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Comune di San Casciano

Sede: San Casciano in Val di Pesa (Firenze)

Date di esistenza: 1357 - 1774

Intestazioni: Comune di San Casciano, San Casciano in Val di Pesa (Firenze), 1357 - 1774

Contesto istituzionale:

Noto già in epoca romana come piccola località lungo la via Cassia, il luogo dove sorge San Casciano era una posta o mansione costruita per dare ospitalità ai viaggiatori che da Fiesole, oltrepassando l'antico ponte sull'Arno - situato dove oggi sorge Ponte Vecchio di Firenze - si dirigevano a Semifonte, Pogna e a Marturi, percorrendo la via municipale che proseguiva fino a Volterra e quindi a Siena. Nonostante l'antichità della mansione e del villaggio che le si costruì intorno, il nome di San Casciano fa pensare che non si tratti di una terra molto antica.1

Il primo documento che attesta il nome San Casciano è una carta del giugno 1187, scritta in San Casciano nel piviere di Santa Cecilia a Decimo.2 La pieve di Santa Cecilia, sotto la quale nacque poi la parrocchia di San Cassiano, si trovava lungo la via Cassia al decimo miglio di distanza da Firenze. E' intorno a questa pieve che fu edificato il borgo di San Casciano, posto tra i due torrenti Greve e Pesa.

Soggetto prima alla famiglia dei marchesi Machiavelli e quindi alla famiglia Corsini, dal XII secolo divenne dominio dei vescovi fiorentini, che esercitarono la loro signoria attraverso un loro vicario, detto podestà o rettore, al quale era dato potere di giudicare le cause civili con appello al podestà di Firenze.3 Dal governo di Firenze San Casciano dipendeva anche per le cause criminali.

Il rapporto di dipendenza da Firenze continuò fino ad oltre la metà del Duecento.

Le più antiche memorie relative al territorio di San Casciano si incontrano nel codice episcopale detto "Bullettone" e risalgono al 1223.4 I rapporti con il vescovo furono tutt'altro che tranquilli: i sancascianesi tentarono la ribellione, rifiutandosi di accogliere il podestà inviato dal vescovo, ma tutto quello che ottennero fu la condanna da parte del podestà fiorentino e l'intimazione di giurare fedeltà al vescovo e obbedienza al suo podestà.

Nel 1241, sotto il governatorato vescovile, ed in particolare con il vescovo Ardingo dei Foraboschi di Firenze, furono redatti i primi statuti della terra di San Casciano, approvati dal Comune di Firenze. Nonostante la concessione dello statuto continuarono i tentativi di ribellione da parte dei sancascianesi, come testimonia una nuova condanna comminata loro nel 1243. In questi anni il vescovo Giovanni cedette il borgo alla Repubblica fiorentina, riservandosi però la nomina del rettore.

La storia di San Casciano per tutto il secolo XIII fu caratterizzata da una serie continua di ribellioni e agitazioni civili, causate dalla riluttanza da parte del popolo a piegarsi al dominio temporale dell'episcopato fiorentino.5

Il potere episcopale terminò nel 1272, anno in cui San Casciano passò definitivamente sotto il dominio diretto del Comune di Firenze entrando a far parte del Sesto d'Oltrarno. Firenze vi nominò un suo vicario che fu sottoposto direttamente al capitano del popolo di Firenze. Tuttavia il comune di Firenze conservò, anche sul territorio di San Casciano, come nella maggior parte del territorio del contado su cui andava estendendo il suo dominio, l'antica organizzazione locale in popoli e pivieri, la cui articolazione corrispondeva rispettivamente alle parrocchie e alle pievi. Il popolo, cui facevano capo poche decine di famiglie, governate da un rettore eletto da una assemblea formata dai capi-famiglia, costituì, fino alle riforme leopoldine, l'unità amministrativa di base.

Nel novembre del 1312 San Casciano dovette affrontare le truppe dell'imperatore Enrico VII - incoronato re d'Italia l'anno precedente a Milano e imperatore nel 1312 a Roma - e, non potendosi difendere scelse la via della sottomissione.6 I rappresentanti del popolo di San Casciano, asserendo di rappresentare oltre i due terzi del popolo, elessero come ambasciatore presso l'imperatore Manetto Bellagatta, il quale fece atto di sottomissione all'imperatore in nome di tutti i sancascianesi. L'occupazione imperiale ebbe termine con la partenza di Enrico VII da San Casciano nel gennaio del 1313. L'allontanamento dell'imperatore favorì il giuramento di fedeltà di molte terre e castelli della Val di Pesa ai guelfi. Le guerre e le devastazioni ripresero nel settembre del 1325 quando Castruccio Castracani degli Antelminelli, signore di Lucca, sconfitti i fiorentini, prese a saccheggiare e devastare gran parte della Toscana. Destino che San Casciano subì nel 1326.

Nel 1343 il duca d'Atene, Gualtieri di Brienne, signore di Firenze previde una vera e propria rifondazione di San Casciano,7 da cui proveniva il suo ufficiale Chiaro da San Casciano. A questi anni, infatti, risale il primo progetto di fortificazione di San Casciano che, nelle intenzioni del suo ideatore, oltre a difendere la terra di San Casciano, sottoposta ad attacchi e ripetute razzie, avrebbe dovuto servire come baluardo per la difesa dei territori fiorentini dagli eventuali attacchi provenienti dalla terra di Siena.8 L'opera di fortificazione e la costruzione del castello non videro mai la fine: la cacciata del duca d'Atene e i successivi contrasti scoppiati tra magnati e popolani ne interruppero la costruzione.

La necessità di rendere sicuro San Casciano si mostrò in tutta la sua urgenza nel 1354, quando il paese fu saccheggiato dalle truppe del capitano di ventura Monreale d'Albarno, detto Fra Moriale, che devastò il territorio della Val di Pesa, inoltrandosi fino a Percussina. Sottratto alla giurisdizione fiorentina fu riscattato dalla Signoria dietro il pagamento di 28.000 fiorini, pagamento che servì anche a salvare Firenze dal saccheggio da parte delle truppe di fra Moriale.

Nel periodo del gonfalonierato di Jacopo Del Bene , come conseguenza della occupazione da parte delle truppe di fra Moriale, venne deliberata la costruzione di nuove fortificazioni.9 Del resto la posizione strategica di San Casciano a metà strada tra la ghibellina Siena e la guelfa Firenze, rendeva oltremodo necessaria una struttura difensiva per quella terra di cui la Signoria di Firenze stabilì di fare una terra murata con castello.

All'interno della cerchia fu inclusa anche la chiesa con l'ospizio di S. Maria del Prato dei padri Domenicani, il più antico edificio dopo la Propositura.

Conclusa la costruzione delle mura, sotto il gonfaloniere Giovanni Salviati, nel 1357 si provvide all'erezione del Cassero, posto nella parte più elevata del poggio e collegata con le altre fortificazioni.10 La fortificazione, le cui opere costruttive costarono 35.000 fiorini d'oro, fu dotata di due porte principali - porta Fiorentina e porta Romana, detta poi Senese - e di due secondarie - porta ad Argiano verso Empoli, e porta al Prato verso il Chianti.

Di questi anni è lo statuto più antico, redatto nel 1357, e conservato nell'Archivio di Stato di Firenze.11


Storia amministrativa:

Al 1357 risale il primo Statuto, che ci sia noto, del comune di San Casciano, con il quale si regolamenta il funzionamento del comune e dei suoi uffici.1

In questo statuto, nel quale già San Casciano è detto "castrum", fu stabilito che il castello fosse governato da due sindaci, di due quartieri diversi, e da 14 consiglieri guelfi e amanti della giustizia e della pace. Dei 14 consiglieri due dovevano essere nominati tra gli abitanti di San Casciano e 12 invece tra gli abitanti delle "ville" di quel comune.2

Sindaci e consiglieri, 16 in tutto, dovevano essere estratti da quattro borse, una per ogni quartiere. Le borse venivano preparate eleggendo 48 "arroti" guelfi, cioè elettori aggiunti che designassero gli eleggibili. Di questi, otto dovevano essere del castello di San Casciano e 10 per ognuno dei quattro quartieri. Gli arroti predisponevano le così dette borse degli "spicciolati", una per quartiere, con i nominativi di uomini guelfi, fedeli e obbedienti al Comune e alla Città di Firenze.3

Le cedole così imborsate venivano conservate in quadam cassa triclavis nella sacrestia della chiesa dei frati predicatori e l'estrazione doveva essere fatta dal notaio del Comune alla presenza di un frate o del presbitero.

Una volta nominati sindaci e consiglieri restavano in carica per sei mesi. All'inizio del loro mandato i sindaci e i consiglieri dovevano eleggere un gruppo di "amministratori" che li avrebbero coadiuvati nella gestione della comunità. Tra questi i camarlinghi, gli operai delle ville, un gonfaloniere, un pennoniere. I sindaci e i consiglieri dovevano eleggere inoltre, nelle calende di dicembre e giugno, due castaldi i quali avevano il compito di provvedere alla valutazione dei prezzi dei grani e al calcolo del prezzo del grano al minuto.

Per ciò che riguarda il notaio lo statuto dice che, eletto dai consiglieri e dai sindaci un mese prima della scadenza del loro mandato, doveva essere forestiero, ed in particolare provenire o dalla Valle Superiore dell'Arno (San Giovanni, Figline, Castel Franco, Montevarchi, Incisa, Terra Nuova), o dalla Val d'Elsa ("Podii Boniçi", San Lorenzo, Certaldo, Vicchio, Linari, Colle Val D'Elsa) o dal contado fiorentino (Empoli, Pontormi, Gangalandi, Montelupo, Caparia, Carmignano, Monte Murlo, Signa) o dal Mugello (Borgo San Lorenzo, Scarperia, Pulciano, Villa Nuova, Latera, Barberino e altre ville del Mugello). Era inoltre previsto che il notaio dovesse essere accompagnato da due famuli.4

Il camerario, custode e amministratore dei beni e delle finanze, doveva saper leggere, scrivere e far di conto ed essere eletto al di fuori di coloro che erano già nominati sindaci o consiglieri.

Oltre il camerario o camarlingo venivano nominati altri camarlinghi con specifiche attribuzioni, tra questi il camarlingo del sale, eletto all'inizio di settembre da parte dei sindaci e consiglieri.5

In particolare gli operai delle ville avevano il compito di raccogliere ed esigere le imposizioni all'interno del territorio del popolo cui appartenevano.

I quartieri nei quali si articolava il castello erano denominati San Casciano,6 San Giovanni,7 San Pancrazio8 e Santa Cristina.9 Le ville di San Casciano erano ventisette divise in tre pievi: la pieve di Decimo, la pieve di S. Giovanni e la pieve di S. Pancrazio. I ventisette popoli erano: S. Maria di Casa vecchia, S. Andrea in Percussina, S. Bartolomeo di Faltignano, S. Stefano di Petriolo, S. Angelo ad Argiano, S. Maria ad Argiano, S. Martino ad Argiano, S. Jacopo di Mucciano, S. Casciano fuori le mura e S. Casciano dentro le mura, S. Piero di sopra e S. Piero di sotto, S. Margherita di Casa rotta, S. Lorenzo del Castello Boniçi, S. Pietro di Monte Paldi, S. Niccolao di Pisignano, S. Cristina al Monte, S. Maria di Bibbiena, S. Angelo di Bibbiena, S. Colombano di Monte Aguto, S. Bartolo di Ripoli, S. Andrea di Luiano, S. Pietro in Pergolato, S. Maria di Monte Calvo, S. Lorenzo di Castel Vecchio, S. Maria di Vicchio.10

Lo statuto precisa inoltre che un vessillo doveva essere consegnato al gonfaloniere e doveva essere seguito da tutti gli uomini di età compresa tra i 14 e i 36 anni.

Ai pennonieri dei vari quartieri veniva consegnato il pennone che doveva essere seguito da tutti gli uomini di età compresa fra i 15 e i 70 anni; il pennone del quartiere di S. Casciano doveva essere seguito dal popolo di S. Casciano fuori le mura e da quello di S. Lorenzo del Castello Boniçi, di S. Margherita di Casa rotta, di San Pietro di sopra, di S. Maria di Casa vecchia, di S. Andrea in Percussina e di S. Cecilia a Decimo; il pennone del quartiere di S. Giovanni era seguito dai popoli della pieve di S. Giovanni, di S. Pietro di Monte Paldi, di S. Niccolò di Passignano, di S. Bartolomeo di Faltignano, di S. Stefano in Petriolo, di S. Angelo in Argiano e di S. Maria ad Argiano; il pennone del popolo di S. Pancrazio dai popoli della pieve di S. Pancrazio, di S. Lorenzo di Castel Vecchio, di S. Maria di Vignola, di S. Pietro in Pergolato, di S. Maria di Monte Calvi, di S. Jacopo di Cucciano e di S. Martino di Argiano; il pennone del quartiere di S. Cristina era seguito dai popoli di S. Cristina al Monte, di S. Maria di Bibbiena, di S. Angelo di Bibbiena, di S. Colombano di Bibbiena, di S. Bartolo di Ripoli, di S. Andrea di Lucano e di S. Piero di sotto.