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Podesteria di Laterina: Comuni di Castiglion Fibocchi e Gello Biscardo

Livello: fondo

Estremi cronologici: sec. XVI - 1776

Consistenza: 15 unità

Castiglione e Gello nella Podesteria di Laterina Anteriormente alla sottomissione a Firenze, avvenuta tra l'ottobre 1384 ed il marzo 1385 1 , i comuni di Castiglion Fibocchi e Gello Biscardo erano stati in possesso di potenti famiglie magnatizie. Castiglion Fibocchi infatti era stato ceduto in feudo, fin dal XII secolo, dai conti Guidi ai Pazzi del Valdarno superiore; in particolare gli imperatori Arrigo VI, nel 1191, e Federico II nel 1220, avevano confermato la proprietà di «Castiglione del Val d'Arno» agli eredi di Ottaviano de' Pazzi. Probabilmente uno di essi era soprannominato Bocco per cui Castiglione fu distinto da altri luoghi omonimi, indicandola come «de' figli di Bocco 2 ». Dopo queste testimonianze non si hanno ulteriori notizie sulle sue vicende, ma si presume che avesse a cadere nella mani dei Tarlati poiché figura - insieme a Penna e ad altri territori - tra le pertinenze di questa famiglia nell'atto di sottomissione che il cardinale Galeotto Tarlati e suo fratello Bartolomeo fecero al Comune di Siena, il 24 giugno 1384 3 . Successivamente il comune di Castiglion Fibocchi si trovò coinvolto nella lotta per il controllo e la definitiva acquisizione del territorio aretino da parte della Repubblica fiorentina, alla quale si sottomise con atto del 6 marzo 1385 4 . A quello stesso anno risale una sommaria descrizione della natura e della configurazione della terra di Castiglione, fornita dagli incaricati che nel luglio del 1385 furono inviati dal Comune di Firenze ad ispezionare i castelli del contado aretino. Il resoconto, che potrebbe oggi definirsi telegrafico, è del seguente tenore: «Castiglion Fibocchi: sono intorno a 20. E' uno castello con un cassero con una torre in su le mura. Guarda l'offitale loro Non pare utile. Son con poca fede. Pare sia da diminuire ogni fortezza et recarla a villa 5 ». Nel novembre 1385, insieme a Gello Biscardo e a Penna, Castiglione venne aggregato alla podesteria di Laterina 6 e, successivamente, sottoposto in materia criminale alla giurisdizione del Vicario di Anghiari 7 . Nonostante la riunione alla predetta podesteria, il comune mantenne una propria autonoma configurazione, come si rileva, in primo luogo, dalle riforme statutarie che si trovano conservate a partire dal 1408 8 . Da questo anno, infatti, il Consiglio del comune di Castiglion Fibocchi - eletto da sei «buoni huomini riformatori 9 » - risulta costituito da un sindaco e da un numero non precisato di consiglieri (presumibilmente due), che dovevano riunirsi almeno due volte al mese ed avevano autorità di convocare il «generale parlamento 10 ». Era di competenza del Consiglio «imporre et fare rischuotere tutti i dazi, preste et imposte che bisognassono per pagare le tasse, la cera, i salarii del vicario, del podestà e del campaio» 11 e, inoltre, procedere per imborsazione e tratta alla nomina di un camarlingo, di un messo, di «vari, stimatori et terminatori... ambasciadori, paciari et altri ufficiali che bisognassoro 12 », nonché alla designazione del pievano e del prete «di qualunque chiesa della corte di Castiglioni 13 ». Il Sindaco espletava, inoltre la funzione di rettore dei malefizi, con obbligo di «rapportare tutti malefici excessi et delicti al vicario al podestà suo, secondo la qualità del delicto 14 ...». Particolarmente importante era la figura del «Campaio overo uficiale» cui era affidata tutta una serie di incarichi e di competenze che in altri comuni, più grandi e ricchi di Castiglione, risultavano distribuite tra diversi ufficiali. Alla sua elezione, o riconferma, provvedevano il sindaco e i consiglieri almeno un mese prima della fine del mandato. Il campaio, oltre a «cerchare per li danni dati 15 e raccogliere le accuse di chi avesse ricevuto danno fino a 5 soldi di valore, 16 » provvedeva anche a condannare chi non si fosse presentato al Parlamento generale o al Consiglio o non avesse rispettato le regole fondamentali della convivenza, omettendo di fare i turni di guardia durante la notte, o di prestare la sua opera in occasione di lavori di utilità pubblica, o ancora, disturbando le riunioni consiliari 17 . Era suo compito inoltre rivedere, insieme ai nuovi consiglieri e al sindaco, le ragioni del consiglio uscente 18 e conservare presso di sè gli statuti comunali 19 . Nell'espletamento delle sue funzioni si avvaleva del messo o «balidore» del Comune che, dovendogli massima obbedienza, era tenuto a notificare le multe gli interessati e quando necessario provvedeva al pignoramento dei beni dei condannati 20 . Poche erano le limitazioni stabilite al suo operare: non poteva, senza licenza del sindaco e dei consiglieri, concedere a persone «forestiere» di far pascolare «bestie grosse o minute» nel territorio di Castiglione, nè prestare la sua opera in altre comunità. Qualora avesse contravvenuto a quest'ultimo divieto il camarlingo del Comune avrebbe provveduto a decurtargli il salario della stessa quantità di denaro ricevuto altrove 21 .
Scarse e frammentarie, dopo quelle del 1408, risultano le notizie forniteci dalle riforme degli statuti, mentre dall'esame delle delibere consiliari 22 si deduce che nel corso del XVII e XVIII secolo i componenti il Consiglio salirono da due a tre, sotto la presidenza di un gonfaloniere. Mentre venivano mantenute le cariche di campaio e camarlingo, fu introdotta la elezione di due stimatori e di un predicatore e si instaurò la prassi di mettere all'incanto la riscossione dei proventi del comune e la gestione della canova del sale e del mulino ad olio.
L'appartenenza di Castiglion Fibocchi alla podesteria di Laterina venne meno a partire dal 1644 23 , quando il comune andò a costituire - insieme a quello di S. Giustino - il Marchesato del Borro 24 , infeudato dai Medici al patrizio aretino Alessandro dal Borro ed ai suoi discendenti.
La situazione di Castiglion Fibocchi non si configurò, in definitiva, in modo diverso da quella degli altri territori feudali del Granducato 25 : ai marchesi furono infatti concessi l'esercizio della giurisdizione civile, criminale e mista 26 e i diritti collegati a questa funzione, come la percezione delle multe giudiziarie. Oltre a ciò in genere spettava al feudatario la riscossione delle imposte alle quali lo Stato eventualmente rinunciava e vari diritti collegati spesso alla natura del territorio acquisito, come, per esempio, quelli di legnatico, della caccia e pesca, etc.
La separazione dalla podesteria non significò però un totale distacco dall'autorità centrale di Firenze, tant'è che Castiglion Fibocchi, non solo continuò a dipendere dal Magistrato dei nove Conservatori, ma anche a versare all'erario granducale gli introiti derivanti dalle imposizioni universali e dalle varie gabelle, come quelle delle farine e del sale 27 . Mentre in tal modo veniva assicurato a Firenze il controllo di gran parte delle entrate fiscali, venivano, per altro verso, salvaguardati taluni dei principali diritti della comunità infeudata. Il feudatario, cui era fatto divieto di imporre nuove tasse e di ledere, in qualsiasi modo, i diritti dei privati, era, più in generale, obbligato al rispetto degli statuti e dei più antichi privilegi delle comunità infeudategli. In primo luogo venivano mantenuti alle comunità stesse i proventi su cui si basava la loro amministrazione economica, con tutti i diritti e doveri che quelli comportavano da parte dei cittadini e del medesimo feudatario 28 , nell'intento costantemente perseguito di separare il feudo dalla comunità 29 .
Dall'esame del registro di delibere relativo ai primi quaranta anni di infeudazione 30 , non appare infatti che la vita della comunità risultasse cambiata nella consueta organizzazione amministrativa, fatta salva, talora, la presenza del Commissario feudale nella duplice veste di giusdicente e di cancelliere 31 . La gestione della materia giudiziaria era probabilmente complessa, del resto similmente a quanto avveniva in tutto il Granducato 32 . Il feudatario aveva, come si è detto, giurisdizione criminale, civile e mista, e la conseguente facoltà di nominare i giudici che amministravano in suo nome la giustizia. Nonostante i reiterati tentativi da parte granducale di controllare e di contenere l'attività di questi ultimi, non erano infrequenti abusi e conflitti di competenza sia in materia civile che penale, dal momento che i giusdicenti feudali tendevano naturalmente a far prevalere gli interessi di chi aveva il potere di nominarli, a scapito dei diritti dei cittadini. Conflitti e disfunzioni si verificavano, per altro verso, anche a livello esecutivo. Un esempio è costituito dalla questione sollevata nel 1680 dal marchese Niccolò dal Borro in merito alle spese giurisdizionali. In tale anno egli ottenne finalmente la licenza di riscuotere dalla comunità di Castiglion Fibocchi la quota annua di 120 lire che la comunità stessa versava, per le spese di vicariato, al Bargello di S. Sepolcro, dimostrando che Castiglion Fibocchi non si era «mai servita degli esecutori di detto Bargello come mai se ne erano serviti li marchesi antecessori» che sempre avevano mantenuto «a loro spese, i famigli et esecutoridi giustizia» 33 .
Castiglion Fibocchi restò a far parte del feudo dei dal Borro fino alla fine del XVII secolo quando, morto Marco di Alessandro senza discendenza maschile, il territorio del marchesato venne amministrato direttamente dalla Camera Granducale 34 .
Per quanto riguarda Gello Biscardo sappiamo che esso fu uno dei tanti castelli di proprietà della potente famiglia Ubertini di Arezzo 35 e fu tra quelli che nel 1384 fecero atto di libera sottomissione alla Repubblica fiorentina 36 , per scampare ai pericoli e alle devastazioni che accompagnarono la caduta del Comune di Arezzo.
Come le altre fortificazioni del contado aretino, successivamente alla ratifica dei capitoli di sottomissione, venne sottoposto ad ispezione da parte di ufficiali fiorentini, che ne fecero il seguente resoconto: «Gello Guiscardi. Sono intorno di ventidue a trenta huomini. E' uno castelluccio guardato da loro medesimi. Dieronsi prima che si havessi Arezzo. Pare di lasciarli come si stanno 37 ».
Entrato anch'esso a far parte della podesteria di Laterina 38 , Gello mantenne, così come gli altri comuni minori, una propria autonomia e una identità, reggendosi su propri statuti, che sono conservati - sia pure in modo molto frammentario - a partire dall'anno 1577 39 . Dal loro esame e da quello congiunto dei registri di deliberazioni 40 , si ricava che Gello aveva un Consiglio molto ridotto, composto di due rappresentanti che si riunivano per mettere all'incanto la vanova del sale, il mulino ad olio ed il camarlingo 41 , mentre si ricorreva al Parlamento o Consiglio generale di «un huomo per casa», per decidere di questioni straordinarie o di interesse più grande, come eleggere i riformatori 42 o i rappresentanti da inviare a Firenze a perorare gli interessi del Comune 43 .
La comunità era talmente ristretta e così carente di strutture che le riunioni consiliari - come del resto in molte altre piccole località - si dovevano tenere in sedi di fortuna, quali, ad esempio, la stanza del frantoio da olio, la chiesa parrocchiale di S. Giovanni o lo spazio antistante il cimitero 44 . Anche per Gello, come per Castiglion Fibocchi, il mulino costituiva la più importante fonte di reddito e ciò spiega l'obbligo per tutti gli abitanti di servirsene per la macinazione delle olive, assicurando così alla comunità gli introiti delle molende 45 . Gello infatti, come le altre della podesteria, era una comunità a configurazione esclusivamente rurale e la sua ricchezza stava nelle vigne e negli oliveti, nei castagni e nelle querce: beni preziosi da tutelare e difendere. A tal fine infatti sono volte tutte le provvisioni dei riformatori dei rappresentanti del comunelle, che si preoccupano costantemente di limitare i danni prodotti alle colture ed alla raccolta dei frutti spontanei, in special modo dalle capre e dalle «bestie bovine», comprese le «maremmane» di passaggio per il territorio di Gello in occasione della transumanza 46 .
Sia Gello Biscardo che Castiglion Fibocchi dunque, pur nell'ambito della comune appartenenza alla podesteria di Laterina e sia pure nella estrema linearità della struttura amministrativa-economica, mantennero la fisionomia di entità specifiche fino alle riforme leopoldine del XVIII secolo, allorquando vennero riunite a formare la nuova Comunità dei due Comuni distrettuali di Laterina.