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Cancelleria di Sinalunga

Sede: Sinalunga (Siena)

Date di esistenza: 1580 - 1774

Intestazioni: Cancelleria di Sinalunga, Sinalunga (Siena), 1580 - 1774

Storia amministrativa:

Con la riforma cosimiana delle giurisdizioni del 1561 - che, analogamente a quanto già in vigore nello Stato fiorentino, previde anche per il Senese l'affidamento delle funzioni di giusdicente a capitani e podestà scelti tra i "riseduti" e nominati dal centro - la produzione documentaria venne demandata ai notai-attuari posti alle dipendenze dei nuovi giusdicenti1. Un tentativo di istituire anche nello Stato senese un'ampia rete di cancellieri, simile a quella sperimentata in ambito fiorentino, fu invece intrapreso durante il ducato di Francesco I, allorché nel 1580 i Quattro Conservatori, a seguito delle suppliche fatte al granduca da un gruppo di dottori e notai e visti gli ordini del governatore e dello stesso granduca deliberarono la nomina di otto cancellieri-dottori nelle sedi di capitanato e di dieci cancellieri-notai in altre principali comunità dello Stato - alcune delle quali avevano usufruito di una cancelleria sin dal periodo repubblicano -, sottoponendo ad ognuno di loro una o più comunità2. La rete di cancellerie così delineata veniva a coprire un'ampia porzione del territorio senese: le zone periferiche e di confine verso la Valdichiana e lo Stato della Chiesa (Chiusi, Radicofani e Contignano, Sarteano, Sinalunga, S. Casciano) e verso l'Amiata e la Maremma (Gavorrano, Capalbio, Piancastagnaio, Saturnia, Roccastrada, Arcidosso, Sovana, Massa e Tatti, Grosseto e Istia, Campagnatico). Con una certa analogia rispetto a quanto si verificava nello Stato vecchio fiorentino, si può notare come le sedi di cancelleria si infittissero nelle aree periferiche (Maremma) o in quelle caratterizzate da un più consistente carico demografico (Amiata e Valdichiana). Invece, nella vasta area centrale dello Stato senese (Alta Valdelsa, Berardenga, Scialenga, Val d'Orda, Val di Merse) - ovvero la porzione più interna dell'antico contado medievale - solo le tre comunità di Montalcino, Pienza e Casale furono sede di cancelleria e solo negli ultimi due casi i cancellieri estesero la propria attività su un'area comprendente altre comunità.
Tramite una specifica "istruzione" vennero fissati i salari e i compiti dei cancellieri, nell'ottica di una relativa continuità con le mansioni tradizionalmente svolte dagli antichi cancellieri operanti nei centri maggiori dello Stato senese fin dall'età repubblicana3, questa volta però nell'ambito di un sistema di controllo che faceva capo direttamente al governatore e soprattutto ai Quattro Conservatori, ai quali i cancellieri avrebbero dovuto dar notizia "di quanto occorra alla giornata di cose meritenti". Compiti specifici del cancelliere erano quelli connessi alla produzione e alla conservazione documentaria - compiti esercitati attraverso l'intervento alle tratte e alle elezioni di ufficiali, il rogito di deliberazioni dei consigli e di altre "scritture" e la conservazione materiale dell'archivio -, cui si collegavano mansioni di controllo sull'amministrazione ordinaria e su quella del patrimonio comunitativo, tra le quali era fondamentale quello notissimo di "resecare" le spese della comunità. In questo particolare e delicato settore il cancelliere svolgeva funzione di garante della correttezza delle procedure seguite in occasione degli appalti delle entrate comunitative, dei saldi e dei sindacati degli ufficiali della comunità e dei luoghi pii, nella misurazione dei terreni dati a terratico, nella tenuta dei libri d'estimo, nel recupero dei crediti e dei diritti della comunità usurpati da privati. Più rilevante ancora appare la funzione di virtuale controllore dell'operato del camarlengo, del quale registrava o almeno sottoscriveva le entrate e le uscite, redigeva le polizze di pagamento e curava il sindacato.
L'esperienza ebbe tuttavia breve durata. Già nel luglio 1588, al precipuo scopo di sgravare le spese delle comunità, si giunse all'eliminazione dei cancellieri forestieri operanti in Maremma, ad eccezione di quello di Grosseto4, e nell'arco di alcuni decenni - come dimostrano tra l'altro le relazioni elaborate dagli auditori Corbinelli e Gherardini5 - si assisté alla soppressione di molti altri cancellieri e al contemporaneo affidamento delle loro funzioni ai notai dei giusdicenti o a cancellieri di nomina locale6. Nel complesso, si nota quindi come la necessità avvertita dagli organi centrali fosse soprattutto quella di garantire localmente l'esistenza di strutture burocratiche efficienti e compatibili con le disponibilità finanziarie delle singole comunità, indipendentemente dalle modalità di nomina degli ufficiali o dalla loro provenienza. Al tempo stesso è da sottolineare come in questa fase storica i cancellieri - sia di nomina centrale che locale - non fossero esclusivamente ministri periferici preposti a un'omogenea rete di circondari estesa su tutto lo Stato senese - cosa che sarebbe avvenuta solo in età leopoldina -, bensì ufficiali al servizio di una o più comunità agenti in larga misura sotto il controllo delle magistrature locali7.
Di fatto, quindi, nei primi decenni del Settecento le strutture di raccordo tra centro e periferia dello Stato senese erano ancora relativamente esili. I Quattro Conservatori potevano contare come referenti sul territorio solo su pochi cancellieri e dovevano ricorrere per lo più ai servigi dei giusdicenti e delle magistrature comunitative per mantenere i contatti con le amministrazioni locali8.
Le risposte inviate a Pompeo Neri nel 1746 a seguito della sua celebre inchiesta costituiscono un'importante occasione per conoscere nei dettagli la realtà esistente nei luoghi di produzione e conservazione documentaria del Granducato nell'età della Reggenza. Schematizzando i dati a disposizione per lo Stato senese, accanto allo scarso rilievo complessivo dei cancellieri delle comunità, si nota come la "memoria " scritta delle comunità stesse fosse affidata prevalentemente ai giusdicenti e ai loro cancellieri e notai. Solo a partire dalla metà del secolo e soprattutto poi in età leopoldina, nel quadro di un radicale processo di riforma amministrativa, il cancelliere sarebbe divenuto il naturale elemento di raccordo tra potere centrale e istituzioni locali.
Un primo significativo segnale di rafforzamento dell'ingerenza degli organi centrali nel controllo delle cancellerie delle comunità esistenti nello Stato senese si ebbe col ricorso sistematico alla "muta" dei cancellieri, ovvero alla periodica contemporanea sostituzione e rotazione degli ufficiali nelle cancelleri e dello Stato stesso. La certezza di essere sottoposti a giudizio di valore da parte del centro - giudizio dal quale sarebbe dipeso un eventuale allontanamento o la conferma in loco - doveva contribuire a ridurre il rischio che i cancellieri finissero per diventare una mera appendice dell'amministrazione counitativa, facilmente esposta a condizionamenti ambientali di vario genere o - peggio - partecipe di illeciti maneggi9. Sia pur con qualche ritardo rispetto alle attese del governo fiorentino, la prima grande "muta" - preceduta da informative del Richecourt e del Tavanti volte ad ottenere notizie sul reale quadro della situazione delle cancellerie del Senese - poté essere effettuata già negli ultimi mesi del 174910. Sottoposto ad una nuova "muta" nel 1754, nella primavera del 1760 il corpo dei cancellieri comunitativi dello Stato senese si presentava composto da quattordici dottori e notai distribuiti in altrettante cancellerie11. In questo frangente, considerando le scarse rendite delle cancellerie e la connessa difficoltà incontrata nel reperire soggetti validi per fare frequenti "mute", come in uso nello Stato fiorentino, il marchese Botta Adorno, rivolgendosi agli auditori della Consulta di Siena, propose un piano di riduzione delle cancellerie tramite accorpamenti - destinati a prefigurare solo in modo molto approssimativo le cancellerie territoriali della piena età leopoldina - e di selezione del personale secondo criteri tecnici, che avrebbero permesso un passaggio dei soggetti migliori nelle cancellerie di più difficile gestione. Il progetto, collegato ad una "muta" generale, andò in porto nell'ottobre 1760, secondo le modalità del motuproprio del 20 settembre 1748: venne infatti riunita alla cancelleria di Radicofani quella di S. Casciano dei Bagni e Celle, alla cancelleria di Arcidosso quella di Abbadia S. Salvatore, alla cancelleria di Chiusi e Cetona quella di Chianciano ed alla cancelleria di Sinalunga quella di Torrita, mentre per la cancelleria di Pienza venne confermato il suo affidamento al giudice pro tempore del tribunale locale. Il sistema delle "mute", sia pur con le difficoltà rivelate dai frequenti rinvii, proseguì sostanzialente sino alla seconda metà degli anni Sessanta12. Solo dopo l'adozione del sistema delle "mute", dunque, i cancellieri "senesi" - ma mai quelli "maremmani" - cominciarono a rappresentare un ceto professionale credibile: tutti notai o dottori esaminati regolarmente dal centro ed alternati frequentemente, erano latori di una sapienza tecnico-amministrativa e di un costante aggiornamento, nonché di una cultura superiore13.
In un quadro caratterizzato dalla volontà dei riformatori di svincolare le comunità dalla "paterna tutela" del sovrano - sebbene nel Senese non vi sia mai stato un controllo così opprimente del tipo di quello stigmatizzato dagli stessi riformatori con riferimento allo Stato fiorentino14 - e di operare al contempo una più chiara distinzione tra ambito amministrativo ed ambito giudiziario, la figura del cancelliere comunitativo - della Reggenza prima e leopoldino poi - venne ad assumere caratteri sostanzialmente nuovi, sia pure al termine di un ampio e serrato dibattito15. Tale cambiamento non può essere apprezzato col semplice confronto delle istruzioni cinquecentesche con quelle del secolo seguente: pare ovvio che i compiti di produzione e di conservazione documentaria non abbiano subìto modifiche qualitativamente significative16. Venivano invece a mutare - ed è questo il dato rilevante - l'ambito di reclutamento dei cancellieri, i loro rapporti col centro, il contesto in cui essi si trovarono ad operare - le comunità riformate - e soprattutto i compiti extra documentari che vennero loro demandati. In altre parole, tra il 1765 ed il 1780 le vicende connesse alla riforma delle cancellerie si intrecciarono con le iniziative collegate al più vasto progetto di riforma complessiva dello Stato che veniva maturando nello stesso lasso di tempo17. Una volta ridisegnato l'ambito di intervento dei giusdicenti - sgravati di una miriade di compiti di ordinaria amministrazione18 - e rese più autonome le comunità - enormemente accresciute nel territorio tramite l'inglobamento delle comunità minori e dei comunelli - si rendeva necessaria una figura istituzionale in grado di assicurare l'indispensabile vigilanza sulla legittimità dell'operato dei corpi politici periferici relativamente alle poche fondamentali questioni sulle quali gli organi centrali mantenevano il controllo. Nello Stato senese il cancelliere comunitativo leopoldino, sostituendosi in definitiva al giusdicente nelle incombenze amministrative, divenne il principale referente del potere centrale sul territorio19. In questo senso egli non appare quindi come continuatore del vecchio cancelliere mediceo, che si trovava ad agire in una realtà palesemente egemonizzata dal giusdicente e dalle magistrature comunitative.



In età tardo-medievale e nella prima età moderna anche a Sinalunga, come in tutte le comunità dello Stato senese prive di cancelleria, la produzione documentaria era demandata al notaio avente funzione di giusdicente locale20. Per quanto già lo statuto del 1553 avesse previsto l'esistenza di un cancelliere della comunità21, un tale ufficiale sarebbe stato introdotto solo a partire dagli ultimi decenni del secolo. Con la riforma del 1580 - analogamente a quanto disposto per altre comunità dello Stato senese - anche a Sinalunga venne istituita una cancelleria, assegnata ad un notaio forestiero di nomina centrale e di durata triennale22. Tale prassi venne seguita sino al 1588, quando si verificò un generale ridimensionamento dell'ambizioso progetto del 1580. Da quel momento in poi nella cancelleria di Sinalunga si sarebbero alternati notai del capitano di giustizia - operante a partire dal 1 gennaio 158923 -, cancellieri locali eletti dalla comunità e confermati dai Quattro Conservatori, nonché cancellieri scelti dagli stessi Conservatori tra notai locali o forestieri.
A Sinalunga - dopo che tra il 1588 ed il 1593 si era tornati ad affidare la cancelleria ad un uffidale del giusdicente - sino al 1610 si ebbero cancellieri locali, in carica per brevi periodi, estratti da un bossolo di notai sinalunghesi e confermati dai Quattro Conservatori24.
A partire dal 1611 fino alla soppressione della cancelleria, avvenuta nel 177425, l'ufficio venne invece ricoperto da notai di nomina centrale - di norma in carica per lunghi periodi e sovente di origine sinalunghese26 -, con la sola eccezione degli anni 1641-1645 in cui si fece ricorso ai notai del capitano o a notai locali estratti annualmente da un apposito bossolo27. Il cancelliere di Sinalunga - o cancelliere delle Chiane - servì anche le comunità di Bettolle, Torrita e Ciliano dal 158028 e dal 1611 quella di Scrofiano29, ove precedentemente la produzione documentaria era affidata al notaio del giusdicente. Tra il 1678 ed il 1760 le comunità di Torrita e Ciliano vennero affidate a un autonomo cancelliere residente a Torrita, per essere poi di nuovo aggregate alla cancelleria di Sinalunga sino al 177430.
Sebbene il ruolo del cancelliere fosse determinante per la produzione di tutta la documentazione comunitativa, sono stati raccolti in questa sezione gli atti connessi ai suoi compiti specifici di custode delle leggi (Bandi e ordini), di rappresentante periferico del potere centrale ("Ordini e rescritti", "Lettere e ordini", "Lettere", Copialettere) e di tutore di benefici e chiese di pubblico patronato (Affari ecclesiatici) o ad altre particolari incombenze (Miscellanea, Stipulazioni di promesse31). In particolare tali atti - per lo più in filze condizionate nella forma attuale al tempo del cancelliere Brandimarte Cinelli tra il 1787 e il 178832 - si riferiscono ad affari relativi alle comunità che a partire dal 1778 confluirono nella nuova comunità di Sinalunga. Le unità archivistiche contengono quindi documenti concernenti anche comunità che non vennero mai servite dalla cancelleria di Sinalunga (Farnetella e Rigomagno), mentre a seguito dell'intervento del Cinelli la documentazione relativa alle comunità di Torrita e Ciliano - che pure furono servite da quella cancelleria - venne a costituire autonome filze di atti conservate nell'archivio della comunità di Torrita.