Livello: fondo
Estremi cronologici: 1400 - 1862Consistenza: 68 unità
La necessità di far pagare a tutti i cittadini le tasse in proporzione alle
loro capacità contributive, aveva spinto il comune di Firenze, fin dal
XIIIo secolo, a compilare elenchi di
possidenti con la stima dei loro beni mobili e immobili, calcolando il valore minimo
che potevano avere: su questa base si calcolava una frazione che serviva di base
alla tassazione. Tale unità imponibile era la "lira" o "estimo" e si riscuoteva come
frazione o come quota semplice oppure il doppio, il triplo ecc., secondo i bisogni
dello stato1.
Dal 1427 furono istituiti dei registri detti "catasti" in cui ogni capofamiglia
era obbligato a farsi descrivere con l'indicazione dei beni posseduti; se ne fecero
poi di nuovi negli anni 1430, 1433, 1442, 1446, 1451, 1457, 1469, 14802. Una diversa
organizzazione sovrintendeva alla riscossione delle imposte sugli estimi: il
distretto faceva riferimento diretto agli uffici fiorentini che curavano anche la
compilazione e la conservazione degli estimi; il catasto fu organizzato in 12
camarlingati in cui altrettanti camarlinghi gestivano l'esazione dell'imposizione
sull'estimo3.
La legge 5 febbraio 1494 istituì per il distretto l'imposta
detta della "Decima", consistente nel pagamento della decima parte della rendita del
bene immobile al netto delle tasse e spese di mantenimento4. Con la stessa legge fu
razionalizzata la tenuta dei registri per una più sicura riscossione della tassa. Fu
ordinata la tenuta di tre distinti "Campioni" dei beni immobili (Campioni della
decima): uno per i beni dei cittadini, uno per i beni dei luoghi pii e uno per i
beni esenti da imposte. Contemporaneamente furono determinate le istruzioni per la
descrizione dei beni, specificando che a piè di ciascuna descrizione si sarebbero
annotati i passaggi di proprietà5.
Nei primi anni del
'500 l'imposizione della decima fu estesa, con le medesime modalità, anche a tutto
il contado (Decima del contado)6.
I campioni con la descrizione dei beni continuarono a essere conservati dagli
uffici di Firenze che curavano l'aggiornamento e incameravano il ricavato della
tassa della decima.
Le leggi successive non fecero altro che confermare le
disposizioni che avevano istituito la decima. Più volte furono altresì
responsabilizzati e coinvolti i cancellieri comunitativi, che dovevano ricevere le
denunce dei passaggi di proprietà e trasmetterle agli uffici centrali per le
opportune variazioni agli estimi o catasti.
In particolare la legge del 4
maggio 16947 imponeva tassativamente che chiunque fosse entrato, a qualunque
titolo, in possesso di beni immobili, di farne denuncia entro trenta giorni al
cancelliere comunitativo per le opportune "volture".
Con la riforma comunale
del 1774, allo scopo di fornire le nuove comunità del contado di ulteriori entrate,
fu istituito il "dazio dei possidenti", di fatto istituendo una duplice tassazione
sui beni immobili: la decima a favore del comune di Firenze e il dazio a favore
delle singole comunità.
Proprio per eliminare questa doppia tassa, con
motuproprio del 26 giugno 1781, le diverse comunità furono delegate anche alla
riscossione della decima in cambio di un aumento della tassa di redenzione da
pagarsi al comune di Firenze8. Di fatto questo
significò l'abolizione della decima che fu inglobata nel dazio dei possidenti.
Parimenti furono aboliti l'ufficio e il tribunale delle decime granducali e
l'ufficio delle decime del contado.
Tutte le incombenze fino ad allora svolte
dagli uffici fiorentini delle decime e soprattutto la tenuta e l'aggiornamento dei
documenti catastali, passarono ai singoli cancellieri comunitativi.
Nelle varie
cancellerie, verso la fine del 1781, arrivarono quindi i documenti catastali
"veglianti": estimi, campioni, arroti di volture e quant'altro si riferisse al
catasto delle comunità: tutto aggiornato al Io agosto 17769.
Anche in periodo
post-napoleonico tutte le operazioni catastali continuarono ad essere compito
esclusivo del cancelliere, finchè, con l'istituzione della cancelleria del censo,
non divennero la sua incombenza primaria.