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Consiglio della comunità di Castiglione d'Orcia

Sede: Castiglione d'Orcia (Siena)

Date di esistenza: 1498 - 1778

Intestazioni: Consiglio della comunità, Rocca d'Orcia (Siena), 1482 - 1778

Storia amministrativa:
Nel caso della Rocca, a differenza di quello di Castiglione, la documentazione prodotta in epoca tardo-medievale e moderna mostra l'esistenza di una notevole evoluzione della composizione e delle modalità di elezione degli organi collegiali di vertice della comunità 1 . Un atto del febbraio 1379 relativo all'elezione di un procuratore della comunità mostra chiaramente come ancora a quell'epoca - e verosimilmente per tutta la durata del dominio dei Salimbeni - il vertice istituzionale di Rocca d'Orcia fosse rappresentato da un console e da un castellano, espressione di quella sorta di diarchia comunità-signore codificata dalla redazione statutaria del 1297, affiancati da un Consiglio di sei membri, in quell'occasione integrato da un'aggiunta di 60 massari 2 . Dal frammento di un liber comunis 3 conservato nel fondo Giusdicenti dello Stato dell'Archivio di Stato di Siena e risalente al secondo semestre del 1421 - di poco successivo, quindi, al ritorno della Rocca sotto il controllo senese (1419) e coevo alla compilazione statutaria redatta in quell'occasione 4 - si apprende che gli organi collegiali di vertice erano adesso costituiti da un collegio priorale di tre membri di durata trimestrale e da un Consiglio, del quale facevano parte gli stessi priori, il camarlengo - pure di durata trimestrale - e dodici consiglieri in carica per un semestre; i priori, il camarlengo e i consiglieri venivano eletti mediante estrazione a sorte da un bossolo contenente breviculi inseriti in pallotte di cera 5 . Si ha pure notizia della riunione di un Parlamentum generale - sorta di consiglio dei capifamiglia -, convocato per trattare una delicata questione di confini e composto da quasi cinquanta partecipanti 6 .

Le deliberazioni consiliari contenute nei bastardelli prodotti dai vicari della Rocca tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, conservati anch'essi nel fondo Giusdicenti dello Stato dell'Archivio di Stato, presentano una realtà istituzionale notevolmente diversa rispetto a quella dei primi decenni del Quattrocento. Al collegio priorale di durata semestrale si affiancavano adesso un Consiglio minore, formato dai tre priori, dal camarlengo, da due sindaci e da dodici consiglieri nominati dagli stessi priori, e un Consiglio generale, del quale facevano parte anche un'altra quindicina di membri nominati anch'essi all'inizio di ogni semestre7. Un'aggiunta di una decina di membri nominata semestralmente dai priori integrava di norma il Consiglio minore e più raramente integrava anche il Consiglio generale8. Piuttosto rare paiono essere state le riunioni del Consiglio di un uomo per casa, comprendente una cinquantina di capifamiglia9. I capitoli che sancirono nel 1419 la reintegrazione della Rocca nella compagine statuale senese prevedevano tra l'altro che il vicario venisse scelto dai governanti cittadini in una rosa di tre notai proposti dalla comunità10. Anche alla Rocca, come nel caso di Castiglione, si affermò la prassi di derogare ai dettami statutari relativi alla nomina del giusdicente: tra la fine del Quattrocento e i primi anni del secolo successivo troviamo infatti attestato l'uso di eleggere direttamente il vicario da parte del Consiglio della comunità, che talvolta poteva essere apertamente influenzato dall'intervento di esponenti del gruppo dirigente senese, oppure poteva addirittura decidere di affidare l'elezione del vicario stesso a un cittadino eminente11.

Il quadro istituzionale ampiamente documentato a partire dalla metà del XVI secolo pare il frutto di un'ulteriore evoluzione della realtà documentata nei primi decenni del Cinquecento e risulta sostanzialmente analogo a quello presente nel vicino centro di Castiglione. Secondo quanto si ricava dal materiale deliberativo superstite e dalla redazione statutaria del 161612, verosimilmente esemplata su quella castiglionese i tre priori venivano eletti ogni sei mesi (in dicembre e in giugno) tramite estrazione da un bossolo avente validità triennale, contenente pallotte nelle quali erano stati inseriti i nomi di sei capi priori, scelti da altri sei soggetti preventivamente sorteggiati tra i consiglieri, e di altri dodici individui scelti dai sei capi priori con l'ausilio del giusdicente. In occasione del rinnovo del bossolo, i sei capi priori appena nominati e il giusdicente procedevano inoltre alla scelta di tre camarlenghi e di tre sindaci generali, i cui nomi dovevano essere a loro volta inseriti in pallotte e imbossolati; l'estrazione del camarlengo e del sindaco generale era annuale e avveniva nel mese di giugno13. Con una sostanziale analogia rispetto a quanto avveniva a Castiglione, componevano il Consiglio - detto generalmente "ordinario" - i priori, il camarlengo, il sindaco generale e quindici consiglieri, eletti ogni sei mesi da tre soggetti precedentemente selezionati dal Consiglio uscente14. Anche alla Rocca, infine, tra i compiti dei priori vi era quello di convocare semestralmente il Consiglio di un uomo per casa-detto "generale"- in cui effettuare la proposta generale15.

Se da un lato il quadro offerto dagli statuti e dalla documentazione deliberativa superstite riguardo alle modalità di elezione e ai compiti dei principali collegi deliberanti della Rocca risulta sostanzialmente simile a quello presente a Castiglione, fu d'altro canto ben diversa l'applicazione pratica della normativa e l'evoluzione della struttura stessa dei consessi deliberanti. Di fatto, stanti le ridotte dimensioni demiche della comunità, non si verificò la necessità di limitare e regolare l'accesso dei capifamiglia al consiglio maggiore, bensì - con significative analogie rispetto a quanto riscontrato in altre piccole comunità dello Stato senese - si tese verosimilmente a coinvolgere nella partecipazione alla vita pubblica l'esiguo corpo sociale nel suo complesso16. La stessa distinzione tra Consiglio "ordinario" e Consiglio "generale" tese progressivamente a sfumare, cosicché già dagli anni Sessanta del XVI secolo non risultano infrequenti consigli "ordinari" con venticinque partecipanti o più17. Infine, sebbene la nuova redazione statutaria avesse chiarito almeno in via di principio la suddetta distinzione, nel corso del Seicento il Consiglio "ordinario" lasciò definitivamente il posto al Consiglio "generale", definito nel testo delle delibere anche "pubblico" o - addirittura - "solito", che peraltro generalmente non giungeva a comprendere più di una trentina di partecipanti18.