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Inventario dell'Archivio storico del Comune di Tresana (1598 - 1977)

Tipologia: inventario analitico

a cura di Paola Bianchi , Elisabetta Bellini

patrocinio: Comune di Tresana

Pubblicazione: inedito, documento ad uso interno

Descrizione fisica: pp. 102, cm 29 x 21

Contenuti:

Dal periodo feudale alla dominazione francese

Tresana, ubicata tra Aulla e Villafranca, sulla riva destra del fiume Magra, è un antico borgo di origine castellana. Il centro si sviluppò intorno alla rocca che sorse presumibilmente in epoca longobarda: l'imperatore Federico II nel 1164 concesse ai Malaspina di Mulazzo il possesso di una rocca longobarda nella località dove ora sorge questo borgo. Sulle rovine della fortezza dominata da una torre quadrata, sorse in seguito il castello malaspiniano1.
Tresana, anticamente appartenente ai marchesi Malaspina di Mulazzo, passò in seguito prima nelle pertinenze dei feudatari di Villafranca e in ultimo a quelli di Lusuolo, dal quale fu separata nella seconda metà del Quattrocento, in seguito alla divisione dei possedimenti operata tra Iacopo Ambrogio e il cugino Opizino. A Giovan Giorgio, figlio di Opizino, i fratelli e i loro successori trasferirono tutti i diritti sui beni del territorio e nel 1469 ottenne da Francesco Sforza l'investitura quale unico signore.
Gli successe il figlio Guglielmo che nel 1521 vide riconosciuto il possesso esclusivo del feudo di Tresana dall'imperatore Carlo V; inoltre, per essersi adoperato a por fine alle discordie civili che turbavano Pontremoli, ottenne anche l'esenzione da ogni dazio o gabella. Nel 1533 l'imperatore Carlo V emanò un rescritto a favore dei suoi tre figli: Carlo che morì prematuramente, Ercole, al quale spettarono Lusuolo, Giovagallo, Canossa e Riccò e Guglielmo al quale andarono Tresana e le sue dipendenze. Anche Guglielmo prestò servizio a Mantova ma, al contrario del padre che era stato uomo d'armi, egli svolse solo attività politica. Fu inviato in Germania come ambasciatore e, nel 1571, avendo Massimiliano II rinnovata l'investitura, ebbe il raro privilegio di erigere una zecca2 e di coniare moneta con l'impronta del proprio stemma, privilegio da tramandare anche ai suoi successori3. Nel 1580 l'imperatore Mattias rinnovò l'investitura. Successe a Guglielmo il figlio Francesco4. Nel 1603 i sudditi, scontenti del suo governo, indissero una sollevazione popolare che lo costrinse a rifugiarsi a Milano. Temendo di perdere i propri domini, il marchese acconsentì a riconoscere i suoi possedimenti come feudo del milanese e nel 1604 ricevette così la regia investitura da parte del re di Spagna e fece ritorno in Lunigiana5. La riconciliazione con il popolo si ebbe però solo nel 1608 attraverso la stipula di un "compromesso" che regolava i rapporti, i doveri e gli oneri dei suoi sudditi6. Dovette però sempre guardarsi dai nemici interni e, temendo usurpazioni da parte del governo spagnolo, si mantenne alleato del Granduca di Toscana che aveva i suoi uomini stanziati a Fivizzano, Castiglione del Terziere e Lusuolo. Alla sua morte, avvenuta nel 1613, la moglie ottenne per il figlio Guglielmo dal connestabile di Castiglia Bernardino Fernández de Velasco la conferma e il rinnovo della investitura conferita dal re di Spagna in veste di duca di Milano7. Il marchese Guglielmo morì nel 1651 senza lasciare eredi8. Da Milano fu inviato il conte di Vimercate che prese possesso dei beni appartenuti al defunto. Tornato a Milano l'anno successivo giunse a Tresana Giulio Cesare Calvino, ministro regio con pieni poteri, che assunse formalmente il governo in nome di Filippo IV e riunì sotto Tresana anche i territori di Giovagallo e Castagnetoli. Il duca di Milano, ritenendo questi territori di nessuna utilità, in quanto le spese superavano le entrate, li fece porre all'incanto e nel 1659 li assegnò per tre anni in cambio di un prestito al nobile fiorentino Bartolomeo Corsini9 che dovette scontrarsi con l'ostracismo del popolo il quale rifiutò, almeno in un primo momento, di prestargli giuramento, ritenendo che fosse venuto meno il patto di dedizione con la Spagna, che prevedeva di non essere più infeudati sotto alcun signore. Nel 1660 Corsini, sborsando altro denaro, divenne signore libero ed ottenne l'assicurazione che, in futuro, qualora fosse stato messo in vendita il feudo di Giovagallo, avrebbe avuto il diritto di acquistarlo. Corsini ottenne gli stessi diritti e privilegi di cui avevano goduto in passato i Malaspina, compresa l'investitura imperiale. Morì negli anni Ottanta del Seicento e gli successe il figlio Filippo. Anch'egli ottenne l'investitura imperiale e, pur vivendo a Firenze, si occupò personalmente dei suoi possedimenti in Lunigiana nei quali introdusse norme vigenti nel Granducato di Toscana. Aprì a Giovagallo un deposito di sale detto "Dogana", di grande comodità per i propri sudditi che altrimenti avrebbero dovuto spingersi fino a Sarzana e permise che la Comunità di Tresana riformasse e statuisse ordinamenti. Nel 1706 a Filippo successe Bartolomeo che curò le sue terre fin quando, assorbito da altri affari, delegò gli interessi di Lunigiana al figlio Filippo che continuò ad amministrare i possedimenti di famiglia fino al 1767, quando alla sua morte il potere passò al figlio Bartolomeo che detenne il controllo del territorio di Tresana fino all'abolizione dei feudi imperiali in Italia (1797)10.

L'amministrazione del territorio dal periodo feudale alla dominazione francese

Nella trascrizione del 1890 di L. Staffetti dello Statuto del XVI secolo ("Statuti d'Isnardo, Corradino, Manfredo, Federico, Morello, Azone,e Giovanni marchesi Malaspina, per le loro terre di Lunigiana editi per cura di Luigi Staffetti" in vigore a Tresana, Bibola, Montedivalli, Podenzana, Aulla, Lusuolo, Riccò, Giovagallo) e nella copia manoscritta del 1692, figura principale appare quella del Podestà che, sottoposto unicamente all'autorità del marchese, aveva potere giurisdizionale in qualsiasi tipo di causa civile e penale presentatagli dai Consoli e dai Consiglieri; egli poteva, in qualunque momento ritenesse necessario, eleggere come suo sostituto o coadiuvatore un Vicario, e avvalersi di un Notaio che, dietro compenso, redigesse gli atti podestarili. I Consoli eletti in numero di due o tre per ogni Comunità duravano in carica per un massimo di un anno; consultavano i Consiglieri per avere l'approvazione della maggioranza di questi, si occupavano della creazione e riscossione delle imposte e dei dazi, giudicavano le cause di debiti fino a dieci soldi e se interpellati da un creditore, dovevano intimare al debitore di pagare entro dieci giorni, altrimenti inviavano il correro ad intimare il pagamento entro altri cinque giorni. Se il debitore non assolveva il suo debito, il correro prelevava dei beni che, se non riscattati entro cinque giorni, passavano di proprietà del creditore. Dovevano denunciare al Podestà risse e delitti da giudicarsi da lui entro otto giorni (se venivano meno a questo dovere erano condannati al pagamento di una multa di venti soldi). Essi dovevano osservare e far osservare gli Statuti e comminare una multa di dieci soldi a chiunque dicesse qualcosa contro gli Statuti stessi. I Consiglieri potevano rimanere in carica al massimo per un anno ed erano un numero variabile a seconda della popolazione della Comunità; l'adunanza della loro assemblea aveva validità se era costituita da almeni i due terzi dei rappresentanti. Figura importante nel mondo istituzionale feudale era quella del Massario o Camerario eletto in Consiglio dai Consoli e Consiglieri per il massimo di un anno; egli riceveva le imposte e i dazi e doveva registrare in un libro ogni cifra che gli veniva pagata. Rispondeva del proprio operato ai Consiglieri e percepiva un salario di dieci soldi. Altre figure sono i Correri, eletti per arbitrio del Podestà tramite i Consiglieri; essi dovevano redigere le grida, le citazioni, mettere i bandi, pigliare i pegni e catturare gli uomini che imponeva loro il Podestà. Venivano pagati a seconda della strada che percorrevano (due denari per un miglio), per ciascun pegno preso (due denari), per la cattura degli uomini (due soldi), per la custodia (due denari al giorno); se contravvenivano agli ordini del Podestà questo toglieva loro cinque soldi ogni volta. Figure minori erano quelle dei Soprastanti del pane e del vino, dei Saltari, dei Veditori dei termini e solchi. I Soprastanti del pane e vino, eletti ogni anno nel numero di due, dovevano giustificare ogni misura e peso e stabilire il prezzo a cui andavano venduti pane e vino; dovevano essere chiamati ogni volta che c'era da pesare qualcosa, e, nel caso il peso non fosse stato giusto, comminare una multa di cinque soldi imperiali al proprietario. Ogni anno venivano eletti anche tre Saltari, che dovevano salvaguardare dai forestieri e dai locali, le terre, i frutti e i beni degli uomini di Tresana, denunciare ai Consoli e allo Scrivano entro otto giorni, chi recasse danno o prendesse frutti. Nel caso non avessero denunciato il danno, avrebbero dovuto ripagarlo personalmente e, se avessero fatto denunce false, avrebbero dovuto pagare per ciascuna di esse, dieci soldi. I Veditori dei termini venivano eletti in numero di tre ogni anno, ed avevano il compito di verificare e stabilire i confini; nel caso qualcuno non rispettasse i confini stabiliti, essi dovevano comminare una multa di cinque soldi; col ricavato di esse, venivano pagati nella misura di quattro denari per ciascun termine stabilito.

La dominazione francese

Con la Costituzione dell'8 luglio 1797, promulgata in seguito all'annessione della Repubblica Cispadana alla Cisalpina, in luogo del Dipartimento di Luni, venne formato il Dipartimento delle Alpi Apuane comprendente Massa, Carrara, la Lunigiana ex-feudale e la Garfagnana (con capoluogo Massa). La Lunigiana Cisalpina fu divisa in quattro distretti (Fosdinovo, Villafranca, Tresana e Aulla)11. A Massa, capoluogo del Dipartimento delle Alpi Apuane, si stabilì una serie di uffici dipartimentali, in primo luogo l'Amministrazione centrale, che coadiuvata dagli uffici subalterni, svolgeva i principali compiti; essa era sorvegliata da un Commissario del Potere Esecutivo dipendente direttamente dal Direttorio esecutivo12. A sovrintendere all'ordine pubblico venne istituita in Lunigiana una legione della Guardia Nazionale formata da tre battaglioni, il primo dei quali aveva il proprio comando a Tresana; la legione assolse i compiti di polizia per cui era stata creata, nonostante non disponesse di adeguate armi ed istruzione militare. Nel 1798 venne soppresso il Dipartimento delle Alpi Apuane e il suo territorio fu unito al Dipartimento del Crostolo con capoluogo Reggio Emilia13. Nell' aprile del 1799 le truppe francesi occuparono la Lunigiana granducale ma la situazione di quiete durò poco più di un mese; il 9 luglio furono costretti ad abbandonare Fivizzano, quindi il resto della Lunigiana, dove tornarono in carica le vecchie magistrature. Nella Lunigiana ex feudale, sotto la protezione delle truppe austriache, ripresero il potere i feudatari deposti anni prima, anche a Massa e a Carrara il 28 luglio veniva restaurato il precedente Consiglio di Reggenza e a Pontremoli gli austriaci affidarono la carica di Magistrato Comunitativo al Gonfaloniere14.
In seguito alla vittoria di Marengo e al ripristino della Repubblica Cisalpina, vennero ricostituite la Repubblica Ligure e la Cisalpina e al loro interno i vari dipartimenti; Massa, Carrara, Fosdinovo e Mulazzo formanti il Commissariato di Governo Aggiunto per le Alpi Apuane, tornarono a dipendere dal Dipartimento del Crostolo. Il Commissario Aggiunto sostituì il Commissario del Potere Esecutivo con il compito di controllare la situazione politica vagliando i nominativi di agenti municipali, presidenti di Municipalità, aggiunti e impiegati e servendosi di un ufficiale denominato "visitatore mobile" per organizzare le sezioni di polizia sul territorio15.
Nel 1802 i Commissari di Governo furono sostituiti dai Prefetti e venne istituita la Viceprefettura delle Alpi Apuane con sede a Massa in luogo del Commissario Aggiunto di Governo.
Con decreto imperiale del 10 maggio 1806 Massa e Carrara vennero distaccate dalla Viceprefettura delle Alpi Apuane e unite al Principato di Lucca e Piombino, gli ex feudi rimasero territorio del Regno Italico e continuarono a fare parte del Dipartimento del Crostolo costituendo una Viceprefettura con il capoluogo prima a Villafranca e poi dal 13 dicembre 1807 ad Aulla.
La Lungiana ex granducale entrò a far parte dell'impero francese nel 1808 e suoi tre vicariati (Pontremoli, Bagnone e Fivizzano) dipesero dal Dipartimento del Mediterraneo e dal circondario di Pisa. Data la grande distanza dei tre vicariati dal capoluogo Livorno, essi vennero inclusi già il 9 giugno 1808 nel Dipartimento degli Appennini con capoluogo Chiavari. Sempre per ragioni di razionalità amministrativa anche gli ex feudi vennero incorporati nel Dipartimento degli Appennini. Il 5 agosto 1811 infatti con un decreto, Napoleone nel fissare i confini fra il regno italico e l'impero francese, stabiliva che dalla sorgente dell'Enza il confine doveva seguire lo spartiacque appenninico fino alla frontiera della Garfagnana e dell'antica Toscana. In tal modo tutta la Lunigiana veniva a trovarsi entro il confine dell'impero francese. Le due Lunigiane (ex feudale ed ex granducale) si trovarono così riunite. Da questo momento la storia dell'ex Viceperefettura delle Alpi Apuane si identifica con quella di tutta la Lungiana16.
Con decreto prefettizio del 3 marzo 1812 le comuni di Treschietto, Villafranca, Mulazzo, Tresana, Caprio e Zeri furono aggregati al Circondario di Pontremoli. Esso era suddiviso in tre cantoni, Bagnone, Mulazzo, Pontremoli; questi a loro volta comprendevano varie comuni suddivisi in parrocchie; la comune (o mairie) di Tresana era compresa nel cantone di Mulazzo.

L'amministrazione del territorio durante la dominazione francese

In seguito all'annessione della Toscana all'impero francese, il territorio fu diviso in dipartimenti, all'interno dei quali furono istituiti circondari di prefettura e sottoprefettura, articolati a loro volta in cantoni. Le comunità furono sostituite dalle mairies, con compiti amministrativi. L'amministrazione locale fu affidata ad un maire, nominato dal governo centrale per cinque anni, insieme agli aggiunti e ai membri del Consiglio municipale. Il prefetto o il vice prefetto erano incaricati di vigilare sul suo operato. n compiti amministrativi e di polizia locale. Il Consiglio municipale, presieduto dal maire, si riuniva una volta all'anno per assumere decisioni in campo fiscale (approvazione del rendiconto finanziario e imposizioni contributive).

In seguito alla caduta di Napoleone la Lunigiana già granducale venne riaggregata alla Toscana mentre quella ex-feudale passò al Ducato di Modena. Formalmente il governo di questi territori fu assegnato a Maria Beatrice d'Este, signora del restaurato ducato di Massa e Carrara a cui vennero aggiunti i feudi Malaspiniani della Lunigiana (Aulla, Fosdinovo, Licciana, Tresana e altri centri minori), il cui governo era in realtà nelle mani figlio Francesco IV. Quest'ultimo ne prese potere ufficialmente alla morte di lei nel 1829 e lo resse fino al 1846, momento della sua morte.
Nel 1814 il ducato di Modena fu riorganizzato seguendo il Piano di Governo redatto da Francesco IV che lo suddivise in tre province: Modena, Reggio e la Garfagnana; esse erano rette da tre Governatori nominati dal sovrano con funzione di controllo delle deliberazioni e delle attività dei vari Comuni. Il 14 febbraio 1816 anche la Lunigiana estense venne annessa al ducato di Modena e affidata al Delegato governativo avv. Vincenzo Mignani; essa fu suddivisa in dieci comunità di terzo rango: Aulla, Fosdinovo, Tresana, Licciana, Villafranca, Mulazzo, Rocchetta, Treschietto, Podenzana, Varano. Questi territori furono suddivisi in quattro giusdicenze: Aulla, Tresana, Licciana e Fosdinovo. Nel 1835 Tommaso Corsini alienò i beni posseduti in Lunigiana.
Nel 1840 la Lunigiana estense subì un ulteriore cambiamento venendo assorbita dal nuovo Governo di Massa e Carrara. A Francesco IV successe Francesco V che nel 1848, a causa dei moti rivoluzionari, lasciò Modena e il suo ducato, e Massa, Carrara e la Lunigiana furono annesse al Granducato di Toscana fino al momento del ritorno del duca nel 1849. L'11 agosto 1848 il duca istituì con un decreto sovrano il Ministero dell'Interno, suddiviso in quattro sezioni: Pubblica Istruzione, Comuni ed Istituti, Lavori Pubblici, Amministrazione Generale del Ministero e Contenzioso; con questo decreto vennero sospesi i Governi provinciali e vennero nominati i Delegati del Ministero nelle varie Province. Questi sostituirono i Governatori ma con poteri molto più limitati. Nel 1856 venne emanato un nuovo codice civile il "Regolamento de' comuni nei domini estensi" che fra le altre cose stabiliva la divisione del ducato in 6 province: Modena, Reggio, Massa, Carrara e Lunigiana, Garfagnana, Guastalla, Frignano, a loro volta suddivise in comuni. Dopo la Seconda Guerra d'Indipendenza gli estensi furono cacciati e le truppe modenesi lasciarono definitivamente Massa, Carrara e la Lunigiana; il re Vittorio Emanuele II anziché aggregare questi territori ad altri possedimenti piemontesi, li riunì al ducato di Modena il 17 giugno 1859 e pose al governo di essi Carlo Luigi Farini come Governatore Regio poi Dittatore dell'Emilia. Quest'ultimo con decreto del 27 dicembre 1859 creò la Provincia di Massa e Carrara formata dalla Lunigiana parmense-modenese, da Massa, da Carrara e dalla Garfagnana; l'anno successivo l'annessione al Piemonte fu resa legittima ed ufficiale da un referendum. Da questo momento le sorti di Tresana seguirono il corso dei territori facenti parte del Regno d'Italia e in particolare della Provincia di Massa Carrara, diventata per il periodo dal 1938 al 1946 Provincia di Apuania.

L'amministrazione del territorio durante la Restaurazione

Con decreto del 12 gennaio 1815 fu specificata l'attività e la suddivisione amministrativa delle Province e dei rispettivi Comuni distinti in: Comuni di primo rango, di secondo e di terzo, in base al numero degli abitanti ed aventi perciò rappresentanti di tipo diverso. Le comunità di primo rango ebbero un podestà, otto conservatori e 40 consiglieri comunali scelti in una lista di 120 persone tra i Maggiori estimati di ciascun comune, le comunità di secondo rango ebbero un podestà, sei amministratori e 30 consiglieri comunali scelti in una lista di 90 persone; infine le comunità di terzo rango come Tresana, ebbero un sindaco, 4 anziani e 20 consiglieri comunali scelti in una lista di 60 persone. Podestà e sindaci erano presidenti delle rispettive comunità, in carica per un biennio e rieleggibili; conservatori e anziani si rinnovavano per metà ogni anno in base all'anzianità ed erano rieleggibili; il Consiglio veniva rinnovato per un quinto ogni anno in base all'anzianità di carica ed ogni consigliere era rieleggibile; esso si riuniva almeno due volte l'anno, in autunno per il rinnovo delle cariche e la seconda volta per stabilire i bilanci17

L'amministrazione del territorio dopo l'unità d'Italia

Conformemente a quanto disposto nella prima legge comunale e provinciale, allegata alla Legge per l'unificazione amministrativa del Regno d'Italia del 20 marzo 1865, n. 2248, gli ufficiali preposti all'amministrazione locale in carica furono sostituiti da un Consiglio comunale e una Giunta municipale presieduta da un sindaco, nominato dal re fra i consiglieri eletti, che rimaneva in carica per tre anni18. I consiglieri, eletti dai cittadini aventi diritto al voto, sceglievano al proprio interno i membri della Giunta, a cui furono assegnate competenze di carattere esecutivo. Nel regolamento di applicazione, emanato lo stesso anno, vennero introdotte ulteriori indicazioni in merito alle funzioni e ai compiti degli organi di governo. In ogni comune era prevista la presenza di un segretario comunale che doveva prendere parte e verbalizzare le sedute del Consiglio e della Giunta, nonché conservare in serie degli originali delle deliberazioni19. Il Regio Decreto n. 5921 del 10 febbraio 1889 attuò una sostanziale riforma delle amministrazioni locali, a partire dall'elezione del sindaco che venne nominato dal Consiglio comunale tra i propri membri20.
Nel 1926, in seguito alla istituzione del governo podestarile, il Consiglio e la Giunta furono sciolti e le loro funzioni furono trasferite ad un podestà di nomina regia21. Con il R.D.L. 4 aprile 1944, n. 111 fu abolito l'ordinamento podestarile, assegnando le funzioni amministrative ad un sindaco e ad una giunta nominati temporaneamente dal prefetto, che rimasero in carica fino alle elezioni amministrative del 194622.

Storia dell'archivio

Nel 1977 in un saggio di Manlio Erta pubblicato in "Cronaca e storia di Val di Magra" l'archivio storico del Comune di Tresana viene accomunato alla gran parte degli archivi storici della Lunigiana, i quali nel corso dei secoli hanno subito diversi spostamenti, che, operati da mani incompetenti o poco esperte, hanno fatto perdere all'archivio stesso i propri caratteri peculiari di organicità e sistematicità. Gli spostamenti più recenti dell'archivio si sono avuti nel 1944 quando fu trasportato nella canonica della chiesa, per essere sistemato nuovamente nei locali del Comune nel luglio del 1945; qui rimase fino al 1959, quando venne trasferito nella scuola elementare e poi di nuovo nella vecchia sede del Comune di Barbarasco. In questa occasione i dipendenti comunali procedettero ad un riordino con metodo empirico e su base quasi esclusivamente cronologica; questa sistemazione andò in seguito perduta per incuria e quindi la consultazione da parte di eventuali studiosi diventò ancor più difficoltosa. Negli anni Settanta l'archivio fu trasferito nella nuova sede del Comune in Barbarasco, dove tuttora si trova. Numerosi registri dell'archivio preunitario, date le loro pessime condizioni di conservazione, furono inviati al Centro di restauro a Firenze per interessamento della Sovrintendenza Regionale.
L'intervento di riordino dell'archivio pre- e post-unitario del comune di Tresana ha avuto inizio nel luglio 1994 in base alla convenzione stipulata fra la Provincia di Massa Carrara e il Comune stesso, con il patrocinio della Sovrintendenza archivistica della Regione Toscana.
L'archivio era situato al piano terra del Comune in un locale abbastanza ampio; in esso il materiale documentario era collocato su cinque scaffalature metalliche, senza distinzione fra materiale preunitario e postunitario e in quest'ultimo fra archivio storico, di deposito e corrente. Oltre a questo, un'intera scaffalatura presentava una notevole quantità di documenti, pubblicazioni, circolari, Gazzette ufficiali e materiale di ogni sorta mescolati, molti dei quali deteriorati da incuria e muffe; fra questi c'erano sia documenti da proporre per lo scarto, sia materiale non inerente l'archivio, ma anche protocolli della corrispondenza, registri scolastici, nonché documenti di grande interesse storico in quanto appartenenti all'archivio preunitario. Per questo materiale si è proceduto prima a un'attenta e faticosa ripulitura e in seguito alla cernita dei documenti per distinguere quelli da eliminare, quelli da proporre allo scarto e quelli da schedare. Alcuni pezzi sono stati restaurati, alcuni della sezione postunitaria si trovano in condizioni di conservazione tali da rendere necessario un intervento di restauro. Le unità archivistiche dell'archivio storico oggetto del presenta inventario, catalogate e etichettate sono state separate dai documenti dell'archivio di deposito e trasferite in un ampio locale situato al pianterreno dell'edificio comunale. I documenti della sezione preunitaria sono stati collocati in un armadio metallico, mentre gli atti della sezione preunitaria sono stati sistemati su scaffalature metalliche.
La documentazione preunitaria è stata schedata descrivendo dettagliatamente ciascun pezzo, quella postunitaria, è stata suddivisa in ventinove serie aperte alcune delle quali articolate in più sottoserie; il limite quarantennale voluto dal D.P.R. 30-09-1963 n°1409 per la formazione dell'archivio storico spiega il motivo per cui il presente inventario si ferma alla documentazione del 1955. Nell'archivio del comune di Tresana sono contenuti anche documenti delle comunità di Giovagallo e Castevoli e delle comunità minori di Bola, Careggia, Villa e Novegigola; perciò nella parte dell'inventario dedicata al periodo preunitario il materiale è stato suddiviso in sezioni riguardanti le varie comunità. Il presente inventario è diviso in tre parti, la prima contenente l'archivio preunitario, la seconda quello postunitario e la terza gli archivi aggregati del Giudice Conciliatore e della Congregazione di carità (poi E.C.A.) i cui documenti sono stati ritrovati mescolati a quelli del comune. Per quanto riguarda il materiale documentario degli archivi aggregati la schedatura non si ferma al 1955 ma procede fino all'estinzione della documentazione stessa.



Per la descrizione delle singole unità archivistiche sono stati adottati i seguenti criteri:

- la data dei documenti è riportata secondo lo stile moderno;

- nella descrizione del documento il titolo originale è riportato in grassetto;

- accanto all'attuale numerazione è riportata entro parentesi tonda, la vecchia segnatura;

- di ogni unità documentaria si segnala il numero delle carte, tra parentesi quadre se la numerazione non è originale, la presenza di carte bianche e il tipo di legatura.


Sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni:

b. - bb. = bianca, bianche

c. - cc. = carta, carte

cop. = coperta

leg. = legatura

perg. = pergamena

reg. = registro

Per la parte preunitaria, vista l'esiguità e l'appartenenza a comunità differenti, i documenti sono stati suddivisi in quattro sezioni facenti capo a ciascuna di dette comunità: Tresana, comune dominante, Giovagallo, Castevoli e Villa. In ognuna di queste le unità archivistiche individuate sono state raggruppate in ordine cronologico seguendo la successione dei differenti periodi storici: periodo feudale, periodo francese e periodo della restaurazione. All'interno delle varie sezioni sono state individuate alcune serie documentarie di maggior interesse, che seguono comunque una numerazione progressiva.





Note: La bozza dell'inventario è stata rivista da Laura Ricci. Monica Armanetti ha curato la revisione delle introduzioni storico-archivistiche delle serie. [Paolo Santoboni]

Codifica:
Filippo Mori, ottobre 2014
Paolo Santoboni, revisione, novembre 2014