Sede: Bibbiena (Arezzo)
Date di esistenza: 1814 - 1865Intestazioni: Comunità di Bibbiena, Bibbiena (Arezzo), 1814 - 1865
Storia amministrativa:
Uno dei primi provvedimenti adottati nel giugno 1814 dal
plenipotenziario granducale Rospigliosi, subito dopo il recupero della Toscana da parte
di Ferdinando III, consistette nello smantellamento dell'apparato amministrativo e
giudiziario introdotto dal governo francese e nella definizione di un "compartimento
provvisorio di governi, commissariati e vicariati regi" che riproponeva sostanzialmente
gli assetti dell'organizzazione statuale precedente il 1808
1
.
In questo
contesto, in cui risultarono soppresse anche le "mairies", fu richiamato in vigore, per
ogni comunità, il regolamento "particolare" di epoca leopoldina che, nel caso di
Bibbiena, datava al 2 settembre 1776
2
. In attesa della predisposizione delle "borse" per l'estrazione degli
uffici previsti dagli antichi regolamenti ed al fine di garantire la continuità delle
amministrazioni locali, le funzioni di gonfaloniere vennero attribuite provvisoriamente
ai "maires" in carica mentre "aggiunti" e componenti il disciolto Consiglio municipale
formarono il nuovo Consiglio generale, nel cui ambito furono scelti i cinque maggiori
contribuenti per costituire il Magistrato comunitativo.
A partire dal primo luglio
vennero ricostituite, sempre in via provvisoria, le vecchie cancellerie comunitative, il
cui "stato" definitivo venne fissato solo nel 1815
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dopo che erano state confermate,
nei rispettivi confini, le diverse comunità e ripristinate le circoscrizioni degli
Uffici di Soprintendenza comunitativa così com'erano prima dell'istituzione delle
Prefetture francesi
4
. Bibbiena tornò così a far parte,
insieme alle comunità di Ortignano e Raggiolo, della Cancelleria di Poppi, cui restò
sottoposta, come sappiamo
5
, fino al
1838. Nel ricordato "Stato delle cancellerie e delle comunità dipendenti" risultò
confermata la composizione degli uffici comunali di Bibbiena, il cui Magistrato,
comprensivo di cinque priori e un gonfaloniere, avrebbe costituito, insieme a dodici
consiglieri, il Consiglio generale della comunità.
Nel settembre 1816 entrò poi in
vigore il nuovo Regolamento per le comunità del granducato che ridefinì le competenze
degli uffici
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. Al gonfaloniere - che, a differenza di priori e
consiglieri, non venne più scelto per via di estrazione, ma nominato direttamente dal
sovrano per un periodo di tre anni - furono attribuiti ampi e generali poteri di
controllo sull'amministrazione comunitativa, competenze specifiche di vigilanza in
materia di lavori pubblici e, inoltre, funzioni di polizia amministrativa e di tutela
dell'ordine pubblico (la cosidetta materia economica). In quest'ultimo campo era
abilitato a promuovere, presso i tribunali competenti, l'arresto dei perturbatori della
quiete o a disporlo direttamente, in caso di necessità, facendo ricorso alla forza
pubblica.
Nell'espletamento quotidiano delle loro molteplici funzioni i gonfalonieri
corrispondevano per gli affari di polizia con l'organo centrale (Presidenza del
Buongoverno) e per quelli amministrativi con gli uffici di soprintendenza comunitativa,
costituiti dalla Camera delle comunità di Firenze, dall'Ufficio dei Fossi di Pisa,
dall'Ufficio generale delle comunità di Siena e dall'Ufficio dei Fossi di
Grosseto.
Il gonfaloniere di Bibbiena dipese, in particolare, dalla Camera di
Firenze fino al 1825, allorché venne istituita una Camera delle comunità ad Arezzo
7
.
Al Consiglio generale (Magistrato e consiglieri) furono riservati
compiti abbastanza circoscritti, quali l'elezione dei deputati della tassa di famiglia
(di cui si dirà) e le decisioni circa gli stipendi da conferirsi a ministri e impiegati
comunali. Ogni altra incombenza era curata dal Magistrato (gonfaloniere e priori) che
provvedeva, fra l'altro, alla nomina del camarlingo ed alla deliberazione del bilancio
di previsione (seduta di settembre) e del conto consuntivo (seduta di marzo), da
rimettersi entrambi al competente ufficio di soprintendenza per l'approvazione.
Le
nuove comunità furono anche coinvolte dalle mutazioni intervenute nel sistema delle
imposizioni dirette. Con legge dell'11 febbraio 1815 era stata introdotta dall'erario
una tassa di famiglia da distribuirsi fra tutte le comunità del granducato, alle quali
fu demandata la ripartizione del "contingente" loro assegnato fra i diversi
capifamiglia, la riscossione e la rimessa degli introiti alla Depositeria generale
8
.
La ripartizione era affidata a "deputati", nominati
dal Consiglio generale (poi dal Magistrato) che provvedevano a distribuire la tangente
fra le famiglie, da ricondursi, a questo fine, in un numero massimo di cinque classi di
reddito, a ciascuna delle quali sarebbe stata applicata un'aliquota proporzionata
9
.
Gli "stati" (o reparti) formati dai deputati venivano
deliberati dal Magistrato comunitativo, sottoposti ai provveditori degli uffici di
soprintendenza e, quindi, trasformati in ruoli definitivi ("dazzaioli"). La riscossione
rateale era eseguita dal camarlingo e il versamento effettuato per il tramite degli
stessi uffici di soprintendenza.
Nel regolamento comunale del 1816 era stato,
inoltre, stabilito di non ripristinare la "tassa di redenzione" che le comunità
versavano allo Stato secondo gli antichi regolamenti del 1774 ed il cui importo era
stato distribuito, fino al 1808, fra i possidenti soggetti al dazio comunitativo
10
. In suo luogo risultò istituita una
tassa prediale a beneficio dell'erario, sulla quale sarebbe stata conteggiata una quota
aggiuntiva a beneficio di quelle comunità per le quali le entrate ordinarie (rendite,
pigioni, livelli, etc.) non risultavano sufficienti a pareggiare le uscite previste nel
bilancio.
La nuova imposizione, denominata conseguentemente "tassa prediale e dazio
comunitativo", venne a semplificare le procedure di distribuzione e di riscossione del
dazio comunale e della tassa erariale. Il contingente erariale sarebbe stato comunicato
annualmente ai comuni mentre quello comunitativo doveva essere deliberato dal Magistrato
e approvato dalla Camera di soprintendenza. La ripartizione tra i contribuenti era
anch'essa opera di speciali "deputati" e portava, con le stesse procedure viste per la
tassa di famiglia, alla formazione di "dazzaioli" su cui il camarlingo procedeva
all'esazione. La tassa cominciò a riscuotersi solo nel 1818.
Costituivano un
ostacolo alla sua applicazione le condizioni di estremo disordine degli "estimi" in
vigore (che avrebbero portato di lì a poco a dare inizio alle operazioni generali del
nuovo catasto particellare) e l'impossibilità di far riferimento ai criteri distributivi
dell'antica tassa di redenzione di cui si riconosceva la mancanza di equità
distributiva: per gli anni 1816-1817 si continuò così ad applicare la stessa tangente
prevista per la tassa prediale del periodo francese, poi si decise di dare il via alla
nuova imposizione sulla base delle tangenti comunali della tassa di redenzione del 1807,
che vennero considerate "provvisionali" in attesa delle risultanze del nuovo
catasto
11
.
Significative novità intervennero,
inoltre, in materia di stato civile della popolazione. Con il motuproprio del 18 giugno
1817
12
e con il relativo regolamento furono
definitivamente revocate le competenze che la legislazione napoleonica aveva attribuito
ai singoli comuni toscani e fu, per contro, istituito presso la Segreteria del Regio
diritto un Ufficio centrale di stato civile per la raccolta e l'aggiornamento dei dati
relativi alle nascite, alle morti e ai matrimoni di tutto il granducato. Le diverse
parrocchie - cui la Segreteria di Stato aveva restituito già nel corso del 1814 le
competenze in materia a livello locale - furono tenute a rimettere all'Ufficio di stato
civile, per il tramite delle cancellerie comunitative, i "duplicati dei registri
annuali" e i "certificati mensili" di nascita, morte e matrimonio.
Le stesse
funzioni esercitate dai parroci per i cittadini di culto cattolico, furono affidate ai
cancellieri per gli appartenenti ad altre religioni.
L'Ufficio centrale di stato
civile svolse anche funzioni relative alla statistica della popolazione. A questo fine
fu richiesto ai parroci di trasmettere alle cancellerie, entro il mese di giugno di ogni
anno, dei prospetti numerici dello "stato delle anime": i cancellieri ne avrebbero
formato, distintamente per ogni comunità, apposite "riepilogazioni" che, dopo il 1839,
presero la denominazione di "censimenti enumerativi".
Dal 1825, con la costituzione
dei Circondari di acque e strade
13
,
si conferì maggiore speditezza e migliore qualità agli interventi delle comunità in
materia di lavori pubblici e, in particolare, di strade per il cui mantenimento un
regolamento del 1814
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aveva ribadito l'obbligo di
nominare un perito "di conosciuta onestà e abilità, incaricato di fare le relazioni e
stime dei lavori occorrenti" e di procedere, sulla base delle offerte presentate dai
maggiori fra i proprietari che avevano beni nelle adiacenze, all'"accollo" dei lavori
necessari.
L'avvento della figura dell'ingegnere di Circondario - dipendente dalla
Direzione delle acque e strade, ma posto "al servizio" dei comuni - consentì a questi
ultimi di disporre di un organismo tecnico stabile e qualificato, sia per quanto
riguardava la segnalazione delle necessità e la progettazione tecnica degli interventi,
sia per il controllo delle operazioni eseguite dagli appaltatori. Le competenze degli
ingegneri di Circondario furono assunte, a partire dal 1850, direttamente dalle comunità
che le esercitarono per mezzo di propri ingegneri e assistenti, di cui fu prevista
l'istituzione dagli articoli 116 e 117 del ricordato regolamento comunale del 1849
15
.
A partire dal 1820
le comunità dello Stato erano state inoltre chiamate a partecipare alle operazioni della
leva militare. Le istruzioni emanate in proposito il 29 aprile
16
disposero la costituzione di speciali "Deputazioni" - composte
dal gonfaloniere, da uno dei priori e dal cancelliere comunitativo, cui si aggiunse
successivamente un soggetto nominato dalla Camera di soprintendenza competente -
incaricate di procedere all'arruolamento del "contingente" richiesto alla comunità. La
materia fu meglio definita dalla legge 8 agosto 1826
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che precisò le procedure da
seguirsi, disponendo la formazione di una lista generale dei giovani che avevano
compiuto il ventesimo anno di età, da compilarsi sulla base dei dati forniti dai giovani
stessi - invitati a presentarsi al comune di iscrizione - e dei riscontri operati sugli
stati dei nati nell'anno di leva inviati alla Deputazione dai parroci della
comunità.
Se il contingente richiesto non veniva coperto col reclutamento di
volontari, la Deputazione provvedeva a completarlo, procedendo, a suo giudizio, mediante
estrazione a sorte fra i giovani iscritti nella lista debitamente approvata (dopo averne
escluso gli esentati) o mediante l'imposizione di una tassa, a carico degli stessi
iscritti, con il cui ricavato assoldare altri volontari.
Il sistema di arruolamento
fu modificato nel 1853
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, successivamente alla legge generale di riforma
del 9 marzo 1848
19
con
la quale vennero introdotte nell'organizzazione dello Stato le Prefetture e le
Delegazioni di governo. Il contingente generale di reclutamento venne, da allora
ripartito fra le Prefetture e, da queste, fra i circondari delle Delegazioni
20
.
In luogo delle Deputazioni comunali vennero allora istituiti presso le Delegazioni i
Consigli di reclutamento, composti dal delegato, dai consiglieri, dai gonfalonieri delle
comunità comprese nella Delegazione e dal cancelliere. Il gonfaloniere di Bibbiena
partecipò, assieme a quello di Pratovecchio al Consiglio di reclutamento insediato
presso la Delegazione di Poppi.
Deputazioni comunali continuarono invece a
funzionare per l'arruolamento della guardia civica, istituita con motuproprio del
1847
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allo scopo di garantire la sicurezza privata e pubblica e di cui furono
chiamati a far parte (fatti salvi i casi di esenzione) i cittadini compresi fra i
diciotto e i sessanta anni di età. Queste deputazioni, elette dal Consiglio e presiedute
dal gonfaloniere, provvedevano a far iscrivere i cittadini in appositi registri tenuti
negli uffici municipali e, dopo le opportune verifiche, a formare prima i ruoli generali
del servizio attivo e di quello di riserva e quindi i ruoli delle
compagnie.
Compagnie e battaglioni della guardia dipendevano sotto l'aspetto
organizzativo e militare dal Ministero dell'interno, mentre sulle comunità gravavano le
spese di acquartieramento e di amministrazione.
Presso ogni battaglione funzionava
un consiglio di revisione, composto da ufficiali, sottufficiali e guardie, competente ad
esaminare i reclami.
La guardia non raggiunse in generale apprezzabili livelli di
efficienza, specie dopo l'istituzione provvisoria nel 1849, di una guardia municipale,
dipendente direttamente dal Ministero dell'interno, cui furono affidati compiti di
polizia amministrativa municipale e giudiziaria
22
. Trasformata in Guardia nazionale dal
primo governo provvisorio
23
, che procedette anche
alla sua mobilitazione nel corso degli avvenimenti bellici
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, venne definitivamente sciolta dopo la sconfitta piemontese e la fine
dello stesso governo provvisorio.
Una nuova Guardia nazionale fu invece istituita
nel 1859
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dal secondo governo provvisorio e adibita a
funzioni di ordine interno a seguito della mobilitazione dell'esercito toscano nel
contesto delle vicende della guerra dei franco-piemontesi contro l'Austria. Il
regolamento del successivo 16 luglio ripropose la costituzione di Deputazioni comunali
addette al reclutamento, da eseguirsi con le procedure viste per la Guardia civica.
Presso i battaglioni funzionavano Consigli di amministrazione e Consigli di
disciplina.
Un decreto reale emanato nel 1860
26
, dopo i plebisciti, introdusse poi in Toscana l'ordinamento
della milizia municipale vigente nel Regno di Sardegna (4 marzo 1848) che prevedeva la
formazione di un libro matricola dei giovani da iscriversi alla guardia e la presenza
presso ogni comune di un Consiglio di ricognizione incaricato della formazione delle
liste di iscrizione degli arruolati in ruoli del servizio attivo e della
riserva.
L'assetto generale delle comunità subì sostanziali modificazioni con la
pubblicazione del nuovo regolamento generale del 20 novembre 1849
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, maturato dopo la concessione dello Statuto e
l'esperienza del governo provvisorio toscano. Abolito il meccanismo dell'estrazione,
venne introdotto il sistema elettorale per la nomina dei consiglieri, da scegliersi tra
i contribuenti delle tasse comunali in numero proporzionale a quello degli abitanti.
Ricondotte nel Magistrato le sole funzioni di carattere esecutivo, la potestà
decisionale fu riservata al Consiglio generale che, tra le altre funzioni, eleggeva nel
proprio ambito i priori (uno ogni quattro consiglieri) destinati a costituire, assieme
al gonfaloniere il Magistrato, approvava i reparti delle tasse, i conti previsionali e
consuntivi, eleggeva i deputati per l'arruolamento e per la guardia civica.
Il
gonfaloniere mantenne le attribuzioni di capo degli uffici comunali e la vigilanza su
tutte le attività municipali, comprese quelle di polizia municipale di cui vennero
definiti i contenuti precisi relativi alla viabilità, all'igiene, alla sicurezza. Fu
precisata, fra gli "inservienti" comunali la presenza di "donzelli" (messi), guardie di
polizia municipale e grascia, custodi delle fonti e degli orologi, salariati
generici.
Il regolamento del 1849 fu abrogato dopo pochi anni e sostituito con altro
più restrittivo del 28 settembre 1853
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che ripristinava, in buona sostanza, quello del 1814 a cominciare dalla
ricostituzione delle borse per l'estrazione di gonfalonieri e priori.
Il 30 dicembre
1859
29
, infine, il regio governo provvisorio della Toscana
ripropose un testo regolamentare che, rifacendosi a quello del 1849, ne richiamava in
vigore i contenuti salienti: destinato a restare in vigore fino all'annessione, fu
applicato, in realtà fino all'unificazione amministrativa, quando fu sostituito dalla
prima legge comunale e provinciale dello Stato unitario, nel 1865.
Complessi archivistici prodotti:
Comunità di Bibbiena, 1814 - 1865
(fondo, conservato in Comune di Bibbiena. Archivio storico)