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Consiglio della comunità di Castiglione d'Orcia

Sede: Castiglione d'Orcia (Siena)

Date di esistenza: 1482 - 1778

Intestazioni: Consiglio della comunità, Castiglione d'Orcia (Siena), 1482 - 1778

Storia amministrativa:

I registri delle deliberazioni (o riformagioni) contengono la stesura definitiva - generalmente tratta da precedenti minute - degli atti approvati dai consigli delle comunità nello svolgimento dei loro compiti istituzionali e in particolare la verbalizzazione, spesso sommaria, delle discussioni e delle risoluzioni prese, nonché delle elezioni di ufficiali o di soggetti chiamati a ricoprire cariche pubbliche. Tali registri - redatti nelle comunità maggiori da notai delle riformagioni o da cancellieri e nelle altre dai giusdicenti o dai loro notai - contengono disposizioni a carattere generale destinate a riformare o integrare gli statuti, ma più frequentemente provvedimenti relativi a questioni di ordinaria amministrazione. Ogni singola registrazione di seduta contiene solitamente - dopo l'indicazione della data, dell'organo deliberante e del luogo di riunione - gli estremi della proposta - sorta di ordine del giorno formulato in genere dal giusdicente, da un suo vicario o da un priore -, il resoconto dei consigli - limitati in genere a quelli successivamente approvati - e, infine, il risultato delle votazioni. Solo in rari casi i registri di deliberazioni di consigli di comunità rurali contengono processi verbali completi delle sedute1.

La documentazione comunale di età tardo-medievale e moderna, come pure le rare attestazioni più antiche dell'attività degli organi deliberanti di Castiglione d'Orcia lasciano ipotizzare una notevole continuità nella loro composizione2.In effetti, il quadro degli organi collegiali di vertice ricavabile da un atto del 1366 relativo all'elezione di due procuratori, dal quale si apprende che a quell'epoca facevano parte del Consiglio della comunità di Castiglione i tre priori e il camarlengo, quindici consiglieri e due sindaci generali3 pare sostanzialmente analogo a quello offerto dalla redazione statutaria del 14404.

Secondo lo statuto, i tre priori e il camarlengo venivano eletti ogni sei mesi (in dicembre e in giugno) tramite estrazione da un bossolo avente validità triennale, contenente pallotte nelle quali dovevano essere inseriti i nomi di sei buoni e suffitienti terrieri, scelti da tre soggetti preventivamente selezionati mediante l'intervento dei priori e lo scrutinio nel Consiglio, e di altri dodici buoni e suffitienti terrieri e di sei camarlenghi generali scelti dai primi sei con l'ausilio del vicario5. Compiti principali dei priori, almeno due dei quali erano tenuti a radunarsi quotidianamente per curare fatti e cose del comune assieme al vicario, come pure in sua assenza, erano quelli di eleggere o di proporre al Consiglio gli ufficiali minori della comunità, di formulare proposte nel medesimo Consiglio e nel Consiglio di un uomo per casa - con il preventivo assenso dei sindaci generali in caso di proposte di spesa -, di controllare la corretta redazione degli atti da parte del vicario e in generale di occuparsi della gestione corrente dei vari ambiti della vita comunitaria6.

Componevano il Consiglio, talvolta detto "minore", i tre priori e il camarlengo, i due sindaci generali7 e quindici consiglieri; sindaci e consiglieri venivano eletti ogni sei mesi (in dicembre o gennaio e in giugno o luglio) da tre soggetti precedentemente selezionati dal Consiglio uscente8. I priori, che assieme al vicario convocavano le sedute, avevano facoltà quando lo' paresse el caso di far intervenire al Consiglio anche un certo numero di massari9. Nel corso del secolo XV si affermò la prassi di integrare in particolari circostanze il Consiglio con un'aggiunta di dieci massari - destinati a divenire molti di più nel secolo successivo -, eletti mediante scrutinio nel Consiglio stesso, in modo da formare il Consiglio dell'aggiunta10. Compiti del Consiglio "minore", i cui deliberati avevano validità se approvati da almeno i due terzi dei consiglieri, o dai tre quarti di essi nel caso in cui si dovesse derogare allo statuto, erano quelli di eleggere il vicario semestrale11, di scrutinare i soggetti chiamati a ricoprire incarichi comunitativi o a far parte delle commissioni di massari da affiancare ai priori nella cura di determinati affari, di provvedere in merito alla gestione del patrimonio e dei proventi comunitativi e in generale di deliberare sulle proposte presentate dai priori e dal vicario o da altri consultori12.

Almeno ogni sei mesi i priori dovevano convocare il Consiglio di un uomo per casa, nel quale i convenuti avevano libertà di trattare qualsiasi argomento inerente l'amministrazione della comunità (proposta generale) e i cui deliberati erano validi se approvati da almeno i due terzi dei presenti13. Per ovviare all'estrema mutevolezza che caratterizzava la composizione del Consiglio di un uomo per casa - i cui partecipanti negli ultimi decenni del XV secolo oscillarono da meno di trenta a più di cinquanta14 - e per assicurare al collegio priorale un maggiore controllo sull'operato del più ampio consiglio della comunità, nel 1505 con una riforma statutaria si cercò di sostituire il Consiglio di un uomo per casa con un Consiglio "maggiore" formato da quaranta membri nominati dai priori. Tale Consiglio, al quale prendevano parte gli stessi priori, il camarlengo e i sindaci - e che comunque non doveva comprendere più di un uomo per casa - era in grado di deliberare con un minimo di 30 presenti15.

Da questo momento in poi, a fronte di una sostanziale stabilità normativa16, nella prassi cominciarono ad alternarsi due tendenze: l'una - tipica dei centri maggiori - volta a limitare a pochi e determinati momenti la partecipazione del corpo sociale nel suo complesso alla vita comunitaria e a riservare la gestione quotidiana degli affari a consigli relativamente ristretti; l'altra - diffusa per lo più nelle comunità minori - tendente a coinvolgere nella gestione della vita comunitaria una parte quanto più ampia possibile dell'esiguo corpo sociale17. Nonostante l'istituzione del Consiglio "maggiore", durante la prima metà del secolo XVI il Consiglio di un uomo per casa continuò a riunirsi con notevole frequenza, sebbene il numero dei suoi partecipanti giungesse solo raramente a superare le cinquanta unità18. Del resto, a partire dai primi anni del Seicento non si ha quasi più notizia dell'attività del Consiglio "maggiore", mentre le riunioni di quello "minore" - detto ora Consiglio ordinario - risultano decisamente meno numerose rispetto a quelle del Consiglio generale o di un uomo per casa. Di contro, nel terzo decennio del secolo è chiaramente documentato il tentativo di ridare vigore al Consiglio ordinario, rendendolo di fatto più rappresentativo - con l'aumento dei consiglieri nominati all'inizio di ogni semestre19 - e chiamandolo nuovamente a esprimersi su buona parte delle questioni relative alla gestione della comunità. Tuttavia, l'adozione di tale prassi sarebbe stata di durata limitata nel tempo: dagli ultimi decenni del XVII secolo sino alla riforma leopoldina non si ha più memoria dell'elezione di membri semestrali del Consiglio ordinario e il principale consesso deliberativo della comunità pare essere ormai divenuto il Consiglio generale, composto da un numero di partecipanti apparentemente molto variabile, ma in realtà compreso nella maggioranza dei casi tra 30 e 5020.