato nel tempo le competenze, e fondi che potremmo definire "funzionali", risultato non tanto di un passaggio di competenze quanto del modo in cui queste competenze vengono esercitate da parte della Regione. A questi si aggiungeranno in prospettiva i fondi regionali veri e propri, quelli prodotti secondo un modello archivisticamente più riconoscibile, secondo il quale esiste un rapporto univoco e fortemente strutturato tra funzioni e competenze del soggetto produttore e sedimentazione documentaria. In quest'ottica, quindi, parlare di istituto di concentrazione per un archivio regionale non significa solo individuare un soggetto conservatore di "oggetti" distinti riuniti ai soli fini della conservazione (come, ad esempio, avviene in linea di massima per gli Archivi di Stato) quanto prendere in considerazione un sistema archivistico tenuto insieme da istanze complesse che danno conto, riassumono e rappresentano una vicenda storica e istituzionale altrettanto complessa e articolata. Una universitas rerum, insomma dove le "cose" non sono unità archivistiche ma interi complessi documentari che si trovano a coesistere non per effetto di una volontà conservativa ma, potremmo dire, a causa di un'inevitabile conseguenza del dispiegarsi della vicenda istituzionale. Il che non toglie naturalmente che questi fondi abbiano una loro fisionomia e conservino in prospettiva storica una specifica funzione informativa. Per dirla con gli standard, allora, le descrizioni dei singoli fondi hanno una forte valenza autoesplicativa ma, al tempo stesso, vanno lette all'interno del più complesso sistema di relazioni che è l'archivio storico regionale nel suo insieme.
La pluralità di soggetti produttori che per ragioni diverse ha conferito la propria documentazione all'interno di un'unica realtà conservativa impone infatti uno sforzo descrittivo ulteriore, orientato a ricostruire non solo contenuti e contesti specifici ma a dar conto di un panorama conservativo meno casuale di quanto si potrebbe pensare. A questo riguardo altri in questo stesso volume saranno più esaurienti di me tracciando la storia dell'archivio e dei fondi che lo costituiscono. Mi sembra però ugualmente importante sottolineare con forza come, a fronte del panorama conservativo descritto, la guida sappia dar conto di un fenomeno tipico, e tutt'altro che concluso, che caratterizza questo tipo di archivio. Sappiamo da tempo che gli archivi delle Regioni forse ancor prima che dar conto, almeno in una dimensione storica, dell'attività del soggetto produttore con cui si identificano, rappresentano una sintesi non solo documentaria dell'evoluzione di un modello istituzionale complessivo. Questi articolati depositi documentari sono la testimonianza più evidente del rapporto stretto e profondo che lega i fondi archivistici alla storia e all'evoluzione istituzionale degli ambiti politici, amministrativi e geografici al cui interno si sono sviluppati. La progressiva e dinamica evoluzione di un sistema di competenze di enorme impatto sul territorio trova in queste complicate sedimentazioni archivistiche la sua evidenza fisica. Descrivere i singoli fondi e i rapporti più o meno evidenti che li accomunano significa quindi creare i presupposti per la comprensione di un passato che "incombe" in maniera importante sul presente e consente di aprire varchi importanti verso la comprensione di un sistema istituzionale complesso e di una altrettanto complessa rete documentaria. Leggere in sequenza le schede di questa guida soprattutto per quanto riguarda il "campo" storia istituzionale e modalità di acquisizione assume allora un valore che va ben oltre i pur ricchi contenuti informativi specifici. Da un lato, infatti, la lettura sequenziale dà conto del concreto sviluppo documentario del modello istituzionale e ripropone il tema della complementarietà delle fonti archivistiche (di quelle conosciute in quanto descritte, naturalmente) come risultato naturale della dinamicità istituzionale. Dall'altro prefigura invece la trasformazione del modello conservativo sorretta da istanze politiche e istituzionali che non si possono ignorare, con particolare riferimento al rapporto tra competenze e produzione documentaria. Proprio partendo dalla descrizione accurata di ciò che esiste si ha intanto una dimostrazione di un assunto genericamente noto da molto tempo, quello del polimorfismo degli archivi regionali, ritenuti in prima istanza poco rilevanti archivisticamente pur nella consapevolezza che essi conservano anche e non casualmente altri fondi spesso prodotti da soggetti che hanno inciso in profondità sui contesti di riferimento ma il cui profilo istituzionale almeno dal punto di vista scientifico è rimasto sostanzialmente indistinto.
Natura, ruolo e futuro delle descrizioni della guida
Entriamo ora nel merito dei contenuti delle descrizioni di questa guida, sul cui modello ci siamo già soffermati, per valutarne la natura, le finalità e i possibili sviluppi futuri. La concretezza che le descrizioni dei fondi ereditano da quel solido modello descrittivo su cui ci siamo già soffermati consente di dare per acquisito il primo obiettivo di valorizzazione: la conoscenza a livello di maturo censimento dei materiali conservati e la loro corretta identificazione. Direi anzi che con queste "schede" si va ben oltre al semplice censimento, perché le rigorose ricostruzioni dei profili storici e istituzionali così come degli apparati normativi di riferimento creano i presupposti per fare di queste descrizioni altrettanti "profili" per i soggetti produttori cui esse fanno riferimento. Profili spesso complessi e poco studiati di cui non sembra esistere né in letteratura né nei sistemi informativi archivistici un quadro altrettanto esauriente. Ma, con un approccio totalmente condivisibile, questa prima accurata ricognizione crea soprattutto i presupposti per decisivi sviluppi futuri che altro non possono essere che una campagna, speriamo massiccia, di inventariazione, che muovendo dai risultati acquisiti fin qui approdi alla realizzazione degli inventari dei singoli fondi. A prescindere da ciò che già esiste e che viene pubblicato in questo volume, e da quelli che potranno essere gli sviluppi futuri sembra infine opportuno formulare qualche riflessione in merito alle modalità di restituzione. In una fase in cui l'archivistica italiana, pagando anche lo scotto di un significativo ritardo culturale, sembra permeata da istanze che possiamo definire genericamente "digitali" e costruisce con tenacia e non senza contraddizioni i suoi articolati sistemi informativi si è scelto di presentare i risultati di questa intensa campagna di descrizione in formato cartaceo. Per certi versi una scelta "forte" e controtendenza, almeno di questi tempi. Una scelta però di estrema concretezza che, rinunciando a vagheggiamenti digitali sulla costruzione di sistemi archivistici di cui la Regione Toscana ancora non dispone, ha percorso la strada più immediatamente perseguibile. Sarebbe del resto stato impensabile, proprio per il ruolo istituzionale e archivistico altrettanto forte che il soggetto Regione ricopre, scegliere di "diluire" questo patrimonio informativo dentro ai sistemi esistenti, a partire da SIUSA. Era necessario mettere la prima pietra di un sistema archivistico di Regione Toscana (perché senza strumenti descrittivi i sistemi sono parole al vento) e si è deciso che questa pietra fosse di carta. Scelta che naturalmente non preclude sviluppi futuri ma che intanto consente di appoggiare il nascente sistema su basi reali.
Prima ancora di valutarne i possibili sviluppi cerchiamo allora di mettere a fuoco le conseguenze di questa scelta. La più importante è sicuramente quella del confronto con la rappresentazione rigida e su due dimensioni che la carta impone alle descrizioni archivistiche. Lo strumento cartaceo, infatti, non consente di esplicitare in pieno o, almeno di rappresentare in tutta la sua efficacia, quel complesso sistema di relazioni tra le entità descrittive che descrive in senso ampio un fondo archivistico e neppure di dar conto dei punti di contato che possono esistere tra i diversi fondi. Quella cartacea è una rappresentazione sequenziale che, come ci ha insegnato anche il dibattito a suo tempo sviluppatosi in merito alla progettazione della Guida Generale degli Archivi di Stato, impone un ordine fisico della rappresentazione, un ordine mai sufficientemente elastico e rappresentativo per dar conto delle tortuosità che caratterizzano i percorsi della produzione e della conservazione. A supporto della soluzione di queste problematiche, nel tentativo di abbattere il forte rumore di fondo che si scatena da rappresentazioni di questo tipo e di collocare per quanto possibile i singoli fondi archivistici dentro a spazi più contenuti, dove sia più semplice individuarli, interviene la periodizzazione, secondo un modello che proprio la Guida Generale ha portato, non senza alcune contraddizioni e difficoltà, alle estreme conseguenze.
Anche nel caso della Guida di Regione Toscana come ricorda Ilaria Pescini nel suo intervento in questo stesso volume si sono dovuti sciogliere nodi di questo tipo. La scelta è stata alla fine quella di una rappresentazione basata sulla periodizzazione istituzionale, che genera una prima distinzione tra fondi storici (formatisi cioè prima della costituzione della Regione) e fondi di epoca regionale, introducendo i singoli fondi in ordine alfabetico nelle rispettive sezioni. Per superare poi la rigidità di una rappresentazione di questo tipo si è poi deciso di garantire l'opportunità di utilizzare diversi criteri di accesso costruendo anche elenchi dei fondi che danno conto della complessità delle relazioni "trasversali" tra i complessi archivistici, indipendentemente dallo specifico contesto cronologico di produzione. Gli inevitabili vincoli e limiti di questo modello di rappresentazione che si affida ad un approccio classico della descrizione archivistica potranno essere agevolmente superati nel momento in cui si passerà dalla rappresentazione cartacea a quella digitale. Infatti se è da ritenere pienamente condivisibile la scelta fatta in questo passaggio, è anche doveroso sottolineare come in prospettiva si riveli inevitabile riflettere concretamente sulle modalità di immissione on line di questo prezioso patrimonio informativo. Le descrizioni di cui si dispone, tra l'altro, malgrado il loro attuale formato cartaceo che vincola i contenuti informativi alle fisiche spoglie mortali di una singola scheda, sono concepite secondo la logica degli standard e quindi già pronte per approdare ad un sistema informativo archivistico, con la sola incombenza di trasferire le singole descrizioni che attualmente confluiscono in un'unica scheda nella più articolata struttura di un sistema informativo e delle sue componenti. A quel punto il problema della rappresentazione potrà essere aggirato dalla molteplicità di punti di accesso all'informazione e dall'innegabile potenziamento dei mezzi di ricerca all'interno dei contenuti. A questo riguardo un problema che bisogna porsi, anche riflettendo su alcune recenti evoluzioni(?) dei sistemi informativi archivistici, è quello della scelta del sistema informativo destinato ad ospitare e veicolare questi contenuti informativi. A questo livello credo che si debba tornare a ragionare in termini di polo archivistico regionale, come avremo modo di ribadire anche riflettendo sull'evoluzione del modello conservativo nel suo complesso. Soprattutto in questa fase il profilo di un archivio regionale impone infatti a mio avviso scelte che pur collaborative (cioè fatte con la consapevolezza dell'esistenza di sistemi informativi generali quali SIAS e SIUSA e, in prospettiva, SAN/PAN) vadano in direzione della costituzione di risorse autonome. Nel quadro attuale, e soprattutto in quello che si intravede per il futuro, una regione non può essere pensata come un semplice soggetto produttore cui competa "anche" la conservazione statica di fondi acquisiti nel tempo. Nella logica dei Poli che sostiene anche l'accordo tra Stato e Regioni da cui dipende sostanzialmente la creazione di un Sistema Archivistico Nazionale le regioni sono soggetti di centrale importanza e di eccezionale complessità ed è impossibile schiacciarne il profilo dentro ai macro sistemi esistenti, pensati con logiche ed esigenze diverse e sul cui futuro è lecito al momento nutrire qualche dubbio. Sarebbe allora necessario costruire intorno a questo primo nucleo di fondi e descrizioni un sistema informativo archivistico regionale, capace di dialogare con il centro e con il territorio di riferimento ed orientato in maniera assolutamente prioritaria a favorire la conoscenza (la "valorizzazione") del materiale documentario.
L'impresa, pur nella consapevolezza dei molti problemi di natura archivistica che le Regioni sono in teoria chiamate ad affrontare, è sicuramente complessa ma non irrealizzabile, almeno se si condividono alcuni elementi di base e si utilizzano in maniera opportuna le risorse. Anche a questo riguardo, infatti, qualcosa rispetto a qualche anno fa è cambiato, se si vogliono avere gli occhi per guardare e se si ha il coraggio e la buona volontà di investire nella ricerca più che negli applicativi. Non è infatti scritto da nessuna parte che la realizzazione di efficienti sistemi informativi archivistici debba passare per ingenti investimenti devoluti alle aziende chiamate ogni volta a sviluppare nuovi sistemi proprietari. Al di là di quelle che sono le risorse e le competenze interne, nel caso specifico peraltro non banali, c'è la possibilità di far compiere uno scatto al meccanismo riflettendo su ciò che offre al riguardo l'open source archivistico, precisando subito che non mi appartiene un approccio "ideologico" all'open source e che l'open source può comunque avere dei costi di adattamento alle specifiche esigenze. Allora, senza averne nessun titolo ma nel tentativo di contribuire in maniera concreta alla valorizzazione di questo patrimonio documentario, mi sembra che si potrebbe ipotizzare di valutare ad esempio le opportunità che scaturiscono dall'evoluzione e dall'utilizzazione di un prodotto come ICA-ATOM, il sistema di descrizione archivistiche open source reso disponibile dal Consiglio Internazionale degli Archivi e attualmente in fase di sperimentazione in diverse realtà. Non è questa la sede per entrare in profondità nel merito di questo tipo di risorsa ma i primi risultati della sperimentazione dello strumento sembrano incoraggianti e sarebbe davvero interessante e "politicamente" rilevante veder nascere una risorsa informativa pubblica intorno ad uno strumento open source dai costi contenuti, naturalmente valutandone la compatibilità con il SAN e curandone, magari con il supporto di soggetti devoluti alla ricerca, l'evoluzione e l'adeguamento.
Il modello conservativo
La necessità di passare da una "semplice" Guida alla progettazione di un polo archivistico regionale mi sembra infine evidenziata da una serie di fattori di trasformazione che stanno mettendo in crisi il consolidato modello conservativo dentro al quale ci muoviamo ormai da oltre un secolo63. Mi sembra al riguardo che il tema centrale non sia tanto quello di garantire l'esigenza, pure ineludibile, di descrivere lo specifico contesto archivistico di cui è custode la Regione Toscana quanto quello metodologicamente assai più rilevante di fornire un concreto strumento di riflessione sull'evoluzione di un intero modello conservativo. La formula generica e genericamente ripetuta del trasferimento delle competenze dello Stato alle Regioni ha, come è noto, conseguenze evidenti proprio sugli equilibri complessivi della conservazione. Gli archivi delle Regioni, ma direi meglio le Regioni in quanto tali, sono quindi in questo senso osservatori privilegiati sotto molti punti di vista. Lo sono come dicevamo nella loro fisionomia attuale e lo saranno con ogni probabilità negli assetti futuri64. Come dimostrano alcuni progetti già avviati, quali PARER della Regione Emilia Romagna e DAX della Regione Toscana, intorno a quelli che definiamo genericamente archivi regionali possono svilupparsi quei poli di conservazione digitale (ma non solo) che sembrano costituire la risposta più efficace alle zoppie dell'attuale modello conservativo. Soggetti di questo tipo si avviano infatti sotto molti punti di vista a sostituire o quanto meno ad integrare quel reticolato archivistico imperniato sugli archivi di Stato che da sempre caratterizza il modello conservativo italiano, con tutto quello che ne può conseguire sul piano organizzativo, scientifico, culturale ed economico. Nelle pieghe di questo sistema alla luce del processo di riforme istituzionali avviato si legge insomma quello che potrebbe essere il futuro della conservazione e soprattutto l'esigenza di una riflessione di ampio respiro sugli assetti stessi del modello conservativo e sulle sue possibili evoluzioni anche in termini di competenze istituzionali. Non dimentichiamo, tra l'altro, che l'esigenza di conservazione nel lungo periodo dei nascenti archivi informatici, cui si deve porre mano quanto prima possibile in maniera concreta, complica ulteriormente il quadro e costituisce un'altra spinta forte in direzione della revisione degli assetti consolidati. Quanto ciò sia possibile in una congiuntura politica, istituzionale ed economica complessa come quella attuale è difficile a dirsi ma certo sarebbe auspicabile che il problema venisse affrontato nella sua inquietante dimensione reale piuttosto che facendo ricorso a continue rappezzature normative di piccolo cabotaggio o alla fantasia e alla buona volontà di molti dei soggetti impegnati in prima linea su questo fronte.
Federico Valacchi
Fondi storici: schede a cura di Paola Asproni, Davide Bruno, Riccardo Cappelli, Franca Doccini, Donatella Gebbia, Elisa Giovannoni, Chiara Marzi, Novella Maggiora, Rita Perria, Chiara Scodellini
Fondi di epoca regionale: schede a cura di Elisa Costa, Franca Doccini, Claudia Tinelli, Irene Di Carlo
Cura editoriale, avvertenze e indici a cura di Ilaria Pescini
Per aiutare nella lettura delle schede si riporta di seguito il modello completo che è stato messo a punto per la rilevazione dei dati sui singoli fondi archivistici. Come spiegato nella parte introduttiva si è partiti dall'analisi del tracciato standard ISAD per poi ricavare uno schema che rispondesse alle necessità del tipo di lavoro che stavamo andando a compiere. La scheda-tipo utilizzata nella fase iniziale di studio e descrizione, uguale per tutti i fondi di qualsiasi epoca, era stata costruita nel rispetto del tracciato ISAD e ne riproduceva l'articolazione in Aree per ognuna delle quali recuperava naturalmente solo le parti relative alle informazioni ritenute utili e reperibili. Questo ci ha consentito di rilevare dati e informazioni in maniera compiuta nel rispetto delle regole della descrizione standardizzata su più livelli, e cioè ci ha permesso di rappresentare, se pure sulla carta, la descrizione dal generale al particolare (se pure, trattandosi di un guida, solo di due o tre livelli descrittivi), di dare le informazioni a livello di descrizione pertinente, di collegare le descrizione con altre. Sono state riprodotte le Aree ISAD (Identificazione, Contesto, Contenuto e struttura, Accesso e utilizzazione, Documentazione collegata). Per ognuna delle Aree sono stati poi individuate le informazioni che era necessario trattare e, bisogna dire, la scheda è stata rivista e corretta via via che il lavoro di descrizione procedeva e che si comprendevano meglio le peculiarità dei fondi ma anche si circoscrivevano le notizie e le informazioni che potevamo e volevamo rilevare e quelle invece che avremmo lasciato ad una fase di approfondimento. Inoltre, per rilevare i dati relativi ai Soggetti produttori che andavamo descrivendo si è proceduto a creare uno spazio dedicato interno alla scheda che "intrecciasse" le indicazioni dello standard ISAAR65 con quello per la descrizione dei fondi. A conclusione del lavoro di schedatura i tracciati descrittivi sono stati ripuliti per preparare la pubblicazione e per rendere più facilmente leggibili le schede: ognuna di esse elenca solo le voci che sono state riempite di contenuti o di cui si è ritenuta significativa la presenza, i titoli dei vari ambiti descrittivi sono stati qualche volta ulteriormente semplificati66 o sono addirittura scomparsi67 e si è deciso, in ultima analisi, di togliere i titoli delle Aree, lasciando all'impostazione tipografica il compito di restituire l'articolazione della scheda. Il tracciato definitivo che compare nelle schede della guida è risultato pertanto il seguente:
- Titolo
- Consistenza
- Ente
- Altre forme del nome
- Storia istituzionale/amministrativa
- Fonti normative
- Storia archivistica e modalità di acquisizione
- Contenuto e struttura del complesso archivistico
- Scarti e incrementi
- Criteri di ordinamento
- Accesso e consultazione
- Strumenti di ricerca e sostitutivi di consultazione
- Luogo di conservazione
- Fondi collegati e luoghi di conservazione
- Bibliografia
- Siti on line
- Fonti
- Redazione
Nella versione cartacea, dal punto di vista tipografico l'autonomia tra le varie sezioni/aree è stata così rappresentata:
la Sezione/Area 1 ha funzioni anche di titolo ed ha un carattere più grande del resto, a piena pagina; comprende notizie su: denominazione del fondo, date estreme, consistenza in metri lineari e unità (se possibile con qualche specifica);
la Sezione/Area 2 ha un carattere minore, a piena pagina; comprende il nome del soggetto produttore (ente) e altre forme con cui il soggetto è conosciuto, la storia istituzionale e amministrativa e le fonti normative utilizzate;
la Sezione/Area 3 è rientrata in colonna e, se necessario, le articolazione in subfondi sono indicate con una intitolazione a sinistra in corsivo; comprende la storia archivistica e le modalità con le quali il fondo è arrivato alla Regione Toscana, la descrizione della sua articolazione in subfondi, serie e, alcune volte, sottoserie; vengono indicati anche, se noti, gli scarti avvenuti o eventuali incrementi previsti, nonché qualche informazioni sui criteri di ordinamento del fondo stesso;
la Sezione/Area 4 in carattere più piccolo è su sfondo grigio; comprende le informazioni relative all'accesso e alla consultazione del fondo, l'indicazione degli strumenti che l'archivio ha a disposizione o eventuali sostitutivi di consultazione realizzati nel tempo; si indica anche il luogo di conservazione poiché, per i motivi cui si fa riferimento nella parte introduttiva, l'archivio regionale si articola su due sedi e perché alcuni fondi sono ancora conservati presso le strutture regionali;
la Sezione/Area 5 è estesa a piena pagina ma con carattere più piccolo; comprende le indicazioni relative ad altri fondi collegati, alla bibliografia e alla sitografia consultate
la Sezione/Area 6 è costituita dalla sigla dell'autore della scheda ed è sempre collocata in fondo a sinistra.
Si segnala inoltre che qualche volta può capitare che la consistenza indicata in numero di unità del fondo o di un subfondo, non corrisponda alla somma delle unità elencate nelle serie descritte: questo perché non sempre, data la condizione dei fondi per gran parte non ancora inventariati, è stato possibile rilevare tutte le serie con sicurezza: dove questo è accaduto si è preferito comunque sia dare conto di quelle che lo schedatore è riuscito a individuare.
Elenco delle sigle utilizzate
Si elencano, come aiuto alla lettura, le sigle e gli acronimi dei quali non è stata fornita la forma estesa nei testi delle schede: normativa, amministrazioni citate nelle fonti e nomi degli autori. Tutte le sigle utilizzate per i nomi degli enti o degli uffici sono state sciolte all'interno dei testi. Si elencano però gli acronimi dei fondi rinviando alla denominazione estesa, per facilitare il rinvio alla scheda e semplificare la consultazione per chi avesse a disposizione l'acronimo con cui l'ente era conosciuto.
Fonti normative68
Acronimi di amministrazioni e uffici
Acronimi delle denominazioni degli enti descritti
Altre abbreviazioni
La tabella che segue è un tentativo di guidare l'utente meno esperto attraverso una lettura dei fondi della guida elencati in base alla "materie di competenza" cui facevano capo. La tabella riassume non solo le voci individuate dai decreti delegati degli anni Settanta ma anche voci più generiche che ci hanno permesso di indicizzare tutti i fondi descritti; la colonna "fondi" elenca indistintamente i fondi al di là della periodizzazione e della cesura costituita dalla istituzione della Regione.
Artigianato, piccole imprese, economia - Attività produttive
Agenzia per l'impiego per la Toscana
Commissione regionale per l'impiego
Comitato regionale per la programmazione economica della Toscana
Distretti minerari di Firenze, Grosseto e Massa Carrara
Ente regionale toscano di assistenza tecnica e gestionale
Ente nazionale per l'artigianato e le piccole industrie
Mostra mercato nazionale dell'artigianato
Cultura
Soprintendenza bibliografica per la Toscana
Amministrativi
Associazioni intercomunali
Comitato regionale di controllo
Commissariamenti
Commissario straordinario per l'emergenza alluvione della Versilia
Commissario regionale ad acta per l'emergenza igienico-sanitaria dell'Isola della Capraia
Commissario straordinario ad acta Deep Sea Carrier
Commissario regionale ad acta per la realizzazione e la gestione della discarica nel comune di Isola del Giglio
Commissario straordinario per le emergenze rifiuti della Versilia
Formazione e addestramento
Consorzi provinciale obbligatori per l'istruzione tecnica per la Toscana
Ente nazionale per l'addestramento dei lavoratori del commercio per la Toscana
Istituto nazionale per l'addestramento ed il perfezionamento dei lavoratori dell'industria
Istituto nazionale per l'istruzione e l'addestramento professionale nel settore artigiano
Unità didattico-amministrative e Scuole di formazione professionale
Socio-sanitario
Agenzia regionale per l'edilizia residenziale
Comunità protetta profughi di Marina di Carrara
Ente nazionale assistenza lavoratori
Ente nazionale per l'assistenza agli orfani dei lavoratori italiani
Gioventù italiana
Opera nazionale per gli invalidi di guerra
Ufficio del medico provinciale di Firenze
Ufficio del veterinario provinciale di Firenze
Agricoltura, foreste e assetto del territorio
Commissione regionale tecnico-amministrativa
Consorzio idraulico di II categoria "Comprensorio secondo in destra del Mugnone ed Arno in sinistra Bisenzio"
Ente toscano per lo sviluppo agricolo forestale
Ente per la colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale
Ispettorato agrario compartimentale per la Toscana
Ispettorato compartimentale dell'alimentazione per la Toscana
Ispettorato regionale delle foreste per la Toscana
Opera nazionale per i combattenti
Fondi storici
Secondo il criterio di periodizzazione adottato nel descrivere gli archivi regionali, di seguito si elencano i fondi storici intendendo quelli prodotti da soggetti preesistenti la Regione e soppressi con la sua istituzione:
Consorzi provinciali obbligatori per l'istruzione tecnica per la Toscana
Distretti minerari di Firenze Grosseto e Massa Carrara
Ente nazionale per l'addestramento dei lavoratori del commercio
Ente nazionale assistenza agli orfani dei lavoratori italiani
Ente nazionale per l'artigianato e piccole industrie
Ente per la colonizzazione della Maremma Tosco Laziale
Ispettorato regionale delle foreste
Istituto nazionale per l'addestramento e il perfezionamento dei lavoratori dell'industria
Istituto nazionale per l'istruzione e addestramento professionale nel settore artigiano
Mostra mercato dell'artigianato
Servizio idrografico di Pisa
Ufficio del veterinaio provinciale di Firenze
Fondi di epoca regionale
L'elenco che segue comprende i fondi di epoca regionale prodotti da soggetti istituiti per volontà della Regione come sua emanazione diretta, ma non più attivi:
Agenzia per l'impiego
Commissario straordinario per l'emergenza igienico-sanitaria dell'Isola della Capraia
Unità didattico amministrative e Scuole di formazione professionale
Per una migliore comprensione del lavoro, si espongono brevemente i criteri seguiti per la pubblicazione on line della Guida. Come esposto ampiamente nell'introduzione, il modello messo punto per la rilevazione dei dati archivistici segue le regole della descrizione standardizzata multilivellare e gerarchica, organizzata per aree di informazione. Nel testo cartaceo, i collegamenti tra le varie aree di descrizione e l'articolazione dei fondi vengono resi visibili attraverso l'impostazione grafica. Pertanto, la codifica dell'originario volume a stampa ha comportato l'interpretazione e la scomposizione delle schede predisposte per la descrizione dei fondi. Successivamente, i contenuti sono stati riorganizzati seguendo i tracciati di AST che originariamente sono stati concepiti per restituire inventari analitici di comuni toscani, quindi, l'inserimento di uno strumento diverso, come una guida con non più di due o tre livelli descrittivi, ha richiesto aggiustamenti ulteriori. Di seguito si segnalano gli interventi più significativi:
- la scheda Soggetto Produttore non presenta elementi xml predisposti a recuperare le informazioni bibliografiche e le fonti utilizzate: queste sono state inserite a conclusione del profilo storico e amministrativo del soggetto produttore, dove è stato segnalato anche l'autore della scheda, altrimenti non recuperabile. Si è scelto di non riportare la sitografia (tranne pochissimi casi) perché obsoleta e non funzionante.
- la scheda Complesso Archivistico è quella che ha subito maggiori modifiche. L'applicazione dei tag di struttura ai vari livelli di aggregazione archivistica ha stabilito di articolare la descrizione secondo le due sequenze: Complesso di fondi-Fondi-Serie oppure Fondo-serie.
Con Fondo si indica il nucleo documentario prodotto da un soggetto autonomo che si individua laddove la scheda descrittiva della Guida sia intestata a un complesso di fondi prodotto da soggetti di pari livello.
Si è inoltre utilizzato il termine Sezione per indicare il nucleo documentario prodotto da un 'articolazione organizzativa del soggetto produttore a cui è intestata la scheda della Guida.
Le sottoserie, tranne pochissimi casi, sono state segnalate come contenuto delle serie, perché, essendo gli archivi ancora in fase di riordino, non sono disponibili altre informazioni, eccetto le loro denominazioni.
Nell'elemento "consultabilità" si sono indicati oltre alle modalità di accesso al fondo anche gli strumenti di consultazione.
Codifica: Susanna Gori, settembre 2014 - maggio 2016Paolo Santoboni, revisione, maggio 2016