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Tassa di macine

Livello: fondo

Estremi cronologici: 1733 - 1808

Consistenza: 70 unità

Questa imposizione fu istituita da Cosimo I nel 15521, per far fronte alle spese della guerra di Siena; nata come straordinaria, in realtà diventò ben presto una delle voci più importanti del gettito fiscale2 e una delle più durature, ritrovandosi presente non solo in tutto il periodo mediceo, ma anche in quello lorenese fino all'avvento dell'amministrazione francese nel 1808. La legge organizzativa del 9 dicembre 15533, prevedeva il pagamento della tassa ai camerlinghi locali che rilasciavano una polizza da consegnare ai mugnai al momento della macinatura, questi erano tenuti a consegnare le polizze ogni mese al rettore criminale, che le rimetteva poi a Firenze.

Per amministrare questa tassa fu creata una magistratura, l'Ufficio delle farine, a cui poi vennero affidate anche le gabelle sulla macellazione della carne e la gabella del pane di Firenze. Le difficoltà incontrate nella riscossione di questa tassa portarono a vari tentativi di riforma, che però si concretizzarono solo nel 1678 con la lettera circolare del 4 giugno4, che abolì il sistema delle polizze e basò, invece, l'imposizione sul testatico, trasformando la gabella in tassa diretta. Rifacendosi in pratica alla proposta elaborata dalla Congregazione delle farine nel 16715, la riforma del 1678 stabiliva una quota fissa della tassa per ogni comunità, che si doveva poi fare carico di riscuoterla dai suoi abitanti, suddivisi in varie categorie a seconda del reddito. Per questo incarico dovevano essere eletti dalle stesse comunità dei deputati, scelti, come indicava la riforma, fra i cittadini più ricchi e più importanti. Sulla base dei "boccaioli", in cui erano elencati tutti gli abitanti, esclusi i bambini sotto i tre anni e i miserabili, secondo le denunce dei capofamiglia, i deputati della tassa predisponevano i "reparti".

Ai camerlinghi della tassa spettava poi la riscossione delle somme dovute dai singoli sulla base dei dazzaioli che venivano loro consegnati dai cancellieri. A quest'ultimi era riservato dalla riforma un importante compito di controllo sui deputati e sui camerlinghi, soprattutto in quella funzione di difensori dei più deboli e più poveri dai soprusi dei maggiorenti, propria del cancelliere nel regime mediceo. In realtà fu forse a livello di equità fiscale e di tutela dei poveri l'aspetto più debole di questa riforma che, affidando il compito della distribuzione della tassa alle élite locali, lasciava ampio margine alla possibilità di sperequazioni a danno logicamente delle classi più povere e dei contadi.

Significativa novità era, invece, il fatto che "i cancellieri venissero ora utilizzati non in quanto dipendenti dai Nove, magistratura che era estranea ai problemi della nuova tassa, ma in quanto collaudato anello del controllo centrale a livello periferico"6. Il buon funzionamento del gettito fiscale della tassa fece si che questa rimanesse anche per tutto il secolo successivo, anche durante il governo lorenese, fino all'annessione francese nel 1808, ma fu anch'essa coinvolta dalle riforme leopoldine.

Nel 1778, come si è già detto nell'introduzione, furono aggregate alla nuova comunità di Poppi i due comunelli di Moggiona e Badia Prataglia che, quindi, dal 1779 furono sottoposti al camerlingo della tassa di Poppi, come si vede dai dazzaioli. Nel 17897 fu eliminato il criterio della determinazione preventiva da parte dello stato del gettito complessivo dell'imposta e quindi delle quote richieste alle comunità, che invece dovevano essere determinate esclusivamente dall'applicazione delle aliquote d'imposta ai singoli contribuenti, distribuiti nelle consuete otto classi di reddito8. Di conseguenza non fu più necessaria l'opera delle deputazioni, la distribuzione della tassa divenne di competenza del magistrato comunitativo e la riscossione fu curata dal camerlingo del comune, che poi doveva rimettere gli introiti alla cassa della Camera di Firenze in tre rate9. A partire dal 180210 le competenze per la riscossione della tassa furono affidate al cancelliere, assistito da uno o più deputati della comunità e venne nuovamente istituito un camerlingo, che versava poi il ricavato al Dipartimento della tassa di macine e macelli. La documentazione riguardante la tassa di macine della podesteria di Poppi inizia vari decenni dopo la riforma, praticamente già in epoca della Reggenza lorenese, del periodo mediceo vi è solo un registro di deliberazioni che inizia nel 1733.

Considerando la struttura unitaria della documentazione della tassa di macine, che non viene intaccata nemmeno dalla cesura provocata dalle riforme leopoldine e dal passaggio dall'antica podesteria alla nuova comunità, si è preferito, nel presente ordinamento, mantenere l'unità del fondo, privilegiando il principio della continuità dell'imposizione.