Sede: Follonica (Grosseto)
Date di esistenza: 1937 -Intestazioni: Comune di Follonica, Follonica (Grosseto), 1937 -
Storia amministrativa:
Il comune di Follonica appartiene dal punto di vista amministrativo
alla provincia di Grosseto. E' un medio centro urbano situato entro l'omonimo golfo
esteso sulla costa tirrenica, proprio di fronte all'Isola d'Elba.
L'attuale
identità cittadina del comune è quella di centro turistico e balneare: per questo
motivo, la sua popolazione ammonta a circa 20.000 abitanti in inverno, mentre durante il
periodo estivo le presenze balneari determinano quasi un raddoppio del totale dei
residenti.
Ma questa città sembra dovere la propria identità storica non tanto alla
sua recente fisionomia marittima, quanto alle vicende industriali così determinanti
nella sua storia passata.
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Persino il suo nome costituisce una testimonianza proto-industriale. L'etimologia di
Follonica è da sempre molto discussa. Le due ipotesi classiche sull'origine del suo nome
sono quelle, discordanti, del Repetti
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e del Cardarelli
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: da follo ad acqua, cioè mulino, per il Repetti, o da
forno della ferriera, per il Cardarelli, ma riteniamo plausibile la ricostruzione fatta
da Saragosa
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, che ci rimanda ad
epoca più remota, dal latino volgare fullo-fulloriis, cioè lavandaio, e da fullare, cioè
pigiare.
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Vediamo di capirne la motivazione.
E' plausibile che in epoca romana, in quel luogo fosse stata costruita una "officina
fullonica", cioè un opificio per la produzione, il lavaggio e la tinteggiatura dei
panni. Da qui il nome Follonica per identificare quel territorio.
La produzione dei
panni avveniva nel passato attraverso una compressione della materia prima, tramite un
processo simile a quello della pigiatura del mosto vinicolo. Cioè i lavoranti follavano
le stoffe per ammorbidirle, il saltus fullonius di cui parla Seneca e di cui restano
anche numerose testimonianze pittoriche.
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Quella era l'attività che si
svolgeva, ad esempio, nelle antiche e antiquate fulloniche pompeiane, ma anche nelle più
grandi e più moderne fulloniche di Ostia.
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Per
una simile attività, occorreva disponibilità di acque e manodopera (schiavile). Gli
utensili e il materiale necessario erano facilmente reperibili: soda, cenere, argilla,
ammoniaca. La soda si poteva ricavare dalle alghe marine; la cenere dalla legna di
bosco; l'ammoniaca, che si trova in alta percentuale nelle urine umane (urea), poteva
essere raccolta dalle latrine.
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Ma le acque necessarie all'attività a quel tempo
non scorrevano naturalmente verso l'odierna Follonica. E allora, da dove proveniva tutta
quell'abbondanza di acque nel luogo?
In epoca romana il golfo si presentava con una
costa a dune sabbiose che dividevano il mare dal retrostante lago palustre (quello che
dopo molti secoli diverrà il Padule di Scarlino). I principali corsi d'acqua, il Pecora
e la Gora, correvano paralleli per gran parte del loro tragitto, fino a sfociare nel
suddetto lago.
E' stato assai plausibilmente ipotizzato che ad un certo punto i
Romani stessi abbiano deviato il corso dei due fiumi riunendoli e facendoli sfociare
presso l'attuale territorio di Follonica, scarsamente importante all'epoca. I due fiumi,
infatti, continuando a sfociare nel lago, avrebbero, per loro natura, colmato quel
territorio con i loro detriti trasformandolo in "pianura alluvionale".
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I Romani si
dedicarono ad un'importante e costosa opera idraulica per impedire un processo naturale
di interramento, mentre, molti secoli più tardi, con un'altra imponente opera idraulica,
di segno esattamente contrario, si procederà altrettanto artificialmente per ottenere il
risultato opposto: bonificare le maremme e debellare la malaria.
Dobbiamo
abbandonare per un momento la nostra mentalità ottocentesca, legata ai ricordi di una
Maremma amara, e immaginare che i Romani potessero avere interessi completamente
diversi. Infatti, dalla punta estrema di uno dei cordoni sabbiosi lagunari, l'odierna
Portiglioni, i Romani dominavano il golfo. Da questa posizione strategica del porto del
Puntone (Portus Scabris) essi ricevevano i materiali ferrosi dalle miniere di Rio della
vicina Isola d'Elba, con i quali costruivano le armi per l'esercito. In caso di mare
agitato, le navi trasportatrici potevano trovare rifugio nel retrostante lago. Inoltre,
l'adiacente Via Aurelia permetteva rapidi collegamenti con Roma.
Queste felici
condizioni per l'approvvigionamento determinarono il sorgere di una fiorente attività
siderurgica in loco, della quale sono ancora oggi testimonianza i residui ferrosi
costituenti i cosiddetti Poggetti Butelli.
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I Romani avevano quindi un notevole interesse ad impedire quel processo
naturale di interramento del lago palustre, al fine di mantenere quella fisionomia
territoriale che tanto li avvantaggiava.
A seguito della confluenza dei due corsi
d'acqua e della loro deviazione dal lago palustre, veniva a formarsi nel territorio
deU'odierna Follonica un'ingente massa di acque. E' quindi probabile che i Romani
avessero deciso di impiantare un'attività lavorativa di produzione di panni per
utilizzare quella disponibilità di materia prima.
Nei secoli che seguirono è
probabile che quelle strutture lavorative andassero distrutte. Non cosi, ovviamente, per
il corso dei due fiumi, ormai congiunto e deviato verso il centro del golfo. Con la
crisi dell'impero romano e le invasioni, vi fu una progressiva diminuzione di
popolazione, un abbandono delle campagne, ed una conseguente perdita di interesse per
questa zona, dove successivamente si diffusero altri sistemi politico sociali, come
quello curtense.
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E' lecito quindi supporre che proprio dall'attività di cui abbiamo
parlato abbia avuto origine l'attuale nome della città, e che la grande disponibilità di
acque tornasse comoda nei secoli a venire per impiantare altre attività, molitorie e
fusorie.
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Dal
periodo imperiale agli inizi dell'età moderna il territorio appare disabitato,
utilizzato solo per operazioni di imbarco e sbarco del materiale proveniente da altrove.
E' solo molto più tardi che si tornò a costruire in questo luogo. Nel 1498 Gherardo
d'Appiano, signore di Piombino, probabilmente proprio grazie alla disponibilità di
acque, ordinò in quel luogo la costruzione di un mulino per macinare il grano dei
piombinesi, poiché la città era altrimenti costretta a servirsi di quello di Campiglia,
non sotto la propria giurisdizione (Campiglia faceva infatti parte dello Stato
fiorentino).
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Nel 1533 accanto alla
struttura fu aggiunta una ferriera casentinese per lavorare il ferro proveniente dalle
miniere elbane.
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L'impianto fu successivamente ceduto in appalto a privati. Ma,
poiché qualche tempo prima, nel 1543, le cave elbane erano state cedute in appalto a
Cosimo I de' Medici, è probabile che il Principe Appiano (Jacopo V) abbia chiesto ed
ottenuto l'uso dell'acqua di Massa (la Gora del Mulino) per il nuovo impianto, che così
veniva potenziato nel suo funzionamento. Anche il complesso fu poi affittato al duca
Cosimo che lo potenziò davvero nel 1557-58 con la costruzione del Distendino. Il Medici,
successivamente, rinunciò in maniera definitiva ad ogni rivendicazione sul territorio di
Valli, possesso del Vescovato di Massa Marittima, e ciò costituì la premessa per un
accordo Medici-Appiano di straordinaria importanza: in cambio del riconoscimento di
questa piena giurisdizione, il Principato riconosceva ai Medici un passo di mezzo miglio
di larghezza, dalla Marina al confine di Massa, lateralmente alla pubblica strada
comune, "condominio per il libero accesso di quelli del Granducato allo scalo di
Follonica".
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Il Mulino, la Ferriera e la Torre, che si
trovavano nel "corridoio", restavano di proprietà degli Appiano, ma quel passo avrebbe
acquisito in seguito un'importanza straordinaria: avrebbe consentito il transito del
minerale elbano verso un nuovo polo siderurgico mediceo: la ferriera di Vaipiana, creata
nel 1578 in concorrenza con Follonica.
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Il
complesso siderurgico follonichese conobbe fortune alterne: un periodo di rallentamento
e crisi quando il Principato passò ai Boncompagni-Ludovisi; una guerra per il controllo
dei corsi d'acqua, indispensabili al funzionamento delle attività (la cosiddetta "guerra
delle steccaie")
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, una lenta ripresa ai primi del XVIII secolo e sotto i francesi.
Il
trattato di Vienna del 1815 realizzò quello che era stato un antico desiderio mediceo:
il principato piombinese veniva annesso alla Toscana dei Lorena, dopo più di cinque
secoli di indipendenza.
Nel 1824 l'ascesa al trono granducale di Leopoldo II doveva
cambiare molte cose. Il Granduca infatti volle impiantare in quel luogo un grande polo
industriale, con la costruzione di ben quattro altiforni, che divenne il più importante
dell'intera penisola. Fino alla metà del secolo, non solo gli impianti siderurgici
videro un'enorme promozione, ma l'impegno granducale procedette di pari passo con la
bonifica idraulica che riuscì a debellare la malaria, e con la nascita del vero e
proprio agglomerato urbano follonichese.
Quando ancora la malaria impediva ai
lavoranti stagionali di stabilirsi a Follonica nei mesi estivi, essi potevano risiedere
nella collina retrostante del Castello di Valli, ma con il crescere delle attività il
Granduca volle studiare l'insediamento sul luogo. In questa prospettiva si giunse nel
1836 al progetto edilizio della città-fabbrica del ferro, che decise il futuro assetto
urbanistico di Follonica.
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Una nascita urbanistica pianificata e razionale. Strade, viali, Cancello
Monumentale, mura perimetrali, Chiesa della ghisa e quant'altro servisse allo scopo fu
progettato attorno all'opificio magonale, fulcro dell'insediamento umano, ed ancora per
lungo tempo ospitante al proprio interno alloggi per i lavoratori. Persino un tempietto
in stile neoclassico fu costruito all'ingresso del forno S. Leopoldo, ad omaggiare "il
ferro padre di tutte le industrie".
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L'opera di colmata idraulica con la quale bonificare le maremme avrebbe
strappato alle acque "miasmiche" appezzamenti di terreno che il Granduca decise di
dividere in preselle e cedere gratuitamente a chi si impegnasse a costruirvici
abitazioni salubri.
Anche se la bonifica si completerà soltanto nella metà del
secolo successivo, è indubitabile che la nascita della comunità follonichese debba a
quelle prime iniziative lorenesi, gran parte della sua riuscita.
Tra l'unificazione
italiana sotto il Regno sabaudo ed il momento della costituzione di Follonica in Comune
autonomo, alterne saranno le fortune dell'insediamento, con periodi di maggior successo
nella bonifica e nella produzione industriale, alternati a momenti di stagnazione.
Alla fine dell'Ottocento, a seguito di un forte impegno politico-sanitario, migliorarono
notevolmente le condizioni igieniche e di vita nella piana.
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Nonostante si giungesse ad
una regressione significativa della malaria in Toscana solo dal 1902, alcune
significative scoperte medico-scientifiche di illustri malariologi permisero più
efficaci misure profilattiche.
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E' col primo governo Crispi del 1888 che vengono
istituite le figure dell'ufficiale sanitario e del veterinario municipale. Con il nuovo
secolo partirà anche un organico piano di lotta antimalarica. Dal 1901 ogni anno si dà
avvio a campagne antimalariche con un assistente antimalarico accanto al medico in
estate. Attiva a Follonica è anche la neonata Croce Verde, d'ispirazione
laico-repubblicana.
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Inoltre, ai primi del Novecento, il Deputato Angelo Celli
propose (con altri parlamentari tra cui Fortunato e Franchetti)
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tre leggi fondamentali per la cosiddetta "chinizzazione di
massa": si prevedeva l'istituzione dell'Azienda Chinino di Stato; la somministrazione
gratuita, nei comuni malarici, di chinino per la cura dei lavoranti agricoli; la
somministrazione gratuita in questi comuni anche per la profilassi nei confronti dei
poveri e dei lavoratori.
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I lavoranti esposti al morbo avevano adesso un farmaco efficace e
presto vennero in uso anche reticelle per proteggere il volto.
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Fino a questo momento il perdurare delle "febbri
terzane" in estate aveva impedito il ciclo continuo industriale, riducendone l'attività
al solo periodo invernale, mentre s'interrompeva in estate per permettere alla
popolazione di allontanarsi dal contagio. Era la cosiddetta "estatatura". Nel 1897, a
seguito del miglioramento sanitario appena descritto, si ebbe l'inizio della lavorazione
a ciclo continuo, e ciò determinò una crescita della popolazione di Follonica. I
lavoranti poterono stabilirsi con la famiglia definitivamente in città, la quale, invece
di spopolarsi in estate, cominciò ad ingrossarsi. La popolazione pretese ben presto dal
Comune miglioramenti urbanistici e nei servizi essenziali (come acqua potabile e
fognature).
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Cominciò
gradatamente l'afflusso turistico, e la cittadina del golfo divenne meta estiva per i
"bagnanti" dei paesi limitrofi. La fabbrica aveva costruito la città: adesso era là
città che diversificava le proprie attività.
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Cominciò con i primi del
nuovo secolo la trasformazione edilizia di Follonica mediante la vendita dei territori
ex demaniali. Nonostante alcune false partenze, verso la metà del primo decennio erano
già stati venduti tutti i lotti interni al paese e solo la Grande Guerra ne determinò un
parziale blocco, per riprendere successivamente quel processo di costruzione edilizia
che ancora non si è concluso.
Dal 1910 al 1915 gran parte di coloro che decisero di
stabilirsi a Follonica appartenevano al ceto medio e poterono costruirsi un villino o
una villa a seguito della vendita dei lotti. Bottegai e imprenditori scelsero di
investire qui i loro capitali favorendone l'incremento economico.
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In quegli anni anche i
giornali locali cominciarono a pubblicizzare le attrattive del paese, in vista di un
richiamo turistico, ma anche esprimendo quello che si stava configurando come un
nascente orgoglio municipale. La città cambiava infatti il proprio volto rapidamente
diversificandosi dai paesi circonvicini anche nello stile di vita. Si costruivano le
baracche lungomare, utilizzandole per gli affitti estivi. Nascevano bagni e rotonde,
chalet, bische e bordelli e persino il cinematografo, mentre continuavano le feste
popolari dei mesi di maggio e settembre, di stampo più prettamente proletario.
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Concerti, gare sportive e veglioni, rendevano gradevole la permanenza Follonica. Nel
contempo, accrescevano l'orgoglio dei cittadini di tutte le classi sociali che si
sentivano uniti in un senso di appartenenza ad un luogo che aveva sconfitto il degrado e
la miseria. La città procedeva verso la conquista del tanto sospirato benessere che in
anni di positivistico ottimismo si sposava al progresso tecnico-scientifico.
La
frazione divenne troppo ingombrante per dipendere ancora amministrativamente dal Comune
di Massa Marittima dal quale, anche politicamente, si stava diversificando.
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Sono già in questa trasformazione le
premesse della futura scissione di Follonica dal Comune di Massa che contava, dalla fine
dell'Ottocento, una folta rappresentanza repubblicana.
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Massa Marittima, memore dei suoi
trascorsi risorgimentali e del notevole contributo in uomini e mezzi fornito alle lotte
per l'indipendenza, era sede della loggia massonica più potente della provincia di
Grosseto. I repubblicani erano ben rappresentati in consiglio comunale, del quale
assunsero la guida nel 1900 con il sindaco Unico Fiaschi che sostituì il monarchico
Andrea Petrocchi.
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Al volgere del secolo, il territorio mantenne e riconfermò
la tradizione repubblicana, mentre fu solo nel primo decennio del Novecento, in primo
luogo ad opera dei minatori massetani, che le idee socialiste cominciarono ad attecchire
nell'area.
Nelle consultazioni del 1905 e del 1909, dopo la morte di Socci, al
nuovo candidato repubblicano Pio Viazzi fu necessario l'apporto dei voti socialisti per
ottenere la vittoria al ballottaggio col candidato monarchico. L'aumento dei voti
socialisti non modificava però ancora sostanzialmente il quadro politico, che rimase il
medesimo anche a causa della ristrettezza del corpo elettorale. La situazione politica
conobbe una svolta negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale.
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Alle consultazioni politiche del 1913, l'anno successivo alla approvazione della legge
sul suffragio universale maschile (IV Gabinetto Giolitti), la situazione cambiò
radicalmente, evidenziando la fine dell'egemonia repubblicana che già alla morte di
Socci aveva risentito della mancanza di un esponente così prestigioso. Infatti, fu
necessario il ballottaggio tra i tre candidati del collegio (PRI, Monarchici e PSI) e
alla fine fu il socialista Merloni ad aggiudicarsi un seggio alla Camera dei
Deputati.
Nelle amministrative del 1914, pur evidenziandosi un buon progresso
socialista, i repubblicani mantennero la propria forza elettorale nelle zone
settentrionali e costiere. Unica eccezione, la frazione follonichese che, su trenta
consiglieri, ne eleggeva tre: il primo seggio fu attribuito ad Alessandro Gelli
(considerato figura al di sopra delle parti),
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mentre il secondo e il terzo saranno rispettivamente conquistati
dai socialisti Santini e Spagnesi.
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Quest'ultimo, dalle colonne del giornale II Risveglio, scrisse che
il paese, da "roccaforte del conservatorismo" era diventato un "centro operaio" con
"aspirazioni moderne".
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Crescita urbanistica,
dunque; formazione di una coscienza cittadina di appartenenza; insofferenza per
l'operato dell'Amministrazione comunale massetana, accusata di scarse attenzioni alle
esigenze della frazione in crescita; ed infine marcata differenziazione politica: sono
questi fattori a poter essere considerati determinanti per l'affermazione di una volontà
autonomista follonichese, trasversale ai diversi ceti sociali.
Ma il corso degli
eventi bellici ne determinò una stasi momentanea. Infatti, Follonica nacque
amministrativamente soltanto nel 1923, con la definitiva scissione della frazione dal
Comune di Massa Marittima. La costituzione in Comune autonomo (sarà il primo comune
costituitosi in epoca fascista) avvenne a seguito di un lungo iter burocratico e dopo
lunghe trattative circa i riparti patrimoniali.
Il 25 luglio 1915 e il
1o agosto successivo, i rappresentanti
della frazione prima, e 203 elettori della frazione stessa poi, chiesero al Re la
concessione dell'autonomia, in base all'art. 120 del T. U. della Legge Comunale e
Provinciale approvato con R. D. 4 febbraio 1915, n. 148.
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Il 24 novembre 1915 il
Comune di Massa Marittima deliberò sulla richiesta dei frazionisti, negando però la
compartecipazione proprietaria, in forza della normativa vigente (la Circolare
Ministeriale del 25 aprile 1915 n. 15300-34 che determinava i "rapporti fissi" di
riparto nella popolazione dell'ultimo censimento e nell'imposta fondiaria) e della
normativa pregressa (il Rescritto Granducale del 20 maggio 1837 stabiliva che "il
territorio di Follonica non potesse mai accampare pretese sul patrimonio in allora
esistente").
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Il 4 ottobre 1920 il Senato e la
Camera del Regno decretarono con L. n. 1447 la separazione amministrativa dei due
territori. L'atto porta la sottoscrizione del Guardasigilli Fera e del Primo ministro
Giolitti. A seguito di tale decretazione, il 25 febbraio e il 31 marzo dell'anno
successivo i rappresentanti dei due enti stabilirono i confini territoriali,
accordandosi su quelli che già esistevano al momento della cessione di Follonica a Massa
da parte del Comune di Gavorrano.
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Restava però la
spinosa questione del riparto patrimoniale tra i due comuni. A questo proposito non si
riuscì a trovare un accordo sulla base di una relazione appositamente preparata dall'ex
Segretario Comunale di Massa, il Doti. Pasquale De Leone, perché non soddisfaceva le
richieste dei frazionisti, ai quali perciò si dovette anche il successivo fallimento
dell'adunanza di concordato dell'11 giugno 1922, con l'intervento del Commissario
Prefettizio, il ragioniere grossetano Massimo Mischi.
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I frazionisti non concordavano sulla
esclusività del patrimonio massetano precedente al 1837; chiedevano che si facesse capo
al nuovo Comune solo per il mutuo contratto con la costruzione dell'acquedotto;
lamentavano la mancata manutenzione di fabbricati, strade e cimitero; chiedevano di
chiarire la spettanza dei danni eventuali da pagare nella causa Cheli nonché la
pertinenza dei lotti di terreno pervenuti al Comune con legge n. 139 del 19 maggio 1901;
domandavano la restituzione degli arretrati del sussidio annuo di lire 800 concesso
dalla Società Elba alle scuole di Follonica.
II Sindaco Pesucci protestò
l'assurdità delle pretese poiché il decreto granducale stabiliva espressamente la
spettanza sui beni e che, semmai un diritto ci fosse stato, questo sarebbe spettato a
Massa che aveva dovuto cedere dei territori preziosi a Gavorrano per ottenerne in cambio
Follonica. Riguardo ai mutui, il primo cittadino massetano dichiarò che il segretario De
Leone aveva provveduto a ripartirli scrupolosamente sulla base delle disposizioni della
Circolare Ministeriale 15300/34. Circa le manutenzioni, assicurava di provvedere come
sempre a quelle ordinarie ed al necessario ampliamento del cimitero. Inoltre, le
eventuali conseguenze finanziarie della causa Cheli, dovevano necessariamente far capo
ad ambo le parti e secondo le norme della circolare suddetta, trattandosi di giudizio
iniziato dal Comune prima della avvenuta separazione della frazione, e nonostante che il
Cheli avesse intentato causa al Comune in qualità di Guardia della frazione di
Follonica. Riguardo al sussidio erogato dalla Società Elba, Massa non si opponeva alla
cessione di tale somma da quel momento in poi al nuovo Comune, restando intesa
l'impossibilità della restituzione delle somme percepite in passato, in un bilancio
ovviamente unico, e giacché i fondi erano sempre stati destinati esclusivamente ai
bisogni scolastici della popolazione follonichese.
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Non trovando quindi un
accordo consensuale, le due parti decisero che il potere decisionale venisse avocato
dall'autorità prefettizia. E' il Commissario Prefettizio Mischi che, seguendo il
tracciato della precedente relazione De Leone (con l'aggiunta di ulteriori dati), esulta
base della Circ. 25 aprile 1915 n. 15300-34, relazionerà sulla "assegnazione esclusiva a
favore o a carico dei due enti".
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Le richieste dei
rappresentanti della ex frazione vennero giudicate pregiudiziali ed esagerate dagli
stessi arbitri della questione. Ciononostante, e malgrado avessero ulteriormente
rallentato l'iter procedurale, il 14 giugno dell'anno 1923 si addivenne finalmente a
stabilire la delimitazione territoriale tra i due Comuni e il riparto delle attività e
delle passività con il Regio Decreto n. 1373 (in esecuzione della L. n. 1447 del 1920),
controfirmato dall'allora Primo Ministro Mussolini.
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Il 24 luglio successivo il Prefetto Rossi nominava il Commissario Dott. Filippo Abbate
per lo svolgimento delle funzioni amministrative fino alla seduta ufficiale di
insediamento del Consiglio Comunale di Follonica che si avrà il 15 settembre successivo
con la verifica dei poteri e l'elezione del Sindaco Tullio Gaggioli ad opera dei
Consiglieri.
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Complessi archivistici prodotti:
Comune di Follonica, 1866 -
1975
(fondo, conservato in Comune di Follonica. Biblioteca comunale)