Livello: serie
Estremi cronologici: 1737 - 1749Consistenza: 1 unità
Il danno dato era una multa che veniva comminata a chi danneggiasse beni campestri pubblici e privati. Questi danneggiamenti, che potevano avvenire ad opera di uomini o anche di animali, erano considerati un reato che era sottoposto alla vigilanza del campaio, che ne accertava la gravità e sporgeva accusa nei confronti dei colpevoli agli ufficiali maggiori che svolgevano il ruolo di giudici. I nomi dei colpevoli venivano registrati su appositi registri con le somme da pagare al camarlingo.
A dimostrazione di come le funzioni tra le istituzioni e le cariche amministrative locali si intrecciassero tra loro fino a quasi tutto il Cinquecento, nella giurisdizione sul danno dato svolgono un ruolo sia ufficiali del comune sia il consiglio generale del comune che nomina il campaio.1
Nella seconda metà del Cinquecento la carica pubblica di campaio fu sostituita da guardie private incaricate e pagate dai proprietari di terre che tuttavia, per venire riconosciuti dalle autorità locali, dovevano prestare giuramento davanti al podestà. Allo stesso tempo il cancelliere rivestiva anche l'incarico di notaio del danno dato.
Con il 1688 una nuova regolamentazione,2 che testimonia la frequenza e la rilevanza sociale di questo tipo di reato, dette la possibilità ai danneggiati di rivolgere le loro accuse direttamente al giudice criminale, con competenza sulle cause minori, cioè al podestà.
Lo stesso podestà erediterà totalmente questo compito con la riforma giurisdizionale del 1772.