Sede: Fosdinovo (Massa Carrara)
Date di esistenza: sec. XIV - 1796Intestazioni: Feudo di Fosdinovo, Fosdinovo (Massa Carrara), sec. XIV - 1796
Storia amministrativa:
Seppure il territorio di Fosdinovo facesse parte delle pertinenze dei casato
Malaspina già in antico, solo intorno alla prima metà del secolo XIV vi si stabilì
pienamente la signoria di uno dei rami della famiglia. Della storia politica e
amministrativa di Fosdinovo precedente a quell'epoca non si hanno dati certi.
Eugenio Branchi, nella sua Storia della Lunigiana
feudale, ipotizza che il suo territorio fosse stato ceduto in
feudo dai Malaspina, con riserva dell'alto dominio, ai vassalli Cattanei o Vicedomini che furono poi appellati
nobili di Fosdinovo1.La loro presenza in Fosdinovo è attestata fin
dagli inizi del Duecento: l'atto redatto in data 12 maggio 1203 con cui i marchesi
Alberto, Guglielmo e Corrado Malaspina concessero a Gualterio, vescovo di Luni, la
facoltà di vendere o dare a livello la metà delle terre che avevano acquistato dalla
casa d'Este fa esplicita menzione all'obbligo di "far giurare la osservanza di tale
promessa fra gli altri loro vassalli, ai militi o nobili ed ai consoli di
Fosdinovo"2.Si ricordano tra i cosiddetti "nobili di Fosdinovo" i Bianchi di Erberia, il cui nome deriva dal
castello di Rubiera, anticamente denominato Erberia,
Herberi o Erbaria,
che era situato nel territorio di Reggio e faceva parte dei possessi assegnati
dall'imperatore Federico Barbarossa a Opizzone I Malaspina nel 11643. Questa consorteria detenne il castello di
Fosdinovo per molto tempo; non fu però l'unica ad averne avuto il dominio: in
diversi atti del Codice Pellavicino, tra i cosiddetti "nobili" di Fosdinovo, si
ricordano infatti anche i discendenti di Guferio e i Buttafava4. Il possesso del territorio fosdinovese da parte
dei nobili di Erberia cessò nel 1340,
quando Faytino e Bernochino del fu Bernochio vendettero la Signoria di Fosdinovo,
insieme con le ville di Tendola e
Zucano, a Spinetta dei Malaspina di Verrucola, per saldare un debito di cinquecento
fiorini d'oro contratto con lo stesso Spinetta5.
In quell'epoca Fosdinovo confinava a ovest con le pertinenze comitali
del vescovo di Luni-Sarzana e con il feudo di Albiano, a nord costituiva un limite
naturale il tracciato dei torrenti Bardine e Aulella, a est vi era il Feudo di
Verrucola e Fivizzano (detenuto da Spinetta) e a sud si apriva la piana
apuo-versiliese (già feudo degli Obertenghi in età medievale, poi ceduta al vescovo
di Luni, quindi alternativamente dominata da Pisa e Lucca). Questa sua posizione
offriva una via di comunicazione, alternativa alla direttrice principale della Via
Francigena, tra la zona litoranea apuana, la Lunigiana interna ed il crinale
appenninico. Spinetta, che ebbe come appellativo il
Grande, prese possesso del castello di Fosdinovo e lo elesse
come sua residenza. Dovette però riparare a Verona quando Castruccio Castracani
estese le sue mire in Lunigiana; divenne in breve un importante dignitario presso la
corte scaligera, gettando così le basi per la fortuna di cui godettero i Malaspina
in Verona6. Alla sua morte, avvenuta nel 1352, non lasciò
figli maschi legittimi, così la signoria passò ai nipoti: Gabriele, Galeotto e
Guglielmo, che ottennero l'investitura da parte dell'imperatore Carlo IV nel
13557.
Il governo
detenuto pro indiviso sulle terre di
Fosdinovo durò fino alla morte di Gabriele, che dei fratelli era la personalità più
in vista e che rivestì anche la carica di vescovo di Luni dal 1351 al 1359; la
signoria quindi fu divisa. A Galeotto andarono: Fosdinovo, Tendola, Zuccano,
Marciaso, Cecina, Cortila, Bardona, Colla, Tenerano e Viano; a Guglielmo furono
invece assegnati i paesi e ville di: Gragnola, Isolano, Monzone, Vinca, Ajola, Equi,
Capriana, Prato-Alebbio, Lorenzano, Massa e Montignoso, i possessi di Castelnuovo e
Vallecchia, quelli di San Terenzo e Gorasco, nonché i diritti tenuti sulla Corte di
Monte de' Bianchi in Felettina, oggi
Migliarina8.
Galeotto si sposò con
Argentina di Andrea Grimaldi, già vedova del marchese Morello Malaspina di
Giovagallo9. Alla morte del marito, Argentina fu
nominata tutrice dei tre figli maschi: Gabriele, Spinetta e Leonardo; in loro nome
promosse una causa davanti all'Imperatore Carlo IV nei confronti dei parenti che,
approfittando della morte di Galeotto, avevano spogliato la sua famiglia di terre e
castelli. L'imperatore, in data 18 aprile 1369, diede seguito all'appello di
Argentina nominando tre dottori e un avvocato della Curia romana perché risolvessero
la controversia10. Ritornati
in possesso dei territori aviti, i marchesi Gabriele, Spinetta e Leonardo rimasero
sotto la tutela di Argentina fino a quando non raggiunsero un'età che permettesse
loro di governare. Di questi si distinsero in particolare Spinetta e Leonardo, che
furono nominati cavalieri in occasione
della successione di Antonio e Bartolomeo della Scala alla signoria di Verona nel
137511. I due fratelli si stabilirono in Verona fino al 1381, anno in cui
Antonio della Scala fece uccidere il fratello Bartolomeo, addebitando poi l'omicidio
a diversi cortigiani tra cui, appunto, i due Malaspina. Spinetta, messo al bando da
Verona insieme al fratello, divenne capitano di ventura combattendo sotto diversi
eserciti, tra cui quello del duca Gian Galeazzo Visconti12. Alla morte del fratello primogenito (1390), Spinetta
fece ritorno in Fosdinovo per occuparsi dei suoi interessi e per definire con il
fratello Leonardo la suddivisione del feudo, che peraltro era tornata ad includere i
domini precedentemente assegnati a Guglielmo, poiché la sua progenie risultava
estinta già nel 1374. A Spinetta spettò: Fosdinovo, Zuccano, Pompilio, Tendola,
Colla, Marciaso, villa di Bardine inferiore, Cecina e tutti i possessi e diritti su
Castelnuovo, Vallecchia, San Terenzo e Gorasco (nel distretto di Bibola); a Leonardo
andarono: Castel dell'Aquila, Viano, Tenerano, Isolano, Monzone, Vinca Equi, Ajola,
Monte de' Bianchi, Ugliano, Montefiore, Argigliano, Codiponte di Cassano, Gragnola,
Cortile, Prato-Alebbio, Sercognano, Colognole, i possessi detenuti in Migliarina
(distretto di Genova, diocesi Lunense), nonché i beni posti nel territorio di Massa
e Montignoso13. Da Spinetta
trae origine il casato di Fosdinovo, mentre da Leonardo prende avvio il casato del
marchesi di Castel dell'Aquila.
Spinetta in seconde nozze ebbe un erede
maschio, Antonio Alberico Gabriele, lasciato alla sua morte sotto tutela della
madre: Margherita di Francesco da Barbiano. In qualità di reggente Margherita curò
gli interessi del figlio conservando inizialmente la sottomissione al potente duca
di Milano Gian Galeazzo Visconti e, alla di lui morte avvenuta nel 1402,
assoggettandosi alla Repubblica fiorentina14. L'atto di accomandigia a Firenze, sottoscritto il 26 maggio
1410, riguardò non solo i possedimenti di Antonio Alberico, curati per sua vece
dalla madre, ma anche quelli del feudo di Castel dell'Aquila, detenuti dagli eredi
di Leonardo, cugini di Antonio Alberico15. All'opera
di Margherita si attribuisce l'istituzione, intorno all'anno 1400, di uno
Spedale per poveri di cui è
rimasta le cui carte andarono perdute a causa di un incendio che i tempi antichi
distrusse parzialmente l'archivio parrocchiale16.
Il primo atto politico autonomo di Antonio Alberico
data 7 settembre 1414; si tratta della stipula di una lega contratta con diversi
condinasti Malaspina di Lunigiana per difendersi da nemici comuni17. Tre anni dopo, il 29 settembre 1417, Antonio
Alberico rinnovò l'accomandigia con Firenze, già contratta dalla madre nel 1410, i
cui capitoli furono approvati il 20 luglio 141818. Nell'agosto del
1418 fu nominato comandante della truppa messa insieme dalla Repubblica fiorentina
per punire i marchesi Malaspina di Castel dell'Aquila, autori della strage compiuta
nei confronti dei marchesi Malaspina della Verrucola, compiuta al fine di
impossessarsi di quella signoria. Come ricompensa per il ruolo svolto nell'azione,
ottenne da Firenze di potersi unire in nozze con Giovanna, figlia del marchese
Bartolomeo di Verrucola, unica superstite dell'eccidio19.
La duratura alleanza con Firenze, testimoniata dagli atti
di conferma dell'accomandigia nel 1428 e nel 1433, portò Antonio Alberico a
scontrarsi con Lucca (in guerra con Firenze dal 1430 fino al 1442) e a occupare i
territori di Carrara, Avenza, Moneta e Massa, allora dipendenti da Lucca. Da queste
terre fu cacciato nel 1432 da Niccolò Piccinino, capitano di ventura al soldo del
Visconti, duca di Milano. Solo un anno dopo, a seguito del Trattato di Ferrara,
stipulato il 26 aprile 1433, il duca di Milano riconobbe Antonio Alberico quale
vassallo imperiale e gli restituì le terre occupate dal Piccinino. A seguito del
tentativo di impadronirsi della rocca di Massa compiuto da una fazione di cittadini,
il popolo del borgo e della vicaria di Massa offrì la signoria ad Antonio Alberico;
l'atto di sottomissione, con i relativi capitoli, fu redatto dal notaio Antonio da
Moncigoli in data 8 dicembre 144120.Moriva poco
dopo (presumibilmente nel 1443, anno a cui risale il suo testamento) il marchese
Galeotto Malaspina senza eredi maschi: si estingueva così la dinastia dei Marchesi
di Castel dell'Aquila. I diritti sul feudo andarono al cugino Antonio Alberico, di
conseguenza fu ricostituito il feudo come al tempo che precedette la divisione tra
Spinetta e Leonardo21. Nel 1445, anno in
cui morì Antonio Alberico, solo Giacomo (o Iacopo) tra i figli maschi legittimi
aveva raggiunto la maggiore età. Di seguito veniva Lazzaro, di età compresa tra i 18
e i 25 anni, quindi: Gabriele, Spinetta e Francesco, minori di 14 anni. Il maggiore,
Giacomo22,si impossessò delle terre dello zio, il
marchese Spinetta di Verrucola, suscitando l'intervento di Firenze. La Repubblica
nel 1451 inviò Giuliano Ridolfi, in qualità di Commissario, per indurre Giacomo a
liberare i territori occupati, tra questi il borgo di Castiglione del Terziere che,
da allora, fu sede di un Capitanato fiorentino23. Mosse
quindi contro Sarzana, in lega con i popoli di Massa, Carrara, Castelnuovo,
Ortonovo, Nicola, Ameglia, Lerici, Falcinello e Giucano. Lo scontro si risolse nella
vittoria di Sarzana, ottenuta a Segalara l'8 maggio 1850. Nel 1467 gli eredi del
marchese Antonio Alberico determinano la divisione del feudo. Ad effetto del lodo 13
novembre 1467, cui fa seguito lo strumento rogato per mano del notaio Giovanni di Giovannandrea, giudice di Fosdinovo,
del feudo paterno si fecero cinque parti: a Giacomo andò Massa con le sue
dipendenze, agli eredi di Lazzaro il feudo di Gragnola con le sue castella, a Gabriele il feudo di Fosdinovo e a
Spinetta il feudo di Olivola. Ad effetto di questa divisione Giacomo lasciò
Fosdinovo per trasferirsi a Massa, dove la sua discendenza originò la casata dei
Cybo Malaspina. A risiedere nel castello avito rimase invece Gabriele, l'istituto
pio avrebbe poi ; in questa stessa pubblicazione è riferito all'ospedale di
Sant'Antonio in Mar ciaso l'episodio della perdita delle carte per via di un
incendio dell'archivio parrocchiale che le ospitava. capostipite di una dinastia che
detenne in via ininterrotta la signoria di Fosdinovo fino alla occupazione francese
del 1797, occupazione che determinò la soppressione definitiva dei feudi in
Lunigiana24.Gabriele si sposò con
Bianca, figlia del marchese Galeotto Malaspina di Castel dell'Aquila, da lei ebbe
quattro figli maschi e tre femmine. Si distinse nelle complicate vicende che
vedevano contrapposti in Lunigiana gli interessi della Repubblica fiorentina e del
Ducato di Milano, che all'epoca dominava anche su Genova. Persuase infatti nel 1467
i Campofregoso di Sarzana a cedere alla Repubblica fiorentina le castella da loro possedute in Lunigiana,
ottenendo così di limitare le pretese della duchessa Bianca Maria Visconti riguardo
alle terre di Ortonovo, già cedute dai Campofregoso alla Repubblica e da questa
affidate in custodia proprio a Gabriele25. Egli ebbe un ruolo importante anche nella spedizione
punitiva promossa da Firenze contro il marchese Cristiano di Bagnone, il quale aveva
ucciso Galeotto da Campofregoso, marchese di Virgoletta, così da impossessarsi di
quel castello. L'esito fu la cessione di Bagnone alla Repubblica fiorentina, che
lasciò come arbitro e governatore del feudo il marchese Gabriele fintanto che non fu
stabilito "il pieno governo di detta Repubblica"26. L'equilibrio tra la fazione filo genovese e
quella filo fiorentina non era destinata a durare a lungo: nel 1479 i Fieschi e i
Fregosi si impossessarono di Sarzana con le armi, senza che Firenze, distratta dalla
guerra sostenuta con i duchi di Calabria e d'Urbino, potesse rispondere
efficacemente. Determinante fu il coinvolgimento del Magistrato di San Giorgio di
Genova, su appello dei Fregoso, cui fece seguito la conferma da parte del popolo
sarzanese. Nel 1483, per rientrare in possesso di Sarzana, la Repubblica nominò per
parte sua il marchese Gabriele quale procuratore e mandatario. In appoggio al
marchese, nel 1484, Firenze inviò un consistente esercito che ottenne una vittoria
sui Fregoso27. La stretta alleanza con Firenze
venne meno dopo la morte di Lorenzo de' Medici, probabilmente in seguito della
delusione seguita al mancato riconoscimento, da parte di Gabriele e del nipote
Leonardo, della facoltà di detenere a pieno titolo dei diritti feudali della
Signoria di Verrucola, che la morte del marchese Spinetta nel 1478 aveva lasciato
senza successori. La Repubblica fiorentina sostenne sì la cessione ai due Malaspina
di alcune delle castella facenti parte
di quel feudo, ma solo per benemerenza e in quanto donativo, ma non però il feudo
nella sua interezza, con pieno diritto alla successione ereditaria. Qualunque
fossero le cause decisive del distacco, è documentato l'appoggio dato dal marchese
Gabriele al re di Franci a Carlo VIII, in occasione del suo passaggio in Lunigiana.
In particolare lo aiutò nell'assedio di Fivizzano, sebbene la Repubblica lo avesse
posto a guardia proprio di questa terra. Gabriele non ottenne però risultati
positivi da questa nuova alleanza, anzi non avendo il denaro sufficiente per pagare
al re di Francia le terre di Fivizzano che erano state oggetto di acquisto da parte
del Malaspina, finì incarcerato a Lione, come pure, dopo di lui, il figlio Lorenzo.
La sua ostilità nei confronti di Firenze gli si ritorse contro quando la Repubblica
tornò in possesso delle terre di Fivizzano: egli quindi si trovò a riparare a
Verona, lasciando il figlio Lorenzo nel governo di Fosdinovo e delle sue
pertinenze28. Alla morte di Gabriele, nel
1508, amministrarono il feudo i figli Galeotto e Giuseppe. La linea di successione
della famiglia Malaspina di Fosdinovo vide quindi succedersi29:
- Andrea | (1565-1610) |
- Jacopo o Giacomo II | (1610-1663) |
- Pasquale | (1663-1669) |
- Ippolito | (1669-1671) |
- Carlo Francesco Agostino | (1671-1722) |
- Gabriele III | (1722-1758) |
- Carlo Emanuele | (1758-1797; 1802) |
Nel 1577, sotto il marchesato di Andrea, furono emanati gli Statuti, alla cui
redazione furono chiamati undici deputati30. Al signore, detentore del mero et
mixto imperio del Feudo di Fosdinovo (il cui capoluogo fu
elevato al rango di Città Imperiale dall'imperatore Carlo V) spettava la nomina dei
funzionari che amministravano le comunità comprese nel territorio. In Lunigiana i
feudatari generalmente non esigevano tassazioni, ma si riservavano degli usi
esclusivi. Nel caso di Fosdinovo vi era il possesso della colombaia e il monopolio
dei molini, dei frantoi, dei forni, della caccia e della pesca. A ciò si aggiungeva
la corvée per cui i fosdinovesi erano
tenuti a prestare manodopera non retribuita per la manutenzione di strade, castello
e palazzi. Dalle carte d'archivio risulta anche l'esistenza di un donativo che la
Comunità di Ponzanello versava annualmente al marchese negli anni '20-'40 del XVII
secolo31. Sotto la signoria di
Giacomo II il casato acquisì anche il territorio di Gragnola, a seguito di sentenza
emanata nel 164432.
Alle già
numerose prerogative feudali nel 1666 si aggiunse anche il diritto di battere
moneta, concesso dall'imperatore Leopoldo I d'Asburgo. La zecca coniò testoni e
luigini d'argento dal 1668 fino al 1677, anno in cui fu chiusa perché accusata di
stampare monete genovesi false33.
L'ultimo dei marchesi di Fosdinovo a detenere la
signoria fu Carlo Emanuele, al quale si deve nel 1759 l'erezione di un monte
frumentario. Questo pio istituto, durante i mesi invernali, distribuiva granaglie ai
mezzadri e ai contadini che possedevano poche terre; le granaglie venivano poi
restituite dopo il raccolto, con una piccola maggiorazione destinata a finanziare
opere di beneficenza e a contribuire al pagamento del maestro di scuola34. La tradizione ci tramanda la figura di un
nobile colto e illuminato, sostenitore in un primo tempo della causa rivoluzionaria;
è però cosa certa che presto ebbe a scontrarsi con le pretese degli occupanti
francesi di utilizzare il castello come alloggio per la truppa e come sede di
tribunale e ad opporsi all'obbligo del pagamento di una elevata tassa prediale35. Morì il 14 gennaio 180836.
Soggetti produttori collegati:
Comune di Fosdinovo, Fosdinovo (Massa Carrara),
1797 - 1800
(successore)
Complessi archivistici prodotti:
Feudo di Fosdinovo, 1615 -
1796
(fondo, conservato in Comune di Fosdinovo. Archivio storico)