Livello: serie
Estremi cronologici: 1815 - 1847Consistenza: 7 unità
La tassa di famiglia fu introdotta con legge dell'11 febbraio 1815 in
sostituzione della tassa sul macinato. L'imposta gravava su tutti i capifamiglia
detentori di un reddito. Il governo centrale determinava ogni anno la quota che la
Comunità doveva versare all'erario. I magistrati comunitativi nominavano un
Deputazione composta da tre membri preposta alla formazione del piano di reparto
della tassa di famiglia, ossia alla formazione dei registri dei contribuenti
ripartiti per fasce di reddito. I registri, prestampati a partire dal 1817, recavano
sulla prima pagina il numero complessivo degli abitanti della Comunità, l'ammontare
della imposta fissata per l'anno in corso dovuta al Real Governo, più un aumento del
10 % a favore della Comunità; era inoltre indicata la quota di contributo assegnata
a ciascuna classe di reditto. All'interno erano i nomi dei contribuenti in ordine
alfabetico con l'indicazione della professione, del luogo di residenza, della classe
di appartenenza e dell'importo della tassa. Le somme erano indicate in moneta di
Parma "considerando, che in vista della difficoltà di avere la moneta Toscana
sarebbe stato improvvido costringere i comunisti a pagare le contribuzioni in detta
moneta."
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I "reparti", dopo essere stati
approvati e resi pubblici, venivano utilizzati dal cancelliere per compilare i
dazzaioli. Sulla base di questi il camarlingo procedeva alla riscossione della tassa
di cui era tenuto a rendere conto nel saldo al termine del suo mandato annuale. Egli
inoltre redigeva una lista dei creditori ai quali era applicata una penale del dieci
per cento che andava per metà a favore del cancelliere e per metà a favore dello
stesso camarlingo.