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Comunità dei cinque Comuni distrettuali di Valdambra

Sede: Pergine Valdarno (Arezzo)

Date di esistenza: 1775 - 1808

Intestazioni: Comunità dei cinque Comuni distrettuali di Valdambra, Pergine Valdarno (Arezzo), 1775 - 1808

Storia amministrativa:
Con provvedimento del 10 luglio 1775 1 venne istituita, in applicazione del regolamento generale per le comunità del distretto fiorentino dell'anno precedente 2 la comunità dei Cinque comuni distrettuali di Valdambra che riunì in un'unica entità territoriale e amministrativa gli antichi comunelli di S. Tiburzio e S. Susanna alla Badia di Agnano, S. Biagio a Migliari, S. Martino e S. Lucia a Montozzi, S. Michele Arcangelo a Pergine e S. Egidio a S. Pancrazio.
La nuova comunità, che prese a funzionare dal primo di ottobre, fu rappresentata da un Magistrato composto da un gonfaloniere e da quattro priori, e da un Consiglio generale costituito dai cinque magistrati e da dieci consiglieri. Per la nomina e il rinnovo periodico del Magistrato si procedeva all'imborsazione dei nomi di tutti quei possidenti locali che fossero iscritti nell'estimo della comunità per una "massa minore" non inferiore ad otto danari, mentre per la scelta dei consiglieri era prevista una borsa distinta di tutti i capi di famiglia: contadini, lavoratori di terre, artigiani e piccoli possidenti che non raggiungevano la massa d'estimo richiesta per essere imborsati per il Magistrato.
Entrambi gli organismi si sarebbero riuniti "nella casa che serve di residenza alla comunità di Bucine" fintanto che non decidessero di stabilire oppurtunamente la loro sede all'interno del territorio comunale che, ancora in quel momento, non disponeva evidentemente di un nucleo abitato sufficientemente grande per accogliere gli uffici municipali: solo più tardi Pergine sarebbe diventata i1 centro della comunità.
Alle nuove magistrature fu riservata la competenza deliberativa e di governo già esercitata dagli organismi dei soppressi comunelli e da quelli della podesteria, ugualmente soppressa e rimasta attiva soltanto come tribunale civile.
Al pari di ogni altra, la comunità dei Cinque comuni fu assoggettata al pagamento di una "tassa di redenzione", fissata annualmente dai competenti uffici fiorentini, che avrebbe sostituito ogni altra imposta dovuta in passato, a titolo di "chiesto" o di "tassa universale", al governo centrale, che continuò comunque, in coincidenza di necessità particolari, a sottoporre le comunità a imposizioni straordinarie Tassa di redenzione e imposte straordinarie venivano soddisfatte distribuendone l'importo, fra i possidenti ed altri titolari di reddito, per mezzo del dazio comunitativo, applicato sulla base dell'estimo, che continuò a rappresentare la principale fonte di entrata sia in relazione alle spese interne che alla partecipazione a quelle generali dello Stato.
Mentre la distribuzione delle imposizioni fra i contribuenti - il cosiddetto "reparto" - fu affidato a due speciali "deputati" eletti dal Magistrato, al movimento di danaro continuò a presiedere il camarlingo, la cui contabilità annuale, con chiusura a saldo, rifletteva tanto le voci di entrata previste nel dazzaioli del dazio e degli altri proventi quanto quelle di uscita disposte, di volta in volta, dalla comunità.
Questa si occupava anche della ripartizione della tassa di macine, istituita nel 1552 3 e diventata successivamente un'imposta personale che veniva distribuita fra tutti i cittadini da una deputazione municipale incaricata di raccogliere le denunce delle "bocche" presentate dai capifamiglia, di costituire un elenco provvisorio dei soggetti (i boccaioli) scrivendoli poi nel dazzaiolo annuale sulla base delle classi di reddito previste. L'imposta, riscossa da un camarlingo particolare e versata a Firenze, restò in vigore anche dopo le riforme comunali settecentesche e l'istituzione delle nuove comunità: nel 1786, anzi la riscossione venne affidata direttamente ai camarlinghi comunitativi.